L'Atelier della Pedagogista di Lucia Vichi

L'Atelier della Pedagogista di Lucia Vichi "Gli alberi non crescono tirandoli per le foglie" Myrtha Hebe Chokler https://padlet.com/vichilucia/z65xgps8j16r5mie

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✨ LA SPIRITUALITÀ DEI BAMBINI ✨“Ai bambini deve essere insegnato come pensare, non cosa pensare.”Margaret MeadI bambini ...
30/11/2025

✨ LA SPIRITUALITÀ DEI BAMBINI ✨

“Ai bambini deve essere insegnato come pensare, non cosa pensare.”
Margaret Mead

I bambini e le bambine vivono in una dimensione spirituale naturale, quel “alto sentire” che noi adulti abbiamo spesso dimenticato.
Una dimensione fatta di presenza, simboli, intuizioni, meraviglia, connessioni e vibrazioni invisibili.
Una dimensione in cui non serve spiegare cosa pensare, ma soltanto accompagnare il loro come.

🌱 Loro sono già essenza. Sono già vicini al mistero, al divino, al profondo. Sono anime che pensano attraverso il corpo, che sentono prima ancora di pensare, che respirano autenticità.

Noi no.
Noi spesso siamo lontani. Ci allontaniamo ogni volta che viviamo in contraddizione con ciò che professiamo; ogni volta che smettiamo di ascoltarci, nel corpo, nei bisogni, nel respiro; ogni volta che tradiamo la nostra parte più bambina.

E allora forse, il vero compito educativo non è “insegnare” ai bambini, ma ricordare agli adulti: ricordare chi sono, cosa sentono, quale missione li abita.
Ricordare che non si può accompagnare il sentire di un/una bambino/a se abbiamo smesso di ascoltare il nostro.
Che non possiamo nutrire la loro spiritualità se abbiamo disertato la nostra.

🌿 I bambini non hanno bisogno che noi accendiamo la loro anima. Hanno bisogno che non la spegniamo.

Perché loro sono spiritualità.
Sono verità.
Sono sguardo autentico.
Sono respiro vivo.
Sono saggezza.

🌟 Educare al come pensare significa allora custodire la loro capacità di stupore. Significa lasciare spazio alla curiosità, alle domande che non hanno risposta. Significa proteggere la meraviglia, la lentezza, il loro modo di credere, immaginare, creare ponti invisibili con ciò che noi adulti non riusciamo più a vedere.
E, soprattutto, significa avere il coraggio di fare ritorno a noi stessi.

Perché solo un adulto che riconosce la propria anima “bambina” può davvero accompagnare quella di un bambino o di una bambina.
E solo così possiamo evitare di soffocare la loro spiritualità - viva, pura, unica.

🪷 I bambini curerebbero il mondo, se solo il mondo permettesse loro di restare ciò che già sono.

Atelier della Pedagogista

🌿 UOMINI SENSIBILI🌱 Ci sono uomini che sentono il mondo sulla pelle. Uomini che percepiscono sfumature, silenzi, vibrazi...
29/11/2025

🌿 UOMINI SENSIBILI

🌱 Ci sono uomini che sentono il mondo sulla pelle. Uomini che percepiscono sfumature, silenzi, vibrazioni. Uomini che si commuovono, che hanno paura, che desiderano abbracciare senza essere giudicati, che avrebbero voluto - da bambini - poter dire: “oggi mi sento fragile” ed essere autenticamente accarezzati, abbracciati, amati.

E nelle consulenze pedagogiche li incontro spesso.

Papà che sanno amare profondamente, ma che faticano a dirsi sensibili perché per tutta la vita è stato detto loro un messaggio sottile, ma potentissimo:
“Un uomo vero non trema.”
“Un maschio non piange.”
“Stringi i denti, sii forte.”
“Non fare la femminuccia.”
“Non mostrare debolezze.”

Messaggi che non urlano, ma scavano.
Messaggi che diventano armature, corazze, silenzi.
Messaggi che trasformano l’autenticità in vergogna e la sensibilità in qualcosa da nascondere.

🌱 E così molti uomini crescono con una paura antica: la paura di essere troppo, o troppo poco; la paura di sbagliare virilità; la paura di perdere amore, approvazione, appartenenza.
Soprattutto quando sono cresciuti con genitori emotivamente immaturi, più attenti alle apparenze che al mondo interno dei figli.

E quando un uomo sensibile diventa padre, questo conflitto interiore spesso riemerge.
Molti temono di essere visti come “meno uomini” perché amano accudire, prendersi cura del corpo e del cambio dei piccoli, cullare, preparare biberon e accompagnare i neonati nel momento del pasto, essere presenti, giorno e notte.
E alcuni arrivano persino a chiamarsi — o a essere chiamati — “mammo”, quasi che la cura, la tenerezza, l’empatia non potessero appartenere alla paternità.
Come se per prendersi cura fosse necessario “essere solo madre”, invece di riconoscere che la cura è umana, non di genere.

