11/03/2020
Covid-19, fino a quando durerà l'incubo?
Il decorso di un'epidemia non è difficile da prevedere. Per azzardare qualche previsione, basta qualche strumento matematico, neanche tanto sofisticato, e qualche conoscenza sui parametri in gioco. Lo strumento matematico è noto come modello SIR, dove S, I e R rappresentano rispettivamente il numero di individui suscettibili, infetti e guariti, essendo
N (=S+I+R) la popolazione totale. I suscettibili (S) non hanno mai sperimentato l'infezione, e sono in grado di contrarla. Una volta che contraggono l'infezione, essi diventano infetti (I). Gli I possono contagiare i suscettibili durante il periodo infettivo, trascorso il quale guariscono (R). Il modello è stato applicato a una varietà di malattie trasmissibili per via respiratoria con immunità permanente conferita dall'infezione, come morbillo, parotite, rosolia e pertosse. La peculiarità dell'epidemia in corso da Covid-19, sottovalutata da molti fino a qualche settimana fa, è che alcuni pazienti sviluppano una forma severa di polmonite interstiziale, che in alcuni casi interessa entrambi i polmoni, che richiede il ricorso a cure intensive senza le quali il paziente può morire. La domanda alla quale dovremmo rispondere è: le misure contenitive adottate in questi ultimi giorni riusciranno a evitare l'intasamento dei reparti di terapia intensiva? Per quanto tempo tali misure dovranno essere protratte per contenere il decorso dell'epidemia entro i limiti imposti dall'attuale disponibilità di posti letto, personale sanitario e strumentazione medica?
Per rispondere a queste domande, si consideri ciò che attualmente sappiamo sull'epidemiologia del virus. Il numero di individui suscettibili in media contagiati da un infetto con Covid-19 (parametro che indichiamo con R0) in condizioni naturali, ovvero in assenza di misure contenitive, è R0 =2.5. Per visualizzare il concetto, si immagini una situazione in cui un fenomeno epidemico si sviluppi senza alcun intervento preventivo. Se un contagiato (paziente zero) viene a contatto con una popolazione di suscettibili, il paziente contagerà due (o tre) persone, ognuna di queste ne contagia altre due (o tre), che a loro volta ne contagiano altre due (o tre) a testa. Questa crescita (esponenziale) rappresenta l'inizio di ogni epidemia. Nel primo periodo sempre più persone vengono contagiate, e sempre più velocemente. Quanto velocemente dipende da R0 (dal grado di contagiosità, quindi) ma anche dalla durata media dello stato di infezione/contagiosità. Quest'ultimo parametro dipende dal periodo di incubazione che nel caso di Covid-9 è compreso tra 2 e 14 giorni (diciamo in media 7 giorni).
Simulazione di base (fino al 7 marzo scorso)
La prima simulazione è costruita immaginando che in una popolazione di individui tutti inizialmente suscettibili (N = S = 10 milioni, ovvero la popolazione della Regione Lombardia) compaia il "paziente zero" infetto da Covid-19 in t0 (assumiamo metà gennaio 2020), la probabilità che un paziente infetto necessiti di cure intensive sia del 10%, e i pazienti ricoverati rimangano in questo stato per 20 giorni. Assumendo che nei primi 30 giorni dopo t0 la situazione non era prevedibile, l'epidemia ha potuto inizialmente fare il suo corso (R0=2.5). Successivamente alcune misure sono state prese, anche se circoscritte alle cosiddette zone rosse (R0=2.0). In queste condizioni, la curva epidemica (Grafico 1) avrebbe raggiunto il picco dopo 109 giorni (con più di 1 milione di nuovi contagi), per poi progressivamente ridursi. Da notare che, il numero previsto di infezioni 51 giorni dopo t0 (7 marzo) coincide con quello osservato (4,188 e 4,189 rispettivamente). Il dato preoccupante, tuttavia, sono i più di 200 mila pazienti che contemporaneamente avrebbero necessitato di terapia intensiva (H) dopo 122 giorni (1° maggio). Considerando che in Lombardia sono attualmente disponibili circa 1,000 posti letto in terapia intensiva, ma che solo una parte di questi posso essere dedicati ai pazienti in esame, questa previsione già da sola giustifica l'adozione di drastiche misure contenitive quali quelle adottate con i Dpcm dell'8 marzo scorso, estese 2 giorni dopo.
