Dott.ssa Paola Moriondo Psicoterapeuta

Dott.ssa Paola Moriondo Psicoterapeuta Psicologia, Psicanalisi, Antropologia, spunti pedagogici

Con oltre ventanni di esperienza, la dottoressa Paola Moriondo esercita la libera professione a Nichelino. Dedica il suo impegno professionale a migliorare il benessere psicologico di adolescenti, giovani, adulti e coppie, accompagnandoli nei periodi di difficoltà con un sostegno psicologico o con interventi di terapia psicanalitica.

Educare alla  Un bambino che ha sperimentato l’amore e la generosità degli adulti nei suoi confronti, sarà naturalmente ...
02/12/2025

Educare alla

Un bambino che ha sperimentato l’amore e la generosità degli adulti nei suoi confronti, sarà naturalmente portato ad agire con empatia nei confronti di un coetaneo che chiede aiuto o si trova in difficoltà. Tuttavia più il bambino è piccolo, più avrà difficoltà a decentrarsi dai propri bisogni e i propri desideri per sintonizzarsi su quelli degli altri. Un bambino di 3 anni concentrato su un gioco, difficilmente lo cede ad un altro che gli chiede di giocarci, ma lo stesso bambino è in grado di offrirlo spontaneamente all’amichetto per consolarlo se piange o in segno di amicizia. Un bambino più grande sarà più in grado di condividere o rinunciare a qualcosa che gli piace perché ha già fatto esperienza sia dell’essere accontentato quando desidera qualcosa, sia della gratificazione che deriva dal far contento qualcun altro.

L’educazione alla generosità è dunque, come sempre, qualche cosa che prima di tutto s’impara attraverso le esperienze vissute, più che dalle parole del genitore o dell’educatore.

Non tutto però può essere lasciato alla spontaneità, occorre accompagnare il bambino gradualmente, tenendo conto dell’età, a scoprire la possibilità di condividere e a sperimentare la generosità.
In è importante l’attenzione premurosa a ciascun bambino da parte degli adulti e l’incoraggiamento ad essere gentili con chi è più piccolo o più in difficoltà, con chi manifesta un bisogno, una fragilità o anche solo un desiderio. E’ l’allenamento quotidiano a mettersi nei panni dell’altro e a desiderarlo felice.

Nel mondo della possono essere proposte molte attività e giochi che insegnano un modo di lavorare/giocare cooperativo anziché competitivo. Con i più grandi si possono fare esperienze oltre che di cooperazione e condivisione tra pari, anche di solidarietà e di volontariato . Esperienze che fanno crescere la capacità di empatia, l’autostima, la consapevolezza dei propri talenti e anche il senso di responsabilità che ciascun essere umano deve avere nei confronti degli altri.

Dott.ssa Paola Moriondo
Psicologa clinica - Psicoterapeuta

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Questo mese si parla di :𝔸𝕓𝕚𝕝𝕚𝕥𝕒̀ 𝕤𝕠𝕔𝕚𝕒𝕝𝕚Le abilità sociali sono quell'insieme di capacità che abbiamo acquisito fin dai...
01/12/2025

Questo mese si parla di :

𝔸𝕓𝕚𝕝𝕚𝕥𝕒̀ 𝕤𝕠𝕔𝕚𝕒𝕝𝕚

Le abilità sociali sono quell'insieme di capacità che abbiamo acquisito fin dai primi anni dell'infanzia e poi per tutta la nostra crescita e che 𝗰𝗶 𝗽𝗲𝗿𝗺𝗲𝘁𝘁𝗼𝗻𝗼 𝗱𝗶 𝗲𝗻𝘁𝗿𝗮𝗿𝗲 𝗶𝗻 𝗿𝗲𝗹𝗮𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲 𝗰𝗼𝗻 𝗴𝗹𝗶 𝗮𝗹𝘁𝗿𝗶 in maniera positiva: entrare in relazione, comunicare, comprendere e relazionarsi con rispetto ed empatia.

L'acquisizione di queste abilitò può continuare a crescere e ad approfondirsi anche nell'età adulta. P𝐨𝐬𝐬𝐢𝐚𝐦𝐨 𝐬𝐞𝐦𝐩𝐫𝐞 𝐢𝐦𝐩𝐚𝐫𝐚𝐫𝐞 a farci capire più efficacemente, a comprendere meglio le emozioni degli altri, a far comprendere e rispettare il nostro punto di vista, ad esprimere comprensione e rispetto , a trovare compromessi tra le nostre esigenze e quelle degli altri. Anche quando sono di culture diverse dalle nostre e hanno quindi altre modalità di esprimersi rispetto alle nostre.

