Poliambulatorio Stenella

Poliambulatorio Stenella Servizi di specialistica medica, riabilitazione e specialistica chirurgica avvalendosi di specialisti che provengono dalle principali realtà italiane.

11/11/2025

Fuori dal vortice: smartphone, adolescenti e l’esempio degli adulti

C’è un paradosso che molti genitori riconoscono: chiediamo ai ragazzi di “staccare”, ma siamo noi i primi a controllare notifiche a tavola o a rispondere ai messaggi a letto. È qui che il discorso sugli smartphone e gli adolescenti si inceppa. Il problema non è solo quanto tempo stanno online, ma che modello vedono ogni giorno e che regole imparano a rispettare quando gli adulti non guardano. In diversi Paesi il pendolo pubblico sta tornando verso limiti più stringenti — dall’innalzamento dell’età minima per i social alla stretta sui telefoni a scuola — ma nessuna legge funziona senza coerenza educativa in casa e a scuola.

Negli ultimi mesi sono arrivate mosse forti. La Danimarca ha annunciato l’intenzione di vietare i social ai minori di 15 anni; la Norvegia ha messo in campo un percorso simile; l’Australia ha approvato un quadro normativo che obbliga le piattaforme a impedire account sotto i 16 anni con un avvio operativo a fine 2025. In Italia, il Ministero dell’Istruzione ha esteso il divieto di cellulare in classe al primo ciclo e, più di recente, alle superiori. Si tratta di segnali chiari: non è più “tutto sulle spalle” delle famiglie, ma una cornice collettiva che prova a ridurre il rumore digitale dove si studia e si cresce.

Sul piano della salute, il quadro scientifico non è bianco o nero: gli esperti del Surgeon General americano ricordano che i social possono offrire opportunità (relazioni, creatività, informazione), ma esistono indicatori di rischio per sonno, attenzione e benessere psicologico, soprattutto nelle fasi più delicate dello sviluppo. Tradotto: non viviamo un’emergenza da “spegnere tutto”, ma nemmeno un ambiente neutro. Serve guida adulta, spazi offline e confini credibili.

Guardiamo ai ragazzi. I dati italiani dicono che l’uso è vastissimo già in età precoce: tra gli 11 e i 19 anni la presenza sui social è la norma, e nel Mezzogiorno le percentuali salgono ancora. Organizzazioni come Telefono Azzurro e Save the Children fotografano un pubblico connesso, spesso competente, ma esposto a rischi ricorrenti (notte interrotta dalle notifiche, confronto sociale al rialzo, cyberbullismo). È interessante, però, un altro segnale che arriva dal Regno Unito: quasi la metà dei 16–21enni dichiara che starebbe meglio in un mondo senza Internet e una quota simile vorrebbe un “coprifuoco digitale”. Non è nostalgia: è il desiderio di regole condivise per smettere di lottare da soli contro il design delle app.

L’educazione, quindi, non è un elenco di divieti: è prevedibilità. Se a scuola lo smartphone è fuori gioco, a casa non può essere “liberi tutti”. Se chiediamo di non usarlo in camera, anche il genitore si tiene il telefono fuori dalla stanza. Se temiamo lo “scroll infinito”, lo combattiamo insieme con abitudini trasparenti (modalità notturna, limiti orari, telefoni parcheggiati durante i pasti), spiegando il perché e discutendo le eccezioni. È quella coerenza che tanti adolescenti, più di quanto pensiamo, sanno accogliere — e spesso chiedono — quando il patto è chiaro.

✅Vi aspettiamo nella nostra sede di Pescara in Viale Bovio, 275.
☎ Se vuoi avere più informazioni chiamaci allo 085 4711973 o ▶contattaci qui.
👍 Ricordiamo a tutti gli interessati che è necessario prenotare l'appuntamento per parlare con i nostri specialisti.

Servizi di specialistica medica, riabilitazione e specialistica chirurgica avvalendosi di specialisti che provengono dalle principali realtà italiane.

09/11/2025

Umore e alimentazione: un dialogo vero, ma più complicato di così

L’immagine è familiare: una giornata storta, il frigo che si apre, qualcosa di dolce “per tirarsi su”. Il sollievo c’è, ma è breve. Sul medio periodo, le cose si capovolgono: molte ricerche mostrano legami tra stile alimentare e salute mentale, in particolare con il rischio di sintomi depressivi. Per esempio, in giovani adulti seguiti in più Paesi, un’alimentazione ricca di ultra-processati si associa più spesso a umore basso; al contrario, dopo i 55 anni chi segue schemi ricchi di frutta e verdura presenta meno segnali di depressione. Non è una formula magica: è un’associazione che merita attenzione.

