04/08/2025
L’invidia è un’emozione che non si mostra mai con il suo vero nome. Si traveste: da sarcasmo, da superiorità, da indifferenza. Ma soprattutto, si fa gesto, parola, esclusione. E allora diventa bullismo.
Chi invidia, non sempre è consapevole. Spesso si tratta di un disagio muto che esplode in atti distruttivi. Chi è invidioso non sopporta la luce dell’altro, non la comprende, non la regge. E così cerca di spegnerla. E cosa c’è di più facile che farlo con una risata crudele, un nomignolo, una spinta nel corridoio o un commento acido in pubblico? Quando l’invidia si impossessa di una persona fragile e non elaborata, può generare la violenza. Una violenza che ha il gusto amaro della frustrazione e dell’impotenza.
Molti bulli non odiano davvero le loro vittime. Le temono. Le percepiscono come “diverse” non perché inferiori, ma perché portatrici di qualcosa che loro non hanno o non sanno riconoscere in sé: sensibilità, intelligenza, bellezza interiore, autenticità. E allora scatta la dinamica perversa: se non posso raggiungerti, ti distruggo. Se non riesco a diventare come te, ti ridicolizzo. Se non so amarti, ti combatto.
Per chi subisce, invece, è tutto inspiegabile. Come può fare così male un’occhiata, una frase lasciata cadere con noncuranza, una risata fatta apposta per ferire? Eppure succede. L’invidia fa male perché non si limita a desiderare quello che l’altro ha: vuole toglierglielo. Non si ferma al confronto, pretende il silenzio, la scomparsa dell’altro. Vuole che tu smetta di essere ciò che sei.
Chi è stato vittima di bullismo spesso porta dentro di sé una domanda mai risolta: “Perché io?”. La risposta, per quanto assurda, è proprio questa: perché brillavi. Perché eri vivo. Perché avevi qualcosa che gli altri non sapevano gestire. E questo dovrebbe ribaltare la prospettiva: non sei stato scelto per essere umiliato, sei stato preso di mira perché facevi paura. Perché avevi valore.
Se cominciassimo a parlare davvero di invidia — senza vergogna, senza moralismi — potremmo forse riconoscere quanta parte essa abbia in tanti gesti crudeli, nelle dinamiche scolastiche e lavorative, nelle relazioni e persino nelle famiglie. E forse potremmo iniziare a disinnescarla. Perché l’invidia, quando resta repressa, crea il mostro. Ma quando è riconosciuta, può diventare forza di cambiamento, spinta verso una crescita vera, personale.
Il bullismo non nasce mai solo per caso. Spesso nasce lì, dove qualcuno ha paura di non bastare, e allora decide che l’altro deve sparire.
Ecco perché parlare di invidia non è secondario. È centrale. È urgente. È uno dei nomi segreti del dolore.
Dott.ssa Ilenia Varriale psicologa e mediatrice familiare
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