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6 appuntamento con la rubrica  posturandoinsieme. Oggi parleremo del piede visto da un punto di vista posturale e il suo...
14/10/2019

6 appuntamento con la rubrica posturandoinsieme. Oggi parleremo del piede visto da un punto di vista posturale e il suo agire in modo determinante sul bacino

Il Piede biomeccanica anatomia

Quando si sta in piedi senza muoversi l’appoggio al suolo avviene per il 50% sul retropiede (parte posteriore) e 50% sull’avampiede (parte anteriore) di questo il 35% sulla parte interna e il 15 % sulla parte esterna. Quindi il piede n**o al suolo poggia per metà sulla parte posteriore e per metà su quella anteriore, se invece abbiamo una scarpa con un tacco via via più importante l’appoggio sarà più anteriore.
PIEDE DINAMICO Nel piede durante la marcia il motore principale è il muscolo tricipite che si inserisce dietro il calcagno. Sul piano funzionale c’è il prolungamento del tendine nella parte inferiore del sistema aponeurotico plantare. L’azione del tricipite si prolunga fino all’estremità anteriore dei metatarsi, sotto la pianta. Meccanicamente il calcagno è come un osso sesamoide, aumenta il braccio di leva del tendine d’Achille. Quando si guarda la totalità dell’arto inferiore, ad ogni livello c’è un sistema che aumenta la potenza del muscolo: 1. nel piede, è il calcagno che è sagittale, è orientato nel senso della marcia; 2. nel ginocchio, è la rotula, orientata nel piano sagittale, aumenta la forza del quadricipide; 3. nell’ anca, è il collo femorale che aumenta la potenza dei muscoli che stabilizzano il bacino. I primi due hanno una direzione sagittale e quindi aumentano la forza nel piano sagittale, nel terzo c’è un cambiamento nella direzione della forza che invece si muove su un piano frontale; quindi il bacino in appoggio sull’anca può avere un movimento di rotazione nei tre piani dello spazio.
TORSIONE ASSIALE DELL’ ARTO INFERIORE Nel femore testa e collo non giacciono sul stesso piano frontale ma il collo femorale forma con il piano frontale un angolo di quindici gradi detto angolo di antiversione ( come se l’ estremità superiore del femore fosse in rotazione esterna). Il femore lungo il suo asse longitudinale fa una torsione interna; quando si guarda la tibia sul suo asse longitudinale fa una rotazione esterna. Nel neonato questi angoli sono diversi: l’angolo di antiversione è di 30 – 35 - 40. Durante la crescita c’è progressivamente una riduzione dell’ angolo di antiversione questo momento coincide con il raggiungimento della posizione eretta; anche la tibia alla nascita non presenta la torsione sul proprio asse longitudinale che aumenta,invece, durante la crescita. Quando si fa una TAC si può vedere l’angolo di antiversione del collo femorale di 15° e l’asse bimalleolare che rispetto al piano frontale forma anch’esso un angolo di 15°: c’è una sovrapposizione tra l’asse del collo femorale e l’asse bimalleolare. Quando camminiamo, infatti,rispetto alla linea di marcia il piede fa un angolo di 15° corrispondente a quello bimalleolare. Durante la marcia il piede prende appoggio al suolo prima attraverso la parte posteriore e poi con quella anteriore; il passaggio del passo dall’appoggio posteriore a quello anteriore avviene sul bordo esterno; il piede fa un movimento di pronazione. La fine dell’appoggio e il distacco avviene sul primo dito, la spinta è data dal flessore dell’alluce. Se consideriamo la fisiologia della sottoastragalica,articolazione tra astragalo e calcagno, l’asse di mobilità si chiama asse di Henché ; quando si guarda questo asse durante la marcia ha la stessa direzione del senso di marcia. Sotto il piede c’è una p***a venosa molto sviluppata , che durante il cammino, con la continua alternanza tra pressione( appoggio) e rilassamento( stacco), fa risalire il sangue dall’ estremità al cuore. Quando siamo fermi non c’è l’effetto p***a e il sangue rimane nella parte inferiore del corpo, per questo, quando rimaniamo troppe ore fermi in posizione eretta sentiamo le gambe eccessivamente pesanti. RADIOLOGIA Quando si vuole guardare una zona si fanno almeno due proiezioni ortogonali: 1. una proiezione nel piano frontale; 2. una proiezione nel piano laterale. Nella proiezione frontale vediamo il tarso posteriore formato dall’astragalo e dal calcagno che insieme al cuboide, che in questa proiezione non si vede bene, formano la linea articolare di Schopard; e il tarso inferiore formato dallo scafoide e davanti dal I, II e III cuneiforme che insieme formano la linea articolare di Lisfranch. Al davanti di questa linea articolare troviamo le basi dei cinque metatarsi. Attraverso questa proiezione sono visibili anche i due ossi sesamoidi presenti sotto la testa del primo meta; al davanti delle teste metatarsali ci sono le dita.
Possiamo vantare diversi angoli: ANGOLO DI APERTURA DEL PIEDE 20°- 30° Si tracciano due linee, una lungo l’asse del I dito e la secondo lungo l’asse del V. all’incrocio tra queste due dita si forma l’angolo di apertura del piede.
ANGOLO DI APERTURA DEL PRIMO SPAZIO È l’angolo che si forma tra il I e il II metatarso; è normalmente inferiore a 10°. Quando c’è un’apertura esagerata di quest’angolo si dice metatarso varo; quando c’è una chiusura di quest’angolo si parla di alluce valgo.
ANGOLO DELL’ALLUCE RISPETTO AL PRIMO META È normalmente inferiore a 10° va ad aumentare il valgismo dell’alluce.
CURVA O PARABOLA DI LELIEVRE Le teste metatarsali sono disposte su una curva regolare. Possiamo riscontrare delle anomalie nella regolarità di questa curva, ci può essere una testa più lunga o più corta delle altre, che condizionano l’appoggio al suolo: c’è un iperappoggio sulla testa delle dita più lunghe. Di solito la testa del secondo meta è più lungo e più anteriore rispetto alle altre.
Lunghezza dei metatarsi M2>M1>=M3>M4>M5

