18/04/2025
Ho da poco finito di leggere "Sii te stesso a modo mio", testo nel quale Matteo Lancini ripropone l'importanza , oggi più che mai inascoltata, di lasciare che figli, studenti e adolescenti in generale, possano declinare, e "declinarsi", nelle loro attività in cui sono immersi, nella loro azione, senza il controllo e il protagonismo degli adulti, senza quindi quello sguardo che cerca sempre di proteggere e/o di normare, o a volte, di scorgere se stesso.
Di sguardi, compiti evolutivi, impatto di Internet e fragilità si parla tantissimo e molte domande si aprono durante la lettura: cosa significa declinare il proprio intervento nella realtà odierna? Come ci si muove nella "società on-life"? Da dove proviene il bisogno di essere "interventisti" nell'azione educativa o psicologica o genitoriale con gli adolescenti? Quanta fragilità siamo in grado di accogliere come adulti, sia che provenga da noi, sia che provenga dall'altro?
Ma anche, cosa è che ci spiazza di più dell'adolescenza? E la nostra adolescenza, come è stata? Quali battaglie abbiamo affrontato? E le nuove generazioni?
Queste e molte altre domande scorrono nella mia mente, in un processo di riflessione che in realtà porto avanti da diversi anni ormai e che spesso ha trovato possibilità di scambio in diversi contesti, gruppi di colleghi, compagni di viaggio e soprattutto nella stanza di psicoterapia, con i pazienti, i quali sono convinta, siano i più grandi maestri. La possibilità di stare nelle domande e di stare nella fragilità, di sentirla. Alla fine della lettura, quello che mi è tornato in mente è una frase che mi sono trovata a dire, qualche tempo fa', in un'aula universitaria davanti a degli studenti di psicologia: "Forse se siete qui è perché, a ripensarci, avete avuto un'adolescenza non proprio bellissima. Il lavoro con gli adolescenti è durissimo ma è bellissimo. È come stare sulle montagne russe. È come l'adolescenza". Parlavo forse della mia? In ogni caso, trovo più che mai importante oggi il senso di un discorso in cui si possa coltivare quella possibilità di stare, nei bisogni dell'altro, offrendo e non chiedendo, uno sguardo.
Mi convinco sempre di più del fatto che stare nella difficoltà dei più giovani, abbia a che fare con lo stare nella propria difficoltà di adulti, coltivando uno sguardo di sostegno e incoraggiamento (per entrambi).
Consiglio dunque la lettura di questo testo saggio e diretto, concludendo questa riflessione con le parole dell'autore che più mi sono piaciute: "Non tutti maturano lo stesso giorno, non tutti profumano allo stesso modo, non tutti hanno bisogno dello stesso approccio. I nostri figli e studenti sono importanti: meriterebbero di essere conosciuti e rispettati bella loro singolarità e unicità da chi ogni giorno li incontra, li educa , li vorrebbe aiutare a diventare se stessi a modo loro".