Associazione Annalisa Spinosa Onlus - L'Amore non si compra, si adotta

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Associazione Annalisa Spinosa Onlus - L'Amore non si compra, si adotta Associazione NO PROFIT SENZA SCOPO DI LUCRO. Ma soprattutto siamo coloro a cui chi è fuori dal nostro mondo ci fa sempre i complimenti. E lo faremo per LORO.

Recupero di animali in difficoltà e ricerca di una nuova famiglia per loro

𝗣𝗮𝗴𝗶𝗻𝗮 𝗱𝗶 𝗶𝗻𝗳𝗼𝗿𝗺𝗮𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲 𝗲 𝘀𝗲𝗻𝘀𝗶𝗯𝗶𝗹𝗶𝘇𝘇𝗮𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲 NOI VOLONTARI ANIMALISTI...
Noi siamo quelli che aiutano, raccattano, fanno adottare... siamo quelli "pazzi"... quelli a cui forse "manca qualche rotella", quelli che nei piccoli paesi non hanno nome, nè identità, ma si chiamano semplicemente "quella/o dei cani". Ci dice che ci ammira, a volte ci invidia, ci chiede dove troviamo il coraggio, la forza, i fondi, i mezzi... domande a cui spesso nemmeno noi troviamo risposta! Quante volte ci sentiamo dire "chissà che soddisfazione salvare queste creature", "pensa che meraviglia sapere che hanno una casa grazie a te", "ma che bello avere tutti questi animali per casa... quanto piacerebbe anche a me"...

Ma tutte le medaglie hanno due facce... anche se spesso chi non conosce una determinata realtà non se ne rende conto. Ed io vedo che ben poche persone che non fanno "quello che faccio io" pensano anche a quanto soffriamo... Abbiamo delle micce accese tra le nostre mani, micce pronte ad esplodere da un momento all'altro... Di solito i cani ed i gatti che ricoveriamo non sono sani, vaccinati, microchippati e con test e analisi del sangue a posto, come quando li diamo in adozione. Arrivano da noi, si insinuano nelle nostre vite, come tsunami, con la prepotenza dell'amore e una speranza di vita che, a volte, nemmeno noi siamo in grado di esaudire. NOI VOLONTARI ANIMALISTI....

Vorrei che tutti sapessero che le nostre esistenze non sono fatte solo di cani felici che giocano insieme nei nostri giardini e riposano sui nostri divani in attesa della famiglia perfetta. Questo è quello che vedono loro, quando vengono ad adottare il cucciolino carino, sano, vaccinato, microchippato e magari già abituato a fare i bisogni fuori...

L'altra faccia della nostra personale medaglia è atroce, violenta, crudele... è fatta di animali che quando arrivano... sai già che al 90% non ce la faranno... è fatta di cuccioli devastati dalla gastroenterite, di cani mangiati dalla leshmaniosi, di ferite nei loro animi che non si possono curare... di cani che resteranno con noi per sempre perchè nessuno li vedrà mai... perchè nessuno saprà mai vedere oltre, vedere dentro... e li classificherà solo come "incapaci di dare affetto", senza mai chiedersi quale orribile passato li abbia ridotti così...

E' fatta anche di sconfitte, di pianti amari... ogni volta... perchè alla morte di creature innocenti non ci si abitua mai... di musi imploranti che popolano i nostri sogni... perchè noi non smetteremo mai di farcene una colpa, per non essere riusciti a salvare ANCHE loro...

Loro che si sono spenti tra le nostre mani facendoci sentire impotenti... facendoci rendere conto che non siamo nessuno, che non abbiamo nessun potere... non siamo niente di fronte alla vita e alla morte...

Le soddisfazioni sono tante... le gioie, le vittorie, il sentirsi una grande famiglia con tutti i volontari di Italia quando si festeggiano i lieti fine... tutti insieme...

Ma è importante, è davvero importante, che tutti possano rendersi conto che il nostro operato non è solo rose, fiori e adozioni compiute... no... magari fosse così...

