Dottssa rita bacci fisioterapista

Dottssa rita bacci fisioterapista 👩🏻‍⚕️ Responsabile Fisioterapia e Elba fitness Portoferraio
🧾 Docente Nazionale Pilates
✨ inseg

ACTIVITIES: fisioterapia, riabilitazione, massaggi, pilates, ginnastica postulare, riflessologia, riabilitazione pelvica.

Ed eccoci nuovamente alle porte del fine settimana, per un nuovo episodio di "Patologie Spiritose: tra curiosità e legge...
08/11/2025

Ed eccoci nuovamente alle porte del fine settimana, per un nuovo episodio di "Patologie Spiritose: tra curiosità e leggerezza!" Oggi parliamo di un fenomeno che inganna anche gli ortopedici più esperti: la pseudoartrosi.

Sì, perché a volte un osso, invece di guarire e tornare compatto dopo una frattura, decide di fare di testa sua e.. diventare un’articolazione finta!

Cos’è e dov’è?

La pseudoartrosi è una mancata guarigione di una frattura ossea, in cui i due capi dell’osso non si saldano come dovrebbero. Al contrario, si forma una sorta di falso “giunto” tra i frammenti, che può perfino muoversi leggermente, imitando un’articolazione vera.

È come se l’osso dicesse: “Già che non riesco a saldarmi.. mi reinvento snodabile!”

Curiosità divertente

Il termine “pseudoartrosi” viene dal greco pseudos (falso) e arthro (articolazione).
In medicina il suffisso "-osi" indica un processo degenerativo. Pseudoartrosi, pertanto, significa "degenerazione della falsa articolazione". In pratica, è una bugia biologica: un’articolazione finta, ma con effetti molto reali!

A volte i pazienti, vedendo il movimento nella zona fratturata, dicono: “Dottore, ma non doveva muoversi..?” e il medico pensa: “Eh, appunto!” 😅

Come si sviluppa?

La pseudoartrosi si sviluppa quando la normale guarigione ossea si blocca.
Le cause possono includere scarsa vascolarizzazione dell’area (povero afflusso di sangue), infezioni post-frattura, eccessivo movimento dei frammenti ossei (immobilizzazione inadeguata), deficit nutrizionali o malattie sistemiche (come il diabete), fumo, che riduce l’ossigenazione dei tessuti.

Col tempo, i bordi dell’osso si levigano, si forma tessuto fibroso e, invece del callo osseo, nasce una “finta articolazione”.

Nella vita quotidiana

Il sintomo principale? Dolore persistente nella sede della frattura anche dopo mesi, e instabilità dell’osso. Chi ne soffre spesso racconta di sentire una “mobilità anomala” nella zona, come se l’osso “cedesse” o si piegasse. E non è raro che la forza o la funzionalità dell’arto ne risentano.

In poche parole: il corpo tenta di guarire.. ma sceglie un piano alternativo!

Parole complicate, spiegate semplici

Callo osseo: il “cemento biologico” che unisce i frammenti dopo una frattura.

Consolidamento: processo di guarigione che porta l’osso a saldarsi stabilmente.

Pseudoartrosi ipertrofica: l’osso produce tanto tessuto, ma non si salda.

Pseudoartrosi atrofica: l’osso smette di produrre callo, come se avesse rinunciato.

Accenni di fisioterapia

Il ruolo della fisioterapia arriva dopo la stabilizzazione ortopedica o chirurgica (come placche, chiodi o innesti ossei): recupero del movimento articolare nelle zone vicine, rinforzo muscolare progressivo per ridare stabilità e forza, terapie fisiche (come ultrasuoni o magnetoterapia) per stimolare la rigenerazione ossea ed educazione funzionale per gestire il carico e prevenire recidive.

Il fisioterapista accompagna il paziente nella fase di “ritorno alla vita”, quando l’osso ha finalmente deciso di.. smettere di fingere!

Curiosità scientifica

Studi mostrano che la pseudoartrosi si verifica nel 5-10% delle fratture, più spesso a livello di tibia, omero e radio. E il fumo può raddoppiare il rischio di mancata guarigione, per ridotta ossigenazione e alterato metabolismo del calcio. Oggi, grazie a tecniche chirurgiche moderne e stimolazioni biologiche (come fattori di crescita o cellule staminali), la guarigione è molto più efficace.

Conclusion

La pseudoartrosi è una “bugia” del corpo che però si può correggere, con la giusta pazienza, un buon chirurgo e tanta riabilitazione. Alla fine, l’osso smette di fingere e torna a fare il suo mestiere: reggere, proteggere e sostenere!

