Psicologa psicoterapeuta Sandra Salerno

Psicologa psicoterapeuta Sandra Salerno Psicoterapia cognitivo comportamentale. Colloqui individuali per : Disturbi d'ansia, disturbi dell'umore. Disturbi del comportamento alimentare.

DSA (training collettivo)

25/10/2021

Ottobre il mese del benessere psicologico.
Chi ritiene di voler esplorare questa opportunità per sé, rispetto ad un suo problema, un tarlo, una sua ansia, calo del tono dell'umore o disagio di ogni sorta, difficoltà al lavoro, insicurezza, rapporto con il proprio partner, a scuola, all'università, con un proprio famigliare, difficoltà nella gestione dei propri figli, difficoltà ad avere un figlio ( questi sono tanti dei vari motivi per cui una persona mi può contattare)
Mi può contattare per il primo colloquio gratuito, in cui si può conoscere il metodo di lavoro e valutare se idoneo al proprio problema.o meno.
A disposizione con whatsapp e messenger.

08/02/2021

Rassegnazione ed accettazione.

A volte la vita ci mette di fronte a situazioni, eventi e condizioni che non si possono cambiare (irreversibili) oppure cambiamenti temporanei (a tempo determinato) ma che comunque possono creare dei disagi e in cui l’individuo avrebbe la tendenza ad esperirli come difficili da accettare.
La rassegnazione e l’accettazione sono alcuni atteggiamenti che si possono mettere in atto di fronte ai cambiamenti e alle situazioni che la vita ci pone (perdita di un familiare, malattia, perdita del lavoro, interruzione di una relazione, situazione di emergenza sanitaria attuale, cambiamento di stile di vita, ecc.).
Per quanto piccoli o grandi cambiamenti, la nostra vita è sempre in evoluzione ed anche il cambiamento è costante, a volte è un passaggio naturale, spontaneo ed inconsapevole, altre volte richiede “energie” da parte dell’individuo per adattarvisi.

Se di fronte ad un cambiamento mettiamo in atto (anche se non è proprio corretto come termine) un atteggiamento di RASSEGNAZIONE, subiamo quasi passivamente la situazione, con la tendenza a soffrire, perché vorremmo che la situazione fosse diversa da quella che è. Rimaniamo intrappolati nella situazione e ci sentiamo vittime delle circostanze e ci poniamo di fronte agli eventi con i pensieri del tipo: “ Non posso farci niente”. Di fronte alla situazione abbiamo l’illusione di adattarci, ma in realtà ci paralizziamo perché pensiamo di non avere delle alternative.

L’accettazione è un atteggiamento di riconoscimento di una situazione ineluttabile, in primis e di cercare altre strade, alternative, che ci portino al benessere. Non ci blocchiamo di fronte ad una situazione perché non pensiamo “Sarà per sempre così”.
L’accettazione è anche rispetto (inteso nel trattare bene, senza offesa) verso gli altri, verso se stessi. Accettiamo senza quel desiderio di cambiare a tutti i costi le persone che ci circondano o noi stessi.
Accettazione significa dare significato alle proprie esperienze di vita, prenderle per così come sono (prendere contatto con la realtà) e ripartire da queste per ritrovare il proprio benessere.
Per attivare qualsiasi cambiamento dobbiamo partire da dove siamo. Che non significa rimanere per sempre nello stesso punto. Significa ripartire da lì per recuperare le proprie energie, per toglierle dalla lotta inutile e spostarle verso qualcosa di costruttivo e vitale. Qualcosa di dinamico.

Ogni miglioramento, cambiamento parte da ciò che si è realmente!