PROIEZIONE LATERALE Abbiamo due modalità: • paziente sdraiato, è valida per valutare densità ossea, fratture e altre patologie; • paziente in piedi, valuta l’appoggio del piede statico. Non si possono tracciare le linee del piede o gli angoli da una lastra da sdraiato. L’RX laterale in carico mostra lo scheletro della gamba, tibia e perone in sovrapposizione, il perone è visibile anche attraverso l’astragalo; sotto lo scheletro della gamba c’è il corpo, collo e la testa dell’ astragalo, ancora più sotto ritroviamo il calcagno costituito da diverse parti: il talamo con cui si articola con astragalo,l’apofisi anteriore o becco calcaneare, il corpo e la tuberosità posteriore. Tarso posteriore Possiamo vedere il tarso anteriore, lo scafoide e davanti si vede la sovrapposizione dei tre cuneiformi di cui è più visibile il primo. Si vede un pochino arco esterno e cuboide, davanti al calcagno, articolazione tra calcagno e cuboide. Nella parte più anteriore sono evidenti i metatarsi, sovrapposizione, si vede l’apofisi stiloidea del V meta. Quando la lastra è realizzata in carico si può valutare l’ angolo dell’arco interno del piede, angolo della volta o ANGOLO DI COSTA BERTANI. Per tracciare quest’angolo si prende l’ appoggio anteriore, cioè,si traccia una linea a partire dalla parte inferiore delle ossa sesamoidi del primo dito,l’altra linea parte dal punto di appoggio posteriore che si trova sotto il calcagno, l’incontro di queste due linee forma un angolo, l’apice di quest’angolo è la parte inferiore della rima articolare tra stragalo e scafoide. Questo punto rappresenta il legamento glenoideo tra scafoide e calcagno e la teste astragalica si appoggia su questo legamento che rappresenta per l’appunto l’apice dell’arco interno. Quest’angolo normalmente è di 125°: • quando aumenta di piede piatto; • quando diminuisce si parla di piede cavo. LINEA DI SHADE Quando si guarda l’arco interno del piede possiamo tracciare una linea prendendo come punto di riferimento la parte centrale della testa dell’astragalo, la parte centrale dello scafoide, il centro del primo cuneiforme e il centro della testa del primo meta. In un pide normale questa linea è dritta, i punti sono allineati.
Nel piede cavo questa linea è a concavità inferiore, nel piede piatto è a concavità superiore.

