Lino Pasquale Caulo

Lino Pasquale Caulo "Non vi è cultura creata dalla mente che sia sufficiente a trasformare la tua anima in giardino" (Jung)

27/10/2025
05/10/2025

Buonasera,
continuiamo con il testo di Tommaso D'Aquino

Ritorniamo adesso al testo di Tommaso D’Aquino e alle sua visioni di cui lui stesso dice che bisogna interpretare in senso metaforico per poter raggiungere la Sapienza.
S. Tommaso parla della sapienza del sud (sapienza austri) che corrisponde alla Sapienza dello Spirito Santo.
Feci un sogno tempo fa nel quale mi rivolgevo a Gesù per chiedere qualcosa, non ricordo cosa, ma sicuramente qualcosa legata alla mia sofferenza ed alla ricerca di un aiuto per la mia crescita interiore. Gesù nel sogno mi disse : “Perché ti rivolgi a me se hai lo Spirito Santo a portata di mano a cui puoi rivolgerti in ogni momento?”
Ciò mi fa pensare che la Sapienza di cui parla il testo è alla nostra portata e noi non riusciamo ad arrivarci a causa della centralità, quasi onnipotente della nostra coscienza.
Questo limite dettato dalla coscienza non ci fa vedere oltre la punta del nostro naso e ci fa vivere da stolti.
Nel testo, Tommaso invita gli stolti ad intendere le parabole e le sue interpretazioni. Per fare ciò bisogna leggere ogni parabola come metafora, in quanto i sapienti “usano la metafora per ogni cosa che sta’ sulla terra”.
La prima parabola intitolata “La terra nera in cui hanno messo le radici i sette pianeti” ha il compito di introdurre il lettore all’opera alchemica ed inizia così : “Osservando da lontano, vidi una densa caligine coprire di nero tutta la terra e che aveva preso fino in fondo la mia anima che ne era stata oscurata”.
Dal punto di vista alchemico questa appena citata è la descrizione della Nigredo (l’annerimento) la prima tormentata e fondamentale fase dell’Opera Alchemica.
“La densa caligine che copre la terra” rappresenta la materia prima che è stata disciolta e lasciata putrefare. Essa simboleggia l’oscurità spirituale, l’ignoranza e la disperazione da cui deve partire l’alchimista per affrontare il processo alchemico.
Dal punto di vista psicologico rappresenta la condizione di sofferenza, di profondo stato di sconforto, di “annerimento” d’anima, da cui deve partire un paziente per poter affrontare con le giuste motivazione e determinazione un percorso analitico.
Diversamente avremo un paziente che se non ha l’intelligenza emotiva di comprendere la necessità di trasformare dentro di sé le dinamiche per cambiare la realtà esterna (che non esiste in quanto tale ma solo come immagine che abbiamo di essa nella nostra psiche) allora lascerà la terapia e rafforzerà ancora di più la coscienza e la propria onnipotenza, col fermo proposito di cambiare la realtà esterna.
Il lavoro su di sé richiede tanto lavoro e tanto sacrificio che non tutti sono disposti ad affrontare. Come dice il mio “supervisore” : l’analisi non è per tutti.
Ritornando alla prima parabola del testo “Aurora Consurgens” scopriamo qualcosa che siamo ben disposti ad accettare quando non ci troviamo in quella condizione di sofferenza caratteristica della nigredo e cioè che la vera ricchezza, la sostanza preziosa, l’elemento trasformativo si trova proprio nella nigredo, cioè nella sostanza corrotta, ovvero nella sofferenza.
A tale scopo il testo dice : “chi mi avrà tratto da sottoterra come ricchezza sepolta e acquistata come un tesoro, chi non avrà provocato il pianto dei miei occhi…..per lui sarò il padre ed egli sarà per me figlio, sapiente, che rallegra il padre”
