18/10/2025
Grazie a tutti per questa sera. Questo è il libro da cui è tratta la versione del Ganakamoggallāna Sutta che abbiamo letto dopo la meditazione, leggermente adattata dagli autori rispetto alla versione originale presente nel Canone Pāli (Majjhima Nikāya, 107). Trascrivo il testo qui di seguito:
A Sāvatthi, città dell’India del nord, c’era un grande centro, dove la gente si recava per meditare e ascoltare gli insegnamenti del Buddha. Per anni, un giovane ci era andato ogni sera, ma senza mai mettere in pratica le istruzioni. Una volta arrivò in anticipo e trovò il Buddha da solo. Gli si avvicinò e disse:
“Signore, c’è una domanda che continua a venirmi in mente e a far sorgere in me dei dubbi”.
“Davvero? Non ci dovrebbero essere dubbi sul sentiero; meglio chiarirli subito. Qual è il problema?”
“Signore, sono molti anni che frequento questo luogo e ho notato che ci sono molti eremiti intorno a Voi, monaci e monache, e che alcuni di loro sono con Voi da anni. La mia impressione è che molti abbiano raggiunto lo stadio finale e che, di conseguenza, siano pienamente liberati; vedo, inoltre, che altri hanno ottenuto dei cambiamenti nella loro vita e sono migliori di prima. Ma ci sono anche molte persone, compreso me, che sono rimaste com’erano, o che sono persino peggiorate. Perché accade questo? La gente viene da Voi perché siete un grande uomo pienamente illuminato, una persona tanto compassionevole e potente. Perché non usate il vostro potere e la vostra compassione per liberarli tutti?”
Il Buddha sorrise e disse:
“Ragazzo, dove abiti? E dove sei nato?”
“Vivo qui a Sāvatthi”.
“Sì, ma i tratti del tuo viso indicano che non sei di queste parti. Di dove sei originario?”
“Sono di Rājagaha, la capitale del Magadha. Mi sono stabilito a Sāvatthi alcuni anni fa”.
“Hai forse interrotto tutte le relazioni con Rājagaha?”
“No, ho ancora dei parenti là, degli amici ed anche degli affari”.
“Allora certamente dovrai recarti da Sāvatthi a Rājagaha abbastanza spesso”.
“Sì, ci vado molte volte l’anno, vado e poi ritorno a Sāvatthi”.
“Avendo percorso molte volte la via che va da qui a Rājagaha, di sicuro la conoscerai bene”.
“Sì, la conosco perfettamente. Potrei dire che, avendola percorsa tante volte, la ritroverei a occhi chiusi”.
“E i tuoi amici, quelli che ti conoscono bene, di certo sanno che sei originario di Rājagaha, che ti sei stabilito qui, che ci vai spesso e che, perciò, conosci molto bene la strada da qui a Rājagaha”.
“Sì, tutti quelli che mi sono vicini sanno che ci vado spesso e che conosco perfettamente la strada”.
“Allora può accadere che qualcuno ti chieda di spiegargli il percorso da qui a Rājagaha. Gli nascondi qualcosa o glielo spieghi in modo chiaro?”
“Che cosa c’è da nascondere? Glielo spiego in modo più chiaro che posso: dirigiti verso est, poi prosegui andando diritto fino a che raggiungi Benares, da lì continua fino a Gayā e infine arriverai a Rājagaha. Lo spiego con molta chiarezza, signore”.
“E queste persone cui dai spiegazioni dettagliate, arrivano tutte a Rājagaha?”
“No, certo non tutte, signore! Solo coloro che avranno completato tutto il percorso raggiungeranno Rājagaha”.
“E’ proprio questo che voglio farti capire, ragazzo. La gente viene da me sapendo che ho percorso tutto il sentiero da qui al Nibbāna, che lo conosco perfettamente e mi domandano: ‘Qual è il sentiero per raggiungere il Nibbāna, per raggiungere la liberazione?’ Non avendo nulla da nascondere, glielo spiego in modo chiaro: ‘Questo è il sentiero’. Se qualcuno si limitasse ad annuire dicendo: ‘Ben detto, ben detto, un sentiero molto buono, ma non voglio muovervi un passo; un sentiero meraviglioso, ma non voglio prendermi la briga di percorrerlo’, come potrebbe raggiungere la meta finale? Non posso caricarmi nessuno sulle spalle per portarlo alla meta finale. Nessuno può condurre un altro portandolo sulle proprie spalle fino alla meta finale. Al massimo, con amore e compassione, può dire: ‘Questo è il sentiero e in questo modo io l’ho percorso. Impegnatevi, seguitelo anche voi e raggiungerete la meta finale’; ma ognuno deve compiere il cammino da sé, deve compiere ogni passo sul sentiero da solo. Chi è avanzato di un passo, è di un passo più vicino alla meta. Chi ha fatto cento passi, è di cento passi più vicino alla meta. Chi ha fatto tutti i passi ha raggiunto la meta finale. Solo tu puoi percorrere il sentiero”.
William Hart – S. N. Goenka, Perché meditare?, Diana Edizioni, 2020.