Associazione Sabine

Associazione Sabine L'Associazione Sabine ha sede a Montignoso, in Via Carlo Sforza n. 58, nella ex casa del custode di fronte alla Casa della Salute. N.

telefono attivo h. 24 e whatsapp 329.1286257
Orario di apertura: lun/mart/ven. 8.30-11.30; merc/gio 15.30-18.30. Associazione Sabine è principalmente uno sportello d’ascolto e un punto di accoglienza per donne e minori vittime di soprusi e abusi. L’attività delle nostre volontarie avviene in stretta collaborazione con i servizi psico-socio-sanitari ed educativi del territorio che sono coordinati da psicologhe, professioniste, legali, assistenti sociali, una ginecologa e una nutrizionista. Offriamo consulenze psicologiche e legali, ascolto telefonico, colloqui su appuntamento, campagne di sensibilizzazione, formazione e aggiornamento, gruppi di aiuto, mediazione linguistica.

27/11/2025

"La parola femminicidio" non indica il sesso della persona morta.
Indica il motivo per cui è stata uccisa"

26/11/2025

"Per tanti anni ho creduto che essere un uomo significasse una cosa sola: non cedere mai. Non mostrare paura. Non chiedere aiuto. Essere quello che decide, che regge tutto, che ha sempre ragione. Era un modello che non avevo scelto. Semplicemente ci ero cresciuto dentro.
Il mio cambiamento non è iniziato quando la mia vita è crollata. È iniziato molto prima, quando mi sono innamorato di Monica. Anzi, non subito: è iniziato quando ho cominciato a vivere con lei, con una donna.
È lì che ho capito, giorno dopo giorno, che quel modello non funzionava nelle relazioni vere. Che non puoi amare davvero qualcuno e allo stesso tempo voler vincere sempre. Che la forza non è nel dominare il confronto da soli, ma nel saperlo attraversare insieme.
Quel vecchio modello di 'maschio alfa' mi ha fatto perdere tanti secondi, tante ore di vita con la persona che amavo.
Quando c'erano attriti, quando si discuteva, io non riuscivo a vedere chiaramente: volevo solo aver ragione.
Quei minuti, quelle ore, quei giorni passati con il muso duro e la rabbia dentro, li ho rimpianti tutti, ma proprio tutti, quando, a causa del cancro, il tempo ha cominciato a mancarci per davvero.
E poi è arrivato un altro colpo, più grande di quanto potessi immaginare: Giulia non c’era più. Giulia era amore, era semplicità, era lontana da quell’orgoglio che complica la vita. E solo allora ho avuto la piena consapevolezza che anch’io potevo cambiare. Ho capito che quella trasformazione iniziata anni prima poteva diventare la mia salvezza. Che se fossi rimasto l’uomo che non cede mai, che trattiene tutto, che non ascolta, mi sarei spezzato completamente.
Ho compreso che essere un uomo non significa resistere a tutto. Significa permettersi di sentire. Non significa controllare. Significa accogliere. Non significa trattenere. Significa lasciare spazio alla verità, anche quando fa male. E significa anche porre attenzione al linguaggio che usiamo.
La mia forza è arrivata quando ho accettato di essere vulnerabile. Quando ho smesso ogni maschera. Quando ho iniziato a vedere davvero le donne non come un esame da superare o un terreno da conquistare, ma come un dono da ricevere, così come io avrei voluto essere il più bel dono per Monica e per Giulia.
Da allora vivo meglio.
Sono più leggero. Meno teso. Meno arrabbiato.
Io non posso recuperare il tempo che ho perso.
Ma posso cercare di vivere diversamente il tempo che mi resta.
E so che questo cambiamento, dolce, profondo, liberatorio, inizia da noi uomini. Dalla scelta, finalmente, di essere veri".
GIno Cecchettin

❤️❤️❤️
26/11/2025

❤️❤️❤️

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25/11/2025

❤️

25/11/2025

Nel 2024 sono stati registrati in Toscana 9 femminicidi e sono 5.600 le donne che si sono rivolte a un Centro antiviolenza, mentre sono stati 2.701 gli accessi in codice rosa al pronto soccorso per maltrattamenti (400 in più rispetto all'anno precedente). Sono alcune delle cifre più drammatiche che emergono dal 17° rapporto sulla violenza di genere in Toscana, realizzato dall’Osservatorio sociale regionale e presentato a Palazzo Strozzi Sacrati alla presenza, tra gli altri, del presidente della Regione Toscana Eugenio Giani e dell'assessora regionale Cristina Manetti. "I dati presentati dimostrano che il fenomeno della violenza di genere è in crescita", ha sottolineato in apertura la sindaca di Cecina e la delegata di Anci Toscana alle pari opportunità Lia Burgalassi. "I Comuni hanno un ruolo chiave perché sono i soggetti che devono aiutare a costruire la rete di sostegno e promuovere interventi educativi soprattutto con le giovani generazioni”.

25/11/2025

23/11/2025

🎗 Se io non voglio, tu non puoi.In occasione del 25 novembre, Giornata Internazionale per l’eliminazione della Violenza sulle Donne, la Fondazione Una Nessu...