Ti porti sempre nel cuore le sconfitte, piuttosto che le vittorie. Ricorderai sempre tutti i nomi di quelli che non ce l'hanno fatta... ricorderai sempre il perchè, il come, il quando e il dove... i momenti in cui queste meteore sono sfrecciate di nuovo verso il cielo, scivolando dalle tue braccia mentre tu tentavi di trattenerle, di aggrapparti ad una flebile speranza di un "forse ce la farà"... ogni volta...

Sì, le nostre vite sono fatte anche di questo...

Di notti intere in piedi nella sala d'aspetto di un veterinario... sperando, pregando, fumando come camini...

Di medicine, iniezioni, flebo, biberon ... notti e notti senza chiudere occhio, senza fare nemmeno caso alla stanchezza... per loro... perchè per loro faresti qualsiasi cosa...

Quello che però è importante dire... è che noi non smetteremo MAI... questa è la nostra vita, la nostra "vocazione", il nostro cammino... e lo sarà sempre, sempre e comunque...

Ma per favore smettetela di dirci "bravi" e quando chiediamo un aiuto... un euro... una mano... voltare le spalle e dirci che siamo bravi solo a chiedere soldi... Perchè il nostro unico orgoglio è dire che se fossero tutti come noi... noi non esisteremmo!! Il mondo sarebbe migliore, e gli animali avrebbero il rispetto e la dignità che meritano...

Continueremo per la nostra strada senza fermarci mai davanti a niente e nessuno. Per quelli che non ci sono più e che non moriranno mai nei nostri ricordi e per quelli che hanno bisogno di noi. Sempre e comunque, sempre e comunque...

Li hanno trovati così: rannicchiati l’uno accanto all’altra, la mamma opossum colpita da una freccia e il suo cucciolo m...
09/11/2025

Li hanno trovati così: rannicchiati l’uno accanto all’altra, la mamma opossum colpita da una freccia e il suo cucciolo minuscolo che le teneva stretta la zampa. I soccorritori, arrivati sul posto, si sono fermati in silenzio davanti a quella scena. Lei respirava a fatica, ma i suoi occhi restavano fissi sul piccolo, come a voler dire che finché lui era lì, non avrebbe smesso di lottare.

Anche quando l’hanno sollevata per portarla via, il cucciolo non ha voluto lasciarla. Si è aggrappato al suo corpo ferito con tutta la forza che aveva, come se quel contatto potesse bastare a salvarla. Nessuno ha avuto il coraggio di separarli. Sono stati portati insieme, uniti da un legame che nessuna freccia avrebbe potuto spezzare.

In clinica, la madre ha ricevuto cure e attenzioni. Intanto, il suo piccolo restava accanto a lei, rifiutando di mangiare o dormire finché non ha visto un segno di miglioramento. Giorno dopo giorno, lei ha cominciato a riprendersi. E ogni volta che apriva gli occhi, trovava il suo cucciolo lì, fedele e silenzioso, a ricordarle che non era sola.

A chi ferisce per gioco, ricordate: potete colpire, ma non potete distruggere ciò che nasce dall’amore. Anche la vita più fragile trova la forza di resistere. Nessuna arma, sarà mai più potente della tenerezza di una madre e nessuna ferita potrà vincere la compassione 🧡🐾

06/11/2025
Il 31 ottobre 1984 morivaa Roma, il grande Eduardo De Filippo. Durante la sua vita, ebbe almeno trenta gatti e venti can...
06/11/2025