Questo mese parliamo dunque di queste abilità e di come incrementarle


dott,ssa Paola Moriondo - Psicologa Clinica - Psicoterapeuta
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Se avessi una bacchetta magicacosa cambieresti nella tua vita?E allora perchè non lo fai.Tu sei la tua bacchetta magica,...
30/11/2025

Se avessi una bacchetta magica
cosa cambieresti nella tua vita?
E allora perchè non lo fai.
Tu sei la tua bacchetta magica,
tu puoi agire il !
Cosa vuoi veramente?
Quali sono le tue priorità?

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Nostalgia: se non la combatti diventa una risorsaLa   è un sentimento che ci parla del passato per aprirci al nuovo: non...
29/11/2025

Nostalgia: se non la combatti diventa una risorsa

La è un sentimento che ci parla del passato per aprirci al nuovo: non serve cacciarla, ma coglierne il messaggio nascosto, che rompe l'inerzia
La nostalgia (parola che deriva dal greco antico e significa "dolore del ritorno") è definibile come uno stato psicologico o sentimento di tristezza e di rimpianto per la lontananza da persone o luoghi cari o per un evento collocato nel passato che si vorrebbe rivivere.

La nostalgia ci ricorda che la vita è continuo cambiamento

La vita muta continuamente, così la società, la cultura, ma anche i traguardi e gli obiettivi di ciascuno. Cambiare significa adattarsi a situazioni nuove, negli affetti, nel lavoro e in ogni altro ambito significativo dell'esistenza. Psicologicamente questa continua necessità di adattamento può essere gravosa ed ecco che possono emergere, per difesa, atteggiamenti di stasi e sentimenti di rimpianto tipici della nostalgia, ovvero il sentirsi emotivamente legati a qualcosa che però è ormai uscito dalla nostra orbita vitale.

Non si può tornare davvero indietro nel tempo, ma certamente si può provare il , a volte molto forte, di riprovare quelle emozioni che ci hanno dato piacere e gioia. Se in superficie questo sembra stimolarci a ricreare o a ricercare le circostanze che hanno prodotto quelle emozioni positive, nel profondo la nostalgia ha un'altra funzione, meno evidente, che è quella di rompere l’inerzia psicologica e attuare i cambiamenti necessari. Per quando sembri paradossale, la nostalgia funziona come un rinforzo positivo per promuovere un cambiamento che la nostra psiche ritiene ormai maturo. Non è quindi una malattia psichica, ma una risorsa, che occorre sfruttare nel modo giusto, per evitare che si trasformi in qualcosa di ben più pericoloso: il rimpianto.

Rimpiangere non fa stare bene

Al contrario il rimpianto, che è la nostalgia stagnante, può assumere la forma di tristezza abituale e di depressione, ci immobilizza, ci costringe a guardare nevroticamente indietro. Soprattutto, ci impedisce di vivere il momento presente, considerato negativo e insoddisfacente, in nome di qualcosa che un tempo c'era. Questo distorce l'uso della memoria, un archivio che serve alla vita di oggi e a quella di domani, non a tornare su episodi del passato che non esistono più.

Non siamo né la vittoria che ricordiamo con orgoglio né la disfatta che ci ha fatto vergognare. Siamo esseri in cammino, in perenne divenire, destinati a oscillare tra le polarità opposte del vivere: perdite, guadagni, progressi e regressioni, ma anche imprevisti, sofferenze, inaspettati colpi di fortuna sono facce di una stessa medaglia, occasioni per integrare le nostre esperienze e poter quindi affrontare al meglio quelle nuove. Quando la nostra memoria se ne va, come le foglie in autunno, è segno che quei ricordi hanno fatto il loro tempo. Se ne devono andare per far spazio ad altro.

La nostalgia riaccende il

Se compresa nella sua funzione evolutiva, la nostalgia stimola dunque il desiderio, muove all’azione e nonostante sembri il contrario, ci ri-sintonizza col presente. Se la nostra anima ce la fa provare è perché si sente che vuole qualcosa che ci siamo lasciati indietro nel tempo; ci sollecita a cercare, a provare, finché non ritroviamo quel qualcosa che un tempo ci apparteneva, quell'entusiasmo sepolto che occorre cercare dentro di noi.
Del resto, nella psiche profonda il tempo ha poco a che fare col calendario e non esiste una divaricazione netta tra passato e presente, ma fra eventi emotivamente significativi e altri che lo sono di meno. I meccanismi della memoria fissano immagini ed emozioni che hanno avuto un particolare tono affettivo sia positivo che negativo: per questo alcune cose ci sembrano così vicine nonostante il tempo trascorso.

