Alessandro Fontanella Osteopata-Personal Trainer

Alessandro Fontanella Osteopata-Personal Trainer Il Dott.

Sfruttando la competenza nelle tecniche osteopatiche come quelle cranio/sacrali, strutturali, viscerali e la conoscenza di biomeccanica, postura e tecniche respiratorie promuove il raggiungimento dell’equilibrio del corpo diminuendone lo stress Fontanella si è Diplomato in Osteopatia nel 2011 presso l’Istituto Italiano di Osteopatia di Milano.

È specializzato in osteopatia strutturale, fasciale, viscerale, terapia cranio-sacrale, ginnastica posturale, antalgica, pilates, rinforzo muscolare. Attualmente esercita la sua professione presso vari Centri: la Farmacia Bonfanti di Salsomaggiore, il Centro Route Evergreen di Piacenza e il Poliambulatorio San Zenone di Carpaneto Piacentino.

13/11/2025
10/11/2025
10/11/2025

È lunedì.. e come sempre siamo pronti a tuffarci in un nuovo episodio di “Anatomia Spassosa: esploriamo il corpo umano con un sorriso!” 😄

Oggi saliamo verso la clavicola, in un punto che i medici conoscono bene e che porta un nome.. elegante e quasi aristocratico: la fossetta di Mohrenheim!

Si chiama “fossetta” perché è proprio una depressione anatomica; e si chiama “di Mohrenheim” in onore di Paul Heinrich Gerhard von Mohrenheim, l’anatomista che la descrisse.

Ma non lasciarti ingannare dal nome sofisticato: è una zona piccola ma molto importante, che spesso diventa protagonista nelle visite mediche.

Cos’è e dov’è?

La fossetta di Mohrenheim è la fossa sopraclavicolare maggiore, quella piccola conchetta che si forma tra collo e spalla.

È delimitata in alto dal margine inferiore del muscolo sternocleidomastoideo, in basso dalla clavicola e profondamente dallo sbocco dell’apertura toracica superiore.

La puoi trovare facilmente palpando la parte sopra la clavicola, verso il centro.

A cosa serve?

Non ha una funzione muscolare attiva, ma è un punto di repere clinico per la palpazione dei linfonodi sopraclavicolari, rappresentando una “finestra anatomica” sull’apice del polmone e su strutture vascolari importanti (come la vena succlavia).

In passato era usata come punto d’accesso per manovre mediche invasive.

Funzionamento buffo

Immagina la fossetta di Mohrenheim come la spia luminosa sul cruscotto del corpo: di solito non la noti, ma quando si accende (cioè quando si palpano linfonodi ingrossati o tumefazioni).. segnala che qualcosa non va!

Curiosità scientifica

I linfonodi di Virchow (sopraclavicolari) si palpano proprio qui: il loro ingrossamento può essere un segno clinico importante. Per la sua vicinanza all’apice del polmone, la fossetta è un punto cruciale anche nelle sindromi da compressione toracica superiore.

Nella semeiotica antica, era una delle prime zone palpate durante le visite mediche.

Nella vita di tutti i giorni

Anche se non ci pensi, la fossetta di Mohrenheim è lì a farti da “luce di segnalazione”: se è libera e morbida, tutto bene, se è piena o dolente, può indicare ingrossamenti linfonodali o altre condizioni che meritano attenzione.

Parole complicate, spiegate semplici

Fossetta sopraclavicolare: la conchetta sopra la clavicola.

Linfonodi sopraclavicolari: stazioni del sistema linfatico che drenano torace e addome.

Virchow-Troisier: nome clinico di un linfonodo sopraclavicolare ingrossato (segnale di patologie profonde)

Come può soffrire?

Linfoadenopatie (linfonodi ingrossati per infezioni o tumori), tumefazioni vascolari o toraciche che risalgono fino alla fossetta ma anche esiti traumatici o cicatriziali nella zona clavicolare.

Momento educativo leggero

Se sei un paziente: non allarmarti se la senti un po’ sporgente quando sei molto magro.

Se sei un professionista: ricordati che questa piccola fossetta può essere la chiave per diagnosi molto precoci! (Che fa il medico, si intende! 😁)

Conclusione

La prossima volta che ti guardi allo specchio e noti quella piccola conchetta sopra la clavicola.. ricorda che non è solo un dettaglio estetico, ma una vera e propria “finestra clinica” del tuo corpo.

Ci vediamo lunedì prossimo con un altro episodio di Anatomia Spassosa, sempre con il sorriso! 😄

09/11/2025
09/11/2025

Tutti credono che avere “un buon controllo” significhi stringere di più.

Falso.

Il corpo funziona al contrario: la vera forza è saper lasciare andare.

Guarda questa immagine. Sembra una sezione da manuale di anatomia.. ma racconta la storia più antica del mondo: quella tra il cervello e il pavimento pelvico.

Lo sfintere interno lavora da solo, come un guardiano automatico.
Lo sfintere esterno è volontario: risponde alle emozioni, alla paura, alla vergogna.
E il muscolo puborettale, quello che curva il retto, è il mediatore perfetto: decide se è il momento di trattenere o lasciar andare.