Trarre da sottoterra il tesoro nascosto come ricchezza sepolta, sta ad indicare il significato alchemico che consiste nell’estrarre la sostanza preziosa e incorruttibile (l’oro, la pietra filosofale) dalla materia prima (la “terra nera del sottosuolo”) ossia dalla nigredo.
La materia prima, ovvero la Sapienza Divina, non è in superficie ma nel sottosuolo e l’alchimista deve intraprendere un lavoro interiore per dissotterrare questa ricchezza sepolta.
Nel periodo seguente troviamo un ulteriore conferma a quanto stiamo dicendo : “allora si prostreranno ai miei piedi gli Etiopi e i miei nemici lambiranno la mia terra”. Aldilà della citazione biblica, gli Etiopi e i nemici, rappresentano la materia nera corrotta che si sottomette al principio superiore rappresentato dalla sapienza e saranno assimilate dalla terra al servizio della terra stessa (“lambiranno la mia terra” ) e costituiranno concime della terra che è diventata sostanza trasformata.
E’ molto difficile comprendere profondamente questo passaggio, ma è molto semplice accettarlo solo a livello solo cognitivo : la soluzione non va ricercata altrove ma nel problema stesso che anzi costituisce concime per la trasformazione.
Una seconda cosa interessante che viene fuori dalla prima parabola dell’”Aurora Consurgens” è che il segreto per raggiungere la pietra filosofale, non sta nella tecnica utilizzata in sé, ma nell’ integrità tecnica e morale da parte dell’Alchimista. Infatti il testo dice : “se non avrà avvelenato la mia acqua e il mio cibo, inzozzato il mio letto ed anche tutto il mio corpo…per lui sarò padre e lui per me sarà figlio”.
Questa cosa è un monito per tutti coloro che vogliono approcciare la professione di psicoterapeuta: non serve una buona tecnica ma l’integrità tecnica e morale. Cosa si intende ? Provo a dare una interpretazione personale : l’integrità tecnica consiste nell’accuratezza che bisogna avere nella raccolta dei dati, ovvero nell’ascolto del paziente e di ciò che porta in seduta, senza avere pregiudizi o come diceva Bion, senza memoria e senza desiderio; laddove si parla invece di integrità morale, si potrebbe intendere nella coerenza ai valori morali manifestando onestà e rettitudine. In altre parole il terapeuta non deve portare una tecnica, ma la propria persona interamente con l’onestà e la rettitudine morale.
Il testo parla anche del fallimento morale che può avvenire, non tanto come errore di laboratorio, ma come trascuratezza dei principi fondamentali, con la conseguente vincita della corruzione.
Questa parabola termina con la ricompensa che riceverà chi seguirà correttamente il procedimento alchemico. Una ricompensa che viene definita quadrupla e si manifesterà come protezione, ricchezza, gloria e gioia.
La parabola termina con un sigillo che unisce i temi del sacramento cristiano e della trasformazione alchemica. Il sacramento cristiano a cui mi riferisco è il battesimo a cui corrisponde la trasformazione alchemica costituita dall’albedo, raggiungibile attraverso l’abluzione (la lavatio) : “i segni di coloro che hanno creduto e sono stati battezzati rettamente sono questi : quando il re celeste li guarda, diventeranno bianchi come la neve di Selmon, le penne della colomba si faranno argentee e il suo dorso come oro pallido”
Il battesimo, ovvero l’abluzione, è una operazione fondamentale dell’alchimia e rappresenta la purificazione ed il lavaggio della materia. Questo passaggio elimina la corruzione della nigredo e consente il passaggio alla successiva trasfigurazione ed al bianco dell’albedo. Nel testo c’è un chiaro riferimento biblico alla purezza montanara : “diventeranno bianchi come la neve di Selmon” che indica una bianchezza perfetta e luminosa.

