Dott.ssa Noemi Bitonti Psicologa Psicoterapeuta

Dott.ssa Noemi Bitonti Psicologa Psicoterapeuta Psicologia e benessere. Il mio approccio affonda le sue radici nella Psicologia Umanistica e nell'Analisi Bioenergetica.

Sono una psicologa e psicoterapeuta
Mi occupo del benessere della persona e della valorizzazione delle preziose risorse che rendono unico ciascun individuo. Storie, emozioni e corpo si fondono in un percorso finalizzato alla trasformazione e alla crescita della persona che si riappropria della propria capacità di sentire, vivere e amare pienamente. Appassionata del femminile, faccio ricerca sulla mitopsicologia al femminile e sulla sua applicazione, in termini creativi e di crescita, nel lavoro con le donne. In uno 'spazio protetto', privo di giudizi e valutazioni, mi prendo cura del singolo, della coppia e della famiglia.

☆SERVIZI☆

- Colloquio psicologico
- Ascolto attivo ed empatico
- Emozioni
- Resilienza
- Test
- Training Autogeno
- Classi di esercizi di Bioenergetica
- Meditazioni attive
- Tecniche di rilassamento e fantasie guidate
- Tecniche artistico-creative

Ci siamo convinti che bastare a noi stessi fosse la condizione della libertà.Un obiettivo da raggiungere, la misura del ...
31/10/2025

Ci siamo convinti che bastare a noi stessi fosse la condizione della libertà.
Un obiettivo da raggiungere, la misura del nostro valore.
Ma bastare a sé può diventare una gabbia,
una cuccia morbida sui pendii di un precipizio.
Siamo esseri in relazione: il nostro corpo è nato per l’incontro.
Sappiamo regolare da soli i bisogni primari – mangiare, dormire, lavorare – ma i bisogni che danno senso all’esistenza restano relazionali:
l’appartenenza, il riconoscimento, la vicinanza, la cura.
L’Occidente ha costruito un modello di autonomia che spesso diventa isolamento.
Ha esaltato l’individualità fino a renderla dogma,
convincendoci che dipendere sia un fallimento,
che chiedere sia debolezza, che la relazione sia un rischio da controllare.
E così ci si incontra ma si resta guardinghi,
ognuno attento a non perdere il proprio equilibrio.
Viviamo un tempo che ha fatto dell’autonomia una religione e della distanza un sinonimo di libertà.
Le relazioni diventano provvisorie, leggere, reversibili.
Non si parla d’amore, si parla di conoscenze.
Si teme la vulnerabilità più del vuoto.
Si lascia per paura di restare,
si resta per paura di essere lasciati.
Oggi la coppia sembra dissolversi in un linguaggio più prudente: si evita di dire “mi manchi” per non sembrare dipendenti e dire “ti amo” è diventato un rischio da valutare.
Ma il contrario della dipendenza non è l’indipendenza.
È l’indifferenza.
È quando non mi lascio più toccare da nulla,
quando smetto di desiderare,
quando il bisogno dell’altro si spegne nel silenzio del controllo.
Abbiamo bisogno di sentirci amati,
parti di noi ritornano a casa quando le braccia dell’altro diventano tana.
Ma l’altro non colma, non riempie, non sostituisce.
L’altro offre spazio:
la possibilità di abitare l’amore, di attraversarlo, di imparare a stare.
È nella presenza dell’altro che scopriamo chi siamo,
ma senza che la sua presenza diventi risposta o garanzia.

L’altro non placa il bisogno:
lo trasforma in desiderio.
Non possiede, ma apre.
Non completa, ma chiama.

E in questo movimento continuo –
tra mancanza e incontro, tra confine e mistero – sta forse il segreto dell’amore che dura.

Quando ci perdiamo, a volte, non riusciamo più a riconoscere la nostra voce interiore. È come se fossimo avvolti da un s...
15/03/2025

Quando ci perdiamo, a volte, non riusciamo più a riconoscere la nostra voce interiore. È come se fossimo avvolti da un silenzio assordante, incapaci di connetterci con i nostri desideri, i nostri bisogni, la nostra storia. E allora cerchiamo qualcuno, spesso in modo inconsapevole, che possa “ricordarci” chi siamo, che ci faccia sentire vivi e radicati di nuovo nel nostro essere.

