Il mio psicologo online

Il mio psicologo online Paolo Bartalini psicologo e psicoterapeuta Un lavoro che faremo insieme e che riguarda la tua vita.

Mi chiamo Paolo Bartalini, esercito la professione di psicologo-psicoterapeuta da 32 anni.In questi anni ho capito che la psicoterapia è un’esperienza unica e affascinanate, l’incontro di due persone. Paolo Bartalini - psicologo-psicoterapeuta
Lo psicoterapeuta attraverso l’ascolto e la profonda comprensione aiuta al raggiungimento di una conoscenza maggiore di se e ad una consapevolezza che porta alla liberazione,

12/01/2022

ARTICOLI
Un classico tira l’altro: perché riguardiamo i film di Natale

28 Dicembre 2021
30 Dicembre 2021

Foto di Getty Images

Alzi la mano chi ha già iniziato a fare la maratona dei film natalizi. Li abbiamo visti mille volte, certo, ma continuiamo a guardarli, al punto che ormai sappiamo riprodurre ogni espressione di Jim Carrey nel ruolo del Grinch e sappiamo a memoria la colonna sonora di Love Actually. Perché li riguardiamo allora? No, non è solo perché ci piacciono. Ne abbiamo parlato con uno psicologo e con un sociologo per capirci di più. https://a557ff098ce3fefe36575e3a5a7ef4a6.safeframe.googlesyndication.com/safeframe/1-0-38/html/container.html
Tre cose sono certe (e una di queste è una ‘Una Poltrona per Due’)

“In questo mondo nulla può dirsi certo, eccetto la morte e le tasse“, scriveva a un amico il politico e inventore statunitense Benjamin Franklin. Se fosse vissuto ai nostri tempi, lo scienziato avrebbe probabilmente menzionato anche Una poltrona per due. Se c’è una certezza al mondo, infatti, è che il 24 dicembre la commedia del 1982 John Landis venga proposta in prima serata su Italia Uno.

È diventata uno degli imperdibili classici natalizi, anche se non fu subito pensata per essere trasmessa durante questo periodo, dal momento che il primo passaggio televisivo fu il 9 aprile 1986 e su Canale 5. La prima volta che andò in onda su Italia 1 il giorno della Vigilia fu nel 1989, ma bisogna attendere il 2012 per l’appuntamento fisso, ogni anno, la sera prima di Natale.

La televisione italiana ogni anno propone i classici natalizi durante le settimane precedenti e successive al 25 dicembre. Anche le piattaforme di streaming, come Netflix o Prime Video, propongono una categoria di “Classici di Natale” in cui rientrano tutti (o quasi) quei film con atmosfera natalizia con cui siamo cresciuti. È un apparente contraddizione rispetto a uno dei principi che muovono l’industria dell’intrattenimento, quello di conquistare il pubblico con prodotti e format sempre nuovi, eppure funziona.

Qualche esempio di film natalizio che quasi sicuramente rivedremo? Solo per citarne alcuni Mamma ho perso l’aereo, Il Grinch, Jack Frost, L’amore non va in vacanza, The Family Man, Polar Express, Miracolo sulla 34esima strada, Love Actually. Poi ci sono quei film e serie televisive tradizionalmente riproposte sotto le feste anche se non necessariamente sono ambientate nel periodo natalizio, come Fantaghirò, Una serie di sfortunati eventi, La storia infinita, Il Diario di Bridget Jones, Tutti insieme appassionatamenteoEdward mani di Forbice.

Ma perché, nonostante abbiamo già visto questi film moltissime volte, continuiamo a guardarli? Certo, sicuramente ci piacciono. La risposta tuttavia è un po’ più complessa ed è al centro anche di una ricerca effettuata dalla studiosa Cristel Russell della Pepperdine University di Malibù, in California, che ha definito questo fenomeno con il termine di re-consumption, ovvero ri-consumo, cioè fruizione ripetuta.
Ogni generazione ha i suoi classici

Ogni generazione associa alla propria infanzia e adolescenza alcuni prodotti cinematografici. Se chiediamo a un bambino se Il piccolo Lord del 1980 diretto da Jack Gold sia un classico di Natale, molto probabilmente non saprà nemmeno di che film si tratti e piuttosto indicherà come film natalizio Frozen o Polar Express. Altri classici invece sono più universali, come Mamma ho perso l’aereo, Mamma ho preso il morbillo o I Gremlins (anche se, come direbbe il Grinch: “Quel che è schifoso per uno, è profumoso potpourri per un altro”, e quindi esiste la remota ipotesi che qualcuno non li ami).
Sapere “come va a finire” ci rassicura fin da bambini

Secondo lo psicologo Paolo Bartalini, fin da piccoli siamo abituati ad addormentarci sentendo lo stesso racconto o ascoltando la medesima ninnananna. “A due o tre anni nascono le prime paure e si fanno i primi sogni complicati”, dice: “Addormentarsi con qualcosa che conosciamo è come pensare al futuro e sapere come va a finire. Ci sentiamo rassicurati continuamente“.