🍃 La paternità non ha bisogno di uomini di ferro e “Tuttodunpezzo”.
Ha bisogno di uomini veri. Di uomini che sappiano toccare e lasciarsi toccare. Che sappiano accogliere e accogliersi. Che sappiano dire “non lo so”, “mi fa paura”, “ho bisogno”, “mi dispiace”. Che scoprano che la sensibilità non toglie nulla: aggiunge. Che la virilità non si perde: si trasforma. Che la forza non è l’assenza di emozione: è la capacità di attraversarla.

🌿 E allora queste parole sono per voi, uomini sensibili.
Per voi che sentite tanto e lo dite piano. Anzi, spesso non lo dite.
Per voi che vi vergognate della vostra tenerezza, e intanto è proprio quella la vostra bellezza più grande.
Per voi che cercate di essere padri diversi, anche se nessuno vi ha insegnato come.
Per voi che non siete “mammi”: siete padri presenti, affettuosi, interi. Babbi.

E a me, a noi professionisti dell’educazione, ricordo che è fondamentale accogliere il padre che quel bambino porta con sé accompagnando quell’uomo a ritrovare la sua sensibilità: per un mondo più sicuro, vero, umano.
Perché non c’è nulla di più potente di un uomo che si concede di sentire se stesso.
Perché quando un uomo ritrova contatto con le proprie emozioni, il suo sistema nervoso si apre alla connessione: ed è lì che nasce la sicurezza dei suoi figli.

💚 E, forse, è proprio da qui che nasce la paternità più autentica.

Atelier della Pedagogista

🌿 IL LINGUAGGIO INVISIBILE “Il bambino non si sbaglia. Conosce il colore dei vostri pensieri.”F. LeboyerC’è una capacità...
28/11/2025

🌿 IL LINGUAGGIO INVISIBILE

“Il bambino non si sbaglia. Conosce il colore dei vostri pensieri.”
F. Leboyer

C’è una capacità straordinaria che abita l’infanzia: quella di leggere l’invisibile. Ciò che non diciamo, ciò che tratteniamo, ciò che il nostro corpo comunica ben prima delle parole.

I bambini e le bambine – soprattutto nei primi sei anni di vita – non ascoltano per capire: ascoltano con gli occhi per sopravvivere, sentono per orientarsi.
Il loro sistema nervoso, ancora immaturo e altamente sintonizzato sul mondo umano, registra frequenze sottili: vibrazioni, dettagli, sfumature, tensioni, variazioni del tono di voce, del respiro, del ritmo, della presenza, dell’assenza. Ed altamente sintonizzato su ciò che nell’ambiente vibra, cambia, comunica.
E da queste informazioni costruisce il proprio senso di sicurezza, fiducia, presenza. O, al contrario, di allerta e di minaccia.

🌱 Il corpo dell’adulto parla anche quando tace. E i bambini lo ascoltano con una finezza che noi adulti abbiamo spesso dimenticato.

Leggono:
🌿 la stanchezza nascosta dietro un sorriso veloce e “finto”;
🌿 l’irritazione infilata in un “va tutto bene”;
🌿 il cuore che, anche solo per un attimo, si chiude a scudo;
🌿 la fretta che corre nel ritmo delle mani e del tocco;
🌿 la tensione che attraversa il respiro;
🌿 la genuinità - o la disconnessione - di uno sguardo.

Perché il corpo non mente.
E loro lo sanno.

Non è magia: è neurocezione, è biologia della relazione, è quella danza sotterranea tra due sistemi nervosi che Stephen Porges descrive nella Teoria Polivagale.
È la competenza intuitiva dei cuccioli d’essere umano, che per crescere hanno bisogno di sentire se l’adulto davanti a loro è davvero disponibile, connesso, presente.

🌿 I bambini non si sbagliano: percepiscono l’essenza, non l’apparenza. Ed è una ricchezza immensa.

Perché ci ricordano che l’educazione passa prima di tutto dalle vibrazioni che emaniamo, molto prima delle spiegazioni che offriamo.
Ci invitano alla coerenza, alla presenza, alla lentezza.
E ci ricordano – con la loro sensibilità luminosa – che la nostra autenticità, equilibrata tra connessioni, rotture relazionali e riparazioni affettive, è il primo ponte verso la loro sicurezza.