Perché il piatto può “toccare” la mente
Le strade sono diverse. Una dieta sbilanciata favorisce sovrappeso e obesità, che a loro volta aumentano l’infiammazione di basso grado e il rischio cardiometabolico: un terreno dove la depressione trova più spazio. C’è anche la componente psicosociale: stigma, isolamento, senso di inadeguatezza. E quando cala l’energia, spesso cala anche l’attività fisica: un circolo che peggiora l’umore. In tavole poco varie, poi, possono mancare micronutrienti utili anche al cervello (vitamine, minerali, aminoacidi essenziali).

Intestino e cervello: la pista del microbiota
Negli ultimi anni si è guardato con interesse all’asse intestino-cervello. Gli stili “occidentali” sembrano favorire disbiosi, cioè uno squilibrio del microbiota; di contro, schemi ricchi di fibre alimentano comunità microbiche più diversificate. Un microbiota in salute produce molecole che parlano con il sistema nervoso; quando l’equilibrio si rompe, cambia anche questo dialogo. Non stupisce che alcuni studi abbiano collegato bevande zuccherate a un rischio maggiore di depressione (soprattutto nelle donne) insieme a variazioni di batteri come Eggerthella. Sono tasselli coerenti, ma non bastano — da soli — a dire “quanto” conti l’alimentazione nello sviluppo dei disturbi dell’umore né se basti cambiare dieta per alleviarli.

E se fosse il contrario?
È la domanda giusta. Spesso è la depressione a far mangiare peggio. Chi sta male fatica a fare la spesa, cucinare, scegliere fresco; perde interesse per l’aspetto fisico e per la salute; può comparire anedonia (mancanza di piacere) con riduzione dell’appetito, compensata da cibi pronti o “comfort food”. Anche le differenze tra uomini e donne che emergono in alcune ricerche potrebbero riflettere ruoli sociali e culturali più che un effetto diretto degli alimenti. In termini tecnici: molta della letteratura rischia causalità inversa o fattori confondenti.

Cosa ci portiamo a casa (senza scorciatoie)
Non esistono “diete della felicità”, né questo testo offre ricette o cure. Il messaggio è più sobrio: alimentazione e umore si influenzano, ma la relazione è bidirezionale e attraversata da abitudini, sonno, movimento, relazioni, contesto economico. Se noti oscillazioni di appetito, energia in picchi e cadute, fame nervosa o perdita d’interesse per il cibo, vale la pena parlarne con professionisti che possano leggere il quadro completo.

✅Vi aspettiamo nella nostra sede di Pescara in Viale Bovio, 275.
☎ Se vuoi avere più informazioni chiamaci allo 085 4711973 o ▶contattaci qui.
👍 Ricordiamo a tutti gli interessati che è necessario prenotare l'appuntamento per parlare con i nostri specialisti.

Servizi di specialistica medica, riabilitazione e specialistica chirurgica avvalendosi di specialisti che provengono dalle principali realtà italiane.

La memoria cammina: perché anche 3.000–5.000 passi al giorno fanno la differenzaPer chi teme l’Alzheimer, l’idea di “far...
08/11/2025

La memoria cammina: perché anche 3.000–5.000 passi al giorno fanno la differenza

Per chi teme l’Alzheimer, l’idea di “fare più movimento” suona spesso generica. Eppure, arrivano dati molto concreti: in adulti tra 50 e 90 anni a rischio per Alzheimer, bastano poche migliaia di passi al giorno per vedere una traiettoria diversa nel tempo. Non stiamo parlando di maratone, ma di passi quotidiani misurati con pedometro, mentre il cervello veniva seguito con PET per amiloide e tau (i segni biologici della malattia) e con test cognitivi ripetuti. Nei partecipanti più attivi, la progressione del tau è risultata più lenta e, con essa, anche il declino cognitivo e funzionale. In media, chi camminava 3.000–5.000 passi/die mostrava un ritardo del calo cognitivo stimato intorno a 3 anni; nella fascia 5.000–7.000 il ritardo saliva fino a circa 7 anni, con un plateau oltre i ~7.500 passi.

