Fortuna La Mura Psicologa

Fortuna La Mura Psicologa Sono Fortunata La Mura, psicoterapeuta della Gestalt. Accompagno bambini, adolescenti, adulti e coppie in percorsi di consapevolezza. Colloqui online

Offro ascolto e presenza nel qui e ora, per aiutarti a ritrovare equilibrio, autenticità e fiducia in te stesso.

Abbracciare il bambino interiore“Ogni tanto abbraccia la bambina o il bambino che sei stat*.”Può sembrare una frase semp...
31/10/2025

Abbracciare il bambino interiore

“Ogni tanto abbraccia la bambina o il bambino che sei stat*.”
Può sembrare una frase semplice, ma nasconde un messaggio psicologico profondo. Dentro ognuno di noi continua a vivere il bambino che siamo stati: quella parte autentica, spontanea e sensibile che, nel corso del tempo, può essere stata ferita, criticata o messa da parte per adattarsi alle richieste del mondo adulto.

Secondo l’Analisi Transazionale di Eric Berne, la nostra personalità si struttura intorno a tre stati dell’Io:

Il Genitore, che racchiude le regole, i modelli e le voci interiorizzate delle figure di riferimento;

L’Adulto, che si relaziona con la realtà presente in modo razionale e consapevole;

Il Bambino, che rappresenta il mondo delle emozioni, dei bisogni affettivi e della creatività.

Spesso, nella vita quotidiana, lasciamo che sia il nostro Genitore Critico a guidarci: ci rimprovera, ci giudica, ci fa sentire “sbagliati” o “non abbastanza”. In questi momenti, il Bambino interiore si chiude, si nasconde o si difende, perché rivive le stesse emozioni di un tempo: paura di non essere accettato, vergogna, senso di colpa o solitudine.

Abbracciare il bambino interiore significa, allora, interrompere questo schema interno e permettere al nostro Adulto di entrare in relazione con quella parte vulnerabile in modo empatico e protettivo. È come dire a sé stessi:

“Non sei solo, ti vedo, e ora ci sono io a prendermi cura di te.”
Questo gesto interiore — reale o simbolico che sia — favorisce integrazione psichica e autocompassione. Quando impariamo ad accogliere le nostre emozioni invece di giudicarle, il Bambino interiore può tornare a fidarsi, a esprimersi, a gioire.
E solo allora la nostra parte adulta può diventare davvero libera: perché non ha più bisogno di negare la propria fragilità, ma la riconosce come parte essenziale della propria umanità.

Abbracciare il bambino che siamo stati, dunque, non è un atto nostalgico, ma un passo concreto verso la guarigione interiore: significa riconnettersi con le radici della propria sensibilità e diventare, finalmente, l’adulto capace di dare quell’amore, quella comprensione e quella sicurezza che un tempo forse ci sono mancati.

Hai mai pensato di non meritare i tuoi successi?Di essere “solo fortunato” o che, prima o poi, qualcuno si accorga che n...
30/10/2025

Hai mai pensato di non meritare i tuoi successi?
Di essere “solo fortunato” o che, prima o poi, qualcuno si accorga che non sei davvero competente?
Potresti star sperimentando la sindrome dell’impostore.

Le psicologhe Pauline Clance e Suzanne Imes lo
descrivono come la percezione interna di non meritare i propri successi, anche di fronte a evidenze oggettive del contrario.

Chi vive questa condizione tende a sminuire le proprie capacità e ad attribuire i risultati positivi a fattori esterni — come la fortuna o l’errore di valutazione altrui.
Il paradosso?
Più ottieni, meno ti senti all’altezza.

Alla base c’è spesso una bassa autostima e una costante paura di essere “smascherati”.
Ogni traguardo non genera soddisfazione, ma ansia: e se, questa volta, si accorgessero che non valgo davvero?

I meccanismi tipici sono:

Perfezionismo e autocritica feroce

Paura del giudizio e del fallimento

Confronto costante con gli altri

Rimuginio e ruminazione su errori passati o futuri

Ansia e, a volte, sintomi depressivi

Chi vive con questa sensazione può arrivare a evitare sfide o nuove opportunità, costruendo una vita “al ribasso”, solo per evitare il rischio di essere scoperto come “impostore”.

