Dott.ssa Edy Virgili - Biologa Nutrizionista

Dott.ssa Edy Virgili - Biologa Nutrizionista Biologa Nutrizionista specializzata in scienza dell'alimentazione con Master in Nutrizione Oncologica

Biologa Nutrizionista specializzata in scienza dell'alimentazione e con Master in oncologia integrata.

14/11/2025

IARC vs. Ginecologi: Il Contenzioso Scientifico sulle Terapie Ormonali

​Il dibattito sulla sicurezza delle terapie ormonali, dai contraccettivi orali alla Terapia Ormonale Sostitutiva (TOS) per la menopausa, rappresenta un classico esempio di scontro tra la valutazione del pericolo (salute pubblica) e la valutazione del rischio/beneficio (medicina individuale).
​L'Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) le classifica come cancerogene, mentre la comunità ginecologica le prescrive regolarmente, basandosi su un approccio clinico personalizzato.

​La Classificazione IARC: Cancerogeni di Gruppo 1

​Lo IARC, l'agenzia dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), valuta la capacità intrinseca di una sostanza di causare il cancro. L'analisi è focalizzata sul pericolo potenziale, ignorando il contesto d'uso o il livello di esposizione.
​Nel 2005, lo IARC ha classificato sia i contraccettivi orali combinati che la TOS combinata (Estrogeno più Progestinico) nel Gruppo 1: "Cancerogeni per l'uomo", la stessa categoria che include il fumo di tabacco e l'alcol.
​La motivazione di questa classificazione si basa sull'evidenza epidemiologica che dimostra un aumento del rischio relativo dovuto alle terapie ormonali.
​(IARC Monographs, Volume 91 (2007) – Combined Estrogen-Progestogen Contraceptives and Combined Estrogen-Progestogen Menopausal Therapy).

​La Prospettiva Clinica: Bilancio Rischio/Beneficio

​I ginecologi non negano i dati IARC, ma li contestualizzano nella pratica clinica, concentrandosi sul rischio assoluto per la paziente e sui benefici terapeutici per la sua qualità di vita.

​La Terapia Ormonale Sostitutiva (TOS)
​La valutazione del rischio della TOS è stata profondamente influenzata dal Women's Health Initiative (WHI), un ampio studio randomizzato.
​L'Allarme WHI (2002): Lo studio, che includeva donne in prevalenza anziane e lontane dalla menopausa, ha evidenziato che la TOS combinata aumentava i rischi di cancro al seno, ictus, trombosi e malattie coronariche.
(​Writing Group for the Women's Health Initiative Investigators. Risks and benefits of estrogen plus progestin in healthy postmenopausal women: principal results from the Women's Health Initiative randomized controlled trial. JAMA 2002; 288: 321–333).

​La "Finestra di Opportunità": Le linee guida cliniche attuali (es. SIGO) adottano la "Timing Hypothesis". Si raccomanda di iniziare la TOS per sintomi severi entro 10 anni dalla menopausa e prima dei 60 anni. In questa fase, i benefici sui sintomi vasomotori e sull'osteoporosi sono ritenuti superiori ai rischi, che restano bassi per un uso a breve termine (generalmente meno di 5 anni).

​I Contracettivi Orali
​Nonostante la classificazione IARC, i contraccettivi orali hanno un bilancio rischio/beneficio spesso positivo, in quanto offrono un significativo effetto protettivo contro il cancro dell'endometrio e il cancro dell'ovaio, un beneficio che persiste per decenni dopo l'interruzione del farmaco.

​Il Ruolo della Nutrizione nel Modulare il Rischio

​Lo stile di vita e la dieta agiscono come potenti modulatori del rischio oncologico, influenzando l'impatto delle terapie ormonali.

​Controllo del Peso e Rischio Oncologico: L'obesità aumenta il rischio di tumori ormono-sensibili (come quello al seno) a causa dell'eccessiva produzione di estrogeni da parte del tessuto adiposo. Mantenere un peso corporeo sano abbassa il rischio oncologico generale.

​Gestione dei Sintomi e Fitoestrogeni: Per sintomi menopausali lievi, l'adozione di una dieta ricca di fitoestrogeni (es. Legumi e semi di lino) può aiutare, riducendo la dipendenza dalla TOS.

​Salute Ossea: Una dieta ricca di Calcio e Vitamina D è fondamentale per prevenire l'osteoporosi, affiancando o riducendo il ruolo preventivo della TOS per la salute ossea.
​(IOM (Institute of Medicine). Dietary Reference Intakes for Calcium and Vitamin D. 2011).