23/11/2025
23/11/2025

C’è una casa bianca, ad Amherst, nel Massachusetts. Non è grande, né fastosa. Ha finestre che lasciano entrare la luce c...
23/11/2025

C’è una casa bianca, ad Amherst, nel Massachusetts. Non è grande, né fastosa. Ha finestre che lasciano entrare la luce con discrezione, come se temessero di turbare la quiete che vi abita dentro. Lì viveva una donna che aveva scelto la solitudine non come fuga ma come forma di verità.
Emily Dickinson.
La sua era una vita fatta di stanze, di giardini e di silenzi. Non amava le visite, né i salotti. Preferiva i passeri, le api, la voce sottile del vento che attraversava i rami. Osservava il mondo come si guarda un volto amato che non si può toccare: con stupore e con distanza. Scriveva al mattino, accanto a una finestra, con il cuore rivolto a ciò che sfugge. Le bastava la luce, il fruscio delle foglie, l’eco di un pensiero per aprire un varco tra la realtà e l’eterno. Nelle sue mani le parole diventavano materia viva: non decorazione ma rivelazione. Non cercò mai fama. Non cercò consenso.
Scriveva per respirare, per sopravvivere alla densità dei propri pensieri. Ogni poesia era un modo per restare, pur sapendo che tutto finisce. Non conosceva niente al mondo che avesse più Po te re della parola... quando ne trovava una, perfettamente adatta, la scriveva e la guardava finché non cominciasse a splendere. Era questo, per lei, l’atto magico della scrittura: contemplare finché qualcosa di invisibile non prende forma. Nei suoi versi convivono il cielo e la terra, il dolore e la grazia, il dubbio e la fede. Non offriva risposte ma domande che si posano come leggere e sospese.
“Non conosciamo mai la nostra altezza", scrisse, "finché non siamo chiamati ad alzarci". Nel 1886, a cinquantacinque anni, si spense nella stessa casa dove aveva amato, sofferto e scritto.
Dopo la sua morte, la sorella Lavinia aprì i cassetti e trovò centinaia di fogli piegati, legati con fili e nastri. Erano quaderni in cui la solitudine non era isolamento ma dialogo con l’assoluto. Quando il mondo li lesse, capì che quella voce appartata non era rimasta chiusa in una stanza e sarebbe diventata pane per le future generazioni. Oggi, ogni volta che un lettore apre un suo verso, Emily torna a respirare. Il tempo non ha potuto seppellire la sua voce, perché era fatta della stessa sostanza del silenzio e della magia. La sua casa resta lì, bianca e discreta, come un cuore che non smette di pulsare. Scommetto che se ci si fermasse davanti a quella finestra, si avrebbe quasi l’impressione di sentirla ancora scrivere. Ci sono vite che non hanno bisogno di folla né di clamore, anime che non attraversano il mondo, ma lo decifrano da ferme.
Emily Dickinson non viaggiò mai, eppure è arrivata più lontano di tutti.
Perché certe voci non passano: restano scritte nel tempo.

22/11/2025

Ci sono momenti in cui ti accorgi che certe dinamiche non sono inciampi casuali ma il riflesso di un’abitudine antica. Uomini pronti a spiegarti ciò che conosci già, voci che si sovrappongono alla tua come se fosse naturale, come se fosse il ritmo “giusto” del mondo. È allora che capisci quanto peso abbia la cultura che respiriamo tutti i giorni e quanto sia radicata l’idea che l’autorità stia sempre da una parte sola, quella maschile.
Quello che per anni ho sentito addosso era una sensazione precisa e senza nome, una specie di nebbia sottile che ti fa dubitare di te anche quando sai di sapere. Finché non ho realizzato che, senza parole per descrivere ciò che accade, resti disarmata. Non puoi reagire, non puoi difenderti, non puoi nemmeno riconoscere pienamente l’ingiustizia. E allora ho iniziato a chiamare le cose per quello che sono, senza alleggerirle, senza abbellirle. Perché dare un nome a un meccanismo lo rende visibile e quando è visibile non è più intoccabile.
La convinzione che l’esperienza maschile sia l’unico sguardo legittimo ha trasformato la loro storia in “Storia”, la loro letteratura in “Letteratura”, il loro sentire in misura dell’umano. Ciò che apparteneva alle donne è stato relegato a variante minore, a eccezione, a periferia. Eppure basta cambiare punto di osservazione per accorgersi che l’universalità non è mai stata neutrale, solo ben custodita.
Ho imparato che il silenzio non è mai pace ma il risultato di un lavoro costante di sottrazione. È ciò che accade ogni volta che una donna viene interrotta, corretta, giudicata, messa all’angolo da domande che sembrano innocue e invece sono trappole: perché non sei madre, perché non sorridi, perché sei arrabbiata. Non sono curiosità, sono tentativi di riportarti entro confini che non hai scelto.
La vera domanda non è perché le donne provino rabbia ma come facciamo a contenerla così spesso. Perché ogni volto distolto per strada, ogni sguardo che pesa sul corpo prima che sulla parola, ogni scelta messa in discussione ha un prezzo. E quel prezzo si accumula, anno dopo anno, generazione dopo generazione.
Ciò che continuiamo a chiamare ordine sociale è spesso solo la forma più elegante di una censura riuscita. Ma io non credo nell’obbedienza travestita da armonia. La mia idea di speranza è un atto di forza. Non è attesa, non è un sogno sospeso. È la scelta di aprire varchi, di incrinare strutture che sembravano scolpite nella roccia. Perché tutto ciò che ci è stato presentato come eterno è stato creato da mani umane e ciò che è stato costruito può sempre essere ricostruito.
Quello che voglio è stare lì, nel punto esatto in cui una voce si libera, dove ciò che sembrava insignificante si rivela rivoluzionario, dove una parola detta senza tremare diventa il primo passo per cambiare la forma del mondo.

Indirizzo

Via Carlo Sforza N. 58
Montignoso
54038

Orario di apertura

Lunedì 10:30 - 16:30
Martedì 10:30 - 15:00
17:30 - 17:00
Mercoledì 10:30 - 17:00
Giovedì 10:30 - 14:30
Venerdì 10:30 - 14:30
16:00 - 20:00

Telefono

+393291286257

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