18/10/2020

La Memoria-autobiografica

In psicologia la si può definire come un magazzino dove ogni essere umano può conservare le tracce della propria esistenza.
La memoria può essere definita breve termine (un magazzino che detiene la traccia pochissimi secondi) o a lungo termine (archivio a capacità quasi illimitata dove sono conservate le tracce della propria esistenza) e questa può essere episodica, semantica, procedurale, autobiografica.
La memoria autobiografica è la memoria relativa ai nostri ricordi di vita.
Tutti noi, pensando alla nostra vita, mettiamo in relazione gli eventi che la caratterizzano con i nostri pensieri e le nostre emozioni. L’essenza della memoria non sta nell’immagazzinamento dei dati ma nelle emozioni che essa conserva, nel significato che attribuiamo ai nostri ricordi, alle relazione che grazie ai nostri ricordi rimangono vive (nel ricordo si vive, ma nella dimenticanza si muore. Quando viene a mancare al nostro affetto una persona cara e lo ricordiamo d’improvviso è di nuovo presente).
La nostra esistenza caratterizzata da tanti eventi, da evoluzioni cambiamenti in un mondo in cui il ritmo del cambiamento è così veloce che a volte si perde il contatto con le persone che hanno fatto parte della proprio vita, i luoghi, gli edifici, gli oggetti, i paesaggi, i profumi, a volte si perde il contatto anche con se stessi, con la continuità della propria storia. In psicoterapia, parte integrante del percorso, è al raccolta della storia di vita. I ricordi che affiorano sono spesso parziali e portano con sé emozioni dimenticate, rancori e ferite che non si vogliono più raccontare. A volte la propria storia può appesantire, avvelenare, quindi “si perde per strada” qualche pezzo. Raccontare la propria storia in modo ordinato, coerente, aiuta a diventare coscienti della propria storia e a fare pace con essa. Ci aiuta a capire chi siamo, cosa abbiamo superato, i successi e gli insuccessi, le persone che abbiamo incontrato e i luoghi che abbiamo esplorato. La nostra storia è un bagaglio che ci portiamo dietro nel viaggio avventuroso della nostra vita.
In psicoterapia la raccolta della storia di vita è uno strumento fondamentale che utilizzo e che aiuta a “mettere ordine” ai propri ricordi ed alla propria storia e a renderli più lineari e rielaborati.

L’immagine corporeaL’immagine corporea è una sorta di fotografia dell’immagine che abbiamo nella nostra mente del nostro...
22/09/2020

