D.ssa Silvia Caproni - Ostetricia e Ginecologia

D.ssa Silvia Caproni - Ostetricia e Ginecologia Sono un Medico Chirurgo, specialista in Ostetricia e Ginecologia, vicina alle donne in tutti i momenti importanti. Esercito la professione dal 1995.

Silvia riceve anche nello Studio medico di San Nicolo' di Celle il venerdì (per appuntamenti 075/9750067)
oppure alla Clinica Liotti il martedì (per appuntamenti 075/5721647)
Per informazioni e richiesta di appuntamenti vai sul sito
Silviacaproni.it Mi dedico da sempre all'Universo Donna", convinta che la sensibilità femminile sia sicuramente un mezzo più diretto per "capirci tra di noi". Attività: Consulenze ostetriche e ginecologiche. Esami: Amniocentesi, biopsie, ecocolordoppler, ecografia ostetrica 4d, ecografia ostetrico-ginecologica, ecografia pelvica, ecografia transvaginale, pap test. Specializzazioni: Menopausa, ostetricia e ginecologia,trattamento Papilloma virus. Terapie e trattamenti: Cura della menopausa, terapia ormonale sostitutiva per menopausa. Contatti:
Dott.sa Silvia Caproni cell.338/3418303

LA CRUDA VERITA' LEGATA AL PROFITTO! IL caso di questa famiglia è solo la punta di un iceberg molto più grande.Circa 25m...
25/11/2025

LA CRUDA VERITA' LEGATA AL PROFITTO!

IL caso di questa famiglia è solo la punta di un iceberg molto più grande.

Circa 25mila bambini vengono sottratti, ogni anno in Italia, alle famiglie. Formalmente, la motivazione ufficiale per tutti è "per la loro tutela".

Ora, senza fare di tutta un'erba un fascio e generalizzare in modo superficiale;

Di questi 25mila, una parte è bene che vengano tolti alle famiglie e lo dico con cognizione di causa, sono una mamma adottiva di un bambino, ormai ragazzo, italiano. Conosco la storia e non poteva essere altrimenti. Mio figlio, e I suoi fratelli sono rinati e hanno avuto una possibilità di essere amati così come meritavano.

Un'altra parte di questi 25mila sono tolti ingiustamente. E perché?

Perché girano troppi soldi dietro gli affidi e le case-famiglia, strutture private spesso senza avere alcun requisito e senza nessun controllo vengono pagate moltissimo (11 anni fa quando adottai mio figlio 3000 euro a bambino al mese).

Chi le gestisce spesso è molto vicino ai giudici del tribunale dei minori chiamati a decidere.

Un business in cui sono coinvolti assistenti sociali, psicologi, strutture di accoglienza e magistratura.

Ecco perché spesso anche i bambini adottabili, come lo era mio figlio, restano in parcheggio anni e anni nelle case famiglie, abbandonati in strutture terribili dove nessuno più si interessa a loro.

I danni che subiscono sono enormi, indicibili.

Quello che feci, insieme alle altre famiglie affidatarie dei fratelli di mio figlio, fu denunciare quella casa famiglia a cui il Tribunale, da allora, non diede più bambini.

Ma quanti bambini, giustamente o ingiustamente, sono stati tolti alle famiglie e sono ancora abbandonati in strutture pronte ad accoglierli solo per una questione di soldi?

Tanto, loro non hanno voce anche se urlano, silenziosamente, disperazione, abbandono, depressione, infelicità!

Una volta usciti da quell'inferno, per ricostruire pezzo pezzo la loro vita è una missione d'amore, spesso solitaria, incredibile!

Tiziana Alterio
www.tizianaalterio.it

Puoi anche seguire il profilo Instagram per vedere altri contenuti.
25/11/2025

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"La sicurezza che lui mi prometteva si è trasformata in una gabbia dorata."Me lo ha raccontato Eva, l’infermiera del rep...
25/11/2025

"La sicurezza che lui mi prometteva si è trasformata in una gabbia dorata."

Me lo ha raccontato Eva, l’infermiera del reparto cardiologico dove stamattina sono andata a mettere l’Holter.
(Per inciso: mai avrei pensato che l’Holter potesse regalarmi una storia così.)