Atelier della Pedagogista

🌿 QUANDO L’ANSIA ACCENDE IL CORPO(e perché determinati comportamenti non sono “capricci”)A volte l’ansia nei bambini e n...
27/11/2025

🌿 QUANDO L’ANSIA ACCENDE IL CORPO
(e perché determinati comportamenti non sono “capricci”)

A volte l’ansia nei bambini e nelle bambine non si legge come ansia. Non arriva con frasi come “ho paura”, “sono agitato”, “mi sento male dentro”.
Nei bambini 0–7 anni, soprattutto, l’ansia arriva travestita: nella rabbia, nell’opposizione, nelle difficoltà ad addormentarsi e riposare; nella chiusura e nello spegnimento (quella che spesso chiamiamo “demotivazione”); nel bisogno di controllo (che a volte etichettiamo come “maestrina”, “saputello”); negli sbalzi d’umore, nell’evitamento, nella fuga.

🌱 Perché accade?
Perché l’ansia non nasce nella testa: nasce nel corpo. È, prima di tutto, una forte attivazione del sistema nervoso simpatico, la parte del sistema autonomo che ci prepara a difenderci, correre, reagire, proteggerci.
Quando questa attivazione si accende:
💡 il cuore batte più forte
💡 il respiro diventa rapido
💡 i muscoli si tendono
💡 il corpo si “scalda”
💡 il cervello entra in modalità “protezione”

È un allarme interno: segnali di pericolo percepito (anche quando il pericolo reale non c’è). E un bambino piccolo non ha ancora le parole per raccontarlo. Allora lo mostra.

🔥 QUANDO IL SIMPATICO SI ATTIVA, LA CORTECCIA PREFRONTALE SI SPEGNE
Questo è il passaggio cruciale per comprendere ciò che osserviamo.
La corteccia prefrontale è la parte del cervello che si occupa di:
• autocontrollo
• gestione delle emozioni
• attesa
• problem solving
• flessibilità
• pensiero logico
• capacità di calmarsi e regolarsi in autonomia
Ma nei bambini tra 0 e 7 anni è una struttura ancora immatura: si spegne facilmente, si disconnette sotto stress, non è stabile. Quando il corpo va in allerta e il sistema simpatico prende il comando, la corteccia prefrontale… va offline.
E allora il bambino non può:
🚫 ragionare
🚫 “fare il bravo”
🚫 frenarsi prima di agire
🚫 spiegarsi
🚫 calmarsi da solo
🚫 dedicarsi al gioco
Non perché non vuole. Non perché è disobbediente.
Non perché è “capriccioso”.
Perché in quel momento, biologicamente, non può.

🌪 COSA VEDE L’ADULTO? Solo il comportamento.
Vede:
• crisi di rabbia
• pianti che sembrano senza motivo
• no ostinati
• paure e rifiuti
• difficoltà di concentrazione
• bisogno di controllo
• ripetitività di frasi, parole, domande
• fatica nel sonno

E rischia di interpretarli come:
❌ capriccio
❌ sfida
❌ mancanza di rispetto
❌ “volontà di provocare”
❌ opposizione
❌ vivacità
E invece, sotto quei comportamenti, sta accadendo una cosa molto semplice: il sistema nervoso sta chiedendo aiuto.

💚 COSA SERVE AD UN BAMBINO IN ANSIA?
Non “più regole”.
Non “più calma”.
Non “più ragionamento”.
Serve un adulto regolato nel suo corpo e nel suo respiro.
✨ Una voce lenta
✨ Un corpo calmo
✨ Gesti prevedibili
✨ Meno stimoli esterni
✨ Ritmo più lento
✨ Presenza sicura
✨ Uno sguardo di connessione
✨ Un contenimento chiaro ma gentile
Serve qualcuno che, mentre la bambina o il bambino perdono equilibrio, possa diventare terra stabile.
Questo è educare.
Questo è accompagnare.
Questo è essere base sicura: non spegnere l’emozione, ma accendere la relazione.

💛 Quando un bambino sembra perdere il controllo, è il suo sistema nervoso che parla. Tu puoi essere il suo terremoto… o la sua terra ferma.

Atelier della Pedagogista

🌿 CORPO, BISOGNI E ACCOMPAGNAMENTOIn questi giorni ho condiviso nel Gruppo Abbonati Atelier della Pedagogista due rifles...
27/11/2025

🌿 CORPO, BISOGNI E ACCOMPAGNAMENTO
In questi giorni ho condiviso nel Gruppo Abbonati Atelier della Pedagogista due riflessioni a cui tengo molto. Due post pedagogici che parlano di noi adulti e del nostro modo di stare accanto ai bambini e alle bambine.

👉 Il primo parte dal pensiero di Bernard Aucouturier: accompagnare un bambino significa imparare ad ascoltare se stessi, riconoscere i propri bisogni ed entrare con sincerità nella propria dimensione emotiva.
È un invito a una pedagogia che nasce da dentro, fatta di presenza, verità e consapevolezza.

