24/11/2025
LA FAMIGLIA NEL BOSCO: QUANDO POSSIAMO DEFINIRE “SBAGLIATO” IL MODO IN CUI UN GENITORE AMA IL PROPRIO FIGLIO?
Ho decine di messaggi che mi chiedono di esprimere un giudizio sul caso “famiglia nel bosco”. Settimana scorsa ha rifiutato numerose interviste di media nazionali su questo caso. Non mi sono espresso perché non “so esattamente” i contorni di questa specifica vicenda. non so su quali evidenze la “tutela minori” abbia preso la decisione che ha preso.
Di recente, riferendomi al caso di Luca (il bambino che praticamente dalla nascita viveva con la famiglia che lo ha avuto in affido ponte e che poi è stato dato in adozione ad altra famiglia nonostante la famiglia affidataria si fosse dichiarata disponibile ad adottarlo per garantirne la continuità affettiva) ho preso una posizione molto precisa contro la decisione della Giustizia Minorile. L’ho fatto perché di quel caso ho cercato di conoscere tutto, ogni singolo passaggio, ogni elemento. Quindi mi sono espresso a ragion veduta. Cosa che non posso fare con il caso della “famiglia nel bosco”, di cui conosco solo la narrazione resa disponibile al pubblico tramite i media.
Se devo esprimere un parare di massima, indipendentemente dal caso specifico, credo che la cosa che più va garantita ad un minore è la continuità degli affetti. Ma la continuità degli affetti non può prescindere dalla tutela del bene maggiore del minore che si basa anche sulla valutazione di condizioni oggettive. Mi spiego meglio: due genitori potrebbero rifiutarsi di sottoporre il proprio bambino a cure mediche più che necessarie per la sua sopravvivenza. Può lo stato interferire, in questo caso, con la decisione genitoriale? Un genitore potrebbe decidere che il suo bambino deve alimentarsi in modo non funzionale alla sua sopravvivenza per credenze personali che sono però incompatibili con la tutela della salute del bambino (è già capitato). Può lo stato interve**re in tale caso? Si tratta di condizioni in cui un genitore può essere molto competente sul piano affettivo ed essere riconosciuto come “base sicura” dal proprio bambino, che nei suoi confronti perciò sviluppa un attaccamento sano.
Al tempo stesso, però, quel genitore affettivamente competente, potrebbe mettere a repentaglio la salute e il benessere del corpo del bambino oppure togliere al bambino dei diritti che gli appartengono (il diritto all’istruzione, il diritto alla socialità, il diritto alla salute). Quando sei bambino puoi sentirti amato e amare un genitore che non tutela tutti i tuoi diritti, ma che ti vuole bene a modo suo, seguendo la sua cultura e i suoi principi che non necessariamente possono essere tutelanti il bene maggiore del bambino. Credo che in questi casi, chi tutela la salute dei bambini deve – nella continuità affettiva - garantire al bambino il ripristino delle condizioni oggettive che ne tutelano i diritti senza eventualmente interrompere la continuità affettiva.
Nel caso specifico della “famiglia nel bosco”, forse l’opinione pubblica sarebbe stata meno “divisa” se questa famiglia fosse stata tenuta unita e spostata in un luogo in grado di proteggere e garantire le condizioni di vita ottimali dei bambini. Dare una casa a questa famiglia, riscaldata e pulita, senza separarla, probabilmente non avrebbe generato il clamore che oggi accompagna la narrazione pubblica intorno a questo caso. in questo momento la famiglia non vive nel bosco, ma in un luogo protetto. Viene osservata da personale con competenze psicoeducative. I bambini nel frattempo convivono con la madre e non con il padre. il fatto che il padre sia “altrove” e non con i suoi figli è la cosa che ci turba. Perché è accaduto? Non lo sappiamo.
Questo caso è finito oggi nel frullatore della polarizzazione ideologica che la politica, i media, la gente comune alimentano di continuo quando c’è qualcosa che turba profondamente le nostre credenze più profonde. Può un genitore che ama molto, amare in modo pericoloso, tanto da rendere il suo amore un rischio oggettivo per il benessere del minore? La questione che ci turba è tutta qui. Abbiamo imparato nell’amore tra adulti, a parlare di “amore tossico” ed oggi ne comprendiamo il senso. Possiamo applicare lo stesso termine anche nella relazione tra un genitore e un figlio? Quali sono le condizioni che rendono possibile il ricorso a questa definizione nel caso in cui sia coinvolta la relazione genitore-figlio e non la relazione amorosa tra due adulti? E’ molto difficile definirle. Perché un genitore su un figlio ha la piena e autonoma responsabilità della crescita.
Un ceffone tra partner amorosi oggi può essere denunciato alla giustizia. Ma quasi nessuno denuncia un ceffone dato ad un figlio, perché un figlio lo “incorpora” nella regola che quel ceffone appartiene di diritto alla scelta educativa del genitore che ti cresce. E quindi non denuncerà mail la violenza che subisce per autodeterminazione educativa del genitore che lo cresce. Di fronte a bambini picchiati a scopo correttivo, lo stato può interve**re e proteggere, allontanando il minore dall’adulto maltrattante. Lo fa anche quando l’adulto è trascurante. In letteratura internazionale si chiama “child neglect”. Esiste il “neglect” affettivo/emotivo, così come esiste il “neglect” delle cure concrete.
Noi psicoterapeuti a volte lavoriamo con adulti che sono stati cresciuti, quando erano figli in modo davvero violento e disfunzionale, oppure trascurati sul piano fisico o emotivo. Da bambini, quei figli non si sono accorti del “mal-amore” di cui erano oggetto. Da grandi hanno compreso che qualcuno avrebbe dovuto metterli in salvo, ma non è accaduto. Perciò, si trovano a dover curare ferite e cicatrici di cui nessuno si è preso cura. Da fuori spesso sembravano figli di famiglie perfette. Dentro, quelle famiglie erano invece altamente imperfette.
Il dibattito pubblico oggi è proprio legato a queste domande: quella famiglia vista da fuori per molti è meravigliosa, per altri trascurante. Quella famiglia vista da fuori per molti è competente, per altri gravemente trascurante. Dove sta la verità? Chi siamo noi per poterlo decidere leggendo la notizia su un giornale? Io non ne sono in grado. Ma forse ho compreso perché questo caso ci sta turbando così tanto.
Se pensi che questo scritto aiuti a rendere il dibattito su questo caso, meno diviso e più composto, condividilo con altri genitori ed educatori in dialogo su questo tema.