Simulazione degli effetti delle misure contenitive
Le misure contenitive mirano a ridurre artificialmente le possibilità di contagio riducendo in tal modo la velocità di propagazione dell'epidemia e del numero di persone che contraggono l'infezione, in altri termini a ridurre R0. Qui di seguito ci porremo alcune domande.
Quale effetto le misure devono raggiungere per non intasare le terapie intensive?
Si consideri l'andamento atteso sui ricoveri in terapia intensiva, immaginando scenari che, dal 51° giorno dall'inizio dell'epidemia, realizzino valori di R0 via via più bassi (da 1.25 a 0.5), ovvero che ipotizzando misure via via più drastiche ed efficaci (Grafico 2). Considerando che in Lombardia, dei 1,000 posti letto in terapia intensiva, solo una parte possano essere dedicati ai pazienti in esame (500?), il grafico mostra che le misure contenitive devono essere in grado di ridurre R0 al di sotto l'unità (diciamo R0 < 0.8) per evitare il collasso delle terapie intensive.
Quanto tempo devono essere protratte le misure?
Si considerino ora alcuni scenari che simulino l'andamento dei ricoveri in terapia intensiva rallentando (ma non azzerando) le misure contenitive a partire da 30 giorni (linea verde), 60 giorni (linea gialla), e 90 giorni (linea rossa) dopo l'entrata in vigore del Dpcm dell'8 marzo scorso (Grafico 3). Si osservi che nelle prime due situazioni la risalita del numero di ricoveri porterebbe al collasso delle strutture ospedaliere. Al contrario, protrarre le misure per 90 giorni consentirebbe di contenere l'afflusso ai reparti di terapia intensiva fino a quando, auspicabilmente, le condizioni metereologiche non determinino la "naturale" riduzione della diffusione del virus.
Alcune considerazioni conclusive
L'esercizio proposto suggerisce che, anche con l'adozione di misure contenitive drastiche ed efficaci (R0 = 0.5), se le misure contenitive durassero due mesi o meno, ovvero se il potenziale di trasmissione del virus dovesse tornare ai valori elevati (R0 = 1.5) in tempi brevi, l'epidemia non si fermerebbe, e rischierebbe di generare bisogni di cure intensive che il Ssn non riuscirebbe a fronteggiare. Per questo motivo si rende necessario protrarre gli effetti del contenimento epidemico almeno fino a quando le condizioni metereologiche non ci aiutino a una risoluzione "naturale" dell'epidemia. Ma questo è solo una speranza legata al fatto che è stato ipotizzato che, come con la Sars, il Covid-19 potrebbe esaurirsi con il caldo.
In conclusione, l'unica concreta strada per affrontare l'emergenza è quella messa in atto dal Consiglio dei ministri, ovvero mettere in atto misure in grado di ridurre al minimo le possibilità di contagio a cui cittadini responsabilmente dovrebbero rigidamente attenersi. Bisognerà verificare che l'impatto di queste misure sia conforme all'atteso e protrarre lo stato di emergenza e le misure draconiane che ne derivano fino a quando le condizioni metereologiche non blocchino "naturalmente" la diffusione del virus.
di Giovanni Corrao e Federico Rea (Statistica Medica, Università degli Studi di Milano-Bicocca)
10 marzo 2020
Il decorso di un'epidemia non è difficile da prevedere. Per azzardare qualche previsione, basta qualche strumento matematico, neanche tanto sofisticato, e qualche conoscenza sui parametri in gioco.