👉 Il secondo è più pratico e quotidiano: parla del corpo come bussola, dei bisogni come mappa, del passaggio da “problema → correzione” a “bisogno → ascolto → cura”.
Una prospettiva che cambia il modo di leggere comportamenti, fatica, stanchezza e reazioni - nei bambini e in noi.

Sono due contenuti che offrono strumenti concreti e insieme profondità, per chi desidera educare in modo più consapevole.
Per chi sente che la relazione passa prima attraverso ciò che accade dentro di noi.

🌱 Se questo sguardo ti risuona, nel Gruppo Abbonati trovi i post completi… e un cerchio pedagogico che sta crescendo.
💚 https://www.facebook.com/atelierluciavichi/subscribe/

Atelier della Pedagogista

Preziose collaborazioni 🌱🪷Per una pedagogia consapevole.Per una Pedagogia Bianca.
26/11/2025

Preziose collaborazioni 🌱🪷
Per una pedagogia consapevole.
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Annarita Bavaro Psicoterapeuta Funzionale, EMDR e Milleriana

25/11/2025

IL TRAUMA DELLA VIOLENZA ASSISTITA: CONSEGUENZE SUI BAMBINI E SULLE MADRI.

La violenza assistita è una forma di maltrattamento psicologico che
comporta effetti a breve o lungo termine su più livelli, emotivo, cognitivo, fisico e relazionale.
Alcune delle conseguenze della violenza assistita sui bambini:

• Sindrome da stress post traumatico/Disturbo acuto da stress
• Sintomi depressivi
• Ritardi nello sviluppo
• Somatizzazioni
• Difficoltà scolastiche
• Disturbi dell’attaccamento (modalità insicura, soprattutto legata alla possibile
depressione materna, o disorganizzata)
• Ridotte capacità empatiche e di coping
• Bassa autostima e svalutazione di sè
• Adultizzazione precoce

🧒👶Cosa provano i bambini durante la violenza assistita?

- La cronicizzazione della vittimizzazione infantile fa credere che senza violenza non si viva: i bambini subiscono un trauma all’identità interiore.
- Esprimere bisogni, emozioni e pensieri è considerato pericoloso perché può scatenare violenza: l’acting prevale sulla parola e l'espressione.
- Si sviluppano continui pensieri su come prevenire gli atti violenti (dire bugie, compiacere il genitore maltrattante, adattarsi a varie situazioni).

⚠️☢️ La violenza assistita rappresenta un fattore di rischio
Nell’ immediato aumenta il rischio di essere vittima di altre forme di abuso, come quello sessuale, o di maltrattamento.

In futuro aumenta il rischio di sviluppare comportamenti violenti in età adulta e dibassumere la violenza come strumento relazionale soprattutto nei rapporti di coppia.

Come intervenire?
Importanza della protezione: un bambino che non mostra segni fisici e visibili della violenza non viene considerato vittima né da proteggere.
Fondamentale percepire i reali bisogni del minore e considerare gli strumenti e i mezzi per assumersi la responsabilità di garantire il suo benessere.
Aiutare i bambini a capire cosa succede loro internamente senza stigmatizzare l’adulto ma riconoscendone le responsabilità.
Le donne faticano a riconoscere gli effetti che le violenze da loro subite possono avere sui figli: spesso affermano che i bambini dormivano, non erano presenti o non hanno sentito o capito ciò che stava accadendo durante il maltrattamento, in un inutile tentativo di tenerli fuori dalle
violenze domestiche.

COMPETENZE GENITORIALI.
Si intende la capacità di rappresentare mentalmente sé stesse come madri e il BAMBINO come figlio ma anche la capacità di cura ed INTERAZIONE.
Nei casi di violenza domestica non si può prescindere da una valutazione del danno
inferto all’area della genitorialità.
Va inoltre considerata la trasmissione intergenerazionale della violenza e il suo IMPATTO sul processo di sviluppo dei bambini.

La violenza crea DANNI alle persone e alle relazioni familiari, indebolendo fortemente il legame madre (vittima) e bambino (spettatore).

La capacità protettiva delle donne
nei confronti dei figli viene meno ma ciò non significa che siano “cattive madri”, sono madri ferite e traumatizzate.

CONSEGUENZE DELLA VIOLENZA SULLE CAPACITÀ GENITORIALI DELLE MADRI VITTIME.

Diventano incapaci di raccogliere e soddisfare adeguatamente i bisogni dei figli a causa dello stato di terrore cronico in cui VIVONO.
Utilizzano modelli rigidi e punitivi a causa del continuo stato di ansia e
della necessità di tenere ogni cosa sotto controllo.

