Dott.ssa Giulia Giammanco - Psicologa Psicoterapeuta

Dott.ssa Giulia Giammanco - Psicologa Psicoterapeuta Dott.ssa Giulia Giammanco psicologa, psicoterapeuta cognitivo comportamentale, iscritta all'ordine d Francesco Mancini) con sede centrale a Roma

La dott.ssa Giulia Giammanco si occupa di Disturbi d'ansia, disturbi alimentari, disturbi dell'Umore, disturbi di Personalità etc..., specializzata in Psicoterapia Cognitivo Comportamentale presso la Scuola di Psicoterapia Cognitiva (diretta dal prof.

11/05/2024
14/12/2023

Quest'anno vorrei ringraziare i miei pazienti perché mi danno prospettive del mondo sempre differenti, attraverso i loro occhi e le loro storie imparo sempre qualcosa di nuovo e grazie per la fiducia e l'affetto che sempre mi arriva.

04/05/2023

Un ringraziamento a tutti i miei pazienti...per la fiducia, la capacità di mettersi in discussione, il coraggio di intraprendere questo percorso di cambiamento e tutto quello che anche loro insegnano a me ogni giorno...❣️

Nuove tecniche esperienziali: nuove prospettive lo shiatsuDa varie ricerche è emerso che lavorare sulle memorie corporee...
11/01/2023

Nuove tecniche esperienziali: nuove prospettive lo shiatsu

Da varie ricerche è emerso che lavorare sulle memorie corporee aiuti il paziente a riconoscere le emozioni nel loro corrispettivo somatico ed ad analizzare meglio come gli schemi interpersonali si attivino nel corrispettivo fisico.
Ci sono almeno tre tipi di memoria secondo Marchino e Mizrahil: il “rammentare” legato ad una memoria mentale (contiene difatti la parola mente), il “ricordare” legato ad una memoria emozionale (infatti include la parola cor/cordis “cuore” ed il rimembrare ovvero una memoria iscritta nelle membra (“Il corpo non mente” L. Marchino; M. Mizrahil 2004).
Durante una seduta di psicoterapia basata prevalentemente sull’utilizzo della parola il controllo razionale alle volte non permette di osservare “dal vivo” l’emozione dell’evento accaduto.
Anche focalizzandoci sul corpo, cercando di far chiudere gli occhi al soggetto per ricordare meglio l’evento traumatico ed ancorarlo alle sensazioni fisiche, otterremo sempre per l’appunto un “ricordare”, già di per sé molto più efficace del “rammentare”.
Partendo da queste premesse, la mia attenzione si è spostata su una disciplina basata prevalentemente sulla digitopressione, lo shiatsu.
Questa disciplina sembra inizialmente lavorare principalmente sullo strato esterno del corpo, allungando la colonna, aprendo il torace, rendendo più profondo il respiro e portando quindi il corpo da un assetto di “attacco-fuga” ad uno stato di quiete.
Possiamo capire come possa diventare importante l’impatto di questa disciplina, accompagnata da un’adeguata psicoterapia, soprattutto in soggetti che hanno avuto attaccamenti traumatici, potrebbe infatti rimodulare proprio a livello fisico, lo schema relazionale Se’-Altro, diminuendo lo stato di allerta e di attacco-fuga cronicizzato a livello muscolare.
A questo punto si capisce come sia fondamentale che l’operatore sia adeguatamente preparato, come un qualsiasi operatore che si occupa di salute mentale.
Come viene richiesta, alla stregua di un operatore che si occupa di salute mentale, empatia, tecnica, affidabilità ed etica, allo stesso modo, se non ancor di più, queste caratteristiche sono fondamentali per un operatore che opera sul corpo, soprattutto se i trattamenti hanno una continuità.
Se l’operatore non dispone di tali requisiti, il rischio è di ritraumatizzare il soggetto.
Rifacendosi a Lowen, molti soggetti spesso presentano stati cronicizzati di tensioni corporee, che aiutano a mantenere un certo livello di controllo sull’espressione delle emozioni.
Durante i trattamenti, allentando il controllo, accade di frequente che le emozioni spesso trattenute, inizino di nuovo a fluire, difatti a mio avviso è di ottimo ausilio con quei pazienti che soffrono di coartazione emotiva, sia perché aiuta a migliorare l’autoriflessività, sia perché permette in maniera graduale di risperimentare le emozioni in un contesto che si spera protetto.
Continuando con i trattamenti, si inizia ad osservare che l’operatore può lavorare anche ad un livello più profondo, ovvero sempre mediante la digitopressione, è possibile che riappaiano ricordi e si creino associazioni, come in una psicoterapia classica, ma stavolta rivissuti non come “adulto che ricorda”, ma a tutti gli effetti “rimembrati”, quasi come se l’evento avvenisse nel “qui ed ora”, senza il frapporsi dei meccanismi di difesa posti dalla parte razionale.
A mio avviso queste osservazioni sono interessanti in quanto vanno nella direzione di sperimentare nuove tecniche esperienziali che risultano più efficaci associati ai trattamenti classici.