La terapia diventa, in questo senso, uno spazio in cui poter essere “toccati” attraverso la parola, visti finalmente nelle nostre umane fragilità. Il terapeuta diventa un testimone attento e silenzioso del nostro viaggio interiore, un accompagnatore che, con delicatezza, ci invita a riscoprire quelle parti di noi che abbiamo dimenticato o trascurato. In terapia, spesso emergono storie di ferite non elaborate, di parti di noi stessi che sono state messe da parte o negate. "Ricordami chi sono” è l' invito a riconnettersi con la propria autenticità, ad ascoltare e a fidarsi di quella voce interiore che spesso è stata ignorata o soffocata.

Toccami, ricordami chi sono.

Esiste una verità assoluta che scandisce il tempo dell'amore, lo definisce e gli offre forma e, come voce di un oracolo,...
27/02/2025

Esiste una verità assoluta che scandisce il tempo dell'amore, lo definisce e gli offre forma e, come voce di un oracolo, ne predice il futuro: per amare dobbiamo essere stati amati.

L’amore non è un talento innato, non nasce da solo come fiori spontanei. L'amore si impara, si scopre nel contatto di mani che ci hanno accolto senza riserve, nello sguardo che ha saputo vederci prima ancora che ci comprendessimo da sole, nelle carezze calde, nelle braccia che sanno tenerci al sicuro, al caldo, nel palmo di una mano.

L'amore si conosce attraverso la voce che cura e incoraggia, che delimita e al tempo stesso spinge verso il mondo, verso ciò che esiste al di là dell'abbraccio.
Se siamo state nutrite dall’amore, sappiamo riconoscerlo. Se qualcuno ha ascoltato il nostro pianto senza giudicarlo, impareremo a stare accanto senza fuggire. Se ci è stato concesso spazio per esistere così come siamo, ci sarà più facile amare senza la paura di perdere noi stesse.

Ma se l’amore che abbiamo conosciuto è stato condizionato, instabile o assente? Se i nostri bisogni sono stati sminuiti, se il contatto è mancato? Impariamo a sopravvivere senza, ci adattiamo, ma nel profondo restiamo affamate, alla ricerca costante di quel paradiso perduto.

L'amore non è un patto, l'amore è spazio e presenza, è riconoscere l'altro senza aspettare che ci risarcisca per ciò che non abbiamo avuto, che diventi quel paradiso tanto desiderato.
L'altro non può essere un genitore che ripara, né rifugio che ci preserva da ogni incertezza. Non può ri solvere il nostro passato, né colmare ogni vuoto con la sua presenza.

Ma l'altro può esserci. Può essere lo spazio sicuro in cui le nostre ferite non vengono giudicate, ma neanche assorbite. Può accoglierci senza farsi carico di guarirci, può amarci senza dover essere la soluzione ai nostri dolori.
L’altro può restare accanto quando tremiamo, senza dirci che non dovremmo farlo. Può aiutarci a guardare le nostre paure senza scappare. Può esserci, senza annullarsi, e insegnarci, con la sua stessa presenza, che possiamo esistere anche da sole.

“È una divinità creatrice chi ti guarda e vede la tua luce.”

(Cristina Bellemo)

C’è una forma di violenza silenziosa in chi decide di tagliare un legame senza spiegazioni. Questo comportamento, per qu...
30/11/2024

C’è una forma di violenza silenziosa in chi decide di tagliare un legame senza spiegazioni. Questo comportamento, per quanto apparentemente passivo, è profondamente tossico, perché nega all’altro il diritto di capire, di confrontarsi, di crescere attraverso il conflitto.

Quando qualcuno scompare senza avvisare, per natura siamo portati a diventare giudice della nostra stessa esistenza: cosa ho fatto? Dove ho sbagliato? Cerchiamo delle spiegazioni all'accaduto ed il rischio più grande che incorriamo, se le nostre parti più egoiste, argute e fiere sono esiliate, è quello di dubitare di noi, di pensare di avere davvero qualcosa che non va.

Non esiste relazione senza il rischio di ferire e ve**re feriti, ma esiste l'incontro, la possibilità di dichiararsi tristi o arrabbiati, delusi o giudicati. Sapere questo è la relazione.

È un potere sottile, quello di chi sceglie il silenzio: ti lascia con un fardello che non è tuo, un senso di smarrimento e confusione che rimbalza tra pancia testa e gola.

Ma la tossicità di questo atteggiamento non riguarda solo chi lo subisce: è anche il riflesso di chi lo mette in atto. Tagliare un legame senza confrontarsi significa rifuggire la responsabilità emotiva, scegliere l’egoismo al posto del coraggio. È un atto di vigliaccheria travestito da autodifesa, un modo per proteggersi evitando il peso della verità.