Il 31 ottobre 1984 moriva
a Roma, il grande Eduardo De Filippo. Durante la sua vita, ebbe almeno trenta gatti e venti cani, ma il suo grande amore, negli anni finali, era tutto per Pallina, una piccola gatta soriana, neanche tanto bella, anzi, stortignaccola e scontraffattella, come la definì con amore Isabella De Filippo, la vedova di Eduardo, che si è vista morire questa gattina fra le braccia, e ne ha tratto un doppio dolore di abbandono e di solitudine.
La storia di Pallina è simile alla storia di molti altri gatti: non è straordinaria, non è epica, non è leggendaria, ma è affidata alla grazia, all' affetto, alle abitudini di un animale che si lega a un uomo in un rapporto alla pari, senza sottomissioni e senza gerarchie. Pallina era figlia di Santarella, una gatta raccolta a piazza San Ferdinando da Angelica Ippolito, figlia di primo letto di Isabella. Angelica strappò la gatta di mano a un gruppo di bambini che la stavano torturando.
Visto che recitava in quei giorni nella commedia La Santarella, volle scegliere quel nome per la sua gattina scampata alla morte. Pallina fu partorita in questa casa, proprio nel letto di Eduardo, racconta Isabella De Filippo. L' amore, che è una malattia senza logica e senza ragione, cominciò subito. Pallina e Eduardo dormivano sempre insieme; spesso lei gli si accovacciava sulla testa. Lui amava cucinarle gli spaghetti col b***o e parmigiano, li faceva soltanto per lei, espressamente.
Una volta che si ammalò e fu operata, Eduardo passò molte notti in bianco per curarla, dopo aver recitato in teatro. Le inumidiva le labbra, le asciugava gli occhi, la vegliava. Pallina era una gatta ma sembrava anche un po' un cane: si sedeva sempre sullo stesso gradino, in giardino, e aspettava con pazienza fedele che Eduardo tornasse. Poi gli balzava subito in braccio e cominciavano a parlare. A parlare? Sì, a chiacchierare. Lui faceva le domande : Sei contenta di rivedermi? Ti hanno trattata bene? Hai fame? Hai sonno? E lei rispondeva. Cioè, lo fissava negli occhi con quel modo che hanno i gatti, e che è un modo di parlare. E ogni tanto miagolava.
Un miagolio, lo so che è ridicolo dirlo, che suonava non come un miao, ma come un ué. Sì, ué: sembrava che la gatta parlasse napoletano. Il legame tra Eduardo e Pallina era speciale, sosteneva Isabella De Filippo. E soprattutto, Pallina era una propaggine di Eduardo "Non vorrei raccontarlo, perché può sembrare patetico, ma è vero. Quando lui morì, in clinica, nella stessa identica ora, mi hanno detto che la gatta qui a casa si disperò, cadde come in preda a un deliquio , emettendo miagolii terribili...

Sigmund Freud diceva che i motivi che ci portano ad amare un animale con tanta intensità, si comprendono quando consider...
01/11/2025

Sigmund Freud diceva che i motivi che ci portano ad amare un animale con tanta intensità, si comprendono quando consideriamo che il suo è un amore privo di ambivalenza.
Quando si ha un cane o un gatto, l'affermazione che
"nessuno ti amerà mai più di quanto tu ami te stesso"
diventa irreale e insignificante.
Perché gli animali sono veri maestri dell'amore e perché ogni secondo al loro fianco è un regalo inestimabile.
Amare un animale è una delle esperienze più meravigliose
al mondo.
Chi l'ha provato, lo sa.

🌧️🐱La storia della mamma gatto che non si è mai arresa 💔In mezzo a un’improvvisa e furiosa inondazione c’era una vita se...
01/11/2025

🌧️🐱La storia della mamma gatto che non si è mai arresa 💔

In mezzo a un’improvvisa e furiosa inondazione c’era una vita senza casa, senza riparo.
Una mamma gatta randagia bagnata seduta stringendo forte i suoi gattini appena nati, su un piccolo cornicione di cimitero appena sopra
l’acqua - l’unico posto dove poteva stare.😢

Non aveva scelto dove partorire, nessuno coperta, nessun riparo, nessuna braccia confortanti per stringerla.
Solo il suo istinto materno l’ha spinta a combattere.
Lei leccava delicatamente i suoi piccoli gattini, bagnati e tremanti per scaldare i loro corpicini, anche se lei stessa tremava dal freddo e dalla paura.🥺

Sotto la pioggia battente, ha alzato la testa al cielo e ha fatto uscire un forte grido, 🐾💔 come se chiedesse aiuto a qualcuno o forse supplicando il destino - sperando che i suoi gattini sopravvivano solo un giorno in più.

Niente è più grande del cuore di una mamma ❤️
Che sia gatto o umano, l’amore di una mamma rimane infinitamente bello.