A sabato prossimo per il prossimo episodio! 🤗

Tutti pensano che il dolore parta da un nervo infiammato.Falso.A volte nasce da un errore di comunicazione tra nervi, mu...
06/11/2025

Tutti pensano che il dolore parta da un nervo infiammato.

Falso.

A volte nasce da un errore di comunicazione tra nervi, muscoli e respiro.

Guarda bene questa immagine.

È la mappa segreta del corpo.
Un intreccio di cavi elettrici che parte dalla colonna lombare e porta corrente fino alle dita dei piedi.

Ogni fibra è una parola.
Ogni nervo è una frase.
Insieme raccontano come ti muovi, come senti, come reagisci.

Il femorale accende il quadricipite.
L’otturatorio controlla l’interno coscia.
Il pudendo parla ai muscoli del pavimento pelvico.
Lo sciatico collega la colonna al mondo.
E sopra di loro, il plesso lombosacrale orchestra tutto come un direttore invisibile.

Per chi non è del mestiere

Quando senti un formicolio, un bruciore o una scossa, non è “solo un nervo pizzicato”. È un messaggio distorto lungo un filo che attraversa tutto il corpo. A volte parte dalla schiena, a volte dall’anca, a volte dal respiro stesso.

Il corpo non sbaglia: comunica.. ma in codice binario.

Per i colleghi clinici

Anatomia funzionale integrata del plesso lombosacrale: interconnessione L1–S4 con ramificazioni sensitivo-motorie e viscerali.
Pattern frequente di ipersensibilità periferica associata a deficit di scorrimento neurale, sindromi canalicolari multiple (inguinale, otturatoria, piriforme, pudenda).

Approccio: valutazione neurodinamica, decompressione miofasciale, modulazione respiratoria e riprogrammazione del tono pelvico-lombare.

E quindi?

Non cercare dove “fa male”.
Cerca dove il messaggio si è perso.
Perché curare il nervo non basta: bisogna ripristinare la conversazione.

“I nervi non urlano.
Chiedono solo di essere ascoltati.”

Hai mai sentito formicolii, scosse o pesantezza lungo una gamba? Scrivi nei commenti DOVE: inguine, coscia, polpaccio o piede.

Il corpo non ha difetti di fabbrica.
Ha solo cavi intrecciati.. e fisioterapisti che imparano a ricollegarli.

Post divulgativo a scopo educativo.
Non sostituisce la valutazione fisioterapica personalizzata.

Finalmente è martedì! Benvenuti a un nuovo episodio di “Neurolandia: il sistema nervoso come non lo avete mai visto!”Ogg...
04/11/2025

Finalmente è martedì! Benvenuti a un nuovo episodio di “Neurolandia: il sistema nervoso come non lo avete mai visto!”

Oggi ci occupiamo di un nervo che.. fa respirare! Letteralmente.

È il nervo frenico, il vero “direttore d’orchestra” del diaframma, quel muscolo tanto amato dai fisioterapisti (e anche dai polmoni). Senza di lui, il respiro si ferma. Ma spesso non lo conosce quasi nessuno.

Preparati a un tuffo nel torace.. e a scoprire un nervo più vitale di quanto pensi.

Dove sta?

Il nervo frenico nasce dal plesso cervicale, più precisamente dalle radici spinali C3, C4 e C5 (ricordino utile: “C3, 4, 5 keep the diaphragm alive”).

Decorre anteriormente al muscolo scaleno anteriore, nel collo; scende verso il torace, attraversando lo sbocco superiore del torace. Entra nel mediastino, passa davanti all’ilo polmonare e raggiunge il diaframma, dove si divide in rami terminali.

Ha due nervi simmetrici (destro e sinistro), ma con decorso leggermente diverso per via della posizione del cuore e del fegato.

Che cosa fa?

Il nervo frenico è prevalentemente motorio, con qualche ramo sensitivo. Controlla il diaframma, principale muscolo della respirazione. Invia segnali motori per ogni inspirazione attiva. I rami sensitivi innervano pleura, pericardio, peritoneo diaframmatico e capsula epatica (in parte).

Senza il suo comando, il diaframma non si muove: addio respiro spontaneo.

Come si lamenta?

Una lesione o irritazione del nervo frenico può causare paralisi diaframmatica (monolaterale o bilaterale), difficoltà respiratoria (dispnea soprattutto da sdraiati), singhiozzo persistente (spasmo riflesso del nervo), dolore riferito alla spalla o al collo (per via dell’origine cervicale e dell’innervazione della pleura).

Attenzione: il dolore diaframmatico può “ingannare” e sembrare un dolore cervicale o scapolare.