Dott.ssa Giulia Giammanco

12/12/2022

E voi come scegliete?

Si possono fare scelte per tante motivazioni differenti...razionali emotive etc...
Ma vorrei aprire con voi un sondaggio...
Fate scelte di valore...? Ovvero non ciò che vi rende maggiormente felice o che potrebbe fare piacere a qualcun altro ma scegliete la macchina, la casa, il compagno etc... per il livello di riconoscimento sociale che vi può dare?
Fate scelte eterodirette...? Ovvero avendo perso tempo fa la bussola dei propri bisogni vi siete abituati ad adeguarvi a ciò che vuole l'altro senza mai capire davvero cosa vi piace e cosa volete e portarlo avanti?
O infine fate solo scelte di piacere, legato a ciò che vi piace e ciò che volete.
Ognuno di noi avrà fatto alle volte scelte di valore, altre eterodirette, altre di piacere...ma se il vostro tipo di scelta è sempre e solo di un solo tipo la vostra felicità e/o le vostre relazioni interpersonali potrebbero risentirne.

20/09/2022

Via Villafranca 29 Palermo

05/07/2022

Autosabotaggio cos'è e come riconoscerlo

Ognuno di noi ha uno schema di sé ed esperienze pregresse che tendono ad influenzare quelle future, solitamente in maniera automatica ed involontaria...
Mettiamo ad esempio che un soggetto abbia ferite negli ambiti principali dello schema di sé ovvero dell'amabilitá e del valore personale...inizialmente potrà sentirsi attratto a causa della sua "fame", da persone che sembrano fornirgli entrambi questi rifornimenti, ma se lo schema di sé non è coerente con quanto ricevuto potrebbe autosabotarsi...in che modo?
Se un paziente narcisista ha mostrato vulnerabilità, ad esempio, rispetto ad una risposta accudente ed accettante potrebbe fuggire dalla relazione, oppure se ha tratti border e non si ritiene amabile, potrebbe avere una risposta rabbiosa scatenata da un pretesto qualsiasi. Questo accade perché la relazione con l'altro è immaginata ad un livello emotivo più profondo, frustrante, abbandonica, umiliante...etc...
È importante riconoscere quando si attiva questo automatico sistema di difesa per portare avanti l'obiettivo di avere relazioni significative e soddisfacenti.