A volte un topo può entrare nell’alveare, attratto dal calore e dall’odore del miele. Le api reagiscono immediatamente, ...
01/11/2025

A volte un topo può entrare nell’alveare, attratto dal calore e dall’odore del miele. Le api reagiscono immediatamente, difendendo il loro nido. Attaccano l’intruso insieme, finché smette di muoversi. Tuttavia, sorge un problema che non può essere risolto con la forza: il corpo morto è troppo grande per essere portato fuori. Se lasciato lì, inizierebbe a marcire e potrebbe mettere a rischio l’intera colonia. Le api hanno un loro metodo per affrontarlo. Ricoprono il corpo strato dopo strato con la propoli, una sostanza raccolta dalle resine degli alberi e arricchita da enzimi prodotti dalle api stesse. La propoli ha proprietà antibatteriche, antifungine e conservanti. Isola il corpo dell’intruso, impedendo la formazione di odori e la decomposizione, proteggendo l’interno dell’alveare dalle malattie. Questo è uno dei più straordinari esempi di igiene nel mondo degli insetti. L’impossibilità di rimuovere il pericolo non significa arrendersi: le api lo neutralizzano semplicemente, mantenendo ordine ed equilibrio all’interno del nido.

Si chiamava Luna.Una piccola gattina tricolore, fragile e minuta, che aveva trascorso la maggior parte della sua vita a ...
31/10/2025

Si chiamava Luna.
Una piccola gattina tricolore, fragile e minuta, che aveva trascorso la maggior parte della sua vita a vagare per le strade, cercando qualche briciola di cibo e un angolo sicuro dove dormire. La vita non era mai stata gentile con lei, ma Luna aveva sempre mantenuto una forza silenziosa. Era solo un’anima dimenticata tra tante, che sopravviveva giorno dopo giorno in un mondo che non la vedeva.

Poi, un giorno, Luna cominciò a rallentare. Il suo ventre si arrotondò — non per il cibo, ma per la vita che cresceva dentro di lei. Era incinta. Nonostante il suo corpo magro e indebolito, portava con coraggio i suoi piccoli non ancora nati. Di notte, si accoccolava attorno al suo ventre, come per proteggere già quei cuccioli che non aveva ancora conosciuto.

Ma partorire per strada non è come nei film. Non c’è un letto caldo, né un veterinario, né una mano tesa ad accompagnare il dolore. Luna cercò di partorire sotto una panchina di legno, vicino a un piccolo mercato. Ma qualcosa non andava. Il travaglio durava troppo. Il dolore era troppo forte. E i cuccioli… non uscivano.

Chiamò aiuto, ma solo il silenzio rispose. I passanti andavano e venivano, alcuni lanciando uno sguardo, altri addirittura filmando la scena — ma nessuno si fermò. Finché una ragazza, Aira, non notò il corpo tremante di Luna e il suo pelo macchiato di sangue. Corse a casa e implorò suo padre, un veterinario locale, di aiutarla. Senza esitare, tornarono con un trasportino e sollevarono delicatamente il corpo quasi privo di vita di Luna.

Alla clinica, il tempo era prezioso. Luna era in stato di shock. Il suo corpo era freddo, il cuore batteva appena. Un cesareo d’urgenza era l’unica speranza. Il veterinario lavorò rapidamente, incidendo una carne già troppo martoriata, mentre Aira restava lì, pregando in silenzio. Furono estratti tre gattini — silenziosi, immobili.

Due non poterono essere salvati. I loro polmoni minuscoli non ebbero mai occasione di respirare. Il terzo, appena vivo, emise un debole gemito… poi si spense. Aira pianse mentre suo padre tentava tutto per rianimarli, ma non c’era più nulla da fare. E Luna… non si svegliò mai più.

La flebo continuava a gocciolare lentamente nella sua zampetta inerte, mentre il suo corpo riposava accanto ai cuccioli che non aveva potuto conoscere. Il suo pelo era arruffato, ma il suo viso sembrava sereno — come se avesse finalmente trovato pace. Aveva dato tutto ciò che aveva per proteggere i suoi piccoli, e alla fine, aveva dato la sua vita per loro.