​In conclusione...abbiamo due Livelli di Verità.
​Il conflitto apparente si riduce a una differenza di prospettiva:
​IARC: Fornisce una verità di salute pubblica—la molecola ha il pericolo potenziale di causare cancro.
​Ginecologi: Operano con una verità di medicina individuale—il rischio per la singola paziente è bilanciato da benefici clinicamente essenziali (miglioramento della qualità della vita, prevenzione dell'osteoporosi, contraccezione).
​La decisione sulla terapia ormonale deve essere sempre il risultato di una valutazione medica personalizzata che integri i fattori di rischio individuali, lo stile di vita e le specifiche necessità terapeutiche della paziente.





11/11/2025

Intolleranze e ipersensibilità alimentari 👩‍⚕️
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11/11/2025
10/11/2025

Intolleranza all'Istamina e Deficit di DAO

​L'intolleranza all'istamina (HIT) è una condizione clinica sempre più riconosciuta, caratterizzata da una sintomatologia eterogenea scatenata dall'assunzione di cibi ricchi di istamina o dall'incapacità dell'organismo di degradarla efficacemente. Al centro di questo fenomeno vi è spesso un deficit dell'enzima chiave responsabile della sua metabolizzazione a livello intestinale: la DiAmmina Ossidasi (DAO).

​L'Istamina: Non Solo Allergie
​L'istamina è una biogenica ammina cruciale, coinvolta in numerosi processi fisiologici. È un mediatore chimico rilasciato principalmente dai mastociti e basofili in risposta a reazioni allergiche, ma agisce anche come neurotrasmettitore e svolge un ruolo nella regolazione della secrezione acida gastrica.
​Il nostro organismo produce istamina, ma ne introduciamo anche quantità variabili attraverso la dieta, in particolare con cibi sottoposti a fermentazione o lunga conservazione (come formaggi stagionati, salumi, vino, e pesce conservato).

​Il Ruolo Cruciale del Deficit di DAO
​L'intolleranza all'istamina non è una reazione allergica IgE-mediata, bensì il risultato di un disequilibrio tra l'accumulo di istamina e la capacità del corpo di degradarla.
​L'enzima DiAmmina Ossidasi (DAO), prodotto principalmente nelle cellule della mucosa intestinale, rappresenta la via metabolica principale per la degradazione dell'istamina assunta con la dieta all'interno del tratto gastrointestinale.
​Un deficit di DAO (o una ridotta attività enzimatica) porta a un insufficiente catabolismo dell'istamina ingerita. Quando l'apporto di istamina alimentare supera la capacità di degradazione della DAO, l'istamina in eccesso viene assorbita nel flusso sanguigno e scatena sintomi in vari distretti corporei.
​Il deficit di DAO può essere causato da:
​Fattori genetici: Polimorfismi (SNP) nel gene AOC1 che codifica per la DAO possono portare a una riduzione dell'attività enzimatica.
​Danni alla mucosa intestinale: Condizioni come malattie infiammatorie intestinali (IBD) o celiachia possono compromettere la produzione di DAO.
​Farmaci: Alcuni farmaci (tra cui alcuni antidepressivi, antistaminici di prima generazione e farmaci per l'ipertensione) possono inibire l'attività della DAO.
​Alcol: Il consumo di alcol può bloccare temporaneamente la funzione della DAO.

Sintomatologia Eterogenea
​A causa della diffusione dei recettori dell'istamina (H1, H2, H3, H4) in tutto il corpo, l'eccesso di questa ammina può provocare una vasta gamma di sintomi che compaiono tipicamente entro 45 minuti dall'ingestione di cibi ricchi di istamina.
​I sintomi più comuni includono:
​Gastrointestinali: Dolore addominale, crampi, diarrea, nausea.
​Cutanei: Orticaria, prurito, arrossamento (flushing).
​Neurologici: Mal di testa, attacchi di emicrania, vertigini.
​Respiratori: Rinite, naso che cola o congestionato, difficoltà respiratorie, asma.
​Cardiovascolari: Palpitazioni, tachicardia, ipotensione.
​Questa varietà e non specificità dei sintomi ha storicamente portato a una sottostima della prevalenza dell'HIT, con stime che indicano che potrebbe colpire circa l'1-3% della popolazione generale, prevalentemente donne di mezza età.