Ruolo nella vita quotidiana

Ogni tuo respiro passa da lui. Anche adesso, mentre leggi. Quando respiri profondamente, sbadigli, tossisci, fai un esercizio diaframmatico o ti emozioni.. il nervo frenico è lì, al lavoro.

E quando è disturbato, ogni movimento toracico può diventare faticoso.

Patologie e disfunzioni

Paralisi del diaframma per trauma, chirurgia toracica, patologie neurologiche (es. sclerosi laterale amiotrofica) ma anche irritazione da processi infiammatori (pleurite, pericardite, subfrenite), compressione cervicale (ernie, spondilosi, traumi a livello C3–C5) e singhiozzo cronico per irritazione riflessa.

Curiosità neurologica

Il nervo frenico può essere stimolato manualmente in alcuni approcci fisioterapici per facilitare la respirazione diaframmatica, specialmente dopo interventi chirurgici toracici o in riabilitazione post-COVID.

E.. il singhiozzo è un’aritmia respiratoria causata proprio da scariche involontarie del frenico!

Approccio fisioterapico

Il lavoro sul nervo frenico può essere indiretto ma efficace, attraverso la rieducazione respiratoria (respirazione diaframmatica guidata), alcune tecniche manuali di mobilizzazione toracica e viscerale, il trattamento della cervicale alta (zona di origine del nervo) mobilità del torace e del diaframma post-chirurgica e anche lavorando sullo psoas, con cui condivide stretti rapporti fasciali.

In caso di paralisi monolaterale, si lavora sul compenso respiratorio e sulla postura globale.

Conclusione

Il nervo frenico non si vede.. ma si sente, eccome se si sente! Ogni respiro è un suo piccolo capolavoro.

Se un giorno il respiro ti sembra più corto o fatichi a inspirare profondamente, forse il nervo frenico ti sta chiedendo attenzione. Non ignorarlo.

Respira, ascolta, rallenta.

Ci vediamo martedì prossimo su Neurolandia.. perché quando i nervi parlano, noi impariamo ad ascoltarli. 🤗

Nota bene

Anche se a Neurolandia i nervi parlano.. la diagnosi medica la fa il medico. Quindi, se i sintomi ti fanno compagnia da troppo tempo, ascolta i segnali e confrontati con un neurologo o uno specialista medico. Noi siamo qui per spiegarti come funzionano le cose, ma la cura parte sempre da una valutazione sanitaria. E spesso, il fisioterapista è proprio il primo professionista sanitario a intercettare quei segnali e indirizzare nel modo giusto. 👏

È lunedì, ed eccoci di nuovo con “Anatomia Spassosa: esploriamo il corpo umano con un sorriso!” 😄Oggi parliamo di una st...
03/11/2025

È lunedì, ed eccoci di nuovo con “Anatomia Spassosa: esploriamo il corpo umano con un sorriso!” 😄

Oggi parliamo di una struttura spesso dimenticata, ma che in realtà lavora come una vera cinghia di trasmissione: il lacerto fibroso!

Non è un osso, non è un tendine.. e nemmeno un legamento. Il lacerto fibroso, chiamato anche aponeurosi bicipitale, è una espansione fibrosa del tendine del bicipite brachiale che si allarga come un ventaglio e si perde nella fascia dell’avambraccio.

È come il fiocco che chiude bene il pacco regalo del bicipite: discreto, ma indispensabile!

Cos’è e dov’è?

Origina dal tendine distale del bicipite brachiale e si irradia medialmente verso la fascia antibrachiale. Passa sopra l’arteria e il nervo mediano, facendo un po’ da “copertura protettiva”

Lo trovi quindi nel gomito, subito sotto la piega del braccio.

A cosa serve?

Distribuisce la forza del bicipite non solo sul radio (dove si inserisce il tendine principale), ma anche sulla fascia dell’avambraccio. Stabilizza e rinforza la fascia antibrachiale, proteggendo le strutture vascolari e nervose del gomito.

È un po’ come una cinghia di sicurezza che tiene in ordine muscoli e vasi della piega del gomito.

Funzionamento buffo

Immagina il bicipite come un supereroe che lancia un raggio laser.. ma prima di colpire, allarga un mantello che copre e difende chi sta sotto.
Quel mantello è il lacerto fibroso! 😅

Curiosità scientifica

In anatomia chirurgica, è un punto di repere fondamentale: per esempio nelle operazioni per sindrome del lacerto fibroso, dove può comprimere il nervo mediano o l’arteria brachiale.

In alcuni casi, se molto spesso, può dare sintomi simili alla sindrome del tunnel carpale, ma localizzati al gomito!