L’immagine corporea

L’immagine corporea è una sorta di fotografia dell’immagine che abbiamo nella nostra mente del nostro corpo. Essa non è detto corrisponda alla realtà. E’ il corpo come noi lo percepiamo, in base alle sensazioni che ci trasmette e alle emozioni che ci comunica.
Gli elementi che caratterizzano l’immagine corporea sono:
- il corpo ideale;
- il corpo percepito (che non sempre corrisponde al corpo reale);
-l’oggettiva forma del corpo;
- l’immagine corporea socialmente accettata che dipende dal contesto socioculturale (in particolare l’ideale occidentale di bellezza ruota intorno all’idealizzazione della magrezza e alla denigrazione dell’obesità a differenza di altre culture).
L’immagine corporea inizia a formarsi intorno ai 2 anni circa (mediamente un bambino si riconosce allo specchio intorno ai 18 mesi, prova della macchia sul volto che il bambino prova a toccare) e fino a 11 anni circa si articola sempre più ed è utilizzata come mezzo di comunicazione sociale.
Nell’adolescente l’immagine di sé fisica si sovrappone all’identità personale, quindi influisce sull’autopercezione complessiva dell’individuo. L’adolescenza è un’epoca di cambiamenti fisici che
sono vissuti positivamente dai ragazzi in quanto l’aumento di massa muscolare li fa sentire più forti
e virili, meno serenamente dalle ragazze in quanto il fisiologico aumento di massa grassa può rappresentare elemento di contrasto rispetto all’ideale di corpo perfetto. Le ragazze sembrano essere più suscettibili, rispetto ai coetanei maschi, al giudizio delle altre persone relativo al loro corpo. Quindi le ragazze presentano un maggior rischio di sviluppare un’immagine corporea negativa con conseguente attuazione di comportamenti alimentari abnormi finalizzati al raggiungimento della forma fisica da esse idealizzato. L’immagine corporea può essere distorta. Se tale distorsione rappresenta un disturbo
a sé stante si parla di disturbo da dismorfismo corporeo, se invece fa parte del quadro clinico di disturbi del comportamento alimentare.
Il disturbo dell’immagine corporea è definibile come una marcata discrepanza tra apparenza attuale e ideale. Il dismorfismo corporeo è stato descritto come un sentimento soggettivo di bruttezza o il timore di un difetto fisico che la persona considera evidente agli occhi degli altri. Si caratterizza per la convinzione di non essere attraenti, piacevoli, focalizzano la propria attenzione su presunti difetti fisici, per esempio naso, oppure peluria, o sedere, cosce, in maniera pervasiva.
La lamentela del difetto fisico viene fatta dal soggetto in relazione agli altri (eccessiva preoccupazione che gli altri focalizzino l’attenzione proprio sul presunto difetto) ma non è basata sull’opinione degli altri. I soggetti riconoscono che le loro preoccupazioni sono eccessive, ma non riescono a fare a meno di pensarci.
Quando invece la preoccupazione di non essere piacevole, di provare disgusto rispetto a tutto il corpo è quindi globale, non si focalizza verso una parte del copro in particolare, allora il disturbo dell0immagine corporea è connessa ai disturbi tipo anoressia, bulimia e binge eating desorder, ovvero disturbo da abbuffate.
Il percorso psicoterapeutico interviene nel comprendere in quale sfera di disordine si trova l’individuo e quindi come interve**re. Partendo in primis focalizzando l’attenzione sull’immagine corporea e le emozioni ad esse connesse e ai comportamenti messi in atto (continuo guardarsi allo specchio, camuffamento con vestiti, evitamento di alcuni eventi, per esempio esporsi in costume da bagno).

Scelta di intraprendere un percorsoDiversi sono gli interrogativi  rispetto all’intraprendere, o meno, un percorso di be...
14/09/2020

Scelta di intraprendere un percorso

Diversi sono gli interrogativi rispetto all’intraprendere, o meno, un percorso di benessere e di salute che contempli il coinvolgimenti di un libero professionista, quindi privato. In questa situazione mi sono immedesimata (empatia) e mi sono posta anche io delle domande.
Il primo quesito che mi sono posta riguardava la necessità di intraprendere o meno il percorso. Mi poteva servire realmente? Poteva essere utile davvero al mio benessere?
A questo quesito ho risposto utilizzando uno strumento, che in psicologia definiamo bilancia decisionale, ovvero quando ci si trova davanti a qualsiasi dubbio di qualsiasi natura, per esempio intraprende un nuovo percorso o lasciare uno vecchio, quindi cambiare, mettiamo al centro la condizione e valutiamo da una parte i pro e i contro, vantaggi o svantaggi, ma sia del nuovo percorso che di quello invece siamo scettici a cambiare per fare una sorta di raffronto e valutare se il cambiamento ne vale la pena o meno.

Alla fine della mia valutazione ho optato che intraprendere un percorso di cura poteva essere la soluzione più funzionale al mio benessere.

Quesito successivo : è il momento giusto?
Sì, se solo ho pensato di intraprendere un percorso che ho valutato essere funzionale al mio benessere, sì è questo il momento giusto, rimandare, significherebbe comunque non risolvere, ma solo procrastinare e chissà forse amplificare il problema.

Terzo quesito: aspetto economico, sono in grado di sostenere la spesa? Sembra una domanda plausibile, ma dire forse è inutile spendere dei soldi per questo? No, ci sono dei professionisti che appositamente formati fungono da sostegno quando intraprendiamo un percorso volto al benessere e dire che siano soldi spesi male per questo tipo di investimento non è una risposta oggettiva o corretta, ma un altro modo per procrastinare.