​Diagnosi e Gestione
​La diagnosi di intolleranza all'istamina è complessa e spesso di esclusione, poiché non esiste un test diagnostico gold standard universalmente accettato. I metodi di valutazione includono:
-​Dieta a Basso Contenuto di Istamina: Il pilastro della diagnosi e del trattamento. Una significativa remissione dei sintomi a seguito di una dieta strettamente a basso contenuto di istamina (spesso per 2-4 settimane) è un forte indicatore.
-​Misurazione dell'attività della DAO nel siero: Livelli sierici di DAO inferiori a 10 U/mL sono spesso considerati indicativi di deficit, sebbene l'utilità della misurazione della DAO come unico biomarcatore sia ancora dibattuta e richieda ulteriori studi.
-​Test di Provocazione Orale (Food Challenge): Sotto controllo medico, reintroduzione controllata di istamina per confermare la correlazione sintomo-dose.

​Approcci Terapeutici
​La gestione si concentra sulla riduzione dell'apporto di istamina e sul supporto alla sua degradazione:
​Dieta a Basso Contenuto di Istamina: Evitare o limitare i cibi ad alto contenuto di istamina (ad es. cibi fermentati, prodotti in scatola o stagionati, alcol).
​Integrazione di DAO: L'assunzione orale di enzima DAO (di solito prima dei pasti) ha mostrato in diversi studi un miglioramento significativo dei sintomi gastrointestinali ed extra-intestinali nei pazienti con HIT.
​Cofattori Enzimatici: Vitamina C e B6 sono note per essere cofattori per l'attività della DAO e possono essere raccomandate come supporto.

Bibliografia
​Serum diamine oxidase activity in patients with histamine intolerance. (PMC5806734).
​Diamine oxidase supplementation improves symptoms in patients with histamine intolerance. (PMID: 31807350).
​Histamine Intolerance: The Current State of the Art. (PMC7463562).
​Basal Serum Diamine Oxidase Levels as a Biomarker of Histamine Intolerance: A Retrospective Cohort Study. (PMID: 35406126).




07/11/2025

Digiuno Intermittente (DI): Oltre la Moda, Cosa Dice la Scienza

​Il Digiuno Intermittente (DI) è un approccio dietetico che ha guadagnato enorme popolarità negli ultimi anni, concentrandosi non tanto su cosa mangiare, ma su quando mangiare. Non si tratta di una dieta in senso stretto, ma di un modello alimentare che alterna periodi di alimentazione a periodi di digiuno controllato.
​Ma cos'è esattamente il DI, quali i protocolli più diffusi e quali i reali benefici supportati dalla rigorosa ricerca scientifica?

​Il concetto fondamentale del DI è permettere al corpo di utilizzare le proprie riserve energetiche. Durante il digiuno, i livelli di insulina si abbassano, consentendo all'organismo di passare dall'utilizzo del glucosio a quello dei grassi immagazzinati per produrre energia.
​Questo passaggio metabolico è noto come "switch metabolico" e porta alla produzione di corpi chetonici. Questi non sono solo una fonte energetica alternativa per il corpo, ma agiscono anche come molecole di segnalazione che influenzano l'espressione genica.
​Uno dei meccanismi chiave attribuiti al DI è l'induzione dell'autofagia, un processo cellulare di "pulizia" in cui le cellule rimuovono e riciclano i componenti danneggiati. Studi biochimici suggeriscono che l'attivazione dell'autofagia durante il digiuno è essenziale per la rigenerazione cellulare e la prevenzione dell'accumulo di detriti.

I Protocolli di Digiuno Intermittente Più Diffusi
​I tre schemi principali utilizzati nella ricerca e nella pratica clinica includono:
-​Restrizione Temporale dell'Alimentazione (Time-Restricted Eating - TRE): Alternare un periodo di digiuno quotidiano a una finestra di alimentazione limitata. Il protocollo più noto è il 16/8 (16 ore di digiuno e 8 ore per i pasti).
-​Digiuno di Giorni Alterni (Alternate-Day Fasting - ADF): Alternare giorni di alimentazione normale a giorni di digiuno completo o fortemente ridotto (tipicamente 500-600 kcal).
-​Digiuno Periodico: Digiuni di 24 ore eseguiti una o due volte a settimana.