La nostalgia ci sta dicendo che è ora di cambiare

La nostalgia smuove abitudini consolidate per indurci a nuovi stati d’animo e spesso a nuove scoperte: ci riporta vicino alle sorgenti vitali che scorrono dentro noi stessi e che abbiamo inconsapevolmente dimenticato. In altre parole ci dice che dove siamo adesso non piace più alla nostra anima e che faremmo meglio ad avere aspettative più consone alla nostra personalità, legate a uno sviluppo che ci attende e di cui forse non siamo ancora consapevoli.
La nostalgia è presente d’altra parte in molte delle più belle pagine di letteratura e di poesia antiche e moderne, il che vuole dire che rappresenta da sempre un tòpos psicologico di grande fascino e di grande energia emotiva nell’uomo; la malinconia o la tristezza insite nella nostalgia sono dette anche “dolci” perché ad esse si legano emozioni e ricordi positivi, e sono dunque fattori che inducono a profondi cambiamenti.

Non cercare ciò che non può tornare

Detto ciò, occorre ricordare che non si può ritrovare ciò che è perduto, sepolto dagli anni e da una lontananza spesso anche fisica oltre che psicologica: insistere a cercare quello che non è più può davvero diventare una malattia e condurre ad avvitamenti interiori densi di frustrazione e disillusione: chi cerca testardamente qualcosa che non c’è si condanna alla frustrazione alla rabbia.
Cercare conforto nel passato è controproducente
Cercare conforto nel passato serve solo a farci sentire ancora più insoddisfatti e poco ricettivi verso ciò che ci circonda e a rinforzare la condizione di stallo nella quale ci troviamo. Ma se si vuole cercare di riprodurre le condizioni di serenità operosa, di speranza, di uno stato di intensa concentrazione positiva, allora la parola “creare” o meglio “ri-creare” assume il suo significato salvifico: la nostalgia è la medicina ( a volte anche amara) per riscattare un presente povero di motivazioni, statico e insoddisfacente.

Nel profondo tutti sappiamo ciò che è meglio per noi

La nostalgia può dunque indicare, o meglio spingere in una nuova direzione la nostra vita e portare dal prevedibile all’imprevedibile: può farci diventare viaggiatori curiosi. Non è un disagio da eliminare ma un richiamo utile a farci diventare quello che già siamo nel profondo, un invito a uscire di casa per ritrovare la forza vitale che, dentro di noi, ci chiama e ci assiste durante il nostro percorso esistenziale, come il viaggiatore che sa bene che il viaggio è più importante della meta. [Riza]

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Nostalgia è ritrovare nei propri ricordi le cose più belle vissute nel passatoe custodirle nel proprio cuore come risors...
28/11/2025

Nostalgia è ritrovare nei propri ricordi
le cose più belle vissute nel passato
e custodirle nel proprio cuore come risorsa
per il presente.
Paola Moriondo

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Hiraeth: lo stato emotivo legato alla nostalgiaHiraeth è nostalgia del passato, di ciò che un tempo desideravamo, ma che...
27/11/2025

Hiraeth: lo stato emotivo legato alla nostalgia

Hiraeth è nostalgia del passato, di ciò che un tempo desideravamo, ma che non abbiamo avuto, di quello che ci siamo lasciati alle spalle e che non tornerà più...
: lo stato emotivo legato alla nostalgia
Il termine “hiraeth” descrive uno stato emotivo simile alla nostalgia. È un termine gallese che in molti paragonano al concetto di saudade, appartenente alla cultura lusitana.

Tuttavia, questo sostantivo reca con sé una profondità sentimentale molto più complessa, perché include la nostalgia per le cose che non sono avvenute e che avremmo voluto accadessero. Il sentire la mancanza di luoghi e di persone che abbiamo conosciuto e che abbiamo perso di vista.

Riflettiamoci un attimo. Entriamo in contatto con quella sensazione di per i luoghi dell’infanzia, per una casa o per un periodo del passato.
Soffriamo per le assenze concrete, fisiche e reali, ma ci sentiamo turbati anche dai sogni smarriti, da ciò che non è stato. Siamo anche fatti di progetti frustrati e desideri mai realizzati

Secondo i gallesi, la parola hiraeth è intraducibile. Impossibile da esprimere a parole, perché solo il cuore ne conosce il significato. È come uno strappo, una ferita che non si rimargina mai del tutto.