Ultimo quesito: chi scelgo? Sul web abbiamo vasta scelta del professionista di cui abbiamo bisogno in diversi ambiti della nostra vita. L’importante in questa scelta, che può essere influenzata da vari fattori, aspetto economico, orientamento professionale, vicinanza geografica, comodità di parcheggio e accessibilità, fiducia e quindi conoscenza, anche indiretta del professionista, simpatia, empatia che può manifestare, gentilezza, umanità, ecc, l’importante è che sia quello giusto ad aiutarci a risolvere il nostro problema!

Riprendendo un articolo che avevo scritto sulla DaD, ecco  un testo che può essere utile per ripensare ad innovazione e ...
05/09/2020

Riprendendo un articolo che avevo scritto sulla DaD, ecco un testo che può essere utile per ripensare ad innovazione e cambiamento e non lasciare che il periodo precedente sia stato vano.

Il volume, nato dall'esperienza di didattica a distanza nelle scuole italiane durante il periodo di chiusura determinat... Scopri di più

30/06/2020

DOPO SCUOLA PARACADUTE

Dall’anno scolastico 2013-2014 mi occupo, presso l’Istituto comprensivo di Borgo Val di Taro, del doposcuola "PARACADUTE" rivolto soprattutto ad alunni DSA, ma anche BES o chi ha avuto bisogno e sostegno nello studio.
L’idea nasce da esperienze simili, svolte in città come Parma e anche altre città dell’Emilia, per esempio Bologna, dove ho svolto una formazione,“formacampus”, per acquisire le competenze idonee (oltre ad un anno di tirocinio presso il doposcuola tenuto a Parma) per proporre il doposcuola specialistico per DSA.
Il progetto prevede due incontri settimanali, di due ore circa ed è tenuto presso l’aula informatica dell’istituto. E’ rivolto ad un gruppo di 6 alunni al massimo, in quanto è prevista la presenza di un tutor ogni 3 persone e svolgo il progetto con una collega pedagogista, nonché insegnate e dirigente scolastico in pensione. Gli alunni a cui è rivolto frequentano la primaria oppure la secondaria di primo e secondo grado.
L’obiettivo, anzi gli obiettivi, del doposcuola sono diversi. In primis fornire una rete tra alunni, famiglia, docenti e neuropsichiatria per affrontare le varie difficoltà che un alunno può incontrare durante il proprio percorso scolastico. Negli anni infatti a tal proposito è stato proprio costruita una rete di conoscenza tra le varie figure che si occupano dell’alunno. Il progetto è noto anche agli altri istituti comprensivi e di istruzione di grado secondario delle circondario di Borgo Val di Taro, Bedonia, Bardi e Albareto. Sempre in questa direzione sono importanti i vari incontri che vengono tenuti con i docenti riguardo le singole situazioni degli alunni, per ribadire quelle che sono le linee indicate dalla legge 170 del 2010 in base anche allo specifico caso.
Altro importante obiettivo è quello di promuovere l’autonomia nello studio. Di fatto vengono svolti i compiti assegnati in classe, però si valuta in base alle difficoltà evidenziate quale sia un metodo di studio appropriato, si parte proprio dalla organizzazione allo studio e di utilizzazione dei mezzi informatici e di programmi specifici (messi a disposizione dalla scuola) che rientrano in quelle che sono le misure compensative. L’autonomia diviene più facile in quanto il tutto è strutturato in gruppo, quindi c’è un tutor ogni 3 ragazzi e una volta date le indicazioni ad un alunno di come procedere, si monitora e si verifica il compito svolto, nel frattempo si segue un altro alunno.
Anche se inizialmente non era un obbiettivo che si siamo poste consapevolmente da raggiungere abbiamo notato, insieme alla mia collega, che studiare in gruppo migliora la propria autostima. Sì, il fatto di ritrovarsi nella stessa situazione, di confrontarsi e di anche imitare i comportamenti vantaggiosi degli altri, per esempio fare mappe concettuali o utilizzare schemi, cui magari si era restii a mettere in atto è stato in alcuni alunni come fattore di cambiamento rispetto alla propria valutazione.
Inoltre avere qualche minuto di scambio prima di arrivare al doposcuola o al termine ha permesso di instaurare delle relazioni, che per quanto riguarda alcuni ragazzi si sono rivelate significative.
In attesa delle nuove linee guide, post emergenza covid, il progetto, in accordo con il dirigente scolastico, verrà riproposto per l’anno scolastico 2020-2021. Ora più che mai, dopo questa interruzione forzata della scuola vissuta tra i banchi c’è bisogno di dare continuità del sostegno ai ragazzi che per 6 mesi hanno vista interrotta la loro quotidianità.