28/04/2022

Lavorando sul senso di impotenza con alcuni pazienti, mi sono resa conto di quanto fra tutti gli schemi di sè sia quello più difficile da mettere in discussione nel lungo termine.
Al di là dei casi in cui questo schema è transitorio, legato ad eventi di vita che lo attivano, lo schema di impotenza ha talvolta un "vantaggio secondario" appreso.
Tutti i pazienti ad livello "ideale" ambiscono a stare meglio...ma nella realtà questo ad un livello più profondo potrebbe comportare degli svantaggi?
Alcuni li abbiamo visti nel post relativo alla paura del cambiamento, proviamo ad esaminarlo nello specifico rispetto alla paura rispetto al proprio "potere personale".
Facendo riferimento ad una tecnica in cui utilizzando due sedie, il paziente impersona alternativamente la propria parte critica e la propria parte criticata ho apportato una piccola modifica.
Al posto della parte criticata ho chiesto al soggetto di immaginare il se stesso totalmente felice e realizzato (difficile pensare che la propria parte felice e realizzata possa essere una parte criticata) e poi nella sedia dove solitamente si impersona la parte critica ho chiesto al soggetto di dirmi cosa provava verso questo Se' totalmente realizzato e felice...beh al di là dell'ammirazione spesso c'erano anche emozioni di ansia ed invidia...
Risalendo ad episodi significativi della vita del soggetto, si è visto che figure per lui significative (genitori/fratelli) avevano provato un senso di invidia/gelosia quando il soggetto ha avuto o rischiava di avere successo.
Solitamente questi pazienti hanno anche molta difficoltà con il tema della solitudine, per cui il loro successo/potere diventa ad un livello poco consapevole una minaccia per l'altro "significativo" e quindi li mette a contatto con il timore dell'abbandono.
Paradossalmente "volare basso" e non risultare una minaccia preserva dal rischio di isolamento impedendo però al soggetto di esprimere a pieno le proprie potenzialità e godersi la propria felicità.

16/04/2022

Vi sono persone che fanno del vittimismo il proprio stile di vita perché essere, o piuttosto sembrare, l'eterna vittima può avere molti vantaggi. La vittima, in un modo o nell'altro, si...

23/02/2022

La paura del cambiamento

Molto spesso abbiamo messo in evidenza che fra le difficoltà principali nella buona riuscita di una terapia c'è la difficoltà di affrontare i cambiamenti dovuti ad uno schema di sè, che si viene a creare e che va a sostituire il precedente, ma cerchiamo di capire nella realtà dei fatti cosa vuol dire.
Poniamo ad esempio di avere avuto genitori o fratelli/sorelle con un disturbo di personalità o tratti basati sulla svalutazione dell'altro, incapacità di riconoscerne i bisogni, difficoltà di empatia o validazione emotiva etc...
Nelle famiglie, come nei sistemi (coppie, madri-figli etcc..) si creano spesso ruoli e posizioni predefinite, assunte più o meno consapevolmente dai vari rappresentati del sistema.
Essere cresciuti in un ambiente invalidante, ipercritico o dismissing (in cui prevale l'assenza), fa sì che si formi con una schema di se' di scarso valore che influenzerà le nostre scelte future sia a livello lavorativo, ma soprattutto relazionale.
Ovviamente interverranno tanti altri fattori...fattori ambientali, persone che medieranno con schemi relazionali differenti, fattori temperamentali etc...ma la regola di base è sostanzialmente questa.
Poste queste premesse vi chiederete cosa c'entra tutto questo con la resistenza al cambiamento?
Il problema degli schemi relazionali è che solitamente tendono ad influenzare quasi tutte le nostre relazioni, ad esempio, con una madre egocentrica e narcisista sarà più facile che troveremo familiarità in amicizie o rapporti in cui si riproducono dinamiche simili, perchè è il "nostro ruolo", lo conosciamo sappiamo come comportarci.
E' come indossare un vestito vecchio magari, ma comodo. Un'eccesso di attenzioni, d'altro canto, tenderà ad imbarazzarci, non ce ne sentiremo meritevoli ad esempio, oppure incarneremo il "carnefice" per una sorta di capovolgimento di ruoli.
Tornando al nostro discorso, qual è il problema?
Eh beh ad esempio cambieranno le nostre relazioni, se cambiamo schema.
Se iniziamo a sentirci degni di stima o amabili, il rapporto con il partner egocentrico potrebbe divenire conflittuale o interrompersi, dovremmo allontanare o rimodulare rapporti di lunga data, etc...
e questo potrebbe destabilizzare se la solitudine spaventa.
Qual è il lato positivo invece? Inizieremo a scegliere ed "attireremo" chi maggiormente si adatta al nuovo schema, persone più empatiche, che ci fanno sentire visti, che ci attribuiscono il valore che meritiamo etc...

Indirizzo

Via Principe Di Villafranca 29
Palermo
90141

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