Il messaggio è importante per due motivi. Primo: anche livelli modesti di attività contano, specie se c’è già amiloide elevata alla base—proprio in quei profili in cui ci si aspetterebbe un declino più rapido. Secondo: non serve inseguire il mito dei 10.000 passi—una soglia nata più dal marketing che dalla medicina—per ottenere benefici misurabili; diverse analisi mostrano vantaggi robusti già attorno ai 7.000 passi su salute generale e rischio di demenza, con guadagni addizionali più contenuti oltre certe soglie. In altre parole, ogni gradino in più nel movimento quotidiano sposta la curva nella direzione giusta.

Questo non è un invito al fai-da-te né la “cura” dell’Alzheimer. È un modo concreto di leggere il problema: il cervello sembra “registrare” le abitudini del corpo, e una routine di passi realistici e sostenibili può rallentare (non invertire) alcune traiettorie biologiche e cliniche, soprattutto quando il rischio è già presente. I numeri arrivano da uno studio appena pubblicato su Nature Medicine (Harvard Aging Brain Study), con misure oggettive di passi e biomarcatori cerebrali: un tassello serio in un quadro che, da anni, indica nell’attività fisica un fattore modificabile di salute del cervello.

✅Vi aspettiamo nella nostra sede di Pescara in Viale Bovio, 275.
☎ Se vuoi avere più informazioni chiamaci allo 085 4711973 o ▶contattaci qui.
👍 Ricordiamo a tutti gli interessati che è necessario prenotare l'appuntamento per parlare con i nostri specialisti.

Cuore in primo piano dai 40 ai 60: un rischio sottovalutatoC’è un dato che fa riflettere: tra i 40 e i 60 anni la grandi...
06/11/2025

Cuore in primo piano dai 40 ai 60: un rischio sottovalutato

C’è un dato che fa riflettere: tra i 40 e i 60 anni la grandissima maggioranza delle donne presenta almeno un fattore di rischio cardiovascolare. Non parliamo di casi rari: le ultime campagne in farmacia hanno fotografato 9 donne su 10 con qualche spia accesa, e in oltre un terzo sono emerse anomalie all’ECG (soprattutto del ritmo e della conduzione). Nel profilo di rischio, spiccano sedentarietà (oltre la metà), fumo e ipercolesterolemia pregressa; non di rado la pressione resta alta anche in chi è già in terapia. Sono numeri italiani, di questi mesi.

Il punto cieco è culturale: molte donne temono prima di tutto il tumore al seno, ma a togliere più vite—silenziosamente—sono ancora le malattie cardiovascolari. Il passaggio peri-menopausa/menopausa rimescola le carte: aumentano pressione, dislipidemie e insulino-resistenza, e il rischio “recupera” quello maschile fino a superarlo in alcune condizioni. In parallelo, una quota di eventi riguarda forme microvascolari (ischemia senza ostruzioni evidenti) che spesso faticano a essere riconosciute con i percorsi “standard”.

C’è anche un tema di ricerca: le donne sono tuttora sottorappresentate in molti studi clinici cardiologici. Meno dati significa meno consapevolezza su segnali e percorsi “tipicamente femminili”, con il rischio di diagnosi tardive o sottovalutate.

Questo non è un invito al fai-da-te né una lista di soluzioni: quelle nascono nel confronto con gli specialisti. È un promemoria chiaro: se hai tra 40 e 60 anni, lavori molto, ti muovi poco, fumi o hai già avuto richiami su colesterolo e pressione, il cuore merita attenzione adesso—anche se “stai bene” e non senti nulla.

In Stenella ascoltiamo la tua storia e leggiamo i segnali per dare un nome al rischio, non per spaventare. Se vuoi parlarne con i nostri cardiologi, prenota una valutazione: partiamo dal tuo profilo reale e costruiamo, insieme a te, il percorso più sensato.

✅Vi aspettiamo nella nostra sede di Pescara in Viale Bovio, 275.
☎ Se vuoi avere più informazioni chiamaci allo 085 4711973 o ▶contattaci qui.
👍 Ricordiamo a tutti gli interessati che è necessario prenotare l'appuntamento per parlare con i nostri specialisti.