Hiraeth è l’emozione che provano i pensatori più profondi quando guardano le stelle. È il sentire la mancanza di qualcosa che non ci è mai appartenuto. È il rimpianto delle nostre radici e desiderare di tornare a casa pur sapendo che nulla sarà come un tempo.

Hiraeth, uno stato emotivo di grande profondità

Ogni cultura ha un modo peculiare di sentire e d’intendere la realtà e il mondo. E questo spiega il motivo per cui alcune lingue includono nel loro vocabolario, parole quasi del tutto intraducibili.
Per esempio, i giapponesi usano il termine ichigo ichie per definire la bellezza dei momenti irripetibili. Mentre la parola danese pyt ci ricorda di lasciare andare ciò che non si può cambiare.
Hiraeth è un termine gallese formato dalle parole hir (lungo) e aeth (la traduzione più vicina è dolore o pena). Ma per afferrarne meglio il significato bisogna conoscere la cultura del Galles, perché è solo così che si può comprendere in profondità questa complessa emozione.

Repressione culturale, emigrazione e bisogno costante

Questo studio dell’Ohio University dimostra che la nostalgia svolge un ruolo prezioso nel comportamento umano grazie ai meccanismi di affrontamento che offre.
Provare nostalgia significa rimpiangere il passato, ma anche accettare il passato come tale per vivere il presente. In un certo senso, anche il termine gallese “hiraeth” integra questa valore.

La parola compare per la prima volta in una raccolta di versi gallesi intitolata Hen Penillion. In essi, il poeta si doleva del “cruel hiraeth”, un misto di desiderio, tristezza e rabbia che lo attanagliava.
L’opera fu scritta in un contesto storico in cui il popolo gallese subì la repressione inglese. Vennero bollati come rozzi e ignoranti e la loro lingua fu estromessa dall’insegnamento.
La lingua gallese fu messa a tacere e in molti iniziarono a emigrare. Lontani dalla terra natale, guardavano al passato ricordando le loro case e i sogni infranti. Questo cumulo di sentimenti è l’hiraeth.

Hiraeth definisce l’emozione provata da chi ha lasciato casa e guarda indietro alla propria vita, ricordando i bei tempi, ma anche ciò che non è stato.
Hiraeth, frammenti di un passato che formano un’dentità
Nelle radici di questo concetto non troviamo emozioni a valenza negativa. Non si tratta di dolore o di angoscia straziante.

In realtà, è più uno stato emotivo che integra l’accettazione di ciò che non sarà più, con la consapevolezza che questo dolore definisce anche parte di ciò che siamo.
L’essere umano è fatto anche da tutti i suoi sogni svaniti e da certezze sottratte. Ognuno di noi ha un passato di delusioni, obiettivi mancati e desideri falliti
Ogni pennellata del passato dà forma al ritratto di ciò che siamo oggi e ciò crea inevitabilmente un miscuglio di sensazioni contraddittorie… E anche questa contraddizione è hiraeth.

La speranza di riconquistare parte di ciò che abbiamo lasciato

La nostalgia reca con sé il rimpianto, che ci porta a guardare indietro evocando i momenti del passato. Tuttavia, per i gallesi, l’hiraeth implica anche un altro sentimento: il desiderio di ristabilire un legame con le proprie radici, sapendo che, anche se nulla sarà più come prima, potremo ancora recuperare una parte di quello che abbiamo lasciato.
Come accennato, questo termine indica anche la condizione di quelle persone che, per ragioni sociali ed economiche, furono costrette a lasciare la loro terra.
I poeti hanno compreso nel termine “hiraeth” anche la gioia del ritorno, del momento in cui finalmente avrebbero fatto ritorno alle loro case nella terra d’origine
Eppure il senso d’inquietudine permane. Perché pur amando quelle radici e la propria casa, si ha la consapevolezza che le cose non saranno mai come un tempo.

Conclusioni

Hiraeth è pertanto un sentimento agrodolce: tristezza unita all’accettazione e alla nostalgia, ma con un filo di speranza… Perché, nonostante le vicissitudini, le cose p***e e lasciate alle spalle, non si smette mai di guardare all’orizzonte, confidando nel futuro. [La mente è meravigliosa]

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La vita non è cento volte troppo corta per annoiarsi?F. NietscheSe trovi interessanti questi contenuti clicca "mi piace"...
26/11/2025

La vita non è cento volte troppo corta per annoiarsi?
F. Nietsche

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Dalla tristezza alla creativitàCi sono persone che riescono a rendere al massimo nonostante uno stato d'animo negativo. ...
25/11/2025

Dalla tristezza alla creatività

Ci sono persone che riescono a rendere al massimo nonostante uno stato d'animo negativo. Ciò succede anche quando si passa dalla alla .