Cosa puoi fare?
Anche se non è una diagnosi clinica, la sindrome dell’impostore può causare grande sofferenza.
Un percorso di psicoterapia può aiutare a:
Riconoscere i pensieri distorti
Valorizzare i propri risultati
Sviluppare un senso di competenza più realistico e stabile

Non devi essere perfetto per essere competente.
Riconoscere i propri successi non è arroganza — è consapevolezza.

Anche se non è una diagnosi clinica, la sindrome dell’impostore può causare grande sofferenza.
Un percorso di psicoterapia può aiutare a:
Riconoscere i pensieri distorti
Valorizzare i propri risultati
Sviluppare un senso di competenza più realistico e stabile

E tu?
Ti sei mai sentito un impostore?

La “Sindrome di Calimero”: il senso costante di ingiustizia e vittimismoIl termine “Sindrome di Calimero” deriva dal cel...
28/10/2025

La “Sindrome di Calimero”: il senso costante di ingiustizia e vittimismo

Il termine “Sindrome di Calimero” deriva dal celebre personaggio del pulcino nero che ripeteva:

“È un’ingiustizia, però!”

In psicologia, questa espressione viene usata in modo informale per descrivere un atteggiamento vittimistico cronico, in cui la persona tende a percepirsi come costantemente penalizzata o incompresa, attribuendo agli altri o alle circostanze la causa del proprio malessere.

Le caratteristiche principali di questa sindrome sono:

Sensazione ricorrente di ingiustizia o svantaggio

Tendenza a lamentarsi senza ricercare soluzioni

Difficoltà nel riconoscere la propria parte di responsabilità

Bisogno di conferme e riconoscimento esterno

Cosa si nasconde dietro questo atteggiamento?
Spesso la Sindrome di Calimero è associata a bassa autostima, insicurezza, o a esperienze passate di mancato riconoscimento.
Questi vissuti possono portare a un modello relazionale centrato sul bisogno di conferma e sulla difficoltà a percepirsi come agenti attivi della propria vita.

Un lavoro psicologico mirato può portare a un percorso di consapevolezza e cambiamento

Riconoscere i propri schemi di pensiero vittimistici

Rafforzare il senso di autoefficacia

Sviluppare una maggiore responsabilità personale e capacità di scelta

Riconoscere questo schema non significa colpevolizzarsi, ma avviare un percorso di trasformazione che trasforma la sensazione di ingiustizia in una nuova possibilità di crescita personale.
E tu? Hai mai detto:
"È un ingiustizia però..."?

Uno dei sentimenti più gratificanti che io conosca – ed una delle esperienze che meglio promuovono la crescita dell’altr...
18/10/2025

Uno dei sentimenti più gratificanti che io conosca – ed una delle esperienze che meglio promuovono la crescita dell’altra persona – sorge dall’apprezzare un individuo nello stesso modo in cui si apprezza un tramonto.

Le persone sono altrettanto meravigliose quanto i tramonti se io li lascio essere ciò che sono.

In realtà, la ragione per cui forse possiamo veramente apprezzare un tramonto è che non possiamo controllarlo.

Quando osservo un tramonto, come facevo l’altra sera, non mi capita di dire: “ addolcire un po’ l’arancione sull’angolo destro, mettere un po’ più di rosso porpora alla base, ed usare tinte più rosa per il colore delle nuvole”.

Non lo faccio.

Non tento di controllare un tramonto, ammiro con soggezione il suo dispiegarsi.

Carl R. Rogers

(visto su fb - grazie ad Angela Galassi)

Le emozioni indicano bisogni da ascoltare.Non sono “nemiche da controllare” o “debolezze da nascondere”. Sono messaggeri...
15/10/2025

Le emozioni indicano bisogni da ascoltare.
Non sono “nemiche da controllare” o “debolezze da nascondere”.

Sono messaggeri preziosi: ci parlano di ciò che accade dentro di noi, e di ciò che ci serve per stare bene.

Quando provi:

Rabbia potresti aver bisogno di rispetto o protezione.