Per chi non è del mestiere: ogni volta che vivi stress, il tuo corpo non irrigidisce solo le spalle o il collo. Chiude anche il pavimento pelvico. Trattenere le emozioni e trattenere “altro”.. fisiologicamente, è lo stesso gesto. Per questo molte persone con ansia, stipsi o dolore pelvico non hanno bisogno di “spingere di più”, ma di permettere al corpo di fidarsi.

Per i colleghi clinici: integrazione neuro-mio-fasciale tra ramo perineale del pudendo, elevatore dell'ano e sfintere esterno (S2–S4). Pattern ipertonico con riduzione del riflesso inibitorio puborettale, con dissinergia defecatoria, dolore pelvico cronico e alterata propriocezione viscero-somatica. Approccio: down-training, respirazione diaframmatica, decondizionamento riflesso e modulazione vagale.

Il corpo “stringe” dove la mente non riesce a lasciare andare.

E quindi? Non serve allenare solo la forza del pavimento pelvico. Serve rieducare la fiducia neuromuscolare: imparare che rilassare è un atto di forza, non di debolezza.

Trattenere infatti non è controllo, ma solo paura travestita da forza.

Prova questo.

Respira lentamente e lascia cadere la pancia senza sforzo.
Senti come cambia la tensione nel bacino?
Più respiri, più il corpo lascia andare.

Il corpo non mente mai.
Ma a volte.. stringe troppo per paura di fidarsi.

Post divulgativo a scopo educativo.
Non sostituisce la valutazione fisioterapica personalizzata.

03/11/2025

Tutti credono che sollevare il braccio significhi “usare la spalla”.

Falso.

Il braccio si muove solo se la scapola gli dà il permesso.

Guarda questa immagine.

Ogni volta che porti il braccio sopra la testa, succede una danza perfetta: la scapola ruota verso l’alto, la clavicola si solleva e ruota all’indietro, la testa dell’omero ruota esternamente, e la spalla (quella vera, non quella che vedi allo specchio) si apre come una porta che funziona solo se tutti i cardini girano insieme.

Per chi non è del mestiere

Quando alzi il braccio e senti “tirare dietro”, non è l’artrosi, né il tendine. È la scapola che ha smesso di scivolare bene sulla gabbia toracica. È come se provassi ad aprire una porta con i cardini arrugginiti.

Risultato? Rumori, fatica, dolore, blocco.

Per i colleghi clinici

Pattern dissinergico scapolo-omerale con deficit di upward rotation e tilt posteriore della scapola, ipomobilità SC posteriore e overdrive GH.
Alterazione del ritmo scapolo-omerale, sovraccarico del cingolo, impingement secondario, instabilità microtraumatica.

Approccio: retraining scapolotoracico, controllo motorio, dissociazione e integrazione respiratoria con catene posteriori.

E quindi?

Non dire “solleva il braccio”. Dì “lascia che la scapola accompagni il movimento.” Il segreto non è spingere di più, ma sincronizzare.

“Non è il braccio che si muove.
È la scapola che decide quanto sei libero.”

Prova adesso!

Alza lentamente un braccio davanti allo specchio.
L’altra mano mettila sulla scapola.
Si muove subito o resta ferma per metà del percorso?
Scrivilo nei commenti!

La spalla non è un’articolazione.
È una squadra.
E se la scapola sciopera.. il braccio non lavora.

Post divulgativo a scopo educativo.
Non sostituisce la valutazione fisioterapica personalizzata.

02/11/2025
24/10/2025

Tutti pensano che gli adduttori servano solo per chiudere le gambe.

Falso: il grande adduttore è il muscolo più frainteso del corpo, perché fa molto di più che “stringere le cosce”.

Guarda l’immagine: non è un solo muscolo, ma due in uno. La porzione pubofemorale (in blu) è più anteriore e lavora da flessore, la porzione ischiocondilare (in rosso) è più posteriore e agisce da estensore. In pratica, è un muscolo che cambia funzione a seconda della posizione dell’anca.

Per chi non è del mestiere: è come un elastico con due anime opposte, che decide se spingerti o tirarti in base a come ti muovi.

Per i colleghi clinici: parliamo di un muscolo biarticolare con duplice innervazione (otturatorio e tibiale del nervo sciatico), ponte funzionale tra catene anteriori e posteriori, fondamentale nella stabilità pelvica e nel controllo eccentrico durante l’appoggio monolaterale.

E quindi? Significa che dolore inguinale, pubalgia o tensione posteriore non vanno mai letti in modo isolato: dietro c’è un muscolo camaleontico che lavora su due fronti.

Qualcuno dirà: “parli di catene miofasciali, di doppia innervazione.. paroloni”.

Tradotto: il grande adduttore è il muscolo che non sa scegliere da che parte stare, e proprio per questo tiene insieme il bacino.

La buona notizia? Se impari a farlo lavorare bene, la tua anca ringrazia, la schiena respira e la camminata diventa finalmente.. simmetrica.

Il DITO A SCATTO…😲
23/10/2025

Il DITO A SCATTO…😲

30/09/2025
28/09/2025

Indirizzo

Centro Thuja, Via Lanza 55
Piacenza
29100

Telefono

392 0478012

Sito Web

https://centrothuja.it/

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