11/06/2020

DSA-risvolti psicologici
Un bambino DSA, con o in attesa di una diagnosi, può sentirsi nel contesto scolastico o anche a casa, quando si appresta a svolgere i compiti, inadeguato, vivere emozioni di ansia o avere una bassa autostima o essere scarsamente motivato allo studio o tendere ad abbandonare il percorso scolastico.
Leggere (o imparare a memoria le tabelline) non diventa un automatismo, come per la maggior parte dei bambini, richiede per loro uno sforzo di attenzione e di energie non indifferente, dove l’attenzione può essere posta o alla comprensione o alla produzione. Questo a prescindere dal tempo passato sui libri. Da qui ne deriva un senso di frustrazione e se ciò non viene compreso dal contesto che ruota intorno ai bambini, insegnanti, genitori e compagni di classe, la situazione può solo che peggiorare.
I bambini DSA se giungono alla diagnosi in ritardo e non in tempi utili, tendono ad essere visti e quindi etichettati dagli insegnanti come pigri, svogliati, perché essendo per il resto nella norma (qui ci sarebbe da aprire una vasta parentesi, ma non è il contesto, è mia intenzione riferirmi alle facoltà intellettive), trova poca giustificazione il fatto che possa presentare difficoltà nella lettura o nella scrittura o nei calcoli. Le etichette non aiutano, perché relegano la persona che le porta in una determinata condizione in cui poi sembra anche inutile (e qui parte la demotivazione) fare ulteriori sforzi, oltre che questi sforzi, comunque non portano agli obiettivi sperati, ovvero per esempio leggere bene.
Avere una diagnosi, anche precoce, non è detto che aiuti in tal senso, anche qui si può correre, da parte di chi si occupa a vario titolo dell’ istruzione del bambino (docenti, genitori e compagni) il rischio di etichettare il bambino come DieSseA, in quanto persona con dei limiti (ci si focalizza su ciò che non riesce a fare e non su ciò che sa fare) e che comunque usi strumenti Compensativi (mappe, schemi, calcolatrice, PC per scrivere, dizionario digitale) o venga dispensato (dalla lettura a voce alta, ripetere a memoria le tabelline, tempi più lunghi per le verifiche, ecc) e che quindi sia un privilegiato. Tutti questi atteggiamenti, magari da parte di compagni che non comprendono bene cosa significhi tale intralcio all’apprendimento o di insegnanti, anche bonariamente e per questioni organizzative, ribadiscono una sorta di divisione degli alunni DSA da quelli non, andando ad acuire una disomogeneità degli alunni e sentimenti di autosvalutazione per chi si trova in un qualche modo in una situazione di svantaggio e quindi va ad alimentare una bassa autostima.
L’atteggiamento dei docenti, dei compagni e dei genitori ha un peso sull’esito dei fattori psicologici, oltre che avere talenti, qualità ed abilità che compensano e la gravità del disturbo.
Ricordo che la legge 170/2010, quindi di 10 anni fa ha introdotto sistemi compensativi e dispensativi per questi alunni, quindi non sono alunni privilegiati o facilitati nel percorso, ma solo tutelati da una legge a ricevere un “trattamento” che l’aiuti ad apprendere e quindi avere pari opportunità degli altri.
Uso una metafora se l’obiettivo è giungere alla cima della montagna, ognuno usa il percorso che più idoneo ed in una classe, sempre più eterogenea ognuno prende percorsi diversi per giungere alla stessa meta.
Diversità sì, siamo tutti diversi (anche i fratelli gemelli omozigoti, che condividono lo stesso patrimonio genetico) ma no disomogeneità, anzi promuoviamo, utopistico e molto complesso, l’omogeneità delle pari opportunità ad apprendere! Sarebbe auspicabile, questo ovviamente non va ascritto solo all’atteggiamento dei docenti, ma è un discorso più ampio che coinvolge vari livelli, in un ripensamento dell' organizzazione della scuola (ad esempio numerosità delle classi e maggiore personale) che oggi più che mai diventa attuale!