Aira insistette per dare loro un vero addio. Li avvolse in un asciugamano morbido, li depose sotto un albero in fiore nel suo giardino e posò una piccola pietra con scritto:
«Tu eri importante.»
Perché Luna era importante. Era importante per il mondo, anche se il mondo se n’era accorto troppo tardi.

Aira condivise la storia di Luna online, implorando le persone di preoccuparsi prima che sia troppo tardi. Di sterilizzare e castrare. Di adottare. Di vedere gli animali randagi non come fastidi, ma come anime che cercano solo di sopravvivere. Migliaia furono toccati. Alcuni piansero. Altri fecero una donazione. Alcuni adottarono il loro primo randagio quella stessa notte.

La storia di Luna non è rara — ma è reale. E forse, se abbastanza persone si interesseranno, meno madri come Luna moriranno nel silenzio.
Lascia che questa storia ti spezzi il cuore — perché solo i cuori spezzati mettono in moto le mani. 😔💔

In ogni cortile vivono due donne.Il destino, come se fosse intenzionale, le mette una accanto all’altra.La prima: è quel...
31/10/2025

In ogni cortile vivono due donne.

Il destino, come se fosse intenzionale, le mette una accanto all’altra.

La prima: è quella che porta il calore nell’anima.
Nelle sue mani, una busta di cibo comprata con gli ultimi euro della pensione.
Nelle tasche, briciole per gli uccellini,
e nel cuore un rifugio per tutte le anime senza casa.
Conosce ogni gattino per nome,
li copre con cartoni per ripararli dal vento,
li avvolge con vecchie coperte come fossero culle.
Il suo ombrello è vecchio e storto,
le sue scarpe sono bagnate,
ma lei continua a camminare sotto la pioggia, nel freddo, nella stanchezza.
Perché se non lo fa lei, chi lo farà?

E poi c’è l’altra.
Ha le mani curate, la casa profuma di pulito e ogni dolore altrui le sembra di troppo.
Le dà fastidio il miagolio sotto la finestra,
l’odore della cantina e la bontà degli altri,
che le ricorda, troppo chiaramente, che una coscienza ce l’ha ancora.

Non vuole vedere lo sporco, né le pulci, né il dolore.
Vuole che tutto sembri come se non esistesse.
Pulito. Silenzioso. Comodo.

E così vivono, una accanto all’altra.
Una — salva in silenzio, senza chiedere nulla.
L’altra — si lamenta ad alta voce di quanto la stanchi tutto questo.

Ma il mondo non si regge sui sospiri.
Si regge su chi resta,
su chi scalda le zampette fredde,
su chi divide l’ultimo pezzo di pane,
su chi non passa oltre.

Finché una nonnina stringerà al petto una borsa di cibo, il mondo avrà speranza.
Finché qualcuno sussurrerà: «Resisti, piccolo, ce la faremo», la speranza continuerà a vivere.

🕯 Lo sporco si può lavare con l’acqua.
L’indifferenza — con niente.

Non avrebbero mai dovuto diventare amici,e invece lo sono diventati — amici “finché morte non ci separi”. 🥺🥲Un cane rand...
27/10/2025

Non avrebbero mai dovuto diventare amici,
e invece lo sono diventati — amici “finché morte non ci separi”. 🥺🥲
Un cane randagio e una gatta di strada, entrambi in lotta per sopravvivere in un mondo che da tempo li aveva dimenticati.
Eppure, il destino li fece incontrare.

Il cane, un’anima gentile di nome **Bruno**, aveva avuto una famiglia che lo aveva abbandonato quando si era trasferita altrove.
La gatta, una piccola tigrata grigia chiamata **Mimi**, era nata nei vicoli, imparando troppo presto che la gentilezza era rara e il cibo ancora di più.

Una notte di pioggia, Bruno trovò Mimi tremante sotto una panchina rotta.
Invece di andarsene, si sdraiò accanto a lei, condividendo il suo calore.
Da quella notte, divennero inseparabili.
Dividevano gli avanzi, dormivano insieme su vecchi cartoni e si proteggevano a vicenda da ogni pericolo che la strada poteva offrire.
Non parlavano la stessa lingua, ma i loro cuori si capivano alla perfezione.