04/10/2025

Buonasera,
questa sera continuiamo con la lettura di Aurora Consurgens.

Il testo illustra i sette passaggi fondamentali per arrivare alla Sapienza, la Sapienza Divina ed in ultima analisi a Dio. Si tratta, in pratica, di sette parabole, sette fasi alchemiche che partendo dalla Nigredo, la condizione di maggiore arretratezza e sofferenza spirituale arriva alla luce dell’aurora : l’aurora che sorge.
Qui vorrei fare un parallelo con il paziente che arriva in seduta con una richiesta di aiuto. La sua posizione sociale ed il suo livello culturale diventano irrilevanti di fronte alla condizione di sofferenza che pone tutti sullo stesso piano, quel piano di oscurità ben rappresentato da Tommaso nella prima parabola.
Queste parabole consistono in racconti di visioni avute dal Santo e che rappresentano in maniera metaforica le condizioni di sofferenza e di rinascita.
A tal proposito, Enrico Varese nell’introduzione al testo e citando Henry Corbin, afferma : “Se l’alchimista opera – medita – su tutti i metalli come farebbe un ermeneuta (ovvero come se stesse interpretando un testo) cercando in esso significati profondi e metaforici, allora si può compiere il passaggio ad un lavoro alchemico e di trasformazione interiore della Scrittura Sacra.”
Le visioni riportate nel libro da Tommaso D’Aquino, potrebbero rappresentare, secondo Varese, “quell’esperienza interiore drammaticamente vissuta come vera a propria crisi che lo indusse a interrompere la stesura del Summa Theologiae”.
Quando San Tommaso morì era in uno stato di estasi, mentre cercava di spiegare ai monaci di Santa Maria di Fossanova il Cantico dei Cantici : la più bella rappresentazione del “matrimonio sacro” (dal greco Hierosgamos) che simboleggia l’unione tra due divinità o tra una divinità e un mortale legata al rito della fertilità. I due innamorati biblici del testo appena citato, aspirano ad un congiungimento mistico che gli alchimisti descrivono nel loro processo alchemico.
In termini junghiani si tratta dell’unificazione degli opposti (in primis maschile e femminile, materia e spirito) e l’ingresso estatico in uno stato di pienezza divina.
Questo è il punto centrale di tutto il processo alchemico a cui si riferì Jung e che diede senso all’idea di un processo di sviluppo psichico comune a tutta l’umanità: l’unione degli opposti.
E’ questo ciò che gli alchimisti chiamavano “coniunctio oppositorim” e che permetteva di raggiungere il successo dell’intero processo alchemico.
Ma cosa c’entra l’unione degli opposti con la psicologia e in cosa consiste ?
Noi, per esigenze dell’Io, operiamo una continua separazione del bene dal male, del buono dal cattivo, del sano dal corrotto, del giusto dall’ingiusto ecc. e ci poniamo su uno solo dei due poli ottenuti dalla separazione, proiettando l’aspetto che non accettiamo fuori da noi e sull’altro.
L’esigenza dell’IO di separare, nasce nel bambino piccolo che vivendo una condizione di integrazione assoluta con l’ambiente e con la madre, ha bisogno di deintegrarsi per poi integrarsi nuovamente attraverso le cure materne. Il processo di deintegrazione nasce con i primi dolorini, con la fame, con le prime sofferenze, e fanno sì che il bambino possa scacciare via da sé le cause della sofferenza per addebitarle all’altro. Questo processo fa in modo che il bambino possa uscire da uno stato di fusionalità, ma allo stesso tempo costituisce un pericolo di frammentazione interna, a cui la madre pone rimedio attraverso le cure materne che consentono al bambino l’accettazione e la successiva reintegrazione di aspetti di sé.
Il doppio meccanismo di separazione del bene dal male e di proiezione di quest’ultimo, ad opera della nostra coscienza per alleviare la sofferenza addebitando all’altro la causa del nostro malessere, a lungo andare si ritorce contro di noi e ci porta a quello stato di sofferenza maggiore che nasce dal conflitto degli opposti rappresentabile, metaforicamente, con la nigredo. Solo quando riusciremo a trasformare dentro di noi le dinamiche che portano alla separazione ed alla proiezione, accettando profondamente che gli opposti convivono dentro di noi e ne prendiamo responsabilità, allora potremmo dire che abbiamo raggiunto il successo del processo alchemico.
In termini junghiani, l’individuazione compiuta, ossia l’unificazione degli opposti (in primis il maschile ed il femminile e materia e spirito) e l’ingresso estatico in uno stato di pienezza divina.

Alla prossima

03/10/2025

3 ottobre 2025
Buonasera.
Questa sera vorrei iniziarvi a parlare di un libro molto bello scritto probabilmente da S. Tommaso D'Aquino (anche se non ci sono prove certe che sia lui l'autore). Questo libro, scritto nel XIV secolo, ci parla di Alchimia. Un modo Cristiano di approcciare all'alchimia, considerata a quei tempi la scienza più importante.