Per valutare il bordo esterno del piede si fa una PROIEZIONE OBLIQUA in cui si vede il cuboide, i metatarsi esterni, il becco calcaneare( parte anteriore calcagno), lo scafoide in sovrapposizione con i cuneiformi. Esistono anche altre proiezioni ormai in disuso, per fare esame più approfonditi si ricorre all’RM e alla TAC. Angolo di Costa-Bertani 125° Misura del Valgismo Calcaneare
MISURA DEL VALGISMO DEL CALCAGNO Valuta la posizione del calcagno rispetto alla verticale. In radiologia, per valutare quest’angolo si pone il calcagno tra due marcatori posti lateralmente sulle parti molli, c’è un piccolo tacco per sollevare il tallone. Si fa una lastra antero-posteriore, poi si traccia una verticale di riferimento, si prende il centro dell’astragalo e il centro dell’ appoggio del tallone al suolo. Si forma unangolo tra la verticale e la linea mediana che si chiama angolo di valgismo. Normalmente il calcagno non è verticale ma c’è un angolo di 7°. Quando il piede è piatto aumenta il valgismo, quando è cavo il valgismo calcaneare diminuisce fino a diventare varo. Attraverso TAC o RM possiamo rilevare diverse patologie sia a carico dell’osso che dei tessuti molli come per esempio la patologia delle ossa sesamoidi (patologia assiale). Attraverso la tac è possibile definire soprattutto una patologia ossea nonostante si vedano anche i tessuti molli, attraverso la risonanza invece anche l’osso ma permette di valutare meglio patologie interosee. Il progresso tecnologico ha aumentato la qualità della definizione, miglioramento delle immagini. Osservando una risonanza magnetica della gamba di sezione nel piano sagittale noteremo le ossa tibia, astragalo, scafoide, calcagno piriforme, le parti molli bianche, muscoli anteriori e posteriori grigi. La zona bianca al davanti del tendine d’Achille si chiama TRIANGOLO di KAJER, se l’RM mostra un’irregolarità del suddetto triangolo si pensa a una patologia del tendine d’Achille. Inoltre si può valutare lo spessore della parte inferiore del piede, sistema aponeurotico plantare costituito da tessuto fibroso e grasso, anch’esso risulta essere bianco. Quando il grasso sottocalcaneare diminuisce (13- 21mm normale) ci sono problemi nell’appoggio del piede, problemi di ammortizzazione. Nell’anziano c’è una riduzione di questo spessore quindi si ha dolore durante la marcia, micro traumi. Questo grasso sottocalcaneare impedisce gli scivolamenti laterali del tarso posteriore quando camminiamo. Per assolvere a questa funzione non è contenuto in una sola guaina ma in un sistema compartimentale. Tra astragalo e calcagno c’è articolazione sotto astragalica all’interno c’è un legamento interosseo, detto seno del tarso.
A volte dopo una distorsione c’è una lesione di questo legamento: SINDROME DEL SENO DEL TARSO. Se si vogliono evidenziare le parti contenenti liquidi, si usa fare un RM in T2 in cui il radiologo abbassa artificialmente il segnale del grasso, dunque tutte le cavità contenenti acqua rimangono bianche, come per esempio una ciste.
ANOMALIE DEL PIEDE L’impronta di un piede normale risulta essere ripartita tra una parte anteriore e una parte posteriore (tallone) collegate tra loro dall’appoggio del bordo esterno del piede che rappresenta 1/3 dell’impronta totale.
PIEDE PIATTO Si parla di piede piatto quando aumenta la larghezza dell’appoggio esterno. Si dice piede piatto di 1° quando l’appoggio esterno rappresenta i 2/3 della larghezza totale; piede piatto di 2° quando l’appoggio è totale, rappresenta i 3/3; si dice piede piatto di 3° quando il bordo interno dell’impronta diventa convesso (> 3/3). L’apice della convessità è corrispondente al tubercolo dello scafoide; il piede prende contatto al suolo su quest’ultimo, si assiste ad un valgismo calcaneare. Tutti i bambini alla nascita hanno un piede piatto per mollezza dei legamenti. La plasticità dei legamenti si sviluppa nel tempo, la volta è formata verso i 10 anni. Il piede piatto è molto frequente, 1° 2° 3° 2/3 3/3 Bordo interno convesso non è patologico nei casi in cui risulta essere morbido e non doloroso. Si possono fare dei test per vedere un piede piatto patologico: TEST o SEGNO di JACK, cioè si fa eseguire una dorsi-flessione dell’alluce, normalmente si forma un incavo nella volta, se ciò non avviene trattasi di un piede rigido e quindi patologico; si chiede al paziente di alzarsi sulla punta dei piedi, la volta plantare tende ad inarcarsi, in un piede contratturato ciò non avviene e risulta anche essere doloroso. Nel piede piatto l’angolo di Costabertani è aumentato, ciò si vede attraverso la lastra. Per stabilizzare il calcagno nel piede piatto si utilizzano scarpe con la parte posteriore rinforzata. scarpe molto rigide o plantari con l’impronta della volta possono rallentare la comparsa della tonicità del piede, dell’arco plantare. Infatti i plantari vanno usati quando il piede è patologico, cioè doloroso. Quando un piede risulta essere spastico e doloroso, diventando una vera e propria patologia, bisogna ricercare il perché: spasticità dei muscoli, contratture; sinostosi, saldatura tra calcagno e scafoide. Quando si guarda un piede piatto risulta basculato all’interno, e se si osservano le ripercussione a livelli superiori noteremo un ginocchio valgo, rotazione interna del femore, antiversione del bacino e iperlordosi (contatto tra le faccette articolari). durante la crescita per evitare che questi atteggiamenti si fissino si consiglia l’uso di solette che sollevino arco interno del piede. Il piede piatto può anche essere unilaterale, le ripercussioni potrebbero essere a carico del Tibiale Posteriore che risulta abbassato e quindi attraversare due fasi: infiammazione e rottura, la volta cade ancor di più. PIEDE CAVO Si parla di piede cavo quando l’angolo della volta aumenta. La prima cosa da fare è un esame neurologico di base, perché può essere associato a diverse patologie neurologiche come siringomielia, spina bifida, midollo attaccato. Bobbiamo fare l’esame della motricità, ricerca della sensibilità esterocettiva anteriore e posteriore sia dell’arto inferiore che del tronco, la valutazione dei riflessi cutanei e osteotendinei. L’appoggio normale è 1/3 dell’appoggio totale, nel piede cavo di I grado questo risulta essere diminuito (< 1/3), nel piede cavo di II grado l’impronta del bordo esterno sembra scomparire, nel III grado, l’appoggio laterale è assente, la parte anteriore e quella posteriore risultano separate. Gli adattamenti del corpo nel piede cavo sono: varismo del calcagno, diminuzione dell’angolo Costabertani, varismo delle ginocchia, rotazione esterna del femore, retroversione del bacino, diminuzione della lordosi lombare, riduzione di tutte le curve.
SVILUPPO E ANOMALIE DELLO SVILUPPO Alla nascita è visibile attraverso una Rx solo il tarso posteriore (astragalo e calcagno) non si vede il tarso anteriore. Progressivamente appaiono i punti di ossificazione secondaria che si sviluppano durante l’accrescimento, questo è il periodo in cui si possono sviluppare anomalie.
PIEDE TORTO O VARO EQUINO Il piede appare in adduzione supinazione equinismo, è una emergenza terapeutica; si deve trattare subito dalla nascita, perché la crescita del bambino è molto veloce. Si utilizzano gessi correttivi che si cambiano ogni settimana; quando si fa il cambiamento di gesso si mobilizzano i tessuti. Infine viene fatta una tenotomia cioè una sezione del tendine d’Achille, successivamente di nuovo gesso correttivo per altri 15 giorni, alla rimozione segue periodo di riabilitazione.
MALFORMAZIONI DEL PIEDE Possiamo incontrare un metatarso varo in cui si ha una adduzione del piede e un’apertura eccessiva del primo spazio. E’ definito piede preistorico perché le scimmie presentano una pronazione a livello del piede. Nel passaggio a bipede si assiste ad un maggior angolo di apertura tra il primo e secondo metatarso. Si possono avere anche dita sopranumerarie o sottonumerarie. L’assenza di un dito può comportare dei problemi all’appoggio del piede, ciò che risulta compromessa è la stabilità; a volte è associata ad agenesia del perone. Possiamo anche avere anomalie di sviluppo sia del perone che della tibia, malformazioni a livello dello scafoide, come lo sviluppo di un osso sesamoideo detto osso scafoideo accessorio, su cui può inserirsi il tibiale posteriore o lo stesso tubercolo scafoideo potrebbe risultare diviso in due parti tanto da far pensare ad una frattura. Possiamo assistere anche alla presenza di un osso sopranumerario che si sviluppa nel tendine del peroniero lungo nel suo passaggio vicino al cuboide che va a rinforzare il muscolo stesso. Abbiamo anche un altro osso detto osso trigono che si trova alla coda dell’astragalo prolungandola. Si possono incontrare ossa soprannumerarie un po’ da per tutto nel piede. Continuando con le anomalie del piede dobbiamo menzionare le sinostosi del tarso posteriore meno frequenti