​Le evidenze scientifiche, ottenute tramite studi clinici randomizzati (RCTs) e ampie revisioni, supportano diversi benefici del Digiuno Intermittente:
-​Perdita di Peso e Massa Grassa:
Una vasta revisione del 2020 condotta da Patterson et al. e pubblicata su The New England Journal of Medicine (NEJM) ha concluso che gli approcci di digiuno intermittente sono efficaci quanto la restrizione calorica continua per la riduzione del peso corporeo e della massa grassa. L'efficacia deriva dalla spontanea riduzione dell'apporto calorico totale e dalla promozione della lipolisi.
-​Miglioramento della Sensibilità all'Insulina e Metabolismo:
Ricercatori come la Dr.ssa Krista Varady e il Dr. Satchidananda Panda hanno fornito dati significativi. Il DI è stato dimostrato migliorare la sensibilità all'insulina e ridurre i livelli di glucosio a digiuno, un dato cruciale per la gestione del Diabete di Tipo 2. Un RCT pubblicato su JAMA Internal Medicine ha evidenziato miglioramenti significativi nei parametri metabolici in soggetti che praticavano il TRE.
-​Autofagia e Longevità:
Il ruolo del DI nell'attivazione dell'autofagia è centrale. Studi ispirati al lavoro del Premio Nobel Yoshinori Ohsumi e condotti dal team del Dr. Valter Longo (specializzato anche in diete mima-digiuno) hanno esplorato come i periodi di restrizione calorica possano indurre l'autofagia e ridurre i livelli di IGF-1 (fattore di crescita insulino-simile), molecola associata all'invecchiamento e alla proliferazione cellulare.
-​Salute Cardiovascolare:
Analisi preliminari e dati di coorte suggeriscono che il DI possa contribuire a migliorare i marcatori di rischio cardiovascolare, come l'abbassamento della pressione sanguigna e la modulazione dei profili lipidici (trigliceridi e colesterolo), spesso come effetto indiretto della perdita di peso e della migliorata salute metabolica.

​⚠️ Chi Dovrebbe Prestare Attenzione
​Nonostante i benefici promettenti, il Digiuno Intermittente non è universale.
​Controindicazioni Assolute: Donne in gravidanza o allattamento, bambini e adolescenti in crescita, persone con grave sottopeso o con una storia di Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA) (anoressia, bulimia).
​Cautela e Supervisione Medica: Persone con diabete (a causa del rischio di ipoglicemia o iperglicemia), chi assume farmaci che richiedono assunzione con cibo, e gli anziani.

​Il Digiuno Intermittente è uno strumento nutrizionale potente e scientificamente supportato per la perdita di peso e il miglioramento della salute metabolica. La sua efficacia non risiede solo nel "non mangiare," ma nella qualità degli alimenti consumati durante la finestra di alimentazione e nella coerenza con cui viene mantenuto il modello.
​Prima di iniziare qualsiasi protocollo di Digiuno Intermittente, è fondamentale consultare un professionista della salute qualificato (es. nutrizionista o dietologo) per una valutazione personalizzata e per assicurarsi che sia un approccio sicuro e appropriato per le proprie condizioni fisiche.




05/11/2025

Il mio intervento al convegno organizzato da Giorgia Mauloni a San Benedetto del Tronto.

05/11/2025

🤰 Pancia in Menopausa

​La menopausa porta con sé cambiamenti ormonali, in particolare il calo degli estrogeni, che spesso si traducono in un rallentamento del metabolismo basale e una tendenza all'accumulo di grasso, soprattutto nella zona addominale (grasso viscerale). Tuttavia, con un approccio mirato e costante, è possibile contrastare questo fenomeno. Di seguito alcune strategie.

​🍎 1. Alimentazione Bilanciata e Mirata
​Non basta "mangiare meno", ma bisogna mangiare meglio:
-​Ridurre zuccheri e carboidrati raffinati: Sono nemici del grasso viscerale poiché aumentano l'insulina, favorendo l'accumulo. Privilegia i cereali integrali.
-​Aumentare le proteine magre: Aiutano a preservare la massa muscolare (che tende a diminuire) e aumentano il senso di sazietà. Fonti come legumi, pesce, carni bianche e uova sono ideali.
-​Grassi sani e fibre: Consuma regolarmente olio extravergine d'oliva, frutta secca, avocado e pesce azzurro (ricco di Omega-3). Aumenta l'apporto di fibre con tanta frutta e verdura per regolare l'intestino e l'indice glicemico.
-​Idratazione: Bevi molta acqua per favorire il drenaggio dei liquidi.
​Limita alcol e bevande zuccherate: Sono forti promotori dell'accumulo di grasso addominale.

​💪 2. Attività Fisica Combinata
​La sola attività cardio (come la camminata) non è sufficiente. È fondamentale combinare diversi tipi di esercizio:
-​Allenamento di Resistenza/Forza: Esercizi con pesi o a corpo libero (almeno 2 volte a settimana) sono essenziali per contrastare la perdita di massa muscolare (sarcopenia) e aumentare il metabolismo a riposo.
-​Attività Aerobica: Camminata veloce, nuoto o bicicletta per almeno 150 minuti a settimana. L'HIIT (allenamento a intervalli ad alta intensità) si è dimostrato particolarmente efficace per la riduzione del grasso viscerale.