La tristezza è un’emozione che può affiorare in qualsiasi momento; è una sensazione intensa che può farci sentire sopraffatti e generare grande disagio. Tuttavia, a volte, può anche essere usata come strumento per ottenere il meglio da sé. Sono molti coloro che, passando dalla tristezza alla creatività, riescono a dare sfogo al proprio talento.

Ci è stato insegnato che la felicità è il massimo obiettivo a cui si può aspirare. Questo spinge a credere che sentirsi tristi sia negativo, ma non è sempre così. Ci sono momenti adatti a ogni emozione, quindi è importante permettere a se stessi di provarli e di esprimerli. La tristezza è dunque un’emozione necessaria e da cui poter trarre persino vantaggio.

Permettendoci di essere tristi, potremo imparare molto. Tutto dipende dalla prospettiva e dall’atteggiamento che adottiamo. Ci sono diversi modi per trarre vantaggio dalla tristezza e uno di questi passa attraverso l’espressione artistica. In questo articolo vi insegneremo quattro strategie per passare dalla tristezza alla creatività.

4 modi per passare dalla tristezza alla creatività

1. Connettere con se stessi
Cercate e immergetevi nella parte più profonda di voi. Molte volte sembra difficile accettare la tristezza perché si pensa che bisogna essere sempre felici.

Crediamo che sentire questo brivido sia negativo, da evitare e può generare un senso di colpa. Ma se permettiamo a noi stessi di provare questa emozione, riusciremo a connetterci con la nostra essenza e creare cose uniche.

Passare dalla tristezza alla creatività consiste nel trarre vantaggio dal dolore per rimodellare il mondo interiore, creando. Attraverso l’arte, possiamo trasformare questa emozione ed esprimere ciò che ci travolge, trasferendo nel nostro lavoro ciò che proviamo e pensiamo oppure decifrando quello che desideriamo riparare.

La creatività nasce dalla parte più profonda del nostro essere. Quando riusciremo a creare un legame con noi stessi, avremo più possibilità di evocarla.

Poiché la tristezza è spesso un’emozione intensa, legata ai nostri aspetti più intimi, possiamo trarre da essa il nostro lato più creativo se sapremo come connetterci al nostro Io interiore. Si tratta di andare in profondità e di esprimerlo attraverso l’arte.

Una volta in sintonia con i nostri sentimenti, la creatività emergerà in superficie. Connettiamo con l’emozione e lasciamo che fluisca. In noi si farà strada il potere di creare e guarire la ferita emotiva.

Questo processo non sarà rapido, conoscersi a fondo richiede di muovere ogni passo con calma. Sarà poi più facile farlo ogni volta che il lato creativo si farà strada in noi.

2. Scegliere un luogo in cui si sta bene

È più facile trovare l’ispirazione in un luogo in cui ci si sente a proprio agio. Ogni persona ha il proprio angolo che le permetterà di trovare tranquillità e armonia. Poiché siamo tutti diversi, la scelta dipenderà dal singolo.

Pensate, tra tutti i posti che conoscete, a quello in cui vi sentite più a vostro agio. Potete persino sceglierne uno che non avete mai visitato, esplorarlo e verificare se è uno spazio piacevole. L’importante è che sia un luogo che favorisca l’espressione della creatività.

Scegliere il posto giusto è facile come pensare a un luogo accogliente. Dove sentirete la magia e potrete essere liberi di esprimere tutto ciò che avete dentro.

3. Selezionare quello che piace

Una volta trovato questo luogo “magico”, iniziate a pensare quale tipo di arte vi attira di più. Ad esempio: teatro, danza, scrittura, pittura, musica… Le opzioni a disposizione sono molte: cosa vi piacerebbe fare? Con quale arte sentite maggiore feeling?

Ricordate che esistono infinite possibilità di scelta. Quando avrete scelto il tipo di arte da esplorare, occorrerà individuare gli elementi che vi serviranno per metterla in pratica.

Qui di seguito trovate alcune idee per passare dalla creatività alla tristezza. Ma ricordate: solamente voi, più di chiunque altro, sapete cosa fare:

Del materiale che vi permetterà di dipingere. Per esempio carta, tele, matite colorate, colori, pennarelli, carboncino, acquerelli…
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Vestiti comodi per ballare o recitare: che favoriscano il contatto con la parte più profonda di voi, assieme alla musica che vi piace di più. Anche per le arti che non richiedono tanto movimento, sentirsi a proprio agio è altrettanto importante.
Pagine vuote per comporre una canzone, scrivere una poesia, una storia. Per esprimervi, avrete solo bisogno di carta e penna. Anche usare il computer va bene.

