31/10/2025
31 Ottobre.
La notte in cui i morti tornano a casa
Da Samhain a Ognissanti: il mistero eterno tra la luce e l’ombra
Si dice che nella notte tra ottobre e novembre, quando l’autunno muore e l’inverno s’avvicina, il velo che separa il mondo dei vivi da quello dei morti diventi sottile come un respiro. È la notte in cui, secondo antiche credenze, le anime tornano a visitare le loro case, guidate dal profumo dei dolci e dal tremolio di una candela lasciata sul davanzale.
Molto prima che arrivasse il nome “Halloween”, i Celti d’Irlanda chiamavano questa notte Samhain, il capodanno dei morti, il tempo in cui il sole si ritirava e l’anno rinascente iniziava nel buio. I fuochi venivano spenti e riaccesi, le porte socchiuse per accogliere gli spiriti benigni. Si credeva che gli antenati tornassero per un saluto, ma che con loro potessero passare anche presenze ostili, per questo si accendevano zucche e lanterne, simboli di protezione e guida.
Con l’avvento del cristianesimo, la Chiesa trasformò quei riti in una celebrazione di fede: Ognissanti (1 novembre) e la Commemorazione dei defunti (2 novembre). Ma dietro le preghiere e i ceri benedetti, l’antico spirito del Samhain sopravvisse. In Italia, più che in ogni altro luogo, la memoria dei morti si fece dolce, affettuosa, domestica.
I doni dei defunti e i dolci della memoria
In Sicilia, si racconta che nella notte tra l’1 e il 2 novembre i defunti portino doni ai bambini buoni. Si lasciano le scarpe accanto al letto, e al risveglio si trovano dolcetti e giocattoli “mandati dai morti”. È un modo per dire che chi ci ha lasciato continua a vegliare su di noi, in silenzio. Sulle tavole si preparano ancora oggi i morticini, biscotti duri di farina e zucchero profumati ai chiodi di garofano e la frutta martorana, figure colorate di pasta di mandorle che imitano i frutti della vita.
In altre regioni si gustano le “rame di Napoli”, gli nzuddi, i tetù e teio: ogni dolce è un legame tra il pane dei vivi e quello dei morti, tra il ricordo e la rinascita.
Le tradizioni italiane dimenticate
In molte case del Sud si lasciava il tavolo apparecchiato per i defunti, con pane, vino e acqua. Nel Veneto si mettevano lumi sui davanzali per indicare la strada alle anime erranti. In Puglia, i bambini bussavano alle porte chiedendo “un’offerta per i morti” antenato del moderno “dolcetto o scherzetto”. Anche in Sardegna, la notte del 2 novembre era chiamata "Is Animeddas", si accendevano lumini e si pregava all’aperto per non lasciare i defunti nel buio.
Tra sacro e profano
Oggi Halloween ha assunto forme diverse, più rumorose, più americane: maschere, feste, zucche luminose. Ma se si scava sotto quella superficie commerciale, resta la stessa idea antica: ricordare i morti per sentirsi vivi, accendere una luce per non perdersi nell’oscurità. Forse il vero mistero di questa notte più che nei travestimenti, è in quella sottile emozione che proviamo quando il vento s’insinua tra le case e le ombre sembrano muoversi da sole.
È come se un eco remoto ci chiamasse, ricordandoci che la vita e la morte non sono opposte, ma due rive dello stesso fiume che scorre, silenzioso, da sempre.