Tristezza forse stai vivendo una perdita o hai bisogno di conforto.

Paura potresti cercare sicurezza o stabilità.

Gioia è il segnale che un tuo bisogno è stato soddisfatto.

Ascoltare le emozioni significa prendersi cura di sé.

Non ignorarle. Non giudicarle.
Chiediti piuttosto: “Cosa mi sta dicendo questa emozione?”

Ti va di condividerlo nei commenti? Quale emozione hai ascoltato oggi?

"Che cos'hai da ridire su te stesso?...Fammi questo piacere, accetta tutto quello che in te c'è di male, come il fatto c...
06/10/2025

"Che cos'hai da ridire su te stesso?...

Fammi questo piacere, accetta tutto quello che in te c'è di male,

come il fatto che tremi e via dicendo.

Continua a essere nervoso, e scopri quel che ci può essere di interessante.

Dì di sì al fatto che (tremi),...

So che per adesso è soltanto un trucchetto, ma proviamolo.

'Sto (tremando), e (tremare) mi piace'

Fritz Perls: la terapia gestaltica parola per parola, Roma, 1980, p. 170

Immagina una mattina al bar .Sei seduto al tavolo con le amiche, ognuna con il suo caffè e i suoi pensieri... finché qua...
05/10/2025

Immagina una mattina al bar .
Sei seduto al tavolo con le amiche, ognuna con il suo caffè e i suoi pensieri... finché qualcuna, con aria complice, dice:
“Lo sapete cosa ha fatto Marta ieri in riunione? Assurdo…”

Gli occhi si alzano, i sorrisi si stringono, le orecchie si tendono.
Il racconto parte, si colora, si ingigantisce. In pochi minuti, Marta diventa la protagonista di una storia da cui non può difendersi.

Quella brevissima frase iniziale – “Lo sai cosa ha fatto?” – dice già tanto.
Perché sì, stiamo parlando, anzi, sparlando di Marta che non c'è,
ma stiamo raccontando anche di noi, che invece siamo lì.

Il pettegolezzo è spesso una risposta a un bisogno interiore.
Non sempre lo facciamo con cattiveria. A volte, nemmeno ce ne accorgiamo.
Eppure, dietro ogni parola che usiamo per descrivere qualcun altro, può esserci un nostro bisogno non detto:

Bisogno di appartenenza:
Parlare di qualcuno ci fa sentire parte di un gruppo. Il “noi” si costruisce spesso intorno a un “lui” o “lei”.

Bisogno di identità:
Criticare le scelte altrui può rassicurarci sulle nostre. “Io non farei mai così” è un modo per dire “Io sono diverso, forse migliore”.

Bisogno di sfogo:
A volte usiamo il pettegolezzo per alleggerire tensioni interiori. Parlare degli altri diventa un modo (inconscio) per non ascoltare il rumore dentro di noi.

Il pettegolezzo, in fondo, è uno specchio.
Riflette molto di più chi lo fa, che chi lo subisce.

Prova a chiederti, la prossima volta:
– Di cosa ho bisogno, davvero?
– Cosa sto cercando di esprimere parlando di questa persona?
– C’è un modo più autentico per prendermi cura di quel bisogno, senza far male a nessuno?

Non si tratta di colpevolizzarsi, ma di conoscersi meglio.
Perché ogni parola che scegliamo, è anche una storia che raccontiamo su di noi.

E se, invece, partissi proprio da te?
Se parlassi di te, di quella volta in cui...?
Proviamo?
E se invece dessi ascolto a quel bisogno?
Proviamo?

Il Doc è un disturbo  d'ansia caratterizzato dalla presenza di ossessioni e compulsioni. Cosa sono le ossessioni?Pensier...
23/09/2025

Il Doc è un disturbo d'ansia caratterizzato dalla presenza di ossessioni e compulsioni.

Cosa sono le ossessioni?

Pensieri, immagini o impulsi ricorrenti e intrusivi.

Sono indesiderati e causano disagio o ansia.

Chi ne soffre non vuole quei pensieri e cerca di scacciarli.

“E se facessi del male a qualcuno?”

“E se fossi una cattiva persona?”

