Shiva Yoga Osnago

Shiva Yoga Osnago 𝑆𝑐𝑢𝑜𝑙𝑎 𝑑𝑖 𝑌𝑜𝑔𝑎 𝑇𝑟𝑎𝑑𝑖𝑧𝑖𝑜𝑛𝑎𝑙𝑒 𝐼𝑛𝑑𝑖𝑎𝑛𝑜

28/11/2025

🏵QUANDO L’AMORE DIVENTA VIA SPIRITUALE
Dhāraṇā – Dhyāna – Samādhi secondo Patañjali
e il mistero dell’amore devozionale verso il Guru

Nel cammino yogico può accadere qualcosa di delicato e profondo:
il praticante sperimenta un amore intenso verso il Maestro, donna o uomo che sia.
Ma di quale amore stiamo parlando?

•Non è l’amore possessivo, emotivo o romantico.
È un amore bhaktico, devozionale, sacro.
Un amore che nasce quando l’anima riconosce, attraverso una forma umana, una Presenza più grande.
Non si ama la persona.
Si ama ciò che attraverso quella persona si manifesta.
Questo tipo di amore ha un potere straordinario sulla mente.

Negli Yoga Sūtra, Patañjali descrive tre stadi profondi del cammino interiore:

•Dhāraṇā
“Deśa-bandhaḥ cittasya dhāraṇā”
La concentrazione è il fissarsi della mente su un solo punto.
Lo studente, attratto dal Guru, sperimenta spontaneamente questo stato:
il pensiero ritorna naturalmente, senza sforzo, verso ciò che ama.

•Dhyāna
“Tatra pratyayaikatanatā dhyānam”
Quando questo flusso diventa continuo, ininterrotto, diventa meditazione.
Qui non si “pensa” più al Maestro:
si dimora interiormente nella sua presenza.

•Samādhi
Quando anche il senso di separazione cade, avviene la fusione:
non più “io e l’altro”, ma un solo campo di coscienza.
Perché accade tutto questo?
La mente ha una naturale tendenza a magnetizzarsi.

Nella vita ordinaria, purtroppo, lo fa verso paura, dolore, ossessione, giudizio.
Ma lo stesso meccanismo, orientato verso il sacro, diventa via di liberazione.
L’amore bhaktico non imprigiona: purifica.
Non confonde: eleva.
Non chiede possesso: conduce alla resa.
In questo senso, l’amore verso il Guru può diventare una scorciatoia luminosa verso il silenzio interiore.

Quando l’amore è puro, non cerca nulla.
Diventa meditazione.
Diventa fusione.
Diventa Samādhi.
Questo è il cuore dello Yoga:
trasformare il legame in consapevolezza,
il desiderio in offerta,
l’amore in via.

●Testo completo di approfondimento sul Blog
https://www.shivayogatemple.it/blog/yoga-approfondimenti/shiva-community/

26/11/2025

🏵BHĀKTI – dalla devozione infantile alla resa totale

La Bhakti non è emozione.
Non è gesto rituale.
Non è spiritualità teatrale.

È una modalità dell’essere in relazione con l’Assoluto.
È ciò che rimane quando nessuno ti vede.

Molti attraversano una prima fase di Bhakti infantile:
gesti devoti solo quando osservati, entusiasmo emotivo, preghiere mosse da bisogno o paura.
Qui la devozione è ancora legata all’identità.

Ma la Bhakti evolve.

Quando il devoto continua anche nella solitudine,
quando il gesto diventa silenzio,
quando la preghiera diventa presenza,
allora la Bhakti matura.

La devozione autentica non cerca conferma.
Non ha bisogno di pubblico.
Non ha bisogno di dimostrare.

La vera Bhakti non dice:
“Io amo Dio”
ma sussurra:
“Non sono separato da Lui.”

E quando non c’è più un io che ama,
ma solo Amore che è,
lì la Bhakti compie il suo destino.

La meta non è il devoto.
La meta è la dissoluzione del devoto.