Usate il corpo per giocare o creare una scena. Cercate gli elementi che meglio si adattano a voi.
Uno strumento. Scrivete una canzone o suonate quella composta da qualcun altro. Se non sapete come suonare, ricordate che cantare è un’arte alla portata di tutti. [lamenteèmeravigliosa]

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L'unica costante nell'universo è il  !Se trovi interessanti questi contenuti clicca "mi piace" e "segui" sulla pagina Do...
24/11/2025

L'unica costante nell'universo è il !

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Le cose vanno accettate, lasciate andare o cambiate ,  ,  La nostra realtà, il nostro ciclo vitale e la quotidianità son...
23/11/2025

Le cose vanno accettate, lasciate andare o cambiate

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La nostra realtà, il nostro ciclo vitale e la quotidianità sono iscritti in un circolo che richiede un’armonia perfetta perché tutto proceda. Affinché questo fluire sia perfetto, bisogna capire che le cose vanno accettate, lasciate andare o cambiate. Qualsiasi tipo di resistenza è un ostacolo sul nostro cammino, ogni negazione della verità è una benda in più sugli occhi.

Un aspetto molto presente nella psicologia attuale è l’importanza di imparare a lasciar andare, di realizzare dei cambiamenti e di chiudere dei cicli. In apparenza, tutto questo sembra facile e vantaggioso, ma nasconde una realtà che non possiamo ignorare. Non tutto nella nostra vita può essere cambiato e non possiamo “sradicarci” da certi posti, da certe realtà, non è tutto bianco o tutto nero.

Possiamo non andare per nulla d’accordo con il nostro capo, ma adorare il nostro lavoro e il rapporto che abbiamo con i colleghi. Possiamo avere una relazione molto complicata con i nostri genitori, segnata da forti alti e bassi, ma non per questo crediamo di dover recidere definitivamente il nostro legame con loro.

Il nocciolo di tali questioni mostra un concetto molto chiaro: viviamo in uno scenario in cui abbondano i colori grigi, gli azzurri intermedi, le mattine di tormenta e i pomeriggi luminosi. Ci sono aspetti della nostra vita che ci tolgono la calma e talvolta persino l’equilibrio personale. Tuttavia, tutto ciò che avvolge questi focolai di avversità oscillante non è significativo.

In che modo potremmo affrontare queste situazioni per smettere di vivere “una felicità a metà”?

Ci sono cose che si accettano, ma prima bisogna effettuare un cambiamento dentro di sé

Oggigiorno, in questo mondo dove il consumismo ci invita spesso a disfarci delle cose con una certa frequenza per sostituire gli oggetti noiosi con quelli stimolanti e quelli vecchi con quelli nuovi, è difficile includere concetti come l’accettazione nel nostro quotidiano. Le cose da accettare instillano sempre un senso di sconfitta in molte persone, una certa sensazione che fa dire “non mi resta altra scelta…”.

La psicologia positiva ci aiutaa concepire i fatti in un altro modo. La prima cosa da fare è imparare a favorire una vera e propria flessibilità psicologica. Pensiamo, ad esempio, ad un ramo di erica aggrappato ad una montagna spesso colpita intensamente dal vento. Non si rompe perché è flessibile, non è come i rami degli alberi rigidi ed ostinati su cui gli agenti atmosferici finiscono sempre per avere la meglio.

Adesso provate a visualizzare una madre ossessionata dal controllo, con cui avete sempre avuto un rapporto complicato. Arriva un momento in cui dovete per forza porvi questa domanda: “cosa faccio, mi allontano da lei per sempre oppure accetto e me ne sto zitto?”. La terapia di accettazione non vi dirà mai di soccombere, di lasciarvi sconfiggere dalle insidie e dalle influenze negative. Affrontiamo l’argomento più a fondo.

La sofferenza fa parte della vita. Tuttavia, è necessario imparare a gestirla, a capirla e a trasformarla. Se mettete in pratica la rigidità psicologica, non farete altro che alimentare un circolo vizioso in cui perderete la possibilità di scegliere liberamente il vostro comportamento rispetto ai problemi quotidiani.