Ciò che rende davvero tossico questo atteggiamento è la sua capacità di lasciarti intrappolato in un ciclo infinito: il rancore, il senso di colpa, il bisogno di spiegazioni che non arrivano mai. È un veleno lento che si insinua nella tua capacità di fidarti, di credere che i legami possano essere solidi e autentici.

Per uscirne, serve una presa di coscienza: comprendere che il silenzio dell’altro non parla di te, ma di loro. Non sei tu a dover colmare il vuoto che hanno lasciato, non sei tu a dover dare senso a un’assenza che non hai scelto. Liberarsi da questo peso significa imparare a distinguere tra chi ti abbandona e chi, invece, ti solleva. E scegliere, finalmente, di non aggrapparsi a chi non ha mai avuto il coraggio di restare.

Vorrei scrivere un elogio sulla stranezza. Vorrei trovarlo scritto sui muri delle città, una scritta romantica e ribelle...
24/11/2024

Vorrei scrivere un elogio sulla stranezza. Vorrei trovarlo scritto sui muri delle città, una scritta romantica e ribelle un pò sbavata e tutta storta fatta di nascosto come la maggior parte delle cose belle.
Cerchiamo di nascondere le nostre stranezze chiudendole nelle segrete buie e fredde dove si affollano parti che cercano spazio e venti per far sentire le loro voci. Tutto ciò che è esiliato bussa forte per tornare a casa e la vita ci insegna che le rivoluzioni belle se ne infischiano dei controlli, seguono correnti opposte rivendicando diritti per troppo tempo negati.
Non è mai la stranezza ad essere patologica, ma il grado di sofferenza e limite che porta con sé.
Allora chiediti se quella stranezza è davvero un problema per te, per la tua vita ed il tuo funzionamento nel mondo, ppure ciò che ti opprime è piuttosto lo sguardo, severo e giudicante, tuo o degli altri.
Allora, forse, Essere strani è un atto di resistenza, forse c'è della tenace bellezza nell’essere fuori misura, nell’inciampare, nel non sapere dove mettere i piedi, nel fuori luogo, nel particolare che ci rende umani.
Possiamo abbracciare le nostre stranezze , possiamo abitarle teneramente, possiamo amarle e scoprirle amabili.

La mia terapia ha preso il volo quando tutto ha iniziato a tornare a casa.

Ci sono tutti, tutti quanti,
non in fila e nemmeno
in cerchio,
ma mescolati come farina e acqua
nel gesto caldo che fa il pane: io è un abbraccio

Chandra Livia Candiani

Mia madre ha da sempre odiato il vento, ama invece la pioggia, le piace il suo rumore anche quando è battente, il vento ...
29/04/2024

Mia madre ha da sempre odiato il vento, ama invece la pioggia, le piace il suo rumore anche quando è battente, il vento invece la rende inquieta. Io sono l'esatto opposto: la pioggia mi innervosisce, mi arrabbio facilmente e sopporto poco tutto. Un po' come la luna quando è piena.
Quando penso ad una tana, un posto in cui sentire pace io immagino una casa nel bosco in cui soffia il vento. Se penso all'estate ricordo lo scirocco e le tende di lino che muove sull'uscio di una porta.
Come niente è un caso, neanche il vento nel mio mondo interno lo è. Al vento lascio tutto ciò che non serve, "le parole volate al vento", oppure " sento che vento tira" e poi scelgo come agire, se aprire oppure chiudere, restare o andare.
Io " cambio in base al vento" , mi lascio attraversare dalle emozioni, non le scelgo e aspetto che passino. Non credo nella possibilità di essere coerente come imperativo assoluto, per me le promesse possono essere infrante, quelle fatte agli altri e quelle stipulate con me stessa in quelle notti in cui tutto poteva sembrare tragedia. Se dico si a qualcosa, posso cambiare idea e dire no un attimo dopo. Sono incoerente come il tempo in questa primavera imprevedibile.
Non ho paura di tutto ciò che doveva essere in ombra, di ciò che potrebbe essere scomodo, di quello che scompiglia, me per prima.
Mi lascio spettinare.

Lunatica e incoerente, nel mio cuore tira sempre il vento.

Oggi è arrivato un vento.Profumava di qualcosa che mi ha ricordato tutte le mie tane chiuse insieme. Buie e ricche di mi...
06/02/2023

Oggi è arrivato un vento.
Profumava di qualcosa che mi ha ricordato tutte le mie tane chiuse insieme. Buie e ricche di minuscole fessure impolverate.
Ha qualche eco, il vento di oggi. Soffia parole e sospira di desideri e di povertà.
Povera , come Penìa, quando si è sentita niente, quando ho pensato che accontentarsi fosse l’unica possibilità, quando confondeva briciole e tesori e rimaneva in silenzio, spegneva la voce, chiudevale mani.