Fin da piccoli troviamo quindi un senso di sicurezza e protezione nel rivedere alcuni film e questo bisogno prosegue anche nell’età adulta. Tanto più che il periodo che stiamo vivendo da qualche anno, secondo lo psicologo Bartalini, è caratterizzato da estrema incertezza. “Abbiamo più paura e più bisogno di essere rassicurati”, dice. Guardare lo stesso film diventa quindi un modo inconscio per trovare una conferma, una certezza in un momento molto delicato e precario.

Rivedere la stessa pellicola inoltre può darci la possibilità di fare altre attività senza doverci concentrare troppo. “Diventa economico”, dice lo psicologo. “Puoi stirare mentre guardi un film che già conosci, se rivederlo è dovuto soprattutto al fatto che ti piace e ti senti al sicuro, non tanto per distrarti”.
Film che diventano rituali

Oltre a farci sentire rassicurati, le pellicole natalizie fanno parte in molte famiglie di un vero e proprio rituale. “È come giocare a tombola”, dice lo psicologo. “Quando ci giochi? Principalmente a Natale perché fa parte di un gesto ripetitivo che associ a questo periodo”.

Il Natale è ricco di tradizioni condivise (dall’imbandire la tavola al comprare i regali) o tipici di una singola famiglia, come cucinare una certa pietanza o visitare determinati luoghi. Rivedere tutti gli anni in compagnia Tutti insieme appassionatamente, ad esempio, può diventare un appuntamento fisso, un momento di condivisione e gioia a cui riservare un unico giorno all’anno.
Memorie d’infanzia

Rivedere film natalizi ci porta inoltre indietro nel tempo a ricordi felici associati alla visione di quel prodotto. Guardare, ad esempio, Nightmare Before Christmas, può farci ve**re in mente la prima volta che lo abbiamo visto al cinema con i nostri genitori o quando ci abbiamo portato i nostri figli: il fatto di rivederlo ogni anno sul divano, bevendo cioccolata calda e cantando le canzoni, può diventare sia un rituale, ma anche risvegliare in noi emozioni e ricordi piacevoli.

Il sociologo Luigi Caramiello ritiene possibile che la memoria del Natale possa essere rievocata attraverso i film natalizi, che diventano un modo per ritrovare il candore della fanciullezza. “Può agire in noi una dinamica nostalgica dell’infanzia che è un’epoca che si contraddistingue per un modo diverso di vivere certe occasioni celebrative. I bambini attendono Babbo Natale in una dimensione di incantesimo che poi con l’età adulta si tende a perdere”.
Quando un film non ci dà più le stesse emozioni

Può succedere, come dimostra nella sua ricerca anche Cristel Russell, che rivedere un film dopo tanti anni cambi il nostro giudizio iniziale e i ricordi e le emozioni che ci legavano a quel prodotto. Può darsi che gli effetti speciali ci appaiano troppo datati o che la trama sia più deludente di come la ricordavamo, un po’ come può succedere nel rileggere un libro dopo tanti anni.

“Secondo me alcuni film meritano di essere rivisti perché hanno la capacità di scatenare ogni volta una possibile novità ermeneutica”, dice Luigi Caramiello. “Ma ci sono film che sono condannati alla datazione. Nel mio specifico caso, ad esempio, quando ho rivisto Picnic ad Hanging Rock, che da giovane consideravo un bel film, mi sono reso conto che non avesse nulla di così suggestivo. I film che funzionano sempre sono quelli che propongono delle tipologie narrative di carattere universale, come le lettere di un alfabeto“, conclude.