Imparare a riconoscere le nostre emozioni è positivo. Accettare non vuol dire arrendersi, ma capire cosa sta succedendo e come ci sentiamo quando stiamo con qualcuno o facciamo qualcosa in particolare.
È necessario imparare a vivere il presente. Aspettare che le cose cambino, che altri agiscano come noi vorremmo, significa perdere tempo. Nostra madre con i modi da “poliziotto” non cambierà, il nostro capo “sfruttatore” non diventerà emotivamente intelligente il prossimo mese.
Una volta che abbiamo acquisito una piena consapevolezza di come stanno le cose e del fatto che certe persone non cambieranno il loro modo di essere o il loro comportamento, accetteremo tutto questo per come è.
Ora, accettarlo non significa approvare il trattamento che riceviamo. Dobbiamo ricordare i nostri valori, i nostri principi e i nostri bisogni per dare vita ad un vero compromesso con questi individui.
Applicando questi principi, riusciremo gradualmente a creare sane distanze, grazie alle quali, le parole non feriranno più. Gli altri possono continuare a vivere nei loro altari turbolenti, perché per noi non sarà più un problema. Sappiamo chi siamo e quanto valiamo.

Cose che cambiano, cose che vengono lasciate andare

Sappiamo che ci sono cose da accettare perché abbiamo imparato a gestire il loro impatto sulla nostra vita. Perché, in fin dei conti, gli altri aspetti che ci circondano non sono importanti, dunque possiamo continuare a scorrere, ad avanzare e a costruire una felicità vera.

Lasciar andare è meglio che trattenere, perché significa potenziare, mentre stringere vuol dire limitare.

Tuttavia, ci sono momenti del nostro ciclo vitale in cui consideriamo preziosa ogni cartuccia, in cui il fiato finisce e i resisto ancora per un po’ ci hanno condotto in un vicolo cieco. Si tratta di momenti duri e difficili, in cui solo i coraggiosi sanno qual è la cosa più giusta da fare: lasciar andare, cambiare aria, vita, scenario.

Chiudere una porta per aprirne una diversa non è mai un errore. Certo, la felicità non è mai garantita quando realizziamo un cambiamento; tuttavia, il fallimento peggiore è rimanere a stagnare dove non cresce nulla se non la delusione, dove la nostra autostima si disintegra fino a diventare un grido soffocato, una morte che non ottiene niente.

Imparate ad applicare nella vostra vita questo semplice principio in cui non c’è posto per la paura e l’indecisione: le cose vanno accettate, lasciate andare o cambiate.

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Be the reason someone smiles today!Sii la ragione per cui oggi qualcuno sorride!Se trovi interessanti questi contenuti c...
22/11/2025

Be the reason someone smiles today!

Sii la ragione per cui oggi qualcuno sorride!

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Che cos'è  la   cosa significa, come si manifesta questa emozione e come si superaEcco di cosa si tratta, tra psicologia...
21/11/2025

Che cos'è la
cosa significa, come si manifesta questa emozione e come si supera

Ecco di cosa si tratta, tra psicologia, segnali emotivi e fisici, cause scatenanti e strategie per affrontarla al meglio

La delusione emerge quando la realtà contraddice le nostre aspettative, spesso nei momenti in cui ci sentivamo più sicuri delle nostre previsioni. Può nascere da una parola di troppo, da un silenzio mancato, da una promessa che si sbriciola tra le dita, eppure ogni volta ci sorprende con la sua capacità di riscrivere la realtà.

Non è solo una reazione emotiva, è uno specchio spietato che ci mostra quanto eravamo disposti a credere, quanto avevamo investito in una versione del mondo che forse non è mai esistita.

La delusione non sceglie: sorge nel bambino che scopre che Babbo Natale non esiste, nell'adulto che vede crollare la certezza di una vita, nel sognatore che si scontra con i propri limiti. Si tratta di un'esperienza universale che tocca ogni individuo indipendentemente dall'età o dal contesto sociale.

Forse è proprio per questo che la evitiamo, la minimizziamo, la liquidiamo in fretta: perché in fondo sappiamo che ha sempre qualcosa di importante da insegnarci su noi stessi anche quando resistiamo al cambiamento che può comportare.

Il cervello emotivo: la sede delle emozioni

Il 75 per cento delle emozioni che proviamo ogni giorno sono correlate all'olfatto
A volte capita di essere delusi: è comunque un emozione, da descrivere nello spazio di una frase

Che cos'è la delusione

In psicologia, la delusione è considerata una risposta emotiva alla discrepanza tra ciò che si sperava e ciò che effettivamente accade. Non si tratta solo di un dispiacere passeggero: è una reazione complessa, connessa al bisogno umano di controllo e coerenza.