quelle del tarso anteriore. Si assiste ad una saldatura più o meno completa tra due ossa, il più delle volte tra calcagno - scafoide e tra calcagno - astragalo. Tra scafoide e calcagno c’è il legamento glenoideo (scafocalcaneare), che alcune volte può subire un ossificazione più o meno completa andando a saldare le due ossa. Quando facciamo il test di mobilità per lo scafoide questo risulterà non mobile, ma in questi casi non dobbiamo ridare mobilità, non trattandosi di una disfunzione osteopatica. Sinostosi tra astragalo e calcagno: effettuando test di mobilità della sottoastragalica non riscontreremo alcun movimento. La sintomatologia che si sviluppa è dolore al retro piede, distorsioni recidivanti, contratture della volta plantare (piede piatto). L’osteocondrosi è una patologia dello sviluppo, si può incontrare ovunque nello scheletro. Durante la crescita, l’osso subisce sollecitazioni importanti, che se divengono eccessive potrebbero disturbare il processo di mineralizzazione dell’osso. Il trattamento è il riposo, quindi fermare le sollecitazioni meccaniche; l’osteopata ha il compito di valutare la libertà dell’articolazione attraverso i test di mobilità. La più comune è l’osteocondrosi a livello del ginocchio o Morbo di Osgood-Schlatter, colpisce l’apofisi tibiale, inserzione distale del tendine rotuleo. Qui è presente uno specifico nucleo di ossificazione, se c’è un osteocondrosi rende l’apofisi tibiale più debole fino ad arrivare al distacco della stessa perché preposta a sollecitazioni meccaniche molto forti. Se il processo non si arresta l’ortopedico consiglia apparecchio gessato. A livello del piede ci sono tanti nuclei di ossificazione e quindi tante possibilità di osteocondrosi: a livello del calcagno, c’è un nucleo di ossificazione posteriore, Morbo di Sever; a livello dello scafoide, Morbo di kohler-Mouchet; a livello delle teste del 2°, 3°, 4° meta, Morbo di Freiberg. I segni radiologici sono l’addensamento del nucleo di ossificazione e frammentazione. A volte a questi segni non corrisponde una sintomatologia dolorosa quindi non sempre possono essere associati ad osteocondrosi.
TENDINOPATIA DEL PIEDE E CAVIGLIA La più frequente tendinopatia è quella del tendine d’Achille, il più grande e voluminoso del corpo. Si inserisce sulla tuberosità posteriore del calcagno, è formato da fibre collagene longitudinali, non è circondata da guaina sinoviale, ma c’è uno sdoppiamento della aponeurosi della gamba,scivola all’ interno di un tessuto grassoso. Nella zona preterminale, 4-5 centimetri al di sopra del calcagno c’è una zona più stretta, minor larghezza del tendine, per allargarsi di nuovo sul calcagno. Come tutti i tendini ha una doppia vascolarizzazione arteriosa: 1. una parte della vascolarizzazione arriva dai muscoli del polpaccio ed è discendente; 2. l’ altra parte sale e arriva dall’osso, il calcagno. Questi due sistemi vascolari convergono, la zona di convergenza è la zona più stretta. Sul piano vascolare questa zona è la meno vascolarizzata: sistema terminale. Possiamo incontrare diverse tendiniti:
TENDINOPATIA: infiammazione del tendine stesso;
TENOBORSITE: si sviluppa una borsa sierosa come succede spesso tra il calcagno e il tendine di achille o tra il tendine e la pelle per lo sfregamento della scarpa;
ENTESOPATIA: tendinite da inserzione del tendine sull’osso, infiammazione della zona di inserzione. La più diffusa è la tendinopatia della zona più stretta, zona più colpita dal processo infiammatorio per problemi meccanici, vascolari, anatomici, lesioni osteopatiche. I fattori scatenanti possono essere: fattori locali, disturbi anatomici (malformazione), disfunzione osteopatica, cioè anomalie nella biomeccanica normale; tra i fattori locali possono anche menzionare l’uso di scarpe rovinate, molte volte cambiando la scarpa passa la tendinopatia; fattori generali, dietetici: disidratazione e consumo eccessivo di carne rossa. Se dopo aver verificato tutti i fattori precedentemente elencati la tendinopatia recidiva, si va alla ricerca di un focolaio infettivo nascosto. Nelle tendinopatie recidivanti, infiammazione cronica, si ricerca un focolaio infettivo a distanza, per esempio si fa una panoramica dentario per vedere se c’è un focolaio infettivo alla radice di un dente, o per esempio si va a ricercare un’ infiammazione alla prostata. Quando c’è un’ infiammazione del tendine, c’è un edema e successivamente la rottura di fibre collagene, segue un processo di cicatrizzazione, vi è la formazione di un nodulo fibroso, deposito di fibrina. Si assiste ad uno slargamento del tendine, ad una tumefazione, nodulo, si formano aderenze. L’esame di riferimento è l’ecografia. Si può fare anche una RM, in cui si può vedere il tendine e il nodulo tendinoso, una fessura nel tendine, che indica un inizio di rottura, raramente possiamo incontrare una calcificazione del tendine come succede dopo una tendinopatia prolungata, ed indica la fine del processo infiammatorio. Quando c’è un’infiammazione la fibrina aumenta e si deposita creando un pacchetto fibrotico, si formano delle aderenze, il tessuto si ispessisce, a volte questo deposito calcifica. Il focolaio infiammatorio si organizza a volte si forma una caverna che alla fine del processo calcifica. Quando c’è un tendine irregolare il chirurgo cerca di fare incisioni al tendine per ridurre i noduli e creare un processo di cicatrizzazione che vada a rinforzare il tendine stesso. La fragilizzazione progressiva del tendine porta alla sua rottura e ciò dipende dalla resistenza delle sue fibre. Conseguente ad un impulso ci può essere la rottura parziale, quasi totale e totale con retrazione del tendine e scomparsa del triangolo di kagger. La rottura del tendine d’Achille si riconosce all’ispezione con il rilevamento di una depressione lungo il suo decorso. Si manifestano due segni clinici: 1. segno di Guedj, cioè aumento della flessione dorsale del piede. A paziente prono, con piedi al di fuori del lettino, normalmente per la tensione del tendine, il piede presenta una leggera flessione plantare. Quando il tendine si rompe questa tensione viene a mancare, il piede cade verticale; 2. segno di Thompson, in condizioni normali, alla pressione sul polpaccio si assiste ad una piccola flessione plantare a livello del piede, quando il tendine è rotto non si ha nessuna risposta.
Il morbo di Haglud, favorisce la tendinopatia del tendine d’Achille. Un'ipertrofia della tuberosità posteriore del calcagno provoca sfregamento e rottura del tendine. Non è congenita ma è secondaria ad un tendine corto. In questo caso il cammino avviene sulle punte dei piedi, non si arriva ad appoggiare il tallone al suolo. Per effettuare la diagnosi viene portato il piede passivamente in flessione dorsale. Normalmente la flessione è di 20°, 30°, quando il piede non arriva a questi gradi di flessione siamo in presenza di un tendine corto. Il trattamento è chirurgico, preceduto e seguito da stretching.
TENOSINOVITI: infiammazione della guaina sinoviale. Possono essere colpiti il tibiale posteriore, il tibiale anteriore, i peronieri, gli estensori e i flessori. Alla RM è possibile rilevare l’edema nella guaina sinoviale, che in T2 appare di colore bianco perché contenente liquidi, si formano aderenze. Se c’è una lesione del tendine del tibiale posteriore cade la volta perché esso passando al di sotto della pianta da sostegno e rinforzo a quest’ultima.
INFIAMMAZIONE APONEUROSI PLANTARE E ROTTURA All’infiammazione della aponeurosi plantare a volte segue la sua rottura successiva ad un forte impulso, si accusa un dolore fortissimo ed è impossibile effettuare alcuna palpazione, sarà evidente un edema plantare. MORBO DI PEYRONIE Fibrosi dei corpi cavernosi del piede.
MALATTIA DI LEDDERHOSE Può essere paragonata al morbo di DUPUYTREN nella mano. Si assiste ad una fibromatosi nei tendini dei flessori delle dita o aponeuresite, vi è la presenza di noduli lungo il loro decorso. A volte è dolorosa altre no, ciò dipende dal rapporto tra i nervi e i noduli; il nervo plantare può essere inglobato nel nodulo.
SPINE CALCANEARI È una patologia dolorosa, la spina spesso è centrale; è una spina che cresce nella parte posteriore o inferiore del calcagno per un eccessiva trazione della fascia plantare che, avendo perso la sua elasticità per fenomeni degenerativi risulta infine più rigida. Possono apparire anche in infiammazioni croniche come l’artrite reumatoide, spondilite anchilosante. Clinicamente la sua origine è meccanica, ma come detto prima le ritroviamo anche nella patologia infiammatoria cronica. Sono visibili attraverso gli RX, alla palpazione si può avvertire più o meno dolore. Quando alla palpazione sulla tuberosità calcaneare interna, dove si inserisce il tendine dell’abduttore dell’alluce, si riferisce dolore, si parla di tendinopatia e non di spina calcaneare, ma sarebbe meglio definirla fascite plantare.