05/11/2025

Dolori che “non passano”: quando casa e sport amatoriale presentano il conto

Un fastidio al polso dopo aver spostato una cassa d’acqua. Una f***a al polpaccio dopo il padel della domenica. Li archiviamo come episodi isolati, ma il quadro che emerge dice altro: i dolori muscolo-articolari sono sempre più comuni e spesso arrivano da due mondi che sottovalutiamo—gli infortuni domestici e lo sport amatoriale fatto senza preparazione adeguata.

In Italia gli incidenti in casa sono tantissimi: circa 4 milioni l’anno, e più della metà sono cadute. Basta una scivolata, un movimento brusco per raccogliere qualcosa, un gradino fatto male: piccoli eventi che possono trasformarsi in lesioni ai menischi o in dolori articolari importanti, soprattutto negli anziani.

Sul fronte sportivo, l’esplosione di discipline “ludiche” e para-sportive ha avvicinato molte persone all’attività fisica, ma spesso senza valutazioni preventive e con livelli di sforzo non in linea con età, allenamento o condizioni da monitorare (sovrappeso, vecchi traumi, patologie). Non stupisce che il dolore compaia più spesso, né che alcune categorie—come le donne per certe lesioni del ginocchio—risultino più esposte. Non è un invito al divano: è un promemoria a non improvvisare.

Capire che tipo di dolore stiamo avvertendo è già un primo passo di consapevolezza: traumi muscolari “diretti” (una botta) e “indiretti” (stiramenti/strappi) hanno storie diverse; i dolori articolari possono essere traumatici (distorsioni, legamenti, menischi) oppure legati a sovraccarico/uso ripetuto, con rischio di evoluzione in quadri degenerativi se non ascoltati per tempo. Anche quando lo sport, fatto bene e con gradualità, resta un fattore protettivo, l’improvvisazione resta il vero nemico.

Se quei fastidi tornano, se senti che “qualcosa non è più come prima” dopo una caduta in casa o un rientro sportivo troppo entusiasta, è il segnale di fermarsi e leggere la storia del dolore con chi se ne occupa ogni giorno. Una conversazione competente, prima che l’abitudine trasformi il dolore in compagno fisso.

✅Vi aspettiamo nella nostra sede di Pescara in Viale Bovio, 275.
☎ Se vuoi avere più informazioni chiamaci allo 085 4711973 o ▶contattaci qui.
👍 Ricordiamo a tutti gli interessati che è necessario prenotare l'appuntamento per parlare con i nostri specialisti.

Servizi di specialistica medica, riabilitazione e specialistica chirurgica avvalendosi di specialisti che provengono dalle principali realtà italiane.

03/11/2025

Quando lo zaino “sposta” i passi: come il carico scolastico cambia la camminata dei bambini

A prima vista sembra solo una questione di spalle: zaino più pieno, spalle più tese. In realtà, quando un bambino porta un carico sulla schiena, cambia il modo in cui tutto il corpo si organizza per camminare. Oggi lo sappiamo con misure precise: con lo zaino la camminata non replica quella “a mani libere”, ma si rimodella dalla zona del bacino alle anche, fino ai tempi del passo. Telecamere ad alta velocità, piattaforme di forza ed elettromiografia hanno mostrato che il baricentro si ricalibra, il tronco tende a inclinarsi, l’anca lavora in modo diverso e i parametri spazio-temporali si spostano già dopo pochi metri. Non è un’impressione: il carico chiede adattamenti al sistema di controllo del movimento e questi adattamenti compaiono anche in compiti comuni come camminare o scendere le scale.

Se guardiamo “dentro” la regia neuromuscolare, il quadro resta coerente: quando camminiamo non attiviamo un muscolo per volta, ma sinergie di muscoli. Confrontando andatura libera, andatura veloce e andatura con zaino, gli schemi restano riconoscibili, ma diventano più variabili tra bambino e bambino quando entra in scena il carico. È un segnale chiaro che il controllo del passo viene ridefinito per gestire il peso sulla schiena.

Mal di schiena: dal banco al futuro
Qui si inserisce un aspetto che merita attenzione. Il trasporto dello zaino non modifica solo numeri e grafici: può favorire compensi posturali del tronco e degli arti inferiori che, ripetuti nel tempo, si associano a disturbi muscoloscheletrici in età evolutiva. Diversi lavori hanno rilevato che carichi relativamente elevati — in rapporto al peso del bambino — si collegano a maggiore frequenza di dolore alla schiena in bambini e adolescenti. È importante anche un altro dato: il mal di schiena che compare in giovane età tende a “tracciare” nel tempo, aumentando la probabilità di ritrovarlo da adulti. In altre parole, il dolore di oggi non va letto come una condanna, ma neppure come un episodio isolato a priori: è un segnale che può avere conseguenze sulla cronicità se non viene ascoltato con metodo. Allo stesso tempo, la letteratura ricorda che non esiste una “soglia magica” universalmente valida: alcuni studi non trovano un legame netto con percentuali di peso standardizzate dello zaino, segno che entrano in gioco anche durata del trasporto, modo di portarlo, crescita, attività fisica e differenze individuali.

