10/12/2025
La solitudine degli adolescenti di oggi non assomiglia a quella delle generazioni precedenti. Non è fatta di silenzi, spazi vuoti e noia da riempire: è una solitudine affollata. Affollata di notifiche, stimoli, confronti continui. È una solitudine che nasce dove dovrebbe esserci relazione e invece arriva la tecnologia mediata: si inserisce perfettamente lì, nei punti dove c’è assenza, fatica, conflitto, sofferenza.
Un tempo si era soli da soli. Oggi i ragazzi sono soli in mezzo agli altri: immersi in uno spazio digitale dove tutti sembrano parlare, brillare, riuscire, mentre loro fanno fatica anche solo a capire chi sono.
Le generazioni passate avevano una solitudine che permetteva di ascoltarsi, annoiarsi, desiderare. Oggi la solitudine è un rumore di fondo che non lascia spazio alla mente. È una solitudine connessa, dove i legami ci sono ma sono fragili, intermediati, instabili.
E quando arriva quel vuoto che non sanno più tollerare, lo riempiono come possono: scorrendo, postando, cercando negli schermi ciò che mancherebbe negli occhi degli adulti.
La differenza è tutta qui: prima la solitudine era un passaggio, oggi rischia di diventare una condizione. E se non la nominiamo, se non la riconosciamo, quel vuoto può trasformarsi in qualcosa di molto più grande di loro.