29/10/2025
L’intervista a Simona Argentieri, uscita su iO Donna qualche giorno fa, affronta il destino della psicoanalisi in un’epoca che pretende e favoleggia soluzioni rapide al disagio.
Secondo l’autrice, la cultura contemporanea ha trasformato la sofferenza in emergenza: si privilegiano soluzioni per eliminare il sintomo invece di comprenderlo, dimenticando che è un messaggio dell’inconscio da ascoltare e non zittire. Distingue fra le dimensioni del curare e del prendersi cura, con la prima che richiede tempo, fatica e trasformazione interiore e la seconda che rischia di ridursi a un atto di assistenza, spesso collusivo, che tranquillizza ma non cambia. Osserva che i pazienti si presentano oggi con una diagnosi -"sono anoressica, sono gay"-, e che esprimono cosi la tendenza a classificare anziché pensare, diffusa anche dai social. Purtroppo è prassi comune osservare come molti terapeuti, allineandosi al pensiero dominante, finiscano per seguire la logica del sintomo e non quella del soggetto. Argentieri coglie una mutazione antropologica nella perdita del conflitto psichico, la dissoluzione del senso di colpa e lo sviluppo di personalità più fragili e narcisistiche.
Chi soffre non tollera di sentirsi corresponsabile della propria infelicità, e l’analista, per timore di perdere il paziente, rinuncia a dire verità scomode.
Ci ricorda, poi, la distinzione tra patologia e difficoltà quotidiane come l'angoscia, la solitudine, la fatica di vivere, che non sono malattie da curare, ma condizioni umane da affrontare con le risorse dell’Io.
La psicoanalisi, conclude, serve ancora e proprio a questo: a restituire al soggetto la capacità di pensare, di tollerare il dolore e di trasformarlo in conoscenza.
Simona Argentieri, psicologa-psicoanalista, autrice di numerose opere nel campo della psicoanalisi, della cultura, dell’arte e del linguaggio. Fa parte della Associazione Italiana di Psicoanalisi (AIPsi) e dell’International Psychoanalytical Association (IPA).