ALLUCE VALGO È un’angolazione eccessiva dell’alluce rispetto all’asse del piede. Quando si osserva, sono evidenti tre deformazioni: 1. l’angolazione dell’alluce provoca con la sua pressione la deformazione delle altre dita, che si vanno ad infilare al di sotto di esso; 2. l’apertura del primo spazio dà vita a un metatarso varo; 3. l’alluce subisce una torsione assiale lungo il suo asse longitudinale, il bordo interno si abbassa. C’è una progressiva riduzione delle parti molli, i tendini dei flessori e degli estensori si accorciano aggravando la deformazione. Si assiste ad una lussazione non solo dell’alluce ma anche dei due ossi sesamoidi, si sviluppa una borsite nella convessità , spesso incontreremo una spina, un’escrescenza ossea, il trattamento è chirurgico, si interviene sia sulle parti molli che sull’osso, osteotomia per ridurre alluce valgo. Valgo e pronato Metatarso varo
ALLUCE RIGIDO È riferibile ad un’artrosi dell’articolazione metatarso - falangea. Si ha una limitazione della mobilità che porta a problemi durante il passo perche non si riesce a iperestendere l’alluce. Si assiste ad una modificazione dell’appoggio, il piede si atteggia in rotazione esterna, ciò può portare allo sviluppo di una pubalgia o una lombalgia. Si usa una soletta convessa per modificare l’appoggio del passo