Vi ricordate Eva?
Quell’incontro “casuale” che casuale non era manco per sbaglio.

Cinque minuti per mostrarmi la strada verso il suo reparto e, nel frattempo, il trailer completo della sua vita matrimoniale fallita con un narcisista doc.

Abito da sposa che si incastra nella porta della chiesa.
Anello che non entra nel dito.

Papà che un mese prima le dice: “Eva, non farlo.”

E lei: “Tranquilli, ce la faccio da sola a rovinarmi la vita.”

Insomma, sì. Lei.

Eravamo d’accordo di rivederci oggi per un caffè dopo la mia visita.
E lì, Eva è partita
un fiume in piena senza fermarsi un attimo,
io cercavo di respirare, lei raccontava.

L’unica domanda che sono riuscita a infilare è stata:

«Ma cosa ti ha attirata ad un soggetto del genere?»

Risposta:

“Mi dava sicurezza. Non era uno campato per aria.
Era benestante… voleva che andassimo subito a vivere insieme sopra la casa dei suoi genitori.”
(Nota mia: questa già era un’anteprima dell’incubo, ma vabbè.)

“Mi propose subito matrimonio, figli…
Però quel sorriso un po’ diabolico che usciva ogni volta che dicevo qualcosa di diverso da lui.

Una roba tipo Joker, ma versione low cost.”

"Per il resto, sembrava perfetto:
gentile, generoso, educato…
la partita ideale".

E io ci sono cascata.

Come tutte noi la prima volta che incontriamo un narcisista travestito da benefattore.

Poi, qualche mese dopo il matrimonio, puff:

maschera giù.

Game over.

E lei era incinta.

Timing perfetto, ovviamente.

È rimasta altri vent’anni.
Venti.
In mezzo ci sono stati due tentativi di suicidio.

E ora?
Ora la guardi e dici:
“Ma questa chi è? La cugina solare, indipendente, rinata di Eva?”

No, è lei.
💪Solo senza catene.

Mi ha raccontato che viene da una famiglia molto modesta:
papà che si giocava i soldi, cene a polenta e olio, e fine mese che arrivava con il fiatone.

Eva sognava l’università, era bravissima in tutte le materie
ma non poteva permetterselo.

Ha scelto infermieristica per lavorare subito.

E a vent’anni incontra il principe azzurro benestante,
che però era più un lupo mannaro elegante.

🎯Lei cercava ciò che da bambina non aveva mai avuto:
sicurezza, attenzione, stabilità.

🎯Ed ecco che nasce la gabbia dorata.

All’inizio luccica, ti fa sentire speciale, poi ti toglie l’aria come un reggiseno due taglie in meno.

Eva ne è uscita.

💃Con la sua forza, la sua testardaggine santa,
e soprattutto quello spirito libero che nessuno è mai riuscito a domare.

Ha incontrato le persone giuste.
Ha letto i libri giusti.
Ha lavorato profondamente su di sé.

Oggi?

Una meraviglia.
Viaggia da sola (ultimo giro: Parigi).
Va in montagna da sola.
Fa quello che vuole, quando vuole.
Ha tre gatti suoi e ne mantiene altri quattro.( soprannominata streghetta nel suo quartiere)

I figli sono grandi e non vogliono più vedere il padre.

E lei, con un sorriso:
“Preparo il pranzo per loro della domenica quando mi va.

Altrimenti faccio i cavoli miei, che ho da recuperare vent’anni, eh.”😉🙃

Abbiamo finito così la nostra chiacchierata nel bar pieno di gente dell’ospedale.

Domani torno a togliermi l’apparecchio e lei mi saluta con un sorriso da ragazzina dicendo:

“Domani ti racconto un’altra cosa importante. Ora mi è sfuggita.”🤭🙈

Io sono rimasta seduta un attimo,
grata per aver incontrato una donna che, nonostante tutto,
si è ripresa la vita che meritava da sempre.🤗❤

🧸 C’è una domanda che oggi attraversa l’Italia come un vento freddo:si può essere “troppo felici” nel modo sbagliato?La ...
21/11/2025

🧸 C’è una domanda che oggi attraversa l’Italia come un vento freddo:
si può essere “troppo felici” nel modo sbagliato?

