10/11/2025
Molti genitori desiderano crescere bambini rispettosi, gentili, capaci di stare bene con gli altri.
Ma a volte, senza accorgersene, l’intento educativo si trasforma in un messaggio diverso: “devi piacere agli altri per essere accettato”.
Accade quando il rispetto delle regole si confonde con l’obbligo al compiacimento:
💬 “Dai un bacino alla nonna anche se non vuoi”,
💬 “Sorridi, altrimenti si offendono”,
💬 “Non fare il timido, saluta bene”.
Sono richieste quotidiane, spesso mosse da buone intenzioni. Ma il bambino, ancora privo degli strumenti per differenziare il rispetto dalla sottomissione emotiva, può interpretarle come un invito a mettere da parte il proprio sentire per mantenere l’armonia.
Nel tempo, questo può portare a una regolazione disfunzionale delle emozioni e a una fragilità identitaria: bambini che si leggono attraverso lo sguardo dell’altro e adulti che faticano a dire “no” per paura di deludere.
Le teorie sistemico-relazionali (Minuchin, 1974; Bowen, 1978) mostrano come in molte famiglie il mantenimento della quiete e della coesione emotiva passi dal sacrificio dell’autenticità. È un meccanismo protettivo, ma ha un costo alto: la perdita di spontaneità e di libertà espressiva.
Educare, invece, non significa evitare il disagio relazionale.
Significa insegnare ai figli a stare nel mondo senza rinunciare a sé stessi, riconoscendo che possono dire “no” con rispetto, dissentire senza perdere l’amore dell’altro.
Perché l’obiettivo non è crescere bambini “buoni”, ma adulti autentici, liberi e capaci di amare senza compiacere.
Un atto di fiducia nel loro diritto di essere interi: capaci di rispetto, sì, ma anche di verità, libertà e presenza.
𝐃𝐨𝐭𝐭.𝐬𝐬𝐚 𝐀𝐥𝐞𝐬𝐬𝐢𝐚 𝐀𝐥𝐨𝐧𝐠𝐢
Psicologa Psicoterapeuta
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