Piede e metodica mezieres

Arco mediale plantare
I muscoli che sono in grado di modificare l'arco mediale plantare sono:
Muscoli anteriori della gamba
* Tibiale anteriore
* Estensore lungo delle dita
* Peroniero lungo
Muscoli posteriori della gamba
* Tricipite surale
* Tibiale posteriore
* Flessore lungo dell'alluce
* Flessore lungo delle dita
Muscoli della pianta del piede
* Abduttore dell'alluce
* Flessore breve dell'alluce
* Adduttore dell'alluce
* Quadrato della pianta
Nella prossima tabella verrà presa in considerazione l'azione dei muscoli ed il loro effetto sull'arco mediale, mentre per origine ed inserzione si rimanda il lettore ai testi di anatomia.

Come si è evidenziato, i muscoli agenti sull'arco mediale plantare agiscono tutti nel senso del sostegno dell'arco stesso.
In tutte le articolazioni analizzate, seppur in squilibrio vettoriale, le forze agenti sono in antagonismo tra loro. L'arco mediale presenta la particolarità di avere tutti i vettori muscolari in sommatoria di azione.

Da un punto di vista "ingegneristico" la cosa non sorprende, essendo l'arco mediale deputato a sostenere l'intero peso corporeo (in stazione eretta il baricentro corporeo si scarica all'apice dell'arco mediale). E' comprensibile, quindi, che tutti i "tiranti" agiscano da supporto ai legamenti ed alla conformazione ad arco delle ossa.

Architettonicamente l'arco è in grado di sostenere grandi carichi verticali purchè le basi siano stabili, in caso contrario l'arco cede.

L'azione muscolare è, quindi, mirata al sostegno delle basi.
Inoltre, non essendo l'arco mediale plantare costituito da un unico osso, cosa che lo renderebbe stabile ma rigido ed inadeguato a sostenere le sollecitazioni dinamiche, assume ulteriore importanza la tensione muscolo-legamentosa. Tale tensione, se espressa al minimo necessario, stabilizza dinamicamente la volta plantare.
Piede cavo
Determinato dall'eccesso di tensione di tutti i muscoli che direttamente ed indirettamente (il tricipite surale aumenta il cavismo attraverso la supinazione del calcagno e quindi, come risultante meccanica) agiscono sull'arco mediale plantare.
Piede piatto
Poiché l'azione di tutti i muscoli agenti è indirizzata al sostegno dell'arco mediale, il cedimento della volta plantare deve essere determinato da una deformazione strutturale ossea di rilevante entità, tale da impedire ai "tiranti" muscolari di formare l'arco._Oppure da paralisi neurologica periferica con conseguente inattività muscolare o da altro quadro patologico specifico.
Sarà quindi necessario diversificare, in presenza di un'impronta piatta, se quest'ultima è causata da vero piattismo (con cedimento della volta plantare) o da ipertrofia dei muscoli della volta plantare, ed espressione di meccanismo adattativo di altre problematiche.

La prima indagine sarà manuale mirata a percepire la posizione dell'arco:
in caso di un reale cedimento della volta, astragalo, navicolare e cuneiformi appariranno in posizione orizzontalizzata; in caso contrario l'arco osseo apparirà integro e la palpazione metterà in evidenza l'ipertrofia dei muscoli plantari.

Nel caso in cui l'arco risulti integro e l'impronta piatta, espressione dell'ipertrofia muscolare, si procederà analizzando eventuali meccanismi adattativi.
In stazione eretta (sempre nel paziente precedente) si evidenzia un'importante rotazione interna dei femori.
Chiedendo la correzione attiva dell'intrarotazione femorale i piedi, ed in particolare il destro, vanno in ipercavismo.