La storia arriva da Palmoli, un piccolo paese abbracciato dai boschi, dove il silenzio è più forte del traffico e la natura ti parla più di qualsiasi televisione accesa.
Lì viveva una famiglia “diversa”, come molti l’hanno definita. Diversa perché aveva scelto un’altra strada, quella che quasi nessuno percorre più: crescere i figli lontano dalle città, dai neon, dai rumori, dalle connessioni che ci tengono legati a tutto… tranne che a noi stessi.

Una bambina di otto anni.
Due gemelli di sei.
Una casa semplice, senza elettricità, senza acqua corrente, senza gas.
Una vita fatta di terra, alberi, piccoli gesti, e forse una felicità che non somigliava a quella che conosciamo noi.

E poi quel giorno.
Il giorno in cui la quiete si è spezzata.

Cinque pattuglie, assistenti sociali, voci basse e sguardi pesanti.
Il provvedimento del Tribunale dei Minorenni dell’Aquila:
i bambini vanno portati via. Subito.
Affidati a una comunità educativa, per un periodo di osservazione.

La potestà genitoriale sospesa.
Un tutore nominato.
Una madre che, grazie a una mediazione, può almeno restare accanto ai suoi figli, ma non può più chiamarli “suoi” nello stesso modo.

E in mezzo a tutto questo caos, c’è una foto.
Una foto che oggi pesa più di mille pagine di atti, più di qualsiasi sentenza.
Una foto dove i tre bambini sono abbracciati tra loro, felici, sorridenti, con quella luce negli occhi che solo l’infanzia sa regalare.
Una foto che racconta un amore semplice, istintivo, puro.
Una foto che fa male, perché contraddice tutto ciò che stiamo vedendo accadere.

E allora la domanda nasce spontanea, brucia nella gola:
quando una scelta di vita diventa un crimine?

C’è chi dice che vivere senza servizi essenziali significhi mettere i bambini in pericolo.
Che dopo l’intossicazione da funghi dello scorso anno fosse inevitabile intervenire.
Che non si gioca con la salute dei figli.

E poi c’è chi vede un’altra verità:
una famiglia che ha scelto un cammino puro, forse imperfetto, forse duro… ma sincero.
Una comunità di oltre 13 mila persone ha già firmato per difenderli, per dire che quella casa immersa nella natura non è una prigione, ma un sogno coraggioso.

Che crescere nei boschi non significa essere abbandonati:
significa essere parte del mondo nel modo più autentico.
E quella foto dei bambini abbracciati lo urla senza bisogno di parlare.

E mentre il paese discute, mentre i commenti volano, mentre i giudizi si moltiplicano…
ci sono tre bambini che vivono il cambiamento più grande della loro vita.
Tre piccoli che fino a ieri correvano tra gli alberi e oggi si ritrovano in una struttura estranea, guardando la madre come un porto, come l’unica cosa familiare rimasta.

Questa non è solo una storia di tribunali.
Non è solo una storia di scelte alternative.
È una ferita aperta nel cuore di una famiglia.
È il peso di un passato che diventa sentenza.
È la solitudine di chi si vede portar via il proprio mondo in un istante.

E allora, ancora una volta, la domanda si impone:
chi decide cosa significa “proteggere” davvero un bambino?
È protezione togliere?
È protezione spostare, separare, osservare?
È protezione quando lascia cicatrici invisibili?

Forse la società non ha paura della loro fragilità.
Forse ha paura della loro felicità così diversa dalla nostra.

E la storia oggi ci lascia con un eco che non smette di suonare:
erano davvero in pericolo… o erano semplicemente troppo liberi?

E tu, cosa ne pensi?

Leggo già movimenti prolife abbaiare contro una decisione cosi profondamente intima.Talmente delicata e privata che una ...
18/11/2025

Leggo già movimenti prolife abbaiare contro una decisione cosi profondamente intima.
Talmente delicata e privata che una sola parola nel giudicare è una parola di troppo.

Erano malate? Non risulta.
E allora?
Semplicemente non avevano più voglia di vivere.
E in Germania il suicidio medicalmente assistito è permesso anche a chi non si trova in una condizione fisica terminale.