Quando ho iniziato ad aprire gli occhi ho riconosciuto le tane, ho visto le fessure. Ho iniziato a desiderare tutto ciò che mi mancava ma che per magia ho scoperto proprio lì, tra la polvere e il buio.
La chiave non è mai fuori, ma dentro.
Non erano mai gli altri che potevano vedermi insufficiente, fuori luogo, indietro o strana. Erano i miei occhi, il mio specchio interno che proiettava fuori paure e ombre da dentro le mie tane.

Quello che desideravo non era ciò che non avevo con me, ma tutti gli opposti di ogni parte che avevo abitato: le mie parti spaventate desideravano ancora, desideravano di essere sostenute e incoraggiate, di sentire riconosciute , con amore e cura, il loro valore.

Ad ogni parte che ha pensato di doversi accontentare, il vento di oggi ha ricordato che deve essere speciale, che il buio e la tana sono spazi preziosi, che al loro interno c’è tutto il nostro modo di essere al mondo. Nelle tane siamo tutti i noi che abbiamo vissuto, tutte le paure e i dolori, le vergogne e i segreti da proteggere; siamo le promesse che ricordiamo a memoria, la rabbia che abbiamo zittito, i diritti che ci hanno negato i baci sulle guance, la mani di mamma, il primo giorno di scuola, gli sguardi che abbiamo incontrato e quelli che non abbiamo mai sentito. Nelle tane nulla è perso
Nelle tane, al buio, c’è tenerezza.
Odore di muschio, peonie e tenerezza.

Abbiamo dichiarato guerra all’interno delle nostre stesse mura, nel nostro sottopelle dove tutto è rimasto di ciò che si...
25/01/2023

Abbiamo dichiarato guerra all’interno delle nostre stesse mura, nel nostro sottopelle dove tutto è rimasto di ciò che siamo stati. Si tratta di un regno abitato dagli opposti: uno spazio caldo e freddo al tempo stesso, buono e cattivo, Itaca e mare in tempesta, matrigna e madre, boia e giullare.

Abitare questo limbo in cui non c’è bene e male, terra esente da giudizio in cui è ciò che è.
Abitare l’ansia che mi mette spalle al muro e fermarmi (finalmente nel presente) ad osservare ciò che si è rotto, si è sporcato; abitare la sensazione di non essere abbastanza e stare nel senso profondo di cosa è per noi crescere e quali emozioni nascono intorno alla parola “responsabile”;
stare nello spazio della paura del fallimento che poi ci spinge a procrastinare; abitare la rabbia che mi permetterebbe di dire “no” , mettere muri dove i confini sono inesistenti e sentire, al contempo, il rischio che l’altro possa andare via, possa non riconoscerci più.

Quello che spesso detestiamo di noi è un tentativo di cura, una protezione delicata e goffa che ci risparmia dal baratro.
La psiche è una madre che ci salva dal dolore insopportabile con l’esposizione a dolori immaginabili.

Le mie parti sono la mia narrazione, la mia costellazione il sottopelle che dice chi io sono.

Sono tante voci. Mille e una possibilità.
Sono parti aguzze, blu, spigolose.
Sono papaveri rossi.
Il caldo dell’estate, il gelo sulle foglie.
Il canto del gallo.
La montagna, le stelle, la paura e il silenzio.
La mia pelle.
Le mie guance rosse.
Sono mille e una notte che ormai so abitare.

Come è calda la parola abitare.

Il nostro tempo esalta l’autonomia dell’Io come l’espressione più appagante della nostra libertà e considera adulto chi ...
30/12/2022

Il nostro tempo esalta l’autonomia dell’Io come l’espressione più appagante della nostra libertà e considera adulto chi sa vivere nella più assoluta indipendenza, senza bisogno dell’altro e negando qualsiasi intimo e profondo vincolo simbolico e affettivo.
Eppure sappiamo per certo ( la teoria dell’attaccamento ci dice tutto di questo) che ognuno di noi ha bisogni che gli appartengono dalla nascita e che lo accompagneranno fino alla morte: il bisogno di sicurezza ad esempio, di amore e protezione, il bisogno di essere riconosciuto. Non esiste adulto indipendente e autonomo che non abbia sperimentato una sana dipendenza affettiva che gli abbia concesso di guardare fuori da quel porto sicuro ed esplorare il mondo: la base solida dell’autonomia è una base “casa” a cui tornare nel momento del bisogno.
Tutto questo non viene perso. Lo dico sempre in terapia: non siamo serpenti che cambiano pelle e la lasciano dietro, persa per sempre nel cammino del cambiamento. Noi no, noi portiamo dentro tutto ciò che siamo stati, gli altri significativi che abbiamo incontrato, le loro voci, i nostri stessi racconti.
Nelle relazioni d’amore ci affacciamo ogni volta in questo scenario, la nostra Itaca interiore, e chiediamo, ancora e ancora, certezza: ci sei tu qui per me? Se avrò bisogno di te, un giorno o una notte in qualsiasi angolo del mondo, tu accorrerai?