02/06/2020

DSA- seconda parte
Un bambino che intraprende il percorso diagnostico per DSA e risulta avere questo disturbo può presentare difficoltà in una o più aree relative al calcolo, alla lettura o alla scrittura, ma vediamo in che modo.
DISCALCULIA: difficoltà nei calcoli, nell’elaborazione delle informazioni relative ai numeri, difficoltà a memorizzare fatti numerici o ad avere un calcolo fluente o ragionamento matematico corretto.
Il bambino può presentare difficoltà ad effettuare un conto alla rovescia, ad imparare a memoria le tabelline, scarsa capacità di effettuare stime e difficoltà nel ricordare i numeri, lentezza nei calcoli ed alla fine evitare le attività legate alla matematica che sono percepite come particolarmente difficili e quindi talvolta essere ostili nello svolgimento di compiti aritmetici.
DISLESSIA: difficoltà nella lettura o nella produzione, che risulta lenta o nella comprensione, perché il bambino presenta una difficoltà nell’associazione grafema-fonema. Spiego meglio questo concetto: il grafema sono i segni che si usano convenzionalmente per rappresentare le lettere, sono le lettere in pratica che formano le varie parole (A,B,C, ecc) i fonemi, sono i suoni che noi attribuiamo alle lettere. Si ritiene che nei bambini dislessici la corrispondenza del Grafema A per esempio non corrisponda sempre alla pronuncia della lettera A, quindi la parola “CASA” potrebbe diventare “ COSA” oppure “CESA” e quindi il significato di ciò che andiamo a leggere alterato, oppure si ha una lentezza nella lettura, in quanto vi è un dispendio di energie e attenzione per leggere in maniera corretta.
Una nota: il termine dislessia, comunemente viene usato quando ci vogliamo riferire a disturbi del linguaggio o in generale a chi presenta un disturbo dell’apprendimento, dove la lettura non è compromessa, clinicamente si utilizza solo riferendoci all’ambito della lettura, che può essere o lenta nella produzione o alterata nella comprensione. Per tale motivo i bambini dislessici prediligono la lettura d orecchio, dove la comprensione è adeguata per età e scolarizzazione.
DISGRAFIA O DISORTOGRAFIA: ovvero i disturbi relativi alla scrittura. Nel caso della disgrafia la scrittura risulta, soprattutto nel corsivo, incomprensibile anche a chi scrive, con lettere con grandezza variabile, non riesco a stare sopra il rigo, quindi la scrittura appare disordinata, possono essere lenti nello scrivere e quindi non seguire un dettato, oppure non riescono sempre a tradurre in scrittura i loro pensieri, che altrimenti andrebbero persi. I bambini presentano una scrittura in cui non sono mantenute le spaziature tra le lettere, oppure nel foglio non mantengono lo spazio, partendo da sinistra a destra. I bambini "disgrafici" prediligono scrivere in stampatello o utilizzare il computer e word, con il controllo dell’ortografia.
Per quanto riguarda la DISORTOGRAFIA; ci si riferisce agli errori commessi nello scrivere di tipo ortografico, accenti confuse con apostrofi, mancanza di punteggiatura, le doppie, il confondere la B con la P o la N con la M, sono errori comuni di ortografia. Anche qui sarebbe auspicabile l’utilizzo del PC per poter scrivere in maniera corretta, in quanto a volte è compromessa la memorizzazione di tutte le regole di grammatica (che a volte definisco di grammatica fine, dove è sotteso anche una sorta di ragionamento logico per l’acquisizione della stessa) oppure sempre per la teoria della corretta elaborazione Grafema- fonema.