Come intervenire?
Far capire loro gli effetti delle violenze su tutti i componenti del nucleo familiare, in particolare sui figli. Lavorare sulla valutazione e la riparazione del danno alla genitorialità. Lavorare con i bambini per elaborare e comprendere quanto accaduto, per educare alla scoperta di modalità relazionali alternative rispetto alla violenza.

Lavorare con la diade madre-bambino con obiettivi educativi, di contenimento e di
valorizzazione.

VIOLENZA ASSISTITA SU FRATELLI/SORELLE.
Possibili reazioni
Vissuto di protezione nei confronti della vittima.

Senso di colpa e impotenza per il diverso trattamento SUBITO.
Identificazione con la vittima e attuazione di suoi comportamenti caratteristici.
Fuga e negazione con possibile omertà e complicità verso il maltrattante.
Bisogno di punire la vittima e aggressività, per identificazione con il maltrattante.
Incapacità di scegliere “da che parte stare”.

Come intervenire?
Gli effetti della violenza assistita sui fratelli possono essere anche più gravi di quelli causati dall’assistere alla vittimizzazione di un genitore per svariati motivi: vicinanza di età, comune condizione di dipendenza, naturale solidarietà tra pari, relazione
simmetrica, assenza di un riferimento adulto che contenga e rassicuri.
E’ importante
allargare il contesto di intervento, prendendo in carico non solo la vittima diretta delle violenze ma anche gli altri soggetti più deboli, coinvolgendoli nel processo
riparativo e chiarendo cosa sia accaduto.

FONTE: Valentina Montuschi

🌿 SCHERMI E INFANZIA: NON È IL VIDEO A INSEGNARE. È LA RELAZIONE.Negli ultimi anni abbiamo imparato una verità semplice ...
25/11/2025

🌿 SCHERMI E INFANZIA: NON È IL VIDEO A INSEGNARE. È LA RELAZIONE.

Negli ultimi anni abbiamo imparato una verità semplice e profonda:
🧠 l’apprendimento, anche linguistico, dei bambini e delle bambine non nasce da ciò che guardano, ma da chi li guarda con loro.

Le ricerche sul video deficit effect mostrano che, sotto i due anni, gli schermi non riescono a offrire ciò che il cervello in sviluppo richiede per crescere e apprendere:
✨ attenzione condivisa (il punto di partenza di ogni scambio comunicativo);
✨ risposte contingenti (il “ti rispondo mentre tu mi guardi”, che costruisce i turni conversazionali);
✨ scambio di turni (il dialogo primario fatto di vocalizzi, gesti, pause, sguardi);
✨ calore affettivo e connessione (il canale che regola la sicurezza affettiva e apre alla curiosità);
✨ presenza tridimensionale dell’adulto (la corporeità viva).
Sono ingredienti che nessun video (né audio) può sostituire, perché sono processi incarnati, relazionali, neurobiologici.
- E tutto ciò offre e contestualizza la fatica e spesso opposizione dei bambini e bambine a relazionarsi ad altre persone familiari attraverso cellulari e video. Una comunicazione a distanza non è relazione corporea reale.

📉 Le stime indicano che in un’ora di visione passiva si perde l’opportunità di apprendere fino a 100 parole nuove. Non perché il bambino “non capisca”, ma perché manca lo scambio vivo, lo sguardo che risponde, la ripetizione modulata insieme, il ritmo emotivo e corporeo della relazione, che sono le reali fondamenta dell’apprendimento linguistico.

🌱 E quando uno schermo entra, spesso qualcosa esce: il tempo del gioco, della conversazione spontanea, della curiosità, dell’esplorazione, del fare insieme, della noia e dell’ozio, così prezioso per l’integrazione delle esperienze.
Tutte esperienze fondamentali che nutrono il linguaggio, la regolazione emotiva e la fiducia in sé.

🌿 UN INVITO AGLI ADULTI: riconoscere la potenza silenziosa dell’adulto presente, connesso al proprio corpo e disconnesso dalle notifiche.

Le ricerche mostrano che quando un adulto guarda gli schermi insieme al bambino o alla bambina - il cosiddetto co-viewing - e commenta, narra, nomina, sorride, attende… il video diventa relazione.
Ciò che era passivo diventa vivo, attivo, comprensibile.
Non è lo schermo a fare la differenza.
È l’adulto accanto.

🌱 Non serve essere perfetti. Serve essere presenti.
Disponibili a trasformare un momento potenzialmente passivo in un’occasione di connessione reale.

Perché i bambini e le bambine non cercano stimoli.
Cercano relazione.
La relazione non è un contenuto: è un corpo che incontra un altro corpo.
E nella relazione, tutto cresce.