Questo articolo non offre “ricette” né percentuali pronte: quelle scelte spettano agli specialisti dopo una valutazione. Qui mettiamo a fuoco il problema: lo zaino può alterare la meccanica del passo e introdurre compensi che si associano a dolore, con un potenziale riflesso sul rischio di mal di schiena cronico più avanti nella vita. Se in tuo figlio noti postura più inclinata con lo zaino, passi più brevi, fatica nel tenere il ritmo o lamentele ricorrenti di mal di schiena, ha senso osservare e capire prima di archiviare tutto come “routine scolastica”.

✅Vi aspettiamo nella nostra sede di Pescara in Viale Bovio, 275.
☎ Se vuoi avere più informazioni chiamaci allo 085 4711973 o ▶contattaci qui.
👍 Ricordiamo a tutti gli interessati che è necessario prenotare l'appuntamento per parlare con i nostri specialisti.

Servizi di specialistica medica, riabilitazione e specialistica chirurgica avvalendosi di specialisti che provengono dalle principali realtà italiane.

01/11/2025

Il silenzio del divano: perché il cuore “ricorda” gli anni senza movimento

Per molte persone il passaggio dalla giovinezza alla mezza età coincide con un rallentamento quasi impercettibile: meno allenamenti, più sedute al computer, qualche commissione in auto al posto della passeggiata. All’inizio non succede niente di eclatante. È qui che la sedentarietà inganna: il cuore non manda avvisi immediati, ma tiene memoria dei periodi in cui ci muoviamo poco — e, con il tempo, presenta il conto.

Negli ultimi anni la ricerca ha provato a guardare non solo quanto ci muoviamo, ma come cambia il movimento lungo la vita. In un ampio studio che ha seguito migliaia di adulti per decenni, i livelli di attività moderata-vigorosa tendono a calare stabilmente dall’età giovane alla mezza età. Tra chi, nel tempo, ha avuto un evento cardiovascolare, si osserva quasi sempre un declino dell’attività che inizia circa 12 anni prima e accelera negli ultimi 24 mesi: una traiettoria lenta, poi più rapida, che precede infarto, ictus o altre malattie del cuore. Non è un “interruttore” che si spegne all’improvviso: è una curva che scende, spesso senza che ce ne accorgiamo.

Questo quadro si intreccia con un dato semplice: molte persone non raggiungono i livelli di movimento raccomandati dagli organismi internazionali per la salute cardiovascolare. Le linee guida indicano come riferimento 150–300 minuti a settimana di attività aerobica moderata (oppure 75–150 minuti vigorosa, o combinazioni equivalenti): non sono “diete di palestra”, ma soglie pensate per ridurre il rischio su larga scala. Il punto chiave, però, è un altro: qualsiasi quantità di attività è meglio di niente, e il beneficio cresce salendo di gradino.

C’è poi il tema del tempo seduti. Restare a lungo fermi (alla scrivania, in auto, davanti agli schermi) si associa, nelle analisi prospettiche, a un aumento del rischio cardiovascolare che cresce al crescere delle ore sedentarie. L’attività fisica aiuta ad attenuare questo effetto — soprattutto quando è consistente — ma non sempre lo cancella del tutto se i periodi di immobilità sono lunghi e ripetitivi. Anche qui l’insegnamento è poco spettacolare e molto pratico: il cuore soffre tanto la scarsità di movimento quanto l’eccesso di sedentarietà.

Tradotto nella vita reale, la traiettoria è subdola. Ci si sente “solo un po’ più stanchi”, si rinvia l’uscita serale, si salta l’allenamento “per questa settimana”, si parcheggia più vicino. Nel breve periodo non cambia quasi nulla; a distanza di anni, però, questi piccoli tagli costruiscono una storia clinica che il cuore, i vasi, il metabolismo leggono con chiarezza. È una memoria fatta di abitudini: meno passi, meno ossigeno ai tessuti, pressione e lipidi che si muovono nella direzione sbagliata, sonno più irregolare. E quando arriva un evento, spesso guardandosi indietro si riconosce quella curva che scendeva da tempo.