25/05/2020

DISTURBO SPECIFICO DI APPRENDIMENTO

Oggi parlerò del DSA, e lo farò a modo mio, raccogliendo fonti ufficiali e la mia esperienza professionale, in un doposcuola per alunni con queste caratteristiche, presso l'IC di Borgo Val di Taro, in provincia di Parma.

Per disturbo si intende un intralcio, un impedimento, in questo caso, all'apprendimento, in specifiche aree, la scrittura, la lettura e il calcolo.
Ma io aggiungerei che questo intralcio è SPECIFICO dell'apprendimento scolastico, cioè non si manifesta in altri tipi di apprendimenti, per esempio andare in bicicletta, a cavallo, giocare a calcio, suonare uno strumento musicale, giocare a scacchi, disegnare, ecc.
Quindi è un "disturbo" che si evidenzia solo a scuola, dove il nostro percorso di apprendimento inizia appunto dallo sviluppo delle capacità di lettura, scrittura e calcolo, per poi ampliarsi in altre discipline op materie, storia, geografia, scienze, tecnologia, musica, arte, ecc.
Sin da subito le linee guida, grazie alla legge 170 del 2010, indicano alle insegnanti già alla prima classe della primaria e successivamente durante la classe seconda, di somministrare, un test di screening che evidenzia eventuali intralci di lettura o scrittura. Ricordo che non rappresentano una diagnosi, ma il porre un'attenzione in maniera precoce ad eventuali disturbi, uniti anche alle osservazioni delle insegnanti.
La diagnosi vera propria la fa un neuropsichiatra o psicologo con test specifici entro e non prima della fine della seconda, momento in cui i bambini hanno acquisito le capacità di letto scrittura.
In questa sede il bambino, in vari incontri, è sottoposto ad alcune prove: prima fra tutti un test del quoziente intellettivo. Il bambino che mostra difficoltà nella lettura o scrittura o nel calcolo, o più aree, deve comunque avere una intelligenza nella norma, se no tali difficoltà derivano da altro. Da qui parte il suo iter con programmazione didattica specifica, ecc ecc.
Nei prossimi post, parlerò delle difficoltà in ciascuna delle tre aree, di altri aspetti psicologici connessi, del rapporto con insegnanti, genitori e pari e concluderò parlando del mio progetto.

https://www.skuola.net/scuola/quando-finiranno-videolezioni.html
23/05/2020

https://www.skuola.net/scuola/quando-finiranno-videolezioni.html

Quando finiranno le videolezioni per quest’anno scolastico e cosa si devono aspettare gli studenti per quello a ve**re? Per il momento i calendari scolastici regionali ci dicono quando sarà l'ultimo giorno di scuola e, quindi, di didattica a distanza.

Indirizzo

Via Ludovico Antonio Muratori, 6
Parma
43123

Orario di apertura

Lunedì 09:00 - 17:00
Martedì 09:00 - 17:00
Mercoledì 09:00 - 17:00
Giovedì 09:00 - 17:00
Venerdì 09:00 - 17:00
Sabato 09:00 - 17:00

Sito Web

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