Secondo lo psicologo statunitense Albert Ellis, le emozioni disfunzionali come la delusione derivano spesso da convinzioni irrazionali e aspettative inflessibili. Quando il mondo non conferma ciò in cui credi o ciò che desideri, nasce una frattura interna. Allo stesso modo, Aaron Beck ha evidenziato come il pensiero distorto possa amplificare il peso delle esperienze negative.

Capire il meccanismo mentale che genera la delusione è il primo passo per non subirla passivamente. Comprendere il significato psicologico della delusione permette di riconoscerne l'importanza come esperienza emotiva significativa.

Segnali e manifestazioni

La delusione non resta confinata alla sfera mentale: si riflette nel corpo, nel linguaggio verbale o non verbale e nelle azioni quotidiane.

Le reazioni variano: alcuni si isolano emotivamente, altri manifestano irritabilità o tendono a proiettare la frustrazione verso l'esterno.

Dal punto di vista fisico, può manifestarsi con un senso di stanchezza persistente, tensione muscolare, calo dell’appetito o un respiro più corto e affannato. Spesso il corpo comunica ciò che le parole faticano a dire. E anche lo sguardo, l’evitamento o il rallentamento dei movimenti sono spie rivelatrici.

A livello verbale, frasi brevi, voce monotona o sarcasmo difensivo possono rivelare molto più di quanto si vorrebbe. In alcuni casi, questa reazione può essere accompagnata da una sottile amarezza, difficile da scrollarsi di dosso, che inquina il modo di percepire anche situazioni neutre o positive.

Cause e contesti di origine

La delusione si manifesta quando la realtà non corrisponde o contraddice ciò che avevamo immaginato, sperato o creduto.

Può sorgere in mille contesti: dopo un colloquio di lavoro andato male, un risultato sportivo mancato, una decisione familiare inattesa.

Particolarmente intense sono le delusioni che coinvolgono la sfera affettiva. Una delusione d'amore non colpisce solo il cuore: intacca l’identità, la fiducia in sé e negli altri, il senso stesso di connessione.

Anche le aspettative nei confronti degli amici possono tradirci. E quando a deluderci siamo noi stessi — per una scelta evitata, un errore commesso, un obiettivo mancato — l’effetto può essere ancora più duro da digerire.

In tutti questi casi, la delusione emerge come una reazione a uno scarto doloroso tra ciò che volevamo e ciò che è, tra l’ideale e il reale.

Conseguenze sulla crescita personale

La delusione è spesso generatrice di frustrazione, cinismo, demotivazione o una tendenza a evitare nuove esperienze per timore di essere ancora feriti. In casi più estremi, la delusione cronicizzata può incidere sull’umore, sulla fiducia e sul desiderio di futuro.

Tuttavia, la delusione non è solo distruttiva. Se accolta con lucidità, può diventare uno spartiacque evolutivo: spinge a rivedere convinzioni, a ridimensionare aspettative irrealistiche e a consolidare la resilienza emotiva. È anche un’occasione per conoscere meglio sé stessi e imparare a distinguere tra desideri autentici e illusioni.

Saper distinguere la delusione da un semplice dispiacere è essenziale per evitare che si trasformi in rassegnazione.

Riconoscerla, però, non significa subirla. Al contrario, implica imparare come affrontare una delusione, partendo dall’ascolto sincero di ciò che si prova. Scrivere ciò che si sente, parlarne con qualcuno di fiducia, o affidarsi a un terapeuta può aiutare a dare un nome e un senso all’esperienza. In alcuni casi, avvalersi di un esperto consente di rimettere ordine nel caos emotivo, evitando che la delusione si radichi e contamini altri aspetti della vita.

Accettare la frattura tra aspettativa e realtà è difficile, ma è il passo necessario per lasciar andare e per costruire una nuova prospettiva, più consapevole e meno idealizzata.

Cosa ci dice la scienza

Dal punto di vista neurologico, la delusione presenta caratteristiche interessanti. Le neuroscienze offrono spunti affascinanti. Quando qualcosa non va come sperato, si attivano le stesse aree cerebrali coinvolte nel dolore fisico. Il cervello, in altre parole, non distingue molto tra un dispiacere emotivo e una scottatura vera e propria.

A risentirne è anche la produzione di dopamina, la sostanza legata alla motivazione: più l’aspettativa era forte, più il “crollo” è percepito come una perdita.

Alcuni studi indicano che le delusioni sociali — come un'esclusione o un tradimento — hanno effetti ancora più marcati sul sistema limbico, la parte più emotiva del nostro cervello. La mente, poi, tende a rimuginare sulle situazioni non risolte, allungandone gli effetti. Questa consapevolezza può facilitare l'accettazione del proprio stato emotivo senza autocolpevolizzazione. [elle]

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