02/12/2025
DISTRAZIONI DIGITALI
In sala d’attesa – si chiama così, d’altronde – si attende. Nonostante le mille accortezze per rispettare gli orari, succede anche nel mio studio.
Tra una visita e l’altra mi affaccio sempre: un saluto, uno sguardo, per capire come stanno andando le cose e quanto c’è bisogno che mi sbrighi per non creare sopraffollamento.
Oggi, però, mi sono soffermato su una mamma. Una mamma che spero non se la prenda per quello che sto per scrivere.
Durante le due o tre volte in cui ho aperto la porta, stava sempre allattando il suo bellissimo bambino con gli occhi vispi che cercavano la mamma. Bravissima.
Ma… c’è un ma.
La mamma era “distratta”. Il telefono in mano, lo scroll infinito, i video che conosciamo bene. Quelli che non ci servono a niente e che – lo sappiamo tutti – si mangiano minuti preziosi della nostra giornata senza che ce ne accorgiamo.
📱 E proprio l’uso dello smartphone durante l’allattamento (sebo o biberon che sia) o ogni gesto di cura, può avere un impatto importante.
Può ridurre il contatto visivo, modificare la comunicazione emotiva e interrompere quella reciprocità fatta di sguardi, carezze e micro-espressioni che costruiscono il legame.
Questo comportamento ha un nome scientifico: technoference, cioè l’interferenza della tecnologia nelle interazioni tra genitore e bambino.
Una "distrazione tecnologica" che riduce la responsività genitoriale e quelle piccole interazioni che nutrono non solo il corpo, ma anche lo sviluppo emotivo del bambino.
👨👧 Da pediatra potrei fermarmi qui. Puntando il dito a limitare l'utilizzo dello smartphone quando ci si trova con il proprio bambino.
Ma da papà no.
Perché io stesso, lo ammetto, quando torno a casa dopo una giornata pesante, spesso mi butto sul divano e “spengo il cervello” davanti ai social. Magari con mia figlia che gioca davanti a me.
E allora mi chiedo:
👉 mia figlia ci guadagna dalla mia presenza “a metà”?
👉 ha bisogno di me online o accanto a lei, davvero presente?
Quella mamma non è poi così diversa da me. Portiamo tutti le stesse fatiche, gli stessi automatismi, gli stessi scroll inconsapevoli.
Questa riflessione non vuole far sentire in colpa nessuno. Vuole solo ricordarci – tutti, me per primo – che i nostri bambini hanno bisogno di occhi che li guardano, mani che li sostengono e di una presenza vera, ogni volta che riusciamo a offrirla.
Il telefono può aspettare.
Loro, un po’ meno.