Questo articolo non dà “programmi” né ricette: quelle nascono dal confronto con gli specialisti. Qui mettiamo a fuoco il problema: la sedentarietà non punisce subito, ma lascia tracce misurabili e anticipa gli eventi cardiovascolari di anni. Se negli ultimi tempi il movimento è sceso, se la giornata scorre quasi tutta seduti o se senti di aver perso continuità, vale la pena far leggere la tua traiettoria a chi se ne occupa ogni giorno.

In Stenella partiamo dal tuo racconto: com’è cambiato il tuo livello di attività, quanto tempo passi seduto, come stanno pressione, glicemia, profilo lipidico. I nostri specialisti di Cardiologia e Medicina dello Sport valutano il quadro nel suo insieme e, quando serve, definiscono il percorso più adatto a te. L’obiettivo è dare un nome a ciò che sta succedendo prima che diventi un’emergenza.

Se ti riconosci in queste righe, prenota una valutazione: rimetteremo ordine ai segnali, con tempi e spiegazioni chiare. Il cuore non dimentica — ma è sempre il momento giusto per cambiare la storia che sta scrivendo.

✅Vi aspettiamo nella nostra sede di Pescara in Viale Bovio, 275.
☎ Se vuoi avere più informazioni chiamaci allo 085 4711973 o ▶contattaci qui.
👍 Ricordiamo a tutti gli interessati che è necessario prenotare l'appuntamento per parlare con i nostri specialisti.

Servizi di specialistica medica, riabilitazione e specialistica chirurgica avvalendosi di specialisti che provengono dalle principali realtà italiane.

31/10/2025

Umore e piatto: quando appetito ed energia raccontano più di una dieta

Capita di chiedersi se “è il cibo a farmi stare giù” o se, al contrario, “è l’umore a farmi mangiare peggio”. La verità, spesso, è che le due cose si parlano. Quando l’umore scende, l’appetito può cambiare direzione: c’è chi perde interesse per il cibo e chi, invece, cerca conforto in dolci e snack veloci. L’energia cala, i ritmi saltano, le serate si allungano davanti al frigo e le mattine iniziano senza fame. Col tempo si crea un circuito poco chiaro: stanchezza, irritabilità, sonno irregolare, pensieri più pesanti… e il piatto finisce per diventare un barometro del nostro stare bene.

Questi segnali non sono “capricci”. Nelle fasi in cui l’umore vacilla, la routine è la prima a scomporsi: orari dei pasti sfasati, spuntini al posto delle cene, giornate intere “a caso” e poi grandi abbuffate serali. A qualcuno succede il contrario: il cibo perde sapore, il piatto resta pieno, si tagliano porzioni e categorie intere “perché non ho voglia”. Non è una diagnosi e non è colpa: è il modo in cui il corpo prova a dirci che sta lottando per ritrovare un equilibrio.

Anche il contesto conta. Periodi di stress, poco sonno, sedentarietà forzata, lavoro a turni, isolamento sociale o eccesso di schermi possono amplificare la sensazione di vuoto o di fame “nervosa”. Qualcuno nota che l’alcool serale sembra “sciogliere” il peso della giornata, salvo rendere la notte più frammentata e il giorno dopo più opaco; altri sentono che l’ansia chiude lo stomaco proprio quando servirebbe energia. E così il cibo, invece di nutrire, diventa una risposta automatica o un non-argomento.

Ci sono storie ricorrenti che meritano ascolto: peso che oscilla in poche settimane senza un perché, giornate in cui il pensiero del cibo è fisso e altre in cui si salta tutto, sensazione di essere “spenti” nonostante si mangi, difficoltà a ritrovare sapori e interesse per i pasti, vergogna nel mangiare con gli altri o nel farsi vedere “senza appetito”. Se ti riconosci, non significa che “sia colpa dell’alimentazione” o che basti “mangiare meglio” per tornare su: significa che il corpo ti sta dando materiale per capire come stai davvero.