Atelier della Pedagogista

La Pedagogia Nera è il braccio armato del patriarcato.Antonella Questa      👠
25/11/2025

La Pedagogia Nera è il braccio armato del patriarcato.
Antonella Questa

👠

💡 LA REGOLA D'ORO PER I GENITORI: “TRATTA GLI ALTRI COME VORRESTI ESSERE TRATTATO TU".Quale insegnamento migliore possia...
24/11/2025

💡 LA REGOLA D'ORO PER I GENITORI:
“TRATTA GLI ALTRI COME VORRESTI ESSERE TRATTATO TU".

Quale insegnamento migliore possiamo applicare quotidianamente come genitori? Una possibile variante della regola d'oro applicata ai genitori sarebbe: "Tratta i tuoi figli come vorresti essere trattato tu al loro posto".
E' illuminante mettere alla prova i metodi disciplinari in voga alla luce di questa "regola d'oro per i genitori", provando a mettere marito e moglie al posto di genitore e bambino. Per esempio:

1. PUNIZIONI CORPORALI.
La moglie versa accidentalmente il caffè sulla giacca nuova del marito. Lui la picchia.
Starà più attenta la prossima volta? O potrebbe farlo arrestare per violenza coniugale?

2.CASTIGO.
Il marito litiga con un ospite. Sua moglie gli dice: "Non è bello litigare così col tuo amico! Non si fa così! Vai nella tua stanza e restaci per mezz'ora!".
Il marito diventerà meno litigioso? L'imbarazzo della situazione lo correggerà? Si sentirà di chiedere scusa all'amico?

3. LOGICHE CONSEGUENZE.
La moglie esce con l'auto ma si dimentica di far benzina e rimane a secco. Chiama casa e chiede al marito se può prendere la sua auto, andare a riempire una tanica di benzina e portargliela. Lui rifiuta, spiegandole che deve imparare a "trarre le logiche conseguenze" ed essere più responsabile.
La prossima volta che il serbatoio sarà agli sgoccioli la moglie ricorderà di fare benzina? O sarà troppo assorta a meditare sul divorzio per pensare a cose di minore importanza come la manutenzione dell'auto?

4. CONTO ALLA ROVESCIA.
Una moglie ricorda al marito, che sta leggendo il giornale, che è il suo turno di lavare i piatti. Lui mormora "Hmm..." e continua a leggere. La moglie si incaponisce:" Devi andare a lavare i piatti adesso! Dieci...nove...otto...sette..."
Il marito se la sentirà di collaborare con sua moglie? O penserà di aver sposato una pazza? E si sentirà amato anche solo un pò?

Tutti questi metodi disciplinari appaiono ridicoli, visti in questo modo.
Ma si è stabilito, a un certo punto nella nostra società, che adulti e bambini reagiscono in base a diversi principi comportamentali.
E' stato un gravissimo errore.
Ci siamo posti la domanda sbagliata:"Quali regole funzionano con i bambini? E quali con gli adulti?".

La realtà è molto più semplice: tutti gli esseri umani si comportano come vengono trattati.

L'unico "metodo" che abbia senso nelle relazioni umane, siano essi adulti o bambini, è l'amore incondizionato.

I genitori che vogliono aiutare i loro figli a crescere e diventare adulti affettuosi e responsabili non possono fare di meglio che ricordare la regola d'oro dei genitori: "Tratta i tuoi figli come vorresti essere trattato tu al loro posto".

Semplice, chiara ed efficace.

Non dobbiamo perdere tempo a chiederci l'età di una persona per applicare questa regola: è su misura per tutti.

Jan Hunt, Genitori con il cuore

🌿 UN’ALTRA VERITÀ CHE MERITA VOCE: IL LINGUAGGIO CHE GLI ADULTI RESPIRANOOggi vorrei riagganciarmi al pensiero condiviso...
23/11/2025

🌿 UN’ALTRA VERITÀ CHE MERITA VOCE: IL LINGUAGGIO CHE GLI ADULTI RESPIRANO

Oggi vorrei riagganciarmi al pensiero condiviso ieri, aggiungendo un tassello che riguarda proprio le relazioni tra noi adulti.

Perché prima ancora di parlare del linguaggio che usiamo con le bambine e i bambini, dovremmo avere il coraggio di guardare - con sincerità e gentilezza - il linguaggio che noi adulti respiriamo ogni giorno, anche ascoltando i nostri genitori.

Quello che abbiamo respirato da piccoli.
Quello che probabilmente continuiamo ad ascoltare oggi, nelle nostre famiglie di origine.
Quello che attraversa ancora corpo, pelle e cuore, senza che ce ne accorgiamo. Riaccendendo ferite.