●Testo completo di approfondimento sul nostro blog
https://www.shivayogatemple.it/blog/yoga-approfondimenti/shiva-community/

24/11/2025
24/11/2025
13/11/2025

The silence before practice 🏵️

Un momento di raccoglimento prima della lezione è sempre consigliabile, per poter entrare meglio in connessione con
l' atmosfera dell' ambiente creando cosi
le basi per una pratica di qualità!

11/11/2025

🏵Il praticante moderno deve tornare a interrogarsi.
E deve interrogare il proprio insegnante, con rispetto ma con fermezza.
Solo così saprà se davanti a lui c’è un istruttore tecnico o un vero sādhaka, un essere che vive lo Yoga e non lo vende soltanto.

●Domande che ogni praticante dovrebbe porre al proprio insegnante.

1. Qual è, secondo te, lo scopo ultimo dello Yoga?

2. È uno scopo fisico, mentale, o trascende entrambi?

3. Se il corpo cambia, ma l’ego resta, posso dire di essere progredito nello Yoga?

4. Cosa resta quando tutte le posture cessano?

5. Cosa significa per te la parola “Unione”? Chi si unisce con chi?

●Domande sulle posture (Āsana)

1. Perché pratichiamo le posture?

2. Che cosa accade realmente durante un āsana: all’energia, alla mente, alla percezione del Sé?

3. Le posture devono servire al corpo o il corpo deve servire alla consapevolezza?

4. Se lo Yoga è unione, come può esserci competizione, performance o giudizio estetico nella pratica?

5. Cosa intendeva Patañjali quando disse: “sthira sukham āsanam” — la postura è stabilità e beatitudine?

●Domande su Hatha Yoga

1. L’Hatha Yoga è ginnastica o è alchimia del corpo?

2. Che cosa unisce veramente ha (sole) e tha (luna)?

3. A cosa servono realmente bandha, mudrā e prāṇāyāma?

4. Quante delle tue pratiche quotidiane mirano alla purificazione dei nāḍī e quante al miglioramento estetico?

5. Se la forza (ha) e la calma (tha) si equilibrano, chi rimane a osservarle?

●Domande su Aṣṭhāṅga Yoga

1. Sai spiegare gli otto stadi dello Yoga secondo Patañjali?

2. In quale di questi ti senti oggi realmente radicato?

3. Se non vi è yama e niyama (disciplina etica e interiore), cosa resta dell’āsana?

4. Che differenza c’è tra la sequenza e la presenza?

5. Se il respiro si ferma ma la mente corre, stai praticando Yoga o ginnastica respiratoria?

●Domande su Kundalinī Yoga

1. Cos’è per te Kundalinī: un’energia o una coscienza?

2. Da dove sorge e dove ritorna?

3. È necessario risvegliare qualcosa o piuttosto rimuovere ciò che la ostacola?

4. Come distingui l’esperienza mistica dalla suggestione mentale?

5. Se l’energia si muove ma il Sé resta non riconosciuto, cosa hai davvero ottenuto?

●Riflessione per il praticante

Ogni risposta che riceverai dal tuo insegnante non servirà a giudicare, ma a discernere.
La chiarezza è amore: se il tuo insegnante non ha ancora compreso, non disprezzarlo, ma sappi che dovrete cercare insieme.
Il vero insegnante non teme le domande, perché è radicato nel silenzio da cui nascono tutte le risposte.

Quando il corpo tace, lo Yoga comincia.
Quando la mente tace, lo Yoga fiorisce.
Quando l’Io tace, lo Yoga è compiuto.

29/10/2025

● Ṛṣi (ऋषि) viene dal sanscrito dalla radice ṛṣ, che significa muoversi, fluire, udire interiormente, vibrare.
Il Rishi è dunque colui che ascolta il Suono del Reale, colui che vede e ode i mantra, non li inventa. Non è un autore, ma un ricettacolo, un canale puro attraverso cui la Parola cosmica (Vāk) si manifesta.