In questo caso si assiste ad un meccanismo di tipo adattativo: con i femori correttamente posizionati, i piedi si trovano in eccesso di cavismo, con l'appoggio sul bordo laterale del piede per la tensione dei supinatori e dei muscoli propri della pianta del piede.
I muscoli pronatori della tibio-tarsica, essendo vettorialmente sottodominanti rispetto ai supinatori, non possono bilanciare i supinatori e far appoggiare la pianta del piede al suolo. Inoltre, il maggior pronatore, il peroniero lungo, contribuisce anch'esso all'eccesso di cavismo.
Nel perseguimento dell'obiettivo di appoggiare la pianta del piede, gli intrarotatori femorali vicariano l'azione dei pronatori, ruotando internamente l'arto inferiore.
Così facendo, fanno sì che la pianta possa aderire al suolo. Il calcagno mostrerà un valgismo non primario, consequenziale all'intrarotazione dell'arto inferiore.
In questo caso quindi, l'apparente piede piatto è causato da un piede cavo compensato a monte attraverso la rotazione femorale e tibiale, con l'impiego di muscoli non agenti direttamente sul piede.
Attraverso lo studio lineare dei vettori muscolari, è dunque possibile analizzare se il bilanciamento articolare è realizzabile tra muscoli antagonisti agenti sull'articolazione o se, come nel caso dell'apparente piede piatto, tale bilanciamento avviene attraverso l'impiego di muscoli non agenti direttamente sull'articolazione in esame.
In situazioni analoghe, agendo localmente tramite mezzi esterni in correzione dell'apparente piattismo, si possono determinare compensi in aggravamento in altri distretti corporei.
L'applicazione di mezzi esterni dovrà, quindi, essere valutata non solo nel distretto scheletrico di applicazione ma, attraverso un'indagine di tipo posturale, sull'intero sistema corporeo.

Informazioni sulla patologia: sintomi, possibili cause

PIEDE: Da sempre i piedi hanno rivestito un’enorme importanza consentendoci il movimento e l’equilibrio in postura eretta, questo grazie agli innumerevoli recettori nervosi situati nella pianta del piede.
Dunque l’approccio posturologico alle problematiche e alle patologie dei piedi risulta fondamentale e vincente per ottenere una postura bilanciata, corretta e funzionale.
Il piede riveste dunque un ruolo fondamentale non solo per l’aspetto recettoriale (recettori nervosi) e per quello meccanico-articolare del movimento, ma anche perché rappresenta la mappa riflessa dei vari organi del corpo (riflessologia plantare).
È fondamentale che il piede abbia un corretto appoggio al suolo per consentire di mantenere una corretta postura, di non trasmettere informazioni meccaniche scorrette, funzionare come un buon ammortizzatore grazie alle sue tre volte plantari e per “massaggiare energeticamente” i vari organi grazie al suo movimento flessuoso ed armonioso al suolo (ovviamente quando non è ostacolato da calzature scorrette, strette, con tacchi, con supporti alle volte plantari, etc.).
Poichè lo stile della nostra società, la cultura e la moda ci costringono spesso dentro calzature non consone alla struttura e alla fisiologia del piede, diverse sono le problematiche, i sintomi, i dolori e le patologie che per questo si sviluppano: caduta delle teste metatarsali, alluce valgo, neuroma di Morton, piede piatto, piede cavo, piede equino, piede torto, tibia vara, tendinite achillea (infiammazione del tendine di achille), spina calcaneare ecc..
La spina calcaneare è una formazione esostosica, ovvero un callo osseo che si forma sotto al calcagno, e che causa dolore e difficoltà nella deambulazione. L’alterazione posturale che è maggiormente responsabile della spina calcaneare si riscontra all’altezza del bacino.
Particolare attenzione va riservata alle dita dei piedi, le quali sono espressione della salute e della condizione dell’intero sistema posturale perché il loro atteggiamento e la loro postura è subordinata all’equilibrio posturale della colonna vertebrale e dell’intero corpo.
Tra le problematiche delle dita dei piedi frequenti sono le dita “a martelletto” o a “griffe” e la caduta delle teste metatarsali, sinonimo di un corpo sbilanciato in avanti, dunque di una postura alterata.
Nel 70% dei casi la causa di queste alterazioni posturali risulta essere un trauma coccigeo, la cui lussazione modifica la caduta del baricentro a terra provocando un sbilanciamento in avanti.

PIEDE PIATTO

Una problematica molto frequente a carico del piede è il piede piatto.
Alla nascita tutti i bambini hanno i piedi piatti, poiché il calcagno (retro-piede) è normalmente strutturato in valgismo. Entro i 7-10 anni di età, la modificazione spontanea del retro-piede darà origine ad una “cavizzazione” del piede, con i tre archi plantari ben delineati. In alcuni casi accade che il piede piatto si conservi anche da adulti; in tal caso visivamente, in stazione eretta, si può osservare l’abbassamento verso l’interno dell’arco plantare mediale.
Quando il piede piatto appare molto marcato, anche l’articolazione del ginocchio si adatta a questa condizione, strutturandosi in valgismo (volgarmente ginocchia a “x”).
E’ comunque necessario distinguere due tipi di piede piatto: un piede piatto strutturato, un piede piatto adattativo.
Il piede piatto strutturato (non passibile di alcuna modificazione) risulta percentualmente poco diffuso. Al contrario il piede piatto adattativo è molto diffuso, infatti è quasi sempre il piede a fare le “spese” per un problema posturale di origine discendente, piuttosto che essere lui stesso la causa di patologie posturali di carattere ascendente.
Qualora il piede piatto risulti di tipo adattativo, ovvero legato a fenomeni delle catene muscolari che impongono il loro effetto proveniente dall’alto del corpo (effetto discendente), quasi sempre può venir corretto con sedute ed esercizi posturali appropriati.
A livello funzionale il piede piatto è meno prestante rispetto al piede cavo, poiché riesce ad ammortizzare meno il peso del corpo e gli impatti del piede con il suolo.