Frasi come:
“Tu sei…”
“Se non …. allora io …”
“Sei talmente una grande chef che hai lasciato i piselli duri.”
“Come devo fare con te? Ti devo dare altre medicine per farti tornare normale?”
“Non ascolti niente. Sei come tua madre.”
“In questa casa non si capisce più niente.”
“Devo fare tutto io. Ah, ma quando non ci sono più io…”
“Vai a sedere e stai tranquilla lì. Qui faccio io.”
“Non toccare quelle cose. Fai solo danni”.


Sono frasi, toni, significati che fanno parte della quotidianità di tante famiglie.
Frasi che spesso non sono e non vogliono essere riconosciute come violente, ma lo sono perché composte da sarcasmo, sfiducia, giudizio, irritazione, rancore, arroganza, violenza psicologica.
Sono frasi che parlano di adulti emotivamente immaturi, con bisogni non compresi, con ferite non elaborate, con emozioni taciute. Con il pilota automatico inserito e memore delle violenza educativa - emotiva e corporea - subita nella loro storia.

Eppure… sappiamo cosa accade e che cosa si sente nel corpo:
⭐ questo linguaggio pesa,
⭐ fa male,
⭐ modella,
⭐ sottomette la sensibilità,
⭐ si trasmette,
⭐ continua a vivere attraverso di noi.

Perché il linguaggio violento non è solo urlare: è far sentire l’altro sbagliato, incapace, mai abbastanza. Rotto.
E quando respiriamo tutto questo per anni, senza volerlo, iniziamo a parlarlo anche noi.

🌱 Essere adulti oggi significa prendersi cura di ciò che ci ha fatto soffrire ieri
Romperla, questa catena, non è semplice.
Non è immediato.
È lento e doloroso.
Non è un interruttore.
Richiede consapevolezza,
richiede ascolto di sé,
richiede il coraggio di dire: “Quella frase, quella modalità, quella ironia… mi ha fatto male per anni. Devo ascoltarla ancor oggi, come ieri. Ma oggi, consapevolmente, dico che non voglio che diventi la mia eredità.”
È un lavoro emotivo, relazionale, corporeo. Un lavoro che riguarda:
• il nostro sentirci sbagliati, insicuri e rotti,
• le aspettative respinte,
• il bisogno di riconoscimento,
• le parti di noi che non sono mai state ascoltate e così respinte e represse.

E riguarda soprattutto la responsabilità, oggi,
di non passare quel peso ai bambini e alle bambine.
Di divenire un luogo emotivo più sicuro anche nelle relazioni tra adulti.

💚 Perché quando noi adulti impariamo un nuovo linguaggio emotivo… cambia tutto
Cambia il modo in cui litighiamo.
Cambia il modo in cui chiediamo.
Cambia il modo in cui ascoltiamo.
Cambia il modo in cui stiamo nella relazione. A casa. Tra amici. Tra colleghi. Tra sconosciuti.

E cambia - profondamente - ciò che le bambine e i bambini imparano sulla vita, sull’amore, sulla dignità di sé e dell’altro. Ciò che osservano, imparando.
Questo è il cuore della consapevolezza pedagogica.
Questo è il punto di svolta.

Spezzare la catena… per costruire con i bambini e con gli adulti di oggi relazioni più mature, più autentiche, più libere da un passato che si fa prigione.
È un lavoro che trasforma.
E che fa riscoprire umanità e com-passione.

Atelier della Pedagogista

🌿 QUANDO LE PAROLE COSTRUISCONO O FERISCONO: COSA IMPARANO DA NOI I BAMBINIC’è un aspetto che spesso dimentichiamo: le b...
22/11/2025

🌿 QUANDO LE PAROLE COSTRUISCONO O FERISCONO: COSA IMPARANO DA NOI I BAMBINI

C’è un aspetto che spesso dimentichiamo: le bambine e i bambini non imparano il linguaggio solo quando iniziano a parlare.
Lo imparano molto prima.
Lo assorbono.
Lo respirano.
Lo osservano nel modo in cui gli adulti si rivolgono a loro… e nel modo in cui gli adulti si parlano tra loro.

E qui c’è un punto importante - forse il più scomodo:
✨ il linguaggio violento è, molto spesso, il linguaggio che abbiamo ereditato. È il modo in cui siamo stati parlati, educati, rimproverati. È il linguaggio “normale”, quotidiano, passato di generazione in generazione senza mai essere messo in discussione.
Per questo ci ritroviamo a usarlo automaticamente, anche quando non vogliamo.

🐺 La strada del linguaggio violento
Quella in cui “avere ragione” diventa più importante di capirsi. Quella del “tu sei sempre…”, delle pretese, dei giudizi, dei ricatti e delle minacce mascherate da educazione.