Ogni mattina, Bruno usciva a cercare cibo, mentre Mimi lo aspettava nel loro piccolo angolo.
Quando tornava, anche se trovava solo un osso o un pezzo di pane, lasciava sempre che fosse lei a mangiare per prima.
In cambio, Mimi gli teneva compagnia durante le lunghe e fredde notti, rannicchiandosi contro il suo petto come se fosse la sua famiglia.
Insieme, rendevano la solitudine un po’ più sopportabile.

La gente del quartiere cominciò a notarli.
Alcuni sorridevano, altri gettavano loro qualche avanzo.
Ma la maggior parte passava oltre.
Per il mondo erano solo due randagi — senza nome, dimenticati, sopravvivendo giorno dopo giorno.
Eppure, l’uno per l’altra, erano tutto.
Bruno era il protettore di Mimi; Mimi era la ragione per cui Bruno continuava a vivere.

Un giorno, Bruno si ammalò.
Diventava ogni giorno più debole, ma non smise mai di vegliare su di lei.
Anche quando le zampe gli tremavano, restava in piedi mentre Mimi mangiava.
Lei sentiva che qualcosa non andava: lo accarezzava con il muso e miagolava piano, come a supplicarlo di restare sveglio.
Ma gli occhi di Bruno erano stanchi, il respiro corto.

Poi arrivò la mattina che cambiò tutto.
Mimi si svegliò accanto a lui, lo toccò con il naso… ma Bruno non si mosse.
Il suo pelo era freddo, il petto immobile.
Lei pianse — un suono dolce e straziante — e poggiò la testa sul suo collo, rifiutandosi di accettare che il suo unico amico se n’era andato.
Le persone la videro sdraiata accanto al corpo senza vita di Bruno, come a volerlo proteggere un’ultima volta, come se potesse ancora tenerlo al sicuro.

Qualcuno coprì Bruno con un pezzo di stoffa, forse per pietà.
Ma Mimi non se ne andò.
Rimase lì tutto il giorno e tutta la notte, il suo piccolo corpo accanto al suo, miagolando ogni tanto, come se lo chiamasse indietro.
Non mangiò. Non bevve.
Rimase solo ad aspettare — un amico che non si sarebbe mai più svegliato.

La mattina seguente la trovarono ancora lì, più debole che mai.
Gli occhi semichiusi, il corpo che tremava.
Alcuni cercarono di portarla via, ma lei si aggrappò a lui con tutte le sue forze.
Era come se il suo cuore avesse deciso che, se lui non c’era più, non voleva vivere in quel mondo senza di lui.
Quel pomeriggio, esalò l’ultimo respiro accanto a Bruno, finalmente in pace.

Li seppellirono insieme sotto un albero, non lontano da dove dormivano.
Le persone che un tempo li avevano ignorati rimasero in silenzio, commosse dal legame che avevano visto.
Un cane e una gatta — due creature che non avevano nulla, eppure si erano donate tutto.
Nelle loro brevi vite avevano mostrato il vero significato dell’amore: **lealtà senza condizioni, compassione senza parole.**

Col passare dei giorni, il luogo dove riposano divenne un silenzioso promemoria per chi passava.
Alcuni lasciavano fiori, altri sussurravano una preghiera.
I bambini chiedevano ai genitori perché il cane e la gatta fossero rimasti insieme anche nella morte.
La risposta era semplice: **l’amore non ha bisogno di essere detto per essere compreso.**

Ora, quando il sole tramonta e le strade si fanno silenziose, qualcuno dice di vedere ancora due ombre riposare insieme sotto quell’albero — un cane e una gatta, fianco a fianco, per sempre inseparabili.
Perché anche se il mondo li aveva traditi, loro avevano avuto l’un l’altra.
E questo, per loro, era abbastanza. 💔

IL LUTTO CHE HA COMMOSSO IL MONDO:UNA MADRE ORCA CHE NON HA MAI VOLUTO LIBERARE IL SUO BAMBINO.Nel 2018 l'oceano ha assi...
22/10/2025

IL LUTTO CHE HA COMMOSSO IL MONDO:
UNA MADRE ORCA CHE NON HA MAI VOLUTO LIBERARE IL SUO BAMBINO.

