31/10/2025
Ci siamo convinti che bastare a noi stessi fosse la condizione della libertà.
Un obiettivo da raggiungere, la misura del nostro valore.
Ma bastare a sé può diventare una gabbia,
una cuccia morbida sui pendii di un precipizio.
Siamo esseri in relazione: il nostro corpo è nato per l’incontro.
Sappiamo regolare da soli i bisogni primari – mangiare, dormire, lavorare – ma i bisogni che danno senso all’esistenza restano relazionali:
l’appartenenza, il riconoscimento, la vicinanza, la cura.
L’Occidente ha costruito un modello di autonomia che spesso diventa isolamento.
Ha esaltato l’individualità fino a renderla dogma,
convincendoci che dipendere sia un fallimento,
che chiedere sia debolezza, che la relazione sia un rischio da controllare.
E così ci si incontra ma si resta guardinghi,
ognuno attento a non perdere il proprio equilibrio.
Viviamo un tempo che ha fatto dell’autonomia una religione e della distanza un sinonimo di libertà.
Le relazioni diventano provvisorie, leggere, reversibili.
Non si parla d’amore, si parla di conoscenze.
Si teme la vulnerabilità più del vuoto.
Si lascia per paura di restare,
si resta per paura di essere lasciati.
Oggi la coppia sembra dissolversi in un linguaggio più prudente: si evita di dire “mi manchi” per non sembrare dipendenti e dire “ti amo” è diventato un rischio da valutare.
Ma il contrario della dipendenza non è l’indipendenza.
È l’indifferenza.
È quando non mi lascio più toccare da nulla,
quando smetto di desiderare,
quando il bisogno dell’altro si spegne nel silenzio del controllo.
Abbiamo bisogno di sentirci amati,
parti di noi ritornano a casa quando le braccia dell’altro diventano tana.
Ma l’altro non colma, non riempie, non sostituisce.
L’altro offre spazio:
la possibilità di abitare l’amore, di attraversarlo, di imparare a stare.
È nella presenza dell’altro che scopriamo chi siamo,
ma senza che la sua presenza diventi risposta o garanzia.
L’altro non placa il bisogno:
lo trasforma in desiderio.
Non possiede, ma apre.
Non completa, ma chiama.
E in questo movimento continuo –
tra mancanza e incontro, tra confine e mistero – sta forse il segreto dell’amore che dura.