Hanno deciso di andarsene insieme.

Hanno deciso che una senza l'altra non ne valeva più la pena.

Hanno deciso di farsi seppellire con la loro mamma e il loro cane.

Hanno deciso di donare tutto ad associazioni umanitarie come medici senza frontiere, perché, parole loro "nel mondo ci sono tante persone che hanno bisogno".

Chissà cosa si sono dette salutandosi per l'ultima volta? Chissà se l'essere così simbiotiche le ha fatte sentire sollevate di uscire di scena nello stesso momento.

Fate silenzio voi che blatetare di "sacralità della vita". Ma chi siete per mettervi su una cattedra a sputare sentenze?

Perché in uno stato non governato da dei talebani della morale, l'unica cosa sacra dovrebbe essere considerata la libertà di decidere sulla propria esistenza.
Sempre.

Buon viaggio Alice. Buon viaggio Ellen.
Sipario.

Nel 1990, durante le riprese di Pretty Woman, Julia Roberts e Richard Gere stavano girando la celebre scena in cui Edwar...
18/11/2025

Nel 1990, durante le riprese di Pretty Woman, Julia Roberts e Richard Gere stavano girando la celebre scena in cui Edward regala a Vivian una collana di diamanti. Quello che pochi sanno è che la collana era vera — un prestito di una gioielleria di Beverly Hills, dal valore di oltre 250.000 dollari — e che il momento più iconico della scena nacque completamente per caso.
La sequenza doveva essere elegante, quasi solenne: Edward apre la scatola, Vivian guarda stupita, lui gliela porge. Tutto secondo copione. Ma Gere, d’accordo con il regista Garry Marshall, decise di fare uno scherzo. Quando Julia allungò la mano, lui chiuse di colpo la scatola. La reazione fu immediata: un’autentica risata, limpida e contagiosa. Marshall, senza esitare, gridò: “È perfetta! Tagliate!” Quella risata — spontanea, vera, irresistibile — divenne il simbolo di tutto il film.

C’è un altro dettaglio che quasi nessuno conosce: Julia era talmente nervosa durante le riprese che la troupe metteva musica rilassante tra una scena e l’altra per tranquillizzarla.
Nelle scene più intime, Marshall faceva suonare Van Morrison in sottofondo per creare un’atmosfera morbida. E nella scena del bagno, in cui Vivian canta Kiss di Prince, fu la stessa Julia a chiedere che la musica fosse riprodotta dal vivo, per poter ballare davvero al ritmo.

Anche il titolo del film nacque da un cambio dell’ultimo momento. In origine, si doveva chiamare 3000 — come i dollari che Edward offre a Vivian per la settimana insieme. Ma dopo aver visto la chimica tra i due protagonisti, lo studio decise di ribattezzarlo Pretty Woman, ispirandosi alla canzone di Roy Orbison. Quel brano non era previsto, ma piacque così tanto da diventare l’anima sonora del film.

Il risultato? Un successo planetario e una delle commedie romantiche più amate di sempre.
E quella risata improvvisa di Julia Roberts — nata da uno scherzo e catturata per caso — rimase per sempre come la firma più autentica di una storia che mescolava eleganza, ironia e un pizzico di magia.

Dal web 😉

Uno dei miei film preferiti con la mia attrice preferita, Julia Roberts, che adoro oggi come allora ❤️

“Un piccolo mondo che cresce, un legame che nasce.”❤️Nello studio di Ostetricia e Ginecologia della Dott.ssa Silvia Capr...
14/11/2025

“Un piccolo mondo che cresce, un legame che nasce.”❤️

Nello studio di Ostetricia e Ginecologia della Dott.ssa Silvia Caproni accompagniamo ogni mamma in un viaggio unico: vedere il proprio bambino in 3D non è solo un esame… è un’emozione che resta nel cuore.

✨ Osservare i suoi tratti, i suoi movimenti, il suo profilo ancora custodito nel grembo materno è un momento speciale che merita di essere vissuto con serenità e meraviglia.

Se desideri vivere anche tu questa esperienza unica, siamo qui per accoglierti con professionalità, delicatezza e attenzione.