Nel 2018 l'oceano ha assistito a una storia che ha lasciato senza parole la scienza e il cuore umano.
Una madre orca di nome Tahlequah ha partorito, ma il suo piccolo è morto poche ore dopo.

Quello che nessuno si aspettava era quello che è successo dopo: per 17 giorni interi, Tahlequah ha caricato il corpo del suo bambino sulla sua testa mentre nuotava per più di 1.600 chilometri tra Canada e Stati Uniti.

Non erano ore... Nemmeno un paio di giorni. Sono stati 17 giorni di amore, dolore e resistenza. Gli scienziati lo descrissero come uno degli atti di lutto materno più profondi mai visti nel mondo animale.

Ed è che, al di là dei numeri, ciò che davvero commuove è immaginare il dolore di una madre incapace di dire addio.
Una lezione che ci ricorda che l'amore materno trascende tutte le specie.

Tahlequah ci ha insegnato che a volte non siamo noi umani a dare le più grandi lezioni d'amore, ma gli animali. 💙 🐋

✍️Juan Moran

Era stato usato come bersaglio per spari, e per anni aveva vissuto nel parcheggio di una scuola, invisibile a tutti. Sol...
21/10/2025

Era stato usato come bersaglio per spari, e per anni aveva vissuto nel parcheggio di una scuola, invisibile a tutti. Solo quando qualcuno si fermò per accarezzarlo, scoprirono che piangeva al tocco umano. La sua storia cominciò così, con una foto che spezzò il cuore di chi la vide. Tra loro c’era Chella Phillips, fondatrice di The Voiceless Dogs di Nassau, alle Bahamas, che il giorno dopo si presentò alla scuola per salvarlo. Lo trovò sotto un’auto, mentre cercava un po’ d’ombra dal caldo soffocante.

Aveva l’anca slogata, la mandibola distrutta e i segni di una vita di sofferenza. Un insegnante raccontò che il cane viveva lì da circa due anni: gli studenti lo insultavano, lo prendevano in giro, lo chiamavano “Cujo” o “Chupacabras”. Aveva anche una compagna, ma fu trovata morta poco tempo prima. Quando Phillips lo chiamò, lui aprì piano gli occhi e camminò verso la gabbia, come se avesse capito che quella fosse la sua ultima occasione. Da quel momento, iniziò la rinascita di Anatoli, come fu battezzato.

Al rifugio, il veterinario scoprì che Anatoli aveva nel corpo residui di pallini da pi***la: era stato torturato. Nonostante le cure e la dolcezza di Phillips, all’inizio aveva paura di tutto. Tremava, piangeva, si ritraeva da ogni carezza, convinto che le mani servissero solo a far male. Ma con il tempo, grazie alla pazienza e all’amore del rifugio, iniziò a fidarsi. I suoi compagni cani furono i primi a insegnargli che non doveva più temere. Pian piano, la paura lasciò spazio alla serenità.

Quando fu abbastanza forte, Anatoli fu trasferito al Second Chance Rescue di New York, dove trovò una famiglia che lo adottò per sempre. Oggi, cinque anni dopo, è un cane felice e irriconoscibile: corre nella neve, dorme su morbidi letti e vive circondato dall’amore dei suoi nuovi genitori. “Ho salvato cani per tutta la mia vita,” disse Phillips, “ma Anatoli mi ha ricordato quanto può essere grande la speranza.” Ora, quel cane che un tempo nessuno voleva è tutto per la sua famiglia. ❤️🐾

Se potrò impedire a un cuore di spezzarsi, non avrò vissuto invano.Se allevierò il dolore di una vita o guarirò una pena...
17/10/2025

Se potrò impedire a un cuore di spezzarsi, non avrò vissuto invano.
Se allevierò il dolore di una vita o guarirò una pena o aiuterò un pettirosso caduto, a rientrare nel nido, non avrò vissuto invano.

~Emily Dickinson~

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Naples
80135

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