05/10/2025
Mi chiedo quando abbiamo iniziato a chiamare “vivere” l’essere costantemente stanchi.
A volte sembra che la vita sia solo questo: lavorare tutto il giorno e arrivare la sera
con la testa piena e il corpo stanco.
Eppure, la vita non comincia
quando smetti di lavorare.
La vita è in mezzo a quelle ore.
Il lavoro è parte della vita.
Ma non dovrebbe mai diventare tutta la vita.
A volte si comincia solo con l’idea
di impegnarsi, di dare il massimo, di fare bene.
Poi, senza accorgersene,
si finisce a vivere per un calendario
pieno e un’anima vuota.
E quando ti fermi, capisci che mentre
rincorrevi risultati, ti sei perso tutto il resto:
le risate, i pranzi con chi ami, i momenti
in cui potevi respirare davvero.
Il tuo ruolo può essere sostituito.
Il titolo che hai oggi,
domani non lo ricorderà nessuno.
L’azienda per cui resti fino a tardi andrà
avanti anche senza di te.
Ma il tempo che non hai vissuto… quello no.
Le persone che non hai abbracciato,
i sogni che hai rimandato,
i giorni che non torneranno.
quelli li perdi per sempre.
Il lavoro ti dà soldi, ma se per averli perdi la pace, stai pagando un prezzo troppo alto.
Non sei la tua posizione.
Non sei il tuo stipendio.
Non sei il biglietto da visita sulla scrivania.
Sei una persona.
Con un cuore, un senso e una vita
che chiede di essere vissuta.
Ridi di più con chi ami.
Cammina, anche senza meta.
Sogna, anche quando sei stanco.
Prenditi tempo per quello che ti fa stare bene,
perché sono queste le cose che danno
significato a tutto il resto.
Alla fine nessuno ricorderà
quante ore hai lavorato.
Ricorderanno solo come hai vissuto,
come hai amato e come li hai fatti sentire.
Il lavoro è ciò che fai, non chi sei.
In Giappone ho imparato una parola nuova.
Ikigai.
Ikigai è molto semplice: è avere almeno
una ragione concreta per alzarti la mattina.
Una ragione che ti dà senso,
anche se non è spettacolare.
Perché se aspetti il weekend per vivere,
stai già perdendo la vita.
Il weekend sono 2 giorni su 7:
significa che ti concedi il 28% della
tua esistenza e butti via il resto.
Le ferie sono 30 giorni all’anno:
il 92% del tuo tempo non lo vivi.
La più grande bugia che tutti ti dicono
è di mollare tutto e partire, che quella è la
soluzione, ma non è vero.
Quello è solo scappare.
Non serve mollare tutto e scappare.
Serve imparare a portare un po’ di mondo dentro la tua quotidianità.
Serve cambiare il modo in cui ti svegli,
il modo in cui respiri, il modo in cui ti concedi
di esistere anche dentro una
giornata normale.
Perché la libertà non arriva quando
smetti di lavorare.
Arriva quando smetti di credere che
la vita sia solo lavoro.
Ma come si può portare l’ikigai
concretamente nella tua vita di tutti i giorni?
1️⃣La tua ragione minima.
Non servono grandi sogni.
Serve almeno una cosa che ti faccia alzare
dal letto.
Se non sai qual è, scrivi ogni mattina una cosa
che renderà la giornata meno sprecata.
Una. Anche piccola.
Senza quella, vivrai in automatico.
2️⃣Smetti di dividere vita e lavoro.
Otto ore al giorno per 40 anni:
se ti convinci che “quella non è vita”,
hai già deciso di buttare via metà della
tua esistenza.
Trova un modo per infilare vita anche lì:
una playlist che ti accompagna,
una pausa vera, una parola diversa detta
a chi hai accanto.
3️⃣Proteggi uno spazio intoccabile.
Mezz’ora al giorno sono 3,5 ore a settimana.
14 ore al mese. 168 ore all’anno.
Se non riesci a proteggere neanche questo,
non è perché non hai tempo:
è perché non sei una priorità per te stesso.
4️⃣Trasforma un gesto quotidiano in rituale.
Se bevi tre caffè al giorno, sono 1.000 all’anno.
O lo fai distratto, oppure hai 1.000 occasioni
per fermarti, respirare, stare.
Non servono più ore, serve far diventare speciale quello che già fai mille volte.
Ricorda: il vero cambiamento non arriva
quando cambi lavoro o città.
Arriva quando smetti di chiamare “vita”
solo il tempo libero
Riccardo Bertoldi🌊