“E se ho lasciato il gas acceso?”

Cosa sono le compulsioni?

Sono comportamenti o pensieri ripetitivi messi in atto per ridurre l’ansia causata dalle ossessioni.

Possono essere: Comportamentali (es. lavaggi, controlli, ripetizioni)
Mentali (es. contare, pregare, ripetere frasi, cercare rassicurazioni)

Non sempre si vedono dall’esterno, ma consumano molta energia interna.

Il DOC si presenta in diverse forme,

Controllo (porte, gas, messaggi inviati)

Contaminazione (paura di germi, malattie)

Ossessioni pure (pensieri violenti, blasfemi o sessuali)

Simmetria e ordine

Scrupolosità morale o religiosa

Ogni tipo può avere ossessioni e rituali associati.

Falsi miti da sfatare

"Sono un po’ ossessivo anch’io!"
Il DOC è un disturbo clinico e può essere diagnosticato solo da un professionista, in taluni casi i pensieri e le compulsioni sono talmente frequenti da invalidare la vita sociale del soggetto.

"Chi ha pensieri violenti è pericoloso"
No, chi ha DOC ha paura di quei pensieri e non li vuole. Proprio per questo cerca di evitarli.

"Il DOC si nota sempre"
No, molti rituali sono mentali e invisibili.

Si può guarire?

Sì, il DOC si può trattare con efficacia.

Il trattamento d’elezione è la psicoterapia

In alcuni casi, può essere utile affiancare un supporto farmacologico.

Chiedere aiuto è un atto di coraggio.

Se ti riconosci in questi vissuti, non sei solo.
Con il giusto supporto, è possibile tornare a vivere una vita piena.

Contattami per informazioni o per un colloquio.

“S’incomincia a vedere e sentire il proprio paziente e a fargli compagnia, gli si sta vicino nella sua discesa entro se ...
15/09/2025

“S’incomincia a vedere e sentire il proprio paziente e a fargli compagnia, gli si sta vicino nella sua discesa entro se stesso, nell’esplorazione del suo mondo. ‘Vedere’ è percepire con l’occhio empatico, cogliere il dolore nelle sfumature della postura corporea, dell’espressione del viso, degli atteggiamenti e movimenti. È un vedere partecipativo, in cui non si è neutrali e distaccati, ma si sente e si soffre insieme all’altro.”
Sergio Mazzei

Nutrire le emozioni: quando quella che senti non è proprio 'fame'.Ti capita di aprire il frigorifero anche se hai appena...
23/08/2025

Nutrire le emozioni: quando quella che senti non è proprio 'fame'.

Ti capita di aprire il frigorifero anche se hai appena mangiato? Di mangiare qualcosa anche se lo stomaco non brontola? Vuoi riempire un vuoto che non ha fame, senti il bisogno di “qualcosa”.

Forse sei stanca.
Forse ti senti sola.
O forse hai solo bisogno di una pausa .

Quello che provi non è fame fisica.
È una fame emotiva.

In quei momenti, il cibo diventa una forma di consolazione, un rifugio rapido, una distrazione che placa — ma solo per poco.
Subito dopo, però, possono emergere frustrazione, senso di colpa e domande difficili:
“Perché l’ho fatto di nuovo?”

È importante chiarire un punto:
non si tratta di mancanza di forza di volontà.
È una strategia, spesso automatica, per gestire emozioni complesse o difficili da riconoscere.
Le emozioni che possono portare a mangiare senza fame:

Stress : mangi per trovare calma

Ansia : mangi per recuperare controllo

Noia :mangi per colmare un vuoto

Tristezza : mangi per consolarti

Solitudine : mangi per sentirti meno sola

Queste dinamiche sono comuni e umane.
Ma possono essere comprese, rielaborate, trasformate.

Da dove iniziare?

Con una domanda tanto semplice quanto potente:
“Cosa sto cercando davvero in questo momento?”

Perché spesso non hai bisogno di uno spuntino.
Hai bisogno di ascolto, di rallentare, di respirare.
Hai bisogno di parlare, di sentirti accolta, vista, capita.

E tutto questo non si trova in un pacchetto di biscotti.