In Stenella partiamo da qui: dal tuo racconto, dai tuoi orari, da come vivi i pasti e da cosa succede nelle ore prima e dopo. Lavoriamo senza scorciatoie e senza “diete miracolose”: l’obiettivo non è trovare una soluzione rapida, ma dare un nome ai segnali e capire che parte hanno nel quadro del tuo umore. Quando serve, Psicologia Clinica e Nutrizione si parlano tra loro, per leggere insieme ciò che senti e ciò che mangi—e soprattutto quando e perché.

✅Vi aspettiamo nella nostra sede di Pescara in Viale Bovio, 275.
☎ Se vuoi avere più informazioni chiamaci allo 085 4711973 o ▶contattaci qui.
👍 Ricordiamo a tutti gli interessati che è necessario prenotare l'appuntamento per parlare con i nostri specialisti.

Servizi di specialistica medica, riabilitazione e specialistica chirurgica avvalendosi di specialisti che provengono dalle principali realtà italiane.

Halloween senza pruriti: come truccare i bimbi in sicurezzaFesta sì, pelle in crisi no. Se stai preparando colori, glitt...
30/10/2025

Halloween senza pruriti: come truccare i bimbi in sicurezza

Festa sì, pelle in crisi no. Se stai preparando colori, glitter e faccine mostruose, bastano poche mosse per divertirsi senza ritrovarsi con arrossamenti e lacrimazioni. La prima regola è comprare prodotti pensati per la pelle: trucco cosmetico, non colori da bricolage. Deve esserci l’etichetta in italiano o UE, il numero di lotto, la scadenza e le modalità d’uso. Meglio se a base d’acqua, senza profumo e con diciture come “dermatologicamente testato”; se tuo figlio ha la pelle sensibile, scegli formule ipoallergeniche.

Prima della serata, fai un piccolo test: applica una puntina di prodotto nell’incavo del gomito e aspetta 24–48 ore. Se compaiono rossore o prurito, cambia marca. Quando trucchi il viso, resta lontano dai bordi delle palpebre e dalle mucose. Gli spray e le polveri volatili vicino agli occhi non sono una grande idea, e i glitter devono essere solo “cosmetic grade”, non quelli da cartoleria: brillano uguale, ma sono più sicuri.

L’igiene degli strumenti conta tantissimo. Lava pennelli e spugnette, lavati le mani prima di iniziare e non condividere i prodotti con altri bambini. Se un colore ha cambiato odore, consistenza o tonalità, non rischiare: si butta. A fine serata il trucco va tolto sempre, senza eccezioni. Usa un detergente delicato (meglio oleoso se i prodotti sono molto resistenti), acqua tiepida e movimenti morbidi: lo sfregamento non “pulisce meglio”, irrita. Chiudi con una crema idratante leggera.

Ci sono casi in cui è meglio evitare del tutto in certe zone: se la pelle è già arrossata o c’è eczema, non coprire con il colore. Le lenti a contatto decorative senza prescrizione sono un no secco: possono dare fastidi seri. Stesso discorso per i tatuaggi all’henné nero, che aumentano il rischio di reazioni allergiche. Per la parte “on the road”, trucco e cappellini sono più sicuri delle maschere che limitano la vista; aggiungi elementi riflettenti ai vestiti o una piccola lucetta per essere ben visibili.

Se nonostante le attenzioni compaiono gonfiore delle palpebre, orticaria, tosse o respiro sibilante, rimuovi subito il trucco e contatta il pediatra o il dermatologo. Per tutto il resto, vale la regola d’oro: pochi prodotti buoni, mani pulite e struccaggio fatto bene. Halloween resta una festa… non un test di resistenza per la pelle.

✅Vi aspettiamo nella nostra sede di Pescara in Viale Bovio, 275.
☎ Se vuoi avere più informazioni chiamaci allo 085 4711973 o ▶contattaci qui.
👍 Ricordiamo a tutti gli interessati che è necessario prenotare l'appuntamento per parlare con i nostri specialisti.

Indirizzo

Via Bovio, 275
Pescara
65124

Notifiche

Lasciando la tua email puoi essere il primo a sapere quando Poliambulatorio Stenella pubblica notizie e promozioni. Il tuo indirizzo email non verrà utilizzato per nessun altro scopo e potrai annullare l'iscrizione in qualsiasi momento.

Contatta Lo Studio

Invia un messaggio a Poliambulatorio Stenella:

Condividi

Share on Facebook Share on Twitter Share on LinkedIn
Share on Pinterest Share on Reddit Share via Email
Share on WhatsApp Share on Instagram Share on Telegram