04/11/2025
Qualche giorno fa, nella mia classe di quinta elementare, ho proposto ai miei alunni un esercizio semplice.
Ho detto:
“Completate la frase: Vorrei che la mia maestra sapesse che…”
Sembrava un gioco.
Ridevano, scrivevano in fretta, si scambiavano sguardi curiosi.
Ma quando ho iniziato a leggere le risposte, nella stanza è calato un silenzio che non dimenticherò mai.
Il primo foglio diceva:
“Vorrei che la mia maestra sapesse che mio papà è in prigione e non lo vedo da anni.”
Sul secondo c’era scritto:
“Vorrei che la mia maestra sapesse che a volte salto la cena perché la mamma lavora fino a tardi e io non so accendere i fornelli.”
Poi sono arrivati altri fogli.
Altri segreti.
“Vorrei che la mia maestra sapesse che mia sorella dorme con me e a volte bagna il letto. È per questo che qualcuno dice che puzzo.”
“Vorrei che la mia maestra sapesse che vengo a scuola perché qui è silenzioso — a casa ci sono sempre urla.”
“Vorrei che la mia maestra sapesse che faccio finta di niente quando gli altri ridono di me, ma dentro mi sento invisibile.”
“Vorrei che la mia maestra sapesse che vorrei solo dormire una notte senza sentire la mamma piangere.”
Quando ho finito di leggere, nessuno ha detto una parola.
Alcuni fissavano il banco, altri si asciugavano le lacrime con la manica.
In quell’aula, qualcosa era cambiato.
Non era più solo una classe: era diventata uno specchio, dove ciascuno vedeva — forse per la prima volta — il dolore dell’altro.
Ho raccolto tutti quei fogli e li ho messi in un cassetto, come piccoli pezzi di verità da custodire.
Da quel giorno, i miei alunni sono cambiati.
Hanno iniziato a dividersi la merenda senza che nessuno lo chiedesse, a parlarsi con più dolcezza, a sgridarsi di meno, a guardarsi di più.
Non ho dato nuove regole.
È successo da solo.
È come se avessero capito qualcosa che non si può insegnare con i libri: che nessuno conosce davvero le battaglie degli altri.
E quella sera, tornando a casa, ho capito anch’io qualcosa.
Che un compito semplice, nato quasi per caso, aveva insegnato più di qualunque lezione di grammatica.
Che a volte basta poco:
ascoltare, chiedere, vedere.
Perché ogni bambino — anche quello che sembra distratto, arrabbiato o chiuso —
ha solo bisogno che qualcuno, una volta,
si accorga di lui. 💔
Piccole Storie