17/12/2021

LE SOCIETÀ SCIENTIFICHE DI PSICOLOGIA: LA LEGGE DI BILANCIO DIA RISPOSTE AI DANNI PSICOLOGICI DELLA PANDEMIA

14 dicembre 2021 – Siamo ormai a due anni dall’inizio della pandemia e sempre di più registriamo l’aumento di problemi psicologici nella popolazione. Si può parlare ormai di “Covid distress” per indicare una condizione di malessere psicologico importante che riguarda oltre un quarto della popolazione, che ha ricadute significative sulla vita quotidiana, sullo studio e il lavoro, sulle relazioni e sulla salute. Una situazione di sofferenza che, in assenza di risposte, è in gran parte destinata ad aggravarsi.
La pandemia ha triplicato il disagio psicologico nella popolazione, soprattutto tra i più giovani, ed ha messo a n**o l’assenza nel paese di una rete psicologica di primo livello per la prevenzione, promozione, ascolto e sostegno e la carenza dei servizi di secondo livello di salute mentale.
Tale situazione è testimoniata anche dall’aumento imponente della richiesta (39% in più) di aiuto psicologico, che tuttavia taglia fuori una quota significativa di persone che non possono accedere nel privato per mancanza di risorse economiche. Una persona su tre ha dovuto rinunciare per ragioni economiche, pur avendo bisogno di aiuto e non trovando adeguata risposta nelle strutture pubbliche.
Il danno psicologico della pandemia ha raggiunto proporzioni tali che richiede una strategia di risposta articolata e su più livelli e su una tempistica realistica. Come si è fatto con le azioni di contrasto al Covid, di fronte ad un problema diffuso non ci si è affidati solo all’aumento dei posti letto in ospedale ma si è messa un campo una strategia articolata di prevenzione , contenimento e promozione di comportamenti e atteggiamenti protettivi.
Così la psicopandemia richiede anche una nuova cultura della promozione del benessere psicologico come requisito fondamentale per la qualità della vita individuale, sociale e per la salute, l’adozione di misure e programmi idonei a sostenere tale obiettivo, facendo perno sulla scuola come luogo per lo sviluppo umano, su servizi sociali come strumenti di un welfare inclusivo, su un sistema sanitario capace di guardare alle persone come unità psicobiologiche.
Il Governo ha fornito prime risposte innovative e tempestive con l’esperienza del Numero Verde per il sostegno psicologico del Ministero della Salute, che ha visto la collaborazione solidale di numerose società scientifiche e ha costituito una esperienza importante. Il prolungarsi della pandemia e il continuo aumento del disagio ha portato poi alla misura del “bonus” per consentire l’accesso a forme di aiuto psicologico immediato a quelle ampie fasce della popolazione che sono in condizioni di disagio economico oltre che psicologico. Oggi è fondamentale dare maggiore spessore a questa misura, come giustamente chiedono molti parlamentari di tutti gli schieramenti, che è l’unico modo per dare una risposta immediata e non continuare a penalizzare chi non può accedere con risorse proprie.
Accanto alle misure di urgenza – che servono per tamponare, non certo per rispondere esaustivamente ai bisogni di salute evidenziati – vanno messe in campo azioni strutturali per dotare il paese di una rete di prevenzione e promozione psicologica pubblica e per potenziare i servizi di cura, sia di tipo psicologico che psichiatrico. Azioni da adottare nell’ambito della revisione del SSN a cui si sta lavorando, tenendo presente l’articolazione, la varietà e le specificità delle problematiche psicologiche rispetto a quelle più strettamente psichiatriche.
Occorre sottolineare l’importanza di adottare strategie anche di tipo collettivo e comunitario per azioni diffuse di prevenzione, promozione, ascolto e sostegno psicologico e rendere disponibili gli interventi psicoterapici in tutte le situazioni ove le cure psicologiche risultano più appropriate e vantaggiose. Se si vogliono attuare provvedimenti basati sulle evidenze scientifiche di efficacia e di costo-benefici non si può continuare a considerare le cure psicologiche un lusso per pochi, perché ciò risulta assolutamente non giustificato, antiscientifico, e quindi il portato di una visione pregiudiziale e penalizzante per i cittadini e la comunità.
I cittadini italiani, minorenni e adulti, già in base ai Livelli Essenziali di Assistenza vigenti, avrebbero diritto al sostegno psicologico e alla psicoterapia ad accesso diretto nei servizi del SSN, e tale diritto va garantito nelle forme possibili da subito, sia mediante l’immediatezza di un bonus adeguato che mediante le misure strutturali sopra richiamate.
Come società scientifiche ci aspettiamo che la politica, il Governo, il Parlamento, le Regioni, anche in questo campo vogliano dare ascolto alle evidenze di ricerca, e risposta ai bisogni dei cittadini.

21/04/2021

I moduli della rabbia

Può capitare di perdere le staffe quando discutiamo animatamente col nostro partner o con altre persone, il problema nasce quando queste sfuriate si fanno sempre più frequenti e quando non riusciamo a controllarle a dovere. Alcuni dicono per giustificarsi:

- - Sono fatta così

- - Non riesco a controllarmi

- - È una cattiva abitudine, ecc.

In realtà tutti noi possiamo Imparare a Gestire le nostre Emozioni ed a tenere a bada quelle sgradevoli che influenzano negativamente il nostro rapporto col partner, coi nostri Figli, coi colleghi di lavoro e con altre persone. Ma come possiamo fare per riuscire in questo?

21/04/2021

“Le emozioni represse non muoiono mai. Vengono sepolte vive e in futuro usciranno nel peggiore dei modi.”
Nascondere e reprimere le emozioni equivale a non accettarle e quindi queste rimangono nell’inconscio e causano dei danni. Quando finalmente tornano alla luce, possono causare un vero e proprio terremoto emotivo.
Ma si possono affrontare e superare

Indirizzo

Via Don Gaetano Boschi 36
Pisa
56126

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