09/11/2025
Il pensiero perverso come difesa dall’umiliazione: dal trauma infantile alla negazione dell’alterità
1. La radice dell’umiliazione e il riscatto perverso
Il pensiero perverso può essere compreso come il tentativo di trasformare un’umiliazione infantile in un trionfo adulto. Questa formulazione sintetizza una dinamica psichica complessa, in cui l’individuo cerca di riscattarsi da una ferita originaria legata alla dipendenza, alla vulnerabilità e alla perdita di controllo.
Freud già nel 1905, nei Tre saggi sulla teoria sessuale, aveva individuato nella perversione la persistenza di modalità infantili di soddisfacimento pulsionale, legate al bisogno di padronanza e al diniego della castrazione (Freud, 1905). Tuttavia, autori successivi hanno sottolineato che la perversione non è solo fissazione pulsionale, ma tentativo di riparazione narcisistica (Chasseguet-Smirgel, 1985).
Per Joyce McDougall (1982), la perversione rappresenta “una soluzione tragica e ingegnosa” che consente al soggetto di controllare la vergogna originaria trasformandola in una scena trionfale, dove l’Io, regista e attore, impone il proprio copione all’altro. L’atto perverso diventa così una messa in scena del potere su ciò che un tempo aveva generato impotenza.
2. Negazione della differenza e violazione del limite
Una caratteristica saliente del funzionamento perverso è la negazione delle differenze — sessuali, generazionali, soggettive. La differenza è intollerabile perché evoca la mancanza, la dipendenza e la necessità di riconoscere l’altro come irriducibilmente separato.
André Green (1983) ha descritto questa operazione come una negazione della negazione, una cancellazione simbolica che impedisce l’accesso alla dimensione del desiderio e mantiene il soggetto in un universo chiuso, dominato dalla propria onnipotenza.
La violazione del limite non è dunque semplice trasgressione morale, ma sfida simbolica al principio di realtà: è il modo con cui il soggetto tenta di confermare la propria autosufficienza, negando il valore dell’altro come soggetto di desiderio autonomo (Khan, 1979). L’altro, in questo contesto, diventa un oggetto-scenico, funzionale a una fantasia privata e solipsistica.
3. Onnipotenza e autoreferenzialità
La perversione si fonda su una logica onnipotente e autoreferenziale. L’altro è ammesso solo in quanto attore di una fantasia personale e chiusa, in cui il soggetto è insieme regista e spettatore del proprio dramma interiore.
Questo pensiero autoreferenziale si configura come un dispositivo mentale difensivo: protegge dal rischio della relazione autentica, ma al prezzo di un isolamento narcisistico. Come sottolinea Bolognini (1998), la mente perversa è “una mente senza confini”, incapace di tollerare la frustrazione necessaria all’incontro con l’alterità.
4. L’altro come oggetto di una fantasia onanistica
Nella scena perversa, l’altro non esiste come persona, ma come proiezione incarnata di un copione interno. L’esperienza è di tipo onanistico anche quando coinvolge un partner reale: ciò che conta non è la reciprocità, ma la ripetizione rituale di un atto che conferma la propria potenza e cancella la vergogna.
Chasseguet-Smirgel (1985) descrive questa dinamica come “idealizzazione dell’Io arcaico onnipotente”, in cui la fantasia erotica serve a negare la castrazione e la dipendenza. La sessualità è così de-erotizzata e trasformata in strumento di dominio simbolico.
5. Il senso clinico: la perversione come difesa relazionale
In prospettiva clinica, la perversione va letta come un’organizzazione difensiva dell’esperienza relazionale, più che come una categoria morale o comportamentale. È una modalità che preserva il soggetto dal dolore della mancanza e dalla paura dell’umiliazione, attraverso un uso concreto e manipolatorio dell’altro.
La sfida terapeutica consiste nel riconoscere la funzione protettiva di tale costruzione psichica, senza colludere con essa, ma accompagnando il soggetto verso la possibilità di tollerare la differenza, la dipendenza e la vulnerabilità come condizioni della relazione autentica (McDougall, 1982; Bolognini, 1998).
---
Bibliografia
Freud, S. (1905). Tre saggi sulla teoria sessuale.
Green, A. (1983). La follia privata. Psicoanalisi della perversione. Torino: Einaudi.
Chasseguet-Smirgel, J. (1985). L’ideale dell’Io. Studio sulla perversione. Milano: Raffaello Cortina.
McDougall, J. (1982). Teatri della mente. Illusione e verità nella psicoanalisi. Torino: Boringhieri.
Khan, M. M. R. (1979). Il sé nascosto. Roma: Armando Editore.
Bolognini, S. (1998). Come vento, come onda. Trasformazioni psichiche e relazioni. Milano: Franco Angeli.