L'alchimia nasce da una antica tradizione che ebbe origine in Egitto. Si parte da una venerazione arcaica per pietre e rocce che venendo fuori dai vulcani venivano ritenute sacre. Infatti i fabbri che lavoravano queste pietre dovevano sottomettersi alla supervisione di collegi sacerdotali.
Pertanto gli alchimisti potremmo dire che erano particolari fabbri che volevano trasformare i metalli vili in oro e per fare ciò avevano bisogno della pietra filosofale o lapis philosophorum.

Ora mi potreste chiedere dove ci stai portando? cosa c'entra l'alchimia con la psicologia?
Per gli addetti ai lavori che operano in area junghiana, è tutto chiaro, ma io mi rivolgo a voi amici miei, che siete immersi in ben altre faccende e mi seguite solo perché vorreste saperne qualcosa in più su Jung.

Sappiamo benissimo che nel 18° secolo l’alchimia si è «estinta» a causa della propria oscurità, la scarsa chiarezza dei propri scritti e con lo spirito dell’illuminismo e la scientificità della chimica ricevette il colpo di grazia.

Jung, però, leggendo un testo cinese passatogli da Wilhelm, "Il segreto del fiore d'oro" ebbe un'intuizione : capì che questo testo orientale e l'alchimia occidentale avevano molti punti in comune.

Jung partì dall'ipotesi che le fasi di trasformazioni alchemiche altro non erano che delle metafore che rappresentavano gli stati psichici interni degli alchimisti. Questi stati interni seguivano lo stesso percorso del processo di trasformazione che portava al fiore d'oro.

Questo parallelo faceva scopa con una idea di Jung, che gli era venuta dalla propria esperienza clinica con gli psicotici : che l'inconscio non fosse solo un ricettacolo di esperienze nostre passate, ma che ci fossero due inconsci, uno personale ed un altro collettivo. Cioè ci fosse un inconscio che condividiamo con tutti gli altri esseri umani, da nord a sud, da occidente ad oriente.
Un inconscio che riceviamo in una eredità comune a tutto il mondo nel nostro corredo genetico.

Dai testi di alchimia si ricavava che l'ultimo vero obiettivo degli alchimisti era ricercare la pietra filosofale, in grado di risolvere tutti i problemi che assillavano l'umanità e non solo quelli materiali. Questa pietra altro non era che una sostanza catalizzatrice che aveva diverse qualità oltre a quella già citata : dare una salute perenne e l’immortalità, guarire da ogni malattia, fornire l’onniscienza.

Questa ricerca passava attraverso 4 fasi che descrivevano la trasmutazione chimica del vile metallo :
- L'annerimento (Nigredo)
- L'imbiancamento (Albedo)
- L'ingiallimento (Citrinas)
- l'irrossimento (Rubedo)

Queste fasi di trasformazione venivano riportate anche nel testo cinese "Il segreto del fiore d'oro" e nel testo di cui parleremo "Aurora Consurgens" ma con un fine apparentemente diverso da quello degli alchimisti.

Il libro cinese ("Il segreto del fiore d'oro") parlava di un processo di trasformazione interiore attraverso la meditazione. Si tratta della trasformazione di un uomo che soffre, tale da far schiudere dentro di sé il vero bene.

Il testo "Alchemico-Cristiano" parla invece di un percorso interiore da fare per raggiungere la "Sapienza Divina".

In entrambi i libri, nel testo alchemico cinese ed in quello Cristiano, abbiamo un percorso che parte dalla sofferenza e conduce alla guarigione, lo stesso percorso che noi analisti affrontiamo con i nostri pazienti. E questi passaggi coincidono con le fasi di trasformazione alchemica

Per stasera mi fermo qui. La prossima volta cominceremo a commentare il testo di Tommaso D'Aquino, canonizzato il 18 luglio 1323 da Papa Giovanni XXII

Cominceremo a commentare la prima delle 7 parabole che ci presenta la prima fase del processo che tutti noi abbiamo attraversato almeno una volta nella nostra vita : la Nigredo.

25/08/2025

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