01/07/2020
Una bevanda amara può diventare neutra aggiungendovi sale (alterazione dei sapori). Il tuorlo di un uovo può diventare solido, bollendo o marinando, e quindi dalla percezione molle o liquida passare a quella gommosa (alterazione delle strutture fisiche). Una patata può essere alterata nel suo aroma e sapere di vaniglia o passare allo stato farinoso o a quello croccante, se soggetta a una modificazione termica attraverso essiccamento o frittura sviluppando altri odori (alterazione delle catene aromatiche), e tutto ciò contribuisce a definire, insieme a quell'esperienza di livello superiore e collettivo antropologico, ciò che, in una sola parola, noi chiamiamo il GUSTO.
Questi appunti non avevano come obiettivo, chiaramente, quello di fornire la ricetta perfetta, ovvero non il “come”, ma il “perché” di una ricetta perfetta, ovvero quelle basi scientifiche e conoscitive che possono permettere oggi ad un cuoco di modellare il Gusto secondo parametri oggettivi con consapevolezza.
È la stessa esperienza mangiare un brodo caldo o freddo? Le proprietà aromatiche sono percepite allo stesso modo? Ovviamente no.
Questo significa che tutta la bocca (lingua, labbra, denti, gengive, palato etc.) devono essere prese in considerazione quando prepariamo una pietanza.
Per troppo tempo i cuochi si sono concentrati sul sapore migliore, più buono, ma non si è ragionato su tutta l'esperienza degustativa o, comunque, non si è fatto fin quando la cucina molecolare non ha iniziato a portare in tavola “arie” di pomodoro o gelati di carne o la neurofisiologia ha iniziato a spostare l'accento sul Gusto, ovvero la capacità analitica tra “Sapori + Aromi + Strutture” del cibo. Adesso, alla luce di ciò, con la cucina contemporanea, possiamo cucinare considerando il cibo come un'esperienza di tutta la bocca, e la bocca come il sensore complessivo delle nostre percezioni cognitive anatomiche di quella capacità sensoriale che chiamiamo Gusto e che, in connubio con i livelli concettuali antropologici che collettivamente una società riconosce e chiama “cultura”, fanno nascere e definiscono a livello estetico e concettuale il principio di “Gusto gastronomico” oggettivo e scientifico.
Cosa sappiamo, quindi, nel 2020 grazie alle neuroscienze e che non possiamo più sottovalutare?
Il gusto è la capacità di percepire e analizzare sapori / aromi / strutture;
I sapori sono almeno 7;
C'è un “non-sapore” che è l'effetto Kokumi;
Gli aromi, ovvero la parte più “ricca” del cibo, hanno 10 indici identificativi e 3 percettivi;
I retrogusti sono almeno 3;
Le strutture tattili-chimiche sono almeno 6;
Le strutture tattili-fisiche sono almeno 18;
Le strutture tattili-termiche sono almeno 6 + 1 indice "falso-termico" + le temperature di servizio;
Il Gusto gastronomico si forma in concomitanza alle strutture antropologiche e culturali.
Costruire un piatto gustoso, per quanto possa sembrare semplice, non lo è affatto.
Se cerchiamo la strada da percorrere, normalmente troviamo una indicazione assai in voga tra i cuochi, che ci spiega che un piatto per essere completo debba contenere almeno una parte morbida o cremosa, una solida o croccante e una spumosa o ariosa, ci deve far vivere un percorso di sapori e deve inebriarci con gli aromi. Ciò equivale quindi a dire tutto e niente!
Ogni volta che abbiamo a che fare col Gusto, ci aspettiamo di venir a sapere quante parti di sale o pepe o altro deve contenere la “ricetta perfetta”, ma non è affatto così. La ricetta perfetta nasce dalla perfetta conoscienza degli elementi che compongono il Gusto di una pietanza e se, da una parte non può essere esaustiva, dall'altra, quest'assenza di determinazione, ci stimola a chiederci cose assai più importanti: come ognuna delle strutture agisce in bocca? Cosa provoca la sua presenza all'interno della bocca? Di quale sapore o aroma può essere al meglio il vettore questo cibo? Come scelgo i cibi da abbinare in una preparazione? Quale temperatura ci aiuta a questo fine, considerando sempre che, durante la masticazione, tutto si mischia e che i tempi percettivi sono differenti? Come posso variare la percezione o la durata di un aroma giocando con temperature e strutture? E infine, la più importante, come le risposte a tutte queste domande contribuiscono alla creazione del Gusto?
Rispondere a queste domande, per quanto la scienza ci indichi i modelli cognitivi, sta alla capacità del cuoco, al suo estro e alla sua arte che però, oggi, non può ignorare le informazioni suddette!
Il cuoco può dare ordine a questo apparente disordine, anzi, deve darlo, e questo ordine passa necessariamente dalla conoscenza scientifica di come il cibo sia vettore di queste componenti cognitive!
È importante, a tal fine quindi, che la fase della cottura e dell'impiattamento non siano solo una mera esecuzione scolastica o estetica, ma che siano prese in considerazione e principalmente come azioni funzionali a produrre la degustazione desiderata. È importante che le cotture e l'impiattamento siano esse stesse il comparto logistico, dall'imballaggio alla consegna, con cui abbiamo deciso di spedire informazioni “di piacere” al cervello!
Quando pensiamo a come realizzare una pietanza “gustosa”, quindi, la prima cosa che dobbiamo chiederci è come permettere alla nostra preparazione di raggiungere l'obiettivo giusto secondo questa formula di consapevolezza scientifica:
NF(sP + sS + sT)n
Gc =-----------------------
bG
Il gusto culinario è la risultante data dalle infinite combinazioni neurofisiologiche, delle strutture primarie, secondarie e terziare del cibo e che sono sempre denominate alla base dal concetto antropologico e culturale di “buon gusto”.
A questa raccolta di appunti sparsi, raccolti nel tempo e un po' messi in ordine durante il “Lockdown”, probabilmente pieni di refusi e forse anche apparenti incongruenze, dovrebbero far seguito almeno altre 4 raccolte: una su carboidrati e proteine (ovvero i principali “vettori” delle strutture primarie), una sui metodi di cottura (ovvero le metodologie di trasformazioni del cibo a livello di catene aromatiche, e quindi sulle strutture secondarie), una sulla produzione delle consistenze del cibo (ovvero sulle strutture terziarie) e, infine, una sulle tecniche di “architettura” della pietanza, ciò che banalmente chiamiamo impiattamento (ovvero le modalità di somministrazione dell'esperienza degustativa).
Gli appunti ci sono, ma il tempo manca!
Buona cucina a tutti.