Prenota il tuo incontro con la vita che sta germogliando. 💕

💁‍♀️D.ssa Silvia Caproni
☎️ 338/3418303
📍Via S.Caterina da Siena, 32 06132 San Sisto- Perugia
📧 silviacaproni@iol.it
🌐 silviacaproni.it




Non ho mai letto tanta verità come in questo testo:Non devi poter con tutto.Non devi essere una super mamma, una super m...
12/11/2025

Non ho mai letto tanta verità come in questo testo:

Non devi poter con tutto.
Non devi essere una super mamma, una super moglie, una super professionista, una super casalinga, una super donna.
Perché quando il tuo corpo chiederà riposo, quando la tua mente implorerà silenzio,
saranno in pochi a ricordare quante volte hai cercato di essere tutto, tutto insieme.

E allora, sì: lascia pure i piatti nel lavandino.
Lascia il bucato per domani.
Compra qualcosa di pronto per cena.

Esci.
Cammina. Respira.
Vai al parco, vai in palestra, vai a farti i capelli.
Mettiti quel vestito che ti piace anche se "non è l’occasione".
Dormici su. Ridici su.
Fermati.
Amati.

Perché i figli crescono.
Il marito può andarsene.
Il lavoro si cambia.
La casa si sporcherà di nuovo.
Ma il tuo equilibrio emotivo?
Quello, se lo perdi, non sempre ha una seconda possibilità.

Non devi dimostrare niente a nessuno.
Devi solo tornare a essere te stessa.
E farlo per l’unica persona che non puoi permetterti di perdere:
te.

Sorridi donnasorridi sempre alla vitaanche se lei non ti sorride.Sorridi agli amori finitisorridi ai tuoi dolorisorridi ...
11/11/2025

Sorridi donna
sorridi sempre alla vita
anche se lei non ti sorride.
Sorridi agli amori finiti
sorridi ai tuoi dolori
sorridi comunque.
Il tuo sorriso sarà
luce per il tuo cammino
faro per naviganti sperduti.
Il tuo sorriso sarà
un bacio di mamma,
un battito d’ali,
un raggio di sole per tutti.
Alda Merini

Sorridi donnasorridi sempre alla vitaanche se lei non ti sorride.Sorridi agli amori finitisorridi ai tuoi dolorisorridi ...
11/11/2025

Sorridi donna
sorridi sempre alla vita
anche se lei non ti sorride.
Sorridi agli amori finiti
sorridi ai tuoi dolori
sorridi comunque.
Il tuo sorriso sarà
luce per il tuo cammino
faro per naviganti sperduti.
Il tuo sorriso sarà
un bacio di mamma,
un battito d’ali,
un raggio di sole per tutti.

Alda Merini

Ti chiamavi Giuseppe. Giuseppe Vessicchio. Ma per tutti eri Peppe. E te ne sei andato oggi, all’improvviso, come una not...
09/11/2025

Ti chiamavi Giuseppe. Giuseppe Vessicchio. Ma per tutti eri Peppe. E te ne sei andato oggi, all’improvviso, come una nota che svanisce prima dell’accordo finale.

Dire che eri un direttore d’orchestra è come dire che il mare è bagnato. Tu eri il suono del Festival di Sanremo, la grammatica sentimentale della musica leggera italiana. Bastava un tuo cenno, un movimento del polso, e tutto diventava armonia: le voci, le luci, persino gli stonati parevano trovare un senso.

Avevi quella barba da profeta mite, la calma di chi sa che la bellezza non ha bisogno di urlare. Ti prendevano in giro per il tuo aplomb, ma in realtà eri l’ultimo vero signore di un mondo diventato volgare.

Hai accompagnato generazioni di canzoni e di artisti, ma soprattutto hai diretto l’unica orchestra che conta: quella della memoria collettiva. Perché in fondo, ogni volta che sentiamo partire un ritornello anni ’90, o una melodia che si aggiusta da sola in testa, ci sei tu, con lo sguardo severo e un sorriso appena accennato.

Addio, maestro gentile. La musica continua, ma senza di te suona un po’ più stonata.

Indirizzo

32, Via S. Cat. Da Siena
Perugia
06132

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