23/10/2025
Molti popoli antichi trascorrevano tutta la vita nel prepararsi alla morte, come traguardo e come porta di accesso all'eternità.
Poi nei secoli l'esperienza della morte è stata demonizzata, resa temibile al punto da farci cercare ogni sorta di stratagemma per distrarci anche dal solo pensarla.
Le parole dei maestri illuminati hanno solo la funzione di ricordare che la vita può essere qualcos'altro... e che lο è, se la si guarda dall'intima essenza che portiamo nel cuore.
Questo laboratorio vuole stimolare un processo, accendere una fiamma, spetta a noi prendere coscienza di ciò che essa "mette in luce", rivela, dissolve, e al tempo stesso uscire dall'oscurità precedente, per vivere in quella luce. Solo così è possibile percepire l'invisibile flusso esistenziale nel quale il corpo diventa un ponte. Dopo che lo abbiamo attraversato, il ponte si dissolve.
È l'idea di morte non in quanto dramma, fine, estinzione, ma in quanto celebrazione, in quanto necessario passaggio nel lungo ed eterno viaggio che è l'esistenza, che va vissuto intimamente e intensamente, come una festa.
Con la morte si celebra, infatti, ciò che l'essere umano ha realizzato.
Nei culti antichi si accompagna il passaggio oltre una soglia, eppure questo bardo si attraversa sempre e soltanto da soli: una solitudine che è pienezza di sé, ο del Sé, ma che è spogliata assolutamente di qualsiasi cosa, da qualsiasi legame. Una solitudine come valore esistenziale, e anche questo va appreso mentre si è in vita perché non la si debba subire come isolamento.
Moriremo, questo è certo.
L'intento di questo laboratorio è rappacificarci con questo, prepararci ad attraversare il bardo, trasformare l'ignoto che da adito alla paura e al rifiuto, in un'esperienza di consapevolezza.