Se senti che il cibo è diventato una risposta automatica alle emozioni,
non sei sola, e non c’è nulla di sbagliato in te.

Se desideri fare chiarezza su questi meccanismi e a costruire un rapporto più consapevole e sereno con te stessa, con ciò che provi e con il cibo puoi chiamarmi
📞3381173472

Ricevo online e in presenza.
Contattami se desideri iniziare un percorso di consapevolezza emotiva e benessere psicologico.

Manipolazione emotiva: quando perdi contatto con te stesso Ci sono relazioni in cui, lentamente, inizi a sentirti confus...
21/08/2025

Manipolazione emotiva: quando perdi contatto con te stesso

Ci sono relazioni in cui, lentamente, inizi a sentirti confuso.
Hai la sensazione costante di essere in errore, di doverti giustificare, anche quando sai di non aver fatto nulla di sbagliato.

Chi manipola non sempre lo fa in modo evidente.
Spesso usa strumenti più sottili: il senso di colpa, il silenzio, la colpevolizzazione indiretta, o fa leva sul tuo bisogno di essere accettato, di non deludere.

In terapia, accade spesso di scoprire che queste dinamiche si collegano a parti più antiche della nostra storia:
quel bambino che, pur di essere amato, ha imparato ad adattarsi, a compiacere, a mettere da parte i propri bisogni.

Non è una colpa.
Diventa una responsabilità riconoscere quando ti stai allontanando da te stesso per trattenere l’altro.

Il lavoro terapeutico parte proprio da qui:
dalla possibilità di ritrovare la propria voce,
riconoscere i propri limiti,
e attivare quell’adulto interiore capace di proteggersi e costruire relazioni fondate sul rispetto reciproco.

Perché la manipolazione si basa su un disequilibrio relazionale.
Uno controlla, l’altro si adegua.
E per quanto possa sembrare amore, non lo è.

In terapia si impara che:
Dire “no” non significa essere cattivi.
Mettere confini è un atto di rispetto verso se stessi.
Non sei sbagliato se smetti di compiacere chi ti toglie energia.

Tutto cambia quando scegli di tornare al centro della tua esperienza.
Lì, puoi ritrovare la tua autenticità e costruire relazioni diverse, più sane, più vere.

E a te, è mai capitato di sentirti lontano da te?
Se vuoi, ne parliamo.
📲 3381173372

Se continui a scegliere chi ti ferisce,non è perché non sei abbastanza.È perché una parte di te sta ancora cercando amor...
20/08/2025

Se continui a scegliere chi ti ferisce,
non è perché non sei abbastanza.
È perché una parte di te sta ancora cercando amore… nel posto sbagliato.

Non è fragilità.
È una ferita che chiede ascolto.

Anche le donne più forti possono ritrovarsi in relazioni disfunzionali.
Non per mancanza di valore,
ma perché dentro ognuna di noi vivono parti vulnerabili
che continuano a cercare amore — anche dove non può esserci.

Se ti è capitato di amare chi ti spegne,
chi ti manipola,
chi ti fa sentire sbagliata per ciò che provi…

Sappi che non è colpa tua.
Non è debolezza.
È la voce di una parte più giovane di te, invisibile,
che non ha ancora ricevuto l'amore, la cura, la sicurezza di cui aveva bisogno.
E che oggi continua a cercarle, anche dove fa male.

Finché quella parte resta sola,
potresti trovarti a dare troppo a chi restituisce poco.
A giustificare ciò che non andrebbe giustificato.
A confondere amore con assenza.

Ma il cambiamento è possibile.
E comincia quando scegli di accoglierti,
con compassione e responsabilità.

“Non è colpa mia.
Ma oggi è mia responsabilità prendermi cura di me.”

Se senti che è arrivato il momento di farlo,
scrivimi un messaggio o contattami al 📞 338 117 3472
🌸 Insieme possiamo dare voce a quella parte di te
che chiede amore, cura e presenza.

Indirizzo

Via Stabiana 1
Pompei
80045

Orario di apertura

Mercoledì 09:00 - 17:00
Giovedì 15:00 - 20:00
Venerdì 15:00 - 20:00

Telefono

+393381173472

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