Sintomi del piede piatto: normalmente non è accompagnato da particolari sintomi o dolori. È possibile comunque che si manifestino dolori a causa di una non corretta distribuzione del peso a livello plantare.

Possibili cause del piede piatto: nel caso di un piede piatto strutturato, l’origine è congenita, mentre nel caso di un piede piatto adattativo la causa risiede in problemi posturali che provengono dall’alto: patologie degli occhi, dei denti, della colonna vertebrale, del bacino, delle anche, delle ginocchia, (ad esempio intrarotazione degli arti inferiori) etc… I piedi, essendo intermediari tra il suolo e le strutture superiori del corpo, possono infatti “compensare” e cioè trovare soluzioni adattative alle problematiche posturali. Tali soluzioni comporteranno tutta una serie di problematiche e patologie a carico del piede.
Altri fattori che possono determinare il piede piatto sono: traumi, interventi chirurgici, cicatrici, patologie neurologiche della colonna vertebrale (spina bifida), prolungati periodi di inattività degli arti inferiori e raramente, per i soggetti adulti, l’obesità.
Possibili effetti del piede piatto: La difficoltà di deambulazione può portare a compensazione da parte del ginocchio, dell’anca, della zona lombare e persino delle spalle, nel tentativo di alleggerire un piede incapace di ammortizzare

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PIEDE CAVO

Un’altra problematica a carico del piede è il piede cavo.
Si tratta di una deformazione del piede caratterizzata dall’accentuazione dell’arco plantare interno (l’opposto del piede piatto). Maggiore è l’accentuazione dell’arco plantare interno, maggiore è la gravità della patologia. Il caso più estremo è rappresentato dal piede equino.
È possibile distinguere 3 tipi di piede cavo: un piede cavo congenito, un piede cavo acquisito, e un piede cavo essenziale.
Il piede cavo congenito, presente già dalla nascita, è la forma più rara delle tre.
Il piede cavo acquisito è il più frequente, e viene normalmente distinto in quattro differenti forme: quella neurogena è causata da lesioni del sistema nervoso, quella miopatica è causata da patologie a carico dei muscoli scheletrici, quella post-traumatica è causata da esiti di fratture osteo-articolari o di lesioni tendino-legamentose, ed infine quella degenerativa causata da artrite reumatoide, artrosi o gotta, che è secondaria a patologie delle parti molli (fibromatosi plantare).
Le patologie del piede sopra menzionate possono causare squilibri muscolari, instabilità del piede ed altre problematiche, che possono portare, in ultima analisi, al cavismo del piede.
Fanno parte del piede cavo essenziale tutte quelle forme che non hanno un’eziologia ben chiara.

Sintomi del piede cavo: il piede cavo può causare fastidi e dolori soprattutto quando il grado di cavismo è molto accentuato, sino al caso del piede equino dove la deambulazione risulta abbastanza compromessa.
Possibili cause del piede cavo: le cause possono essere: di tipo adattativo generate da problemi posturali discendenti (provenienti da occhi, denti, colonna vertebrale, bacino, anche, ginocchia, intrarotazione degli arti inferiori, ecc…) oppure traumi, incidenti, interventi chirurgici, cicatrici, oppure patologie neurologiche o tendino-muscolo-legamentose, e, sebbene in casi più rari, la causa può essere di carattere congenito.

Possibili effetti del piede cavo: allo stesso modo del piede piatto, si possono manifestare difficoltà di ammortizzare il carico del passo, e per tale ragione i sovraccarichi vengono rimbalzati a: tallone (talloniti), teste metatarsali (caduta delle teste metatarsali) neuroma di Morton, tendini (tendinite all’achilleo), ripercussioni sino al ginocchio, all’anca e alla zona lombare della colonna vertebrale, con conseguenti microtraumi che nel tempo potranno trasdursi in patologie croniche.

Termini connessi alla patologia: piede cavo, piede in inversione, piede supinato, piede equino, varismo del retro-piede, piede piatto, piede pronato, pronazione del piede, retro-piede valgo, valgismo del retro-piede, piede in eversione, piedi a “papera”, recettori, riflessologia plantare, dolori piede, dolori piedi, cadute delle teste metatarsali, alluce valgo, neuroma di Morton, piede piatto, piede cavo, piede equino, piede torto, tibia vara, tendinite achillea (infiammazione del tendine di achille), spina calcaneare, formazione esostosica, deambulazione, infiammazione, bacino, colonna vertebrale, dita “a martelletto” , la caduta delle teste metatarsali, trauma coccigeo, calcagno, piede cavo, accentuazione dell’arco plantare interno, piede equino, piede cavo congenito, piede cavo acquisito, e piede cavo essenziale, forma neurogena, forma miopatica, forma post-traumatica, forma degenerativa, artrite reumatoide, artrosi, gotta, fibromatosi plantare, cavismo, occhi, denti, colonna vertebrale, bacino, anche, ginocchia, intrarotazione degli arti inferiori, traumi, incidenti, interventi chirurgici, cicatrici, patologie neurologiche, patologie tendino-muscolo-legamentose, piede cavo congenito, tallone, talloniti, caduta delle teste metatarsali, neuroma di Morton, tendini, tendinite all’achilleo, zona lombare, patologie croniche, infiammazione, colonna vertebrale, posturologia, postura, muscoli, esercizi, rimedi, cura, patologia, dolore, operazione chirurgica, intervento

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80100

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