​🧘 3. Gestione dello Stress e del Sonno
​Lo stress e un sonno insufficiente influenzano negativamente gli ormoni (come il cortisolo) che favoriscono l'accumulo di grasso sulla pancia:
-​Sonno: Cerca di dormire almeno 7-8 ore a notte per favorire la regolazione ormonale.
-​Stress: Adotta tecniche di rilassamento come lo yoga, la meditazione o semplici esercizi di respirazione per abbassare i livelli di cortisolo.

​Ricorda: È fondamentale un approccio integrato e costante. Consulta sempre il tuo medico e il tuo ginecologo per le giuste terapie ed integrazioni e un nutrizionista per un piano alimentare personalizzato.







05/11/2025

Solo il 49% dei centri oncologici italiani dispone di iter nutrizionali strutturati e accessibili in modo uniforme eppure è dimostrato che alimentazione e stili di vita hanno un impatto sugli esiti clinici della malattia

04/11/2025

L'Impatto dei Cibi Ultra-Processati (UPF) sulla Salute

​Uno degli argomenti più rilevanti e supportati dalla ricerca scientifica in ambito dietologico riguarda l'incremento del consumo di Cibi Ultra-Processati (UPF) e le sue gravi implicazioni per la salute pubblica.

​La ricerca scientifica moderna si basa sul sistema di classificazione NOVA, che categorizza gli alimenti in base al grado e allo scopo della loro lavorazione industriale. Gli UPF (Gruppo 4) sono formulazioni industriali tipicamente ricche di calorie, zuccheri, grassi saturi, sodio e additivi cosmetici (emulsionanti, coloranti, esaltatori di sapidità), e povere di nutrienti essenziali e fibre.
(​Riferimento Scientifico: Monteiro et al. (2016). The UN Decade of Nutrition, the NOVA food classification and the trouble with ultra-processing. Public Health Nutrition, 19(1), 5-17.)

​L'attuale letteratura scientifica ha stabilito una forte associazione tra l'elevato consumo di UPF e un aumento del rischio di patologie croniche non trasmissibili:
-​Obesità e Aumento di Peso: Studi randomizzati controllati (come quello di Hall et al. del 2019) hanno dimostrato che le diete basate su UPF portano a un aumento spontaneo dell'apporto calorico e, conseguentemente, a un aumento di peso.
-​Malattie Cardiovascolari (CVD) e Ictus: L'alto contenuto di zuccheri aggiunti, grassi saturi e sodio negli UPF contribuisce all'insorgenza di fattori di rischio cardiovascolare.
-​Diabete di Tipo 2 e Sindrome Metabolica: La rapida digeribilità e l'elevato indice glicemico di molti UPF contribuiscono alla disfunzione metabolica.
-​Mortalità per Tutte le Cause: Studi prospettici di coorte (come quelli condotti nello studio PREDIMED-Plus) hanno evidenziato una correlazione tra l'assunzione di UPF e un rischio significativamente maggiore di mortalità.
(​Riferimento Scientifico:Hall et al. (2019). Ultra-Processed Diets Cause Excess Calorie Intake and Weight Gain: An Inpatient Randomized Controlled Trial of Ad Libitum Food Intake. Cell Metabolism, 30(1), 67–77.e3.)

​I meccanismi d'azione degli UPF sono multifattoriali e vanno oltre la semplice cattiva composizione nutrizionale:
-​Alterazione della Matrice Alimentare: La lavorazione estensiva distrugge la struttura fisica (matrice) dell'alimento, che influisce negativamente sui segnali di sazietà, sulla velocità di digestione e sull'assorbimento dei nutrienti.
-​Impatto sul Microbiota: Alcuni additivi (come gli emulsionanti) e la carenza di fibre negli UPF sono sotto indagine per la loro capacità di alterare negativamente il microbiota intestinale, contribuendo a infiammazione sistemica.
-​Iper-palatabilità: La combinazione ottimizzata di grassi, zuccheri e additivi li rende estremamente appetibili, spingendo al consumo eccessivo.

​Questo argomento posiziona la dietologia e la nutrizione preventiva al centro della sanità pubblica. Le attuali raccomandazioni dietetiche, sostenute da organizzazioni come l'OMS, enfatizzano la necessità di minimizzare il consumo di UPF e di basare l'alimentazione su cibi non o minimamente processati (come frutta, verdura, legumi e cereali integrali), in linea con il modello della Dieta Mediterranea.



