11/12/2025
Era una domenica tranquilla. Stavano mangiando qualcosa di veloce quando, all’improvviso, George disse che sarebbe salito un attimo di sopra. Restò via per un bel po’. Quando tornò giù era così entusiasta da sembrare che avesse scoperto qualcosa di incredibile.
Non era oro.
Era qualcosa di più prezioso: una canzone.
Andrew Ridgeley, l’altra metà degli Wham!, ricorda così quel pomeriggio del 1984 in casa dei genitori di George Michael. Mentre tutti si rilassavano, lui — appena 21 anni — si era chiuso nella sua vecchia cameretta, con in testa qualcosa che ancora non sapeva spiegare. Ma quando riemerse, la canzone era praticamente completa: suono, parole, atmosfera.
In poco più di un’ora, aveva creato un brano destinato a diventare l’inno natalizio più ascoltato, reinterpretato e amato in tutto il mondo: Last Christmas.
Con i sintetizzatori e le drum machine dell’epoca, George intrecciò una melodia luminosa ma dal cuore spezzato. Mentre il pop natalizio di allora puntava alla gioia e alle luci, lui raccontò il Natale dalla prospettiva di chi ha perso qualcosa. Non l’amore, ma la speranza. Non la festa, ma l’illusione.
Last Christmas era la confessione silenziosa di chi sorride mentre dentro sanguina.
Era tutto ciò che George non diceva, ma sentiva.
Ed è per questo che la canzone ha attraversato il tempo, diventando più di una hit stagionale. Perché sotto la superficie pop c’è una verità universale: a volte il Natale non guarisce. A volte ferisce.
E poi arrivò la tragedia.
Il 25 dicembre 2016, George Michael morì nella sua casa.
Aveva 53 anni.
Morì il giorno della sua canzone.
Il giorno che aveva trasformato in musica e sentimento.
Da allora, ogni volta che ascoltiamo quelle note, qualcosa dentro cambia.
Non è più solo la storia di un cuore spezzato.
È il canto di un’anima che ha dato tutto — amore, musica, sé stesso — e alla fine è diventato parte della memoria collettiva di quel giorno.
George Michael, l’uomo che cantava della solitudine a Natale, è diventato parte della storia di quel momento.
E ciò che resta di lui non sono solo i riflettori o i palcoscenici — sono i gesti fatti con discrezione, le donazioni anonime, gli aiuti taciuti, le mani tese senza chiedere nulla in cambio.
Cantava che l’anno dopo avrebbe dato il suo cuore “a qualcuno di speciale”.
La verità è che lo ha sempre fatto.
E lo fa ancora.
Ogni volta che sentiamo quella canzone.
Ogni volta che, in mezzo alla festa, sentiamo anche un pizzico di nostalgia.
Ogni volta che capiamo che il dolore condiviso può trasformarsi in bellezza.
Last Christmas non è solo una canzone.
È una promessa.
Che anche i cuori spezzati possono creare qualcosa che dura per sempre.
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