I Veda, infatti, non sono “scritti da uomini”: essi furono visti (dṛṣṭa) dai Rishi in stato di pura coscienza, in ciò che gli Yoga Sutra chiamano ṛtaṁbharā prajñā, la conoscenza che nasce dall’ordine cosmico stesso (ṛta).
Ogni mantra vedico è legato a un Rishi, che lo ha udito nello spazio interiore del Sé.

La mente di un Rishi non è più personale.
Non è più un campo di pensieri, opinioni o ricordi. È come uno specchio d’acqua immobile sul quale si riflette la verità stessa del Brahman.
Quando la mente non vibra più per desiderio o paura, essa diviene trasparente e il Logos cosmico – il mantra universale – può risuonare attraverso di essa.

Il Rishi non pensa: egli vede.
Non interpreta: egli percepisce la realtà nella sua purezza.
La sua mente è un intervallo di silenzio cosciente, un punto vuoto dove il Divino parla da sé.

Dentro un Rishi non vi è “qualcuno”: vi è solo la vibrazione consapevole del Tutto.
Il suo cuore è uno spazio di silenzio e compassione assoluta, perché, riconoscendo tutto come Sé, non può più opporsi a nulla.
Là dove un uomo comune sente differenza e opposizione, il Rishi sente unità e ritmo.
Il suo interno è come una caverna luminosa dove il Brahman pulsa come Om, il suono originario.

Il Rishi è un condotto tra i mondi:

tra il non manifestato (Puruṣa, Brahman, Śiva)

e il manifesto (Prakṛti, Shakti, le forme della vita).

È come un nodo di risonanza dove il silenzio cosmico prende forma in parola, in mantra, in visione.
Potremmo dire che attraverso il Rishi l’universo stesso si contempla.
Ecco perché, nei Veda, il Rishi è spesso detto dṛṣṭā – “il veggente” – e non “il pensatore”.

Il legame con Rishikesh

Il nome Rishikesh (ऋषिकेश) significa letteralmente “Signore dei sensi (īśa) dei Rishi (ṛṣi)” o anche “Capo dei veggenti”.
È uno dei nomi di Śiva e Viṣṇu: il potere che governa e purifica gli strumenti percettivi, affinché diventino degni di ricevere la Verità.
Per questo, nella tradizione, si dice che i Rishi discendevano dalle grotte himalayane (dove vivevano immersi nella contemplazione) verso Rishikesh, quando la neve chiudeva i passi, per riposare, condividere i loro canti e tramandare le loro rivelazioni agli allievi.

Rishikesh, nella sua essenza più profonda, non è tanto un luogo geografico, ma lo stato di coscienza in cui la mente è retta da Ishvara, in cui il silenzio diventa parola e la parola ritorna al silenzio.

Oggi, tuttavia, ciò che porta il nome di Rishikesh è spesso una forma svuotata del suo spirito originario.
Quella che un tempo fu la culla del silenzio dei veggenti è divenuta, in larga parte, un circo del moderno ego spirituale, dove la parola “yoga” ha preso il posto del Silenzio e la ricerca del Sé è stata sostituita dalla ricerca di esperienze.
È come se il nome dei Rishi fosse rimasto inciso sulla soglia, ma il Rishi stesso fosse scomparso.

L’Occidente, affascinato dall’esotico, scambia l’abito per la realizzazione: si fotografa davanti al Gange credendo di essere entrato nel mistero, ma il vero Rishikesh — quello in cui il Sé governa i sensi — non è tra le botteghe, bensì nel cuore che tace.

Così la parola Rishikesh è oggi un simbolo dell’illusione del mondo moderno: una forma vuota, un nome sacro abitato dal rumore del mercato, dove ancora molti occidentali vengono ingannati dall’apparenza e dalla promessa di una spiritualità facile.
Eppure, sotto quella superficie, la vibrazione antica non è scomparsa: chi è puro la può ancora udire, come un richiamo sommerso che invita al ritorno alla sorgente.

14/10/2025

Unico evento annuale di Shaktipat Diksha con Sri Pranidhana. Yoga, meditazione e canti vedici. Borgo Zen, 6-8 dicembre 2025. Posti limitati.

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08/10/2025

Corsi SHIVA YOGA OSNAGO 2025/2026

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