03/11/2025

Perchè aumenta il grasso nella pancia (Adiposità Addominale)?

L'accumulo di tessuto adiposo in sede addominale è una condizione estremamente diffusa, che non è solo un problema estetico, ma è soprattutto un fattore di rischio significativo per numerose patologie metaboliche, cardiovascolari, oncologiche e neurologiche. È fondamentale distinguere tra il grasso sottocutaneo (più superficiale e palpabile) e il grasso viscerale (VAT, Visceral Adipose Tissue), che si localizza in profondità, avvolgendo gli organi interni. Sebbene entrambi contribuiscano alla circonferenza addominale, il VAT è metabolicamente più attivo e patogeno [1]. La sua patogenesi è multifattoriale e coinvolge complessi meccanismi genetici, ormonali, ambientali e di stile di vita.

Tipologie di Adiposità Addominale e Differenze Metaboliche
L'adipocita, la cellula del tessuto adiposo, agisce come un'unità di stoccaggio energetico e come un organo endocrino attivo, secernendo molecole note come adipochine.

Grasso Sottocutaneo (SAT): Tende a espandersi principalmente per iperplasia (aumento del numero di cellule) e produce più molecole cardioprotettive come l'adiponectina [2].

Grasso Viscerale (VAT): È caratterizzato da una maggiore tendenza a espandersi per ipertrofia (aumento delle dimensioni delle cellule). Gli adipociti viscerali possiedono una maggiore attività lipolitica e una ridotta sensibilità all'azione antilipolitica dell'insulina. Il VAT rilascia una maggiore quantità di citochine pro-infiammatorie (come Interleuchina-6 e TNF-alfa) e acidi grassi liberi direttamente nel sistema portale, influenzando negativamente il metabolismo epatico e l'omeostasi del glucosio [3].

Fattori Eziologici Chiave nell'Accumulo di VAT
1. Disregolazione Ormonale
Cortisolo (Ormone dello Stress): L'esposizione cronica a stress psicofisico aumenta i livelli di cortisolo. Livelli elevati di cortisolo stimolano la differenziazione degli adipociti e promuovono l'accumulo preferenziale di VAT attraverso l'attivazione di recettori specifici a livello addominale [4].

Insulina e Insulino-Resistenza: L'eccessivo apporto calorico porta a iperinsulinemia. La resistenza insulinica genera un circolo vizioso in cui il pancreas produce ancora più insulina, un potente ormone lipogenetico che favorisce lo stoccaggio di grasso, prediligendo la regione viscerale [5].

Estrogeni e Androgeni: Nelle donne, il calo degli estrogeni tipico della menopausa altera la distribuzione del grasso, spostandola dalla conformazione ginoide a quella androide (a mela), con un significativo aumento del VAT [6].

2. Squilibri Nutrizionali e Sedentarietà
Un bilancio energetico positivo cronico è il motore principale. Un'elevata assunzione di grassi trans, zuccheri aggiunti (inclusi fruttosio) e cereali raffinati contribuisce all'insulino-resistenza [7]. La mancanza di attività fisica riduce il dispendio energetico e peggiora la sensibilità insulinica, creando un ambiente favorevole alla deposizione di grasso in eccesso.

Implicazioni Cliniche e Meccanismi Patogenetici
L'eccesso di VAT è considerato un vero e proprio "organo" disfunzionale e tossico che contribuisce direttamente alla sindrome metabolica. Il VAT rilascia acidi grassi liberi che raggiungono il fegato attraverso la vena porta (teoria della vena porta) [8]. Questo flusso diretto di lipidi e citochine pro-infiammatorie porta a:
-Steatosi Epatica (Fegato Grasso): Accumulo di trigliceridi negli epatociti.
-Resistenza Insulinica Epatica: Il fegato diventa meno sensibile all'insulina, con conseguente disregolazione della produzione di glucosio.
-Aterosclerosi e Rischio Cardiovascolare: Le citochine infiammatorie contribuiscono all'infiammazione endoteliale e alla dislipidemia (aumento di trigliceridi e colesterolo LDL) [9].

Conclusioni
L'accumulo di grasso addominale, specialmente il VAT, è una condizione patofisiologica complessa. La comprensione dei ruoli interconnessi di ormoni (cortisolo, insulina), fattori nutrizionali e infiammazione è cruciale per implementare strategie preventive e terapeutiche efficaci, che mirino primariamente alla riduzione del VAT attraverso modifiche dello stile di vita.