Un linguaggio che non nasce solo dalle parole:
⭐ nasce dal corpo teso,
⭐ dal tono della voce che sale,
⭐ dallo sguardo che giudica,
⭐ dal respiro corto,
⭐ dalla postura che comunica “io vinco, tu perdi”.

È un linguaggio coerente, perfettamente allineato tra verbale e non verbale.
I bambini questa coerenza la colgono.
La sentono.
La incorporano.
E la assorbono come fosse un modo naturale di stare in relazione.

🦒 La strada del linguaggio non violento
Quella che la Comunicazione NonViolenta di Rosenberg ci invita a coltivare.
Non è facile.
Non è immediata.
Non è ciò che ci è stato insegnato.

👉 È un linguaggio che richiede consapevolezza.
👉 Richiede di fermarsi prima di reagire.
👉 Richiede di ascoltare cosa succede dentro: il sentimento, il bisogno, la vulnerabilità.
È un linguaggio che non nasce spontaneo,
ma che diventa una scelta profonda di trasformazione personale.
Un linguaggio che dice: “Non sei tu il problema. C’è qualcosa che sento. E c’è una relazione che voglio proteggere.”

E quando questo accade, le bambine e i bambini lo sentono subito: il loro sistema nervoso si calma ed entra in uno stato di sicurezza ventro-vagale, perché percepiscono sicurezza, calma, assertività, autorevolezza, non “guerra di potere”.

🌱 Cosa possono imparare osservando, allora, i bambini?
Imparano che si può essere arrabbiati senza ferire.
Imparano che si può chiedere senza pretendere.
Imparano che si può essere stanchi, frustrati, vulnerabili… senza fare del male a nessuno.
Imparano che il conflitto non è un pericolo, ma un luogo dove incontrarsi se gli adulti lo attraversano con cura.
Imparano che le parole non servono a vincere o ad aver ragione, ma a creare un ponte di connessione.
Imparano che comunicare i propri bisogni e le proprie emozioni è umano.

💚 Tutto questo comincia da noi adulti. Dalla consapevolezza che il linguaggio violento non è “colpa nostra”: è una eredità. È ciò che abbiamo vissuto.

🌱 Ma trasformarlo… quello sì, è responsabilità nostra. È un percorso di conoscenza personale profondo,
dove impariamo a tradurre giudizi in sentimenti e bisogni, reazioni in presenza, automatismi in scelte. Dove impariamo a sentire emozioni nel corpo, nel respiro e sentire che forse oltre alla rabbia, alla paura, alla delusione c’è altra emozione.

Il linguaggio che usiamo oggi diventa il linguaggio interiore dei piccoli. Diventa la voce, il modo in cui un giorno parleranno a sé stessi. E il modo in cui ameranno.

💡 Non si tratta di perfezione. Si tratta di interrompere un’eredità. Di comprendere che il “si è sempre fatto così” può ora non essere così funzionale. Di aprire una strada nuova.
Di scegliere, quando possiamo, un linguaggio che fa respirare la relazione.

Perché un bambino che ascolta adulti che si parlano con cura… cresce sapendo che le parole possono essere casa, non armi.

Atelier della Pedagogista

Indirizzo

Viale XXIV Maggio 61
Pesaro
61121

Orario di apertura

Lunedì 17:00 - 18:30
Martedì 17:00 - 18:30
Mercoledì 15:30 - 18:30
Giovedì 14:30 - 19:00
Venerdì 14:30 - 19:00
Sabato 09:00 - 13:00

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Chi sono

Sono dottoressa magistrale in Progettazione e coordinamento dei servizi educativi e formativi presso la facoltà di Scienze della Formazione dell’Università degli studi di Urbino.

Ho iniziato la mia carriera lavorativa nell’anno 2001 attraverso diversi stage formativi ed esperienziali in diversi nidi d’infanzia del territorio e, durante le estati, nei diversi centri estivi e spazi gioco della zona.

Dal 2007 al 2019 ho lavorato come educatrice d’infanzia presso un nido infanzia ospitante bambini da 3 mesi a 36 mesi, sito in Gradara. Dal 2014 al 2019, nello stesso servizio, ho ricoperto la funzione di coordinatrice interna, mantenendo sempre vivi e costanti i dialoghi tra équipe educativa, cooperativa sociale, uffici comunali e territorio (famiglie).

Dal 2016 ad oggi, per la stessa cooperativa che ha in gestione il servizio di nido a Gradara, faccio parte dell’equipe di coordinamento pedagogico, che ha come principale funzione quella di supervisionare, ascoltare ed accompagnare, pedagogicamente parlando, le equipe educative di altri nidi d’infanzia della provincia di Pesaro ed Urbino verso una sempre maggiore qualità dei servizi ed un benessere globale (personale educativo, bambini, famiglie).