Io ci trovo dentro tanta bellezza, fragile umanità.
Lasciamola agli dei l’onnipotenza, l’illusione di non avere bisogno di nessuno, di farcela da soli. Sempre e a qualsiasi costo.

Non siamo stelle, pianeti soli.
(Sotto uno dei miei collage preferiti.
Il mio amore, la mia fragile e umana parte che ama)

Ho un vocabolario colmo di parole e frasi che mi sono state dette da bambina. Ho parole associate a volti, a relazioni, ...
07/11/2022

Ho un vocabolario colmo di parole e frasi che mi sono state dette da bambina. Ho parole associate a volti, a relazioni, ad emozioni e anche a interi periodi di vita. Le parole hanno potere di cura e distruzione, avvicinano e sanno allontanare. A volte una sola parola può salvare una vita intera. Riconoscere le parole che compongono la nostra narrazione significa acquisire consapevolezza, iniziare ad unire i punti di una costellazione e abbracciare frammenti dimenticati dando loro il permesso di esprimersi, abitarli.

Nel mio sottobosco c’è un’orchestra di voci. Voci ribelli, arrabbiate, in colpa, giudicati, tenere, spaventate, sfrontate, voci fioche, voci che si vergognano.

Fare con loro un patto d’amore, osservarle con interesse e curiosità, avvicinarsi ad ogni singola parte come se fossero persone che stiamo conoscendo per la prima volta. Quali sono le loro paure e desideri, quali bisogni, cosa amano e cosa li disturba? Che abitudini hanno e quali margini di crescita?

In terapia impariamo ad ascoltare, ad ascoltare davvero ciò che queste parti stanno cercando di dirci, anche se ciò significa fare un radicale atto di fede.

Come terapeuti , intanto, abbiamo il compito di modellare con cura paziente e apertura ogni singola parte, anche quelle più minacciose o svalutanti, accogliendo tutte le loro voci nella stanza della terapia come ospiti d’onore.

Le nostre voci sono persone.
Tutte quelle che siamo state.
Tutti gli altri significativi che abbiamo incontrato.

È semplice essere se stessi? Affatto! È piuttosto difficile, faticoso e spesso molto doloroso. Quando da bambina ho sent...
29/10/2022

È semplice essere se stessi? Affatto! È piuttosto difficile, faticoso e spesso molto doloroso.

Quando da bambina ho sentito non amate alcune parti di me e non riconosciuta l’espressione dei miei bisogni, ho imparato a zittire e esiliare, ho imparato ad avere paura di alcune parti di me.

Ho interiorizzato che per essere amata, vista e accudita avrei dovuto conformarmi ad alcune richieste ( dirette o indirette) rinunciando ad alcune parti di me che immaginavo o sentivo scomode per gli altri.

Diventerò grande ma nelle relazioni sarò ancora la me bambina che ha paura e si adatta, si conforma alle aspettative altrui e zittisce ed esilia parti mostrando solo ciò che le offre certezza ( o meglio illusione) d’amore.

Te ne parlo meglio nell’ultimo post blog.
( Aspettami, uscirà nel pomeriggio con l’ultima lettera dalla 🌜)

Indirizzo

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Montescaglioso
75024

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Martedì 09:00 - 19:30
Mercoledì 09:00 - 19:30
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Sono una psicologa e psicoterapeuta

Mi chiamo Noemi e credo fortemente che la psicoterapia sia un atto creativo: si crea, si pianta bellezza dove non ce n’era o ve ne era poca. Mi occupo del benessere della persona seguendola in un percorso alla scoperta delle proprie risorse e aiutandola a creare il proprio progetto di vita, la propria autorealizzazione.

Lavoro mettendo in campo tutta la mia sensibilità ed una presenza attenta e autentica e attingendo alla mia creatività come risorsa indispensabile nel lavoro con l’altro e come strumento di comunicazione.

Creo percorsi di crescita e consapevolezza del proprio femminile attraverso tecniche creative -artistiche e di scrittura- e psico-corporee.

Ricevo su appuntamento nel mio studio a Montescaglioso e online.