Riferimenti
1) Iacobellis G, Federici M. Adipose tissue: a key organ in metabolism and disease. Curr Pharm Des. 2005;11(15):1969-73.

2) Maeda K, Shimomura I. Adiponectin, an adipocyte-derived plasma protein, has antiatherogenic and anti-diabetic properties. Curr Atheroscler Rep. 2004;6(2):112-9.

3) Wajchenberg BL. Subcutaneous and visceral adipose tissue: their relation to the metabolic syndrome. Endocr Rev. 2000;21(6):697-738.

4) Brunner EJ, Marmot MG, Whitehall J, et al. Adiposity, cortisol, and the metabolic syndrome in the Whitehall II study. J Clin Endocrinol Metab. 2002;87(10):4805-10.

5) Reaven GM. Banting lecture 1988. Role of insulin resistance in human disease. Diabetes. 1988;37(12):1595-607.

6) Gabel F, et al. The effects of menopausal status and hormone use on regional fat distribution in women. J Clin Endocrinol Metab. 2004;89(5):2521-7.

7) Bray GA. Energy and the etiopathogenesis of obesity. Am J Clin Nutr. 2008;88(5):1135-40.

8) Björntorp P. Adipose tissue distribution and function. Int J Obes Relat Metab Disord. 1990;14 Suppl 3:S15-23; discussion S23-4.

9) Hotamisligil GS. Inflammation and metabolic disorders. Nature. 2006;444(7121):860-7.

02/11/2025

Correlazione tra Menopausa e Cistite Ricorrente

​La menopausa è associata a un aumento significativo dell'incidenza delle infezioni ricorrenti del tratto urinario (cistite ricorrente) nelle donne. Bisogna capire questa correlazione, focalizzandosi sui cambiamenti fisiopatologici indotti dalla carenza estrogenica. La diminuzione dei livelli di estrogeni provoca l'atrofia urogenitale, l'alterazione del microbiota vaginale e urinario e la riduzione delle difese immunitarie locali, tutti fattori che predispongono alla colonizzazione e alla proliferazione di uropatogeni, in particolare Escherichia Coli. La comprensione di questi meccanismi è cruciale per sviluppare strategie preventive e terapeutiche mirate, come la terapia estrogenica locale, la modulazione del microbioma e l'uso di agenti anti-adesione.

​La cistite, un'infiammazione della vescica spesso causata da infezione batterica, è un disturbo comune nelle donne. Durante il periodo post-menopausale, l'incidenza e la ricorrenza di questa condizione aumentano drasticamente. Si definisce cistite ricorrente la presenza di almeno due episodi in sei mesi o tre in un anno. La menopausa, caratterizzata dalla cessazione della funzione ovarica e dal conseguente calo dei livelli di estrogeni, innesca una serie di modificazioni a livello dell'apparato urogenitale che ne spiegano la correlazione.

​Meccanismi Fisiopatologici della Correlazione
​La carenza di estrogeni, tipica della menopausa, è il fattore scatenante principale e agisce attraverso diversi meccanismi:
​-Atrofia Urogenitale e Variazione del pH:
​La mucosa vaginale e uretrale è ricca di recettori per gli estrogeni. La loro carenza causa l'atrofia urogenitale (o Sindrome Genito-Urinaria della Menopausa - SGUM), caratterizzata da assottigliamento e perdita di elasticità dei tessuti [1, 2].
-​Alterazione dell'ambiente vaginale: gli estrogeni mantengono un ambiente acido (\text{pH} \approx 3.5-4.5) favorendo la crescita dei Lattobacilli, produttori di acido lattico. Con la menopausa, la diminuzione dei Lattobacilli porta all'aumento del pH vaginale (> 5.0), creando un ambiente permissivo per la colonizzazione peri-uretrale da parte di batteri patogeni di origine intestinale, in particolare l'Escherichia Coli [3].
​-Alterazione del Microbiota:
​La variazione del pH e l'atrofia inducono una disbiosi urogenitale. La ridotta presenza di specie protettive di Lactobacillus favorisce la colonizzazione da parte di uropatogeni che risalgono facilmente l'uretra [4]. Recenti studi hanno esplorato anche il ruolo del microbiota urinario (urobioma). È stato osservato che l'urobioma delle donne in post-menopausa con cistite ricorrente differisce da quello dei controlli sani, suggerendo che le modifiche indotte dagli estrogeni influenzano la suscettibilità all'infezione, potenzialmente attraverso l'aumento di anaerobi [5, 6].

