21/05/2021
Stamattina ho fatto una cosa, in classe.
L'idea me l'ha data un libro che piace tanto a mia figlia: Banù l'unicorno.
(eh sì a mia figlia solo roba altamente culturale, che vi credete)
Comunque.
A un certo punto sono disegnate 6 situazioni metereologiche, sole, pioggia, nuvole con fulmini eccetera, e sopra la domanda: come ti senti oggi?
Lì il bambino deve dire come sta, ma indicando col dito qual è il suo disegno.
Fatto sta che da un po' quando mia figlia è triste non dice che è triste: dice: "mi sento nuvola".
Chiedo sempre a tutti "come stai?" prima di cominciare ogni lezione, ma quelli hanno tredici anni, a un certo punto è una lunga schiera di bene che non sono bene, di sì ok che non è per niente ok.
E infatti è lì che mi sono ricordato di Banù.
Oggi dovevo fare le figure retoriche e in particolare la metafora, powerpoint belli preparati, video, canzoni, tutto programmato.
Via il powerpoint, via tutto.
"Facciamo che io vi chiedo come state, ma invece che dirmelo con le parole, ditemelo con una immagine. Non importa che si capisca, e non serve neanche che la spieghiate. Del resto è questo il bello di una metafora"
Gli ho lasciato un paio di minuti per pensarci, ma dopo trenta secondi quasi tutti avevano già le risposte. E sì, ok, poi come sempre c'è quello che la manda un po' in v***a, "Mi sento una donna incinta" e altri tentativi di buttare la palla in tribuna, ma si sa che va così. E poi si vedeva che la battuta mascherava la voglia di dire qualcosa di diverso.
E infatti, gli altri.
Be', che vi devo dire: sono rimasto a bocca aperta, a un certo punto, ed erano talmente belle che ho iniziato a scrivermene alcune perché accidenti c'è più forza lì dentro in molti romanzi che leggo (e che scrivo, anche), "mi sento un filo spezzato", ha detto un ragazzo, "un libro strappato" una ragazza, "una spugna che non riesce ad assorbire acqua", "uno zaino con troppi libri dentro", "una lavagna piena di numeri matematici", più altre ancora che ma*****ia a me non mi sono scritto.
E poi quella: "Mi sento l'ultima foglia rimasta sul ramo", che mi ha letteralmente ucciso, così, alle ore 8 e 10 di mattina, in una classe come migliaia di altre.
Perché chissà in quanti si sentono così, solo che non riescono a dirlo. E chissà quante volte me l'ha già detto, e io non l'avevo mai sentito.
E meno male che oggi ho pensato a Banù.
Mi sa che lo rifarò sempre, questo gioco, da oggi.