Riduzione delle Difese Locali e Fattori Meccanici:
​L'atrofia rende la mucosa più fragile e suscettibile a microtraumi, specialmente durante i rapporti sessuali, un fattore che può scatenare le cosiddette cistiti post-coitali, particolarmente frequenti in menopausa [7]. Inoltre, la riduzione del tono dei tessuti uretrali e un possibile rilassamento del pavimento pelvico possono compromettere lo svuotamento vescicale completo, creando un ristagno di urina che agisce come terreno fertile per la crescita batterica.

​Approcci Terapeutici Mirati
​La gestione della cistite ricorrente in menopausa si concentra sul ripristino dell'omeostasi urogenitale per prevenire le recidive, riducendo l'eccessivo ricorso agli antibiotici.
-​Terapia Estrogenica Locale: L'applicazione locale di estrogeni (creme, ovuli, anelli vaginali a basso dosaggio) è considerata la strategia più efficace [8]. Questo trattamento ripristina il trofismo della mucosa, abbassa il pH vaginale e favorisce la ricolonizzazione da parte dei Lattobacilli, agendo direttamente sulla causa sottostante la maggior parte delle recidive post-menopausali.
-​Modulazione del Microbiota: L'uso di probiotici vaginali a base di Lactobacillus può aiutare a ripristinare la barriera protettiva contro gli uropatogeni [4]. In questo è fondamentale anche una dieta alimentare corretta e il riequilibrio del microbiota intestinale, direttamente correlato con quello urogenitale.
-​Agenti Anti-Adesione: Sostanze come il D-Mannosio agiscono bloccando l'adesione dei batteri (E. Coli) alla parete vescicale, facilitandone l'eliminazione con la minzione, e rappresentano un'alternativa non antibiotica efficace per la profilassi [9].


​La correlazione tra menopausa e cistite ricorrente è saldamente supportata da evidenze fisiopatologiche che identificano la carenza estrogenica come il fattore eziologico chiave. L'atrofia e la disbiosi urogenitale risultanti aprono la strada alle infezioni. Il trattamento ideale in questo gruppo demografico dovrebbe includere l'uso di estrogeni locali per ripristinare la salute dei tessuti e il ripristino del microbioma, riducendo la necessità di cicli antibiotici ripetuti e minimizzando il rischio di antibiotico-resistenza.

Bibliografia
1-​Gandhi, J., et al. (2016). Genitourinary Syndrome of Menopause: An Overview of Clinical Manifestations, Pathophysiology, Etiology, and Management. American Journal of Obstetrics and Gynecology.
2-​Suckling, J., et al. (2006). Local oestrogen for urogenital atrophy in postmenopausal women. Cochrane Database Syst Rev.
​Hooton, T. M., et al. (2000). Escherichia coli strains from women with recurrent urinary tract infections are more frequently non-secretors of blood group antigens. Clinical Infectious Diseases.
3-​Sekito, M., et al. (2023). Etiology of recurrent cystitis in postmenopausal women based on vaginal microbiota and the role of Lactobacillus vaginal suppository. Frontiers in Microbiology.
​Brubaker, L., et al. (2021). The Urinary Microbiome in Postmenopausal Women with Recurrent Urinary Tract Infections. The Journal of Urology.
4-​Mitchell, C. M., & Waetjen, L. E. (2019). The mysteries of menopause and urogynecologic health: clinical and scientific gaps. Menopause.
5-​Grazziottin, A. (2010). Cistite dopo l'amore in menopausa: che cosa la provoca, come la si combatte.
6-​Cardozo, L., et al. (2013). The management of genitourinary syndrome of the menopause (GSM) in the general population: Consensus statement of the International Menopause Society (IMS). Climacteric.
7-​Lenger, S. M., et al. (2018). D-mannose and recurrent urinary tract infections (UTIs) in women: a review of the evidence and future directions. Journal of Probiotics & Health.



Indirizzo

Via Maroncelli, 5
Porto Sant'elpidio
63827

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Conosciamoci...

Carissimi, mi chiamo Edy Virgili, sono una biologa, una mamma e una figlia…

All'età di 4 anni già dicevo che avrei fatto l’Università: sono sempre stata curiosa e questo non ha fatto che accrescere la mia voglia di conoscere.

Arrivata a 18 anni con il mito della Montalcini mi sono iscritta a biologia, ho conseguito la laurea e iniziato a lavorare come ricercatrice, scoprendo nel frattempo un mondo meraviglioso e che, in parte, già mi apparteneva: l’alimentazione, e con questa la Biochimica, l’Immunologia, la Fisiologia.

E così ho iniziato un percorso di specializzazione proprio in scienze dell’alimentazione.