Viene sempre citato quando si parla di flogosi del bicipite o nei casi di compressione vascolare in piega cubitale.

Nella vita di tutti i giorni

Anche se non lo sai, il tuo lacerto fibroso lavora quando sollevi la spesa, fai trazioni o flessioni sulle braccia, pieghi il gomito stringendo qualcosa con forza.

Parole complicate, spiegate semplici

Aponeurosi: una lamina fibrosa larga e piatta, diversa da un tendine stretto.

Bicipite brachiale: il muscolo del “pallottolone” sul braccio.

Fascia antibrachiale: il tessuto che avvolge i muscoli dell’avambraccio.

Compressione neurovascolare: quando un tessuto schiaccia nervi e vasi.

Come può soffrire?

Ispessimento del lacerto, con una compressione del nervo mediano o dell’arteria brachiale. Sindrome del lacerto fibroso, con dolore e formicolio al gomito e all’avambraccio, e traumi o tensioni del bicipite con infiammazioni trasmesse anche al lacerto.

Momento educativo leggero

Quando alleni il bicipite, ricorda che non lavora solo lui: il lacerto fibroso trasmette forze anche all’avambraccio. Stretching e rinforzo equilibrato riducono il rischio di compressioni. Se senti formicolio o dolore in piega di gomito, non sempre è “solo tendinite”: potrebbe esserci di mezzo anche lui!

Conclusione

Il lacerto fibroso è come una fascetta zip: piccola, nascosta, ma senza di lei il pacco del bicipite non starebbe mai in ordine. La prossima volta che fletti il gomito, pensaci: c’è anche lui a lavorare in silenzio per te!

Ci vediamo lunedì prossimo con un’altra curiosità del corpo umano.. sempre con il sorriso! 😁

Tutti credono che sollevare il braccio significhi “usare la spalla”.Falso.Il braccio si muove solo se la scapola gli dà ...
02/11/2025

Tutti credono che sollevare il braccio significhi “usare la spalla”.

Falso.

Il braccio si muove solo se la scapola gli dà il permesso.

Guarda questa immagine.

Ogni volta che porti il braccio sopra la testa, succede una danza perfetta: la scapola ruota verso l’alto, la clavicola si solleva e ruota all’indietro, la testa dell’omero ruota esternamente, e la spalla (quella vera, non quella che vedi allo specchio) si apre come una porta che funziona solo se tutti i cardini girano insieme.

Per chi non è del mestiere

Quando alzi il braccio e senti “tirare dietro”, non è l’artrosi, né il tendine. È la scapola che ha smesso di scivolare bene sulla gabbia toracica. È come se provassi ad aprire una porta con i cardini arrugginiti.

Risultato? Rumori, fatica, dolore, blocco.

Per i colleghi clinici

Pattern dissinergico scapolo-omerale con deficit di upward rotation e tilt posteriore della scapola, ipomobilità SC posteriore e overdrive GH.
Alterazione del ritmo scapolo-omerale, sovraccarico del cingolo, impingement secondario, instabilità microtraumatica.

Approccio: retraining scapolotoracico, controllo motorio, dissociazione e integrazione respiratoria con catene posteriori.

E quindi?

Non dire “solleva il braccio”. Dì “lascia che la scapola accompagni il movimento.” Il segreto non è spingere di più, ma sincronizzare.

“Non è il braccio che si muove.
È la scapola che decide quanto sei libero.”

Prova adesso!

Alza lentamente un braccio davanti allo specchio.
L’altra mano mettila sulla scapola.
Si muove subito o resta ferma per metà del percorso?
Scrivilo nei commenti!

La spalla non è un’articolazione.
È una squadra.
E se la scapola sciopera.. il braccio non lavora.

Post divulgativo a scopo educativo.
Non sostituisce la valutazione fisioterapica personalizzata.

Ed eccoci nuovamente alle porte del fine settimana, per un nuovo episodio di "Patologie Spiritose: tra curiosità e legge...
01/11/2025

Ed eccoci nuovamente alle porte del fine settimana, per un nuovo episodio di "Patologie Spiritose: tra curiosità e leggerezza"! Oggi parliamo di una condizione che molti scoprono per caso, magari guardandosi allo specchio o dopo uno sforzo: la diastasi addominale. Sì, perché a volte anche i muscoli più uniti del corpo, i retti dell’addome, decidono di prendersi.. un po’ di spazio personale! 😜

Cos’è e dov’è?

La diastasi addominale è una separazione eccessiva tra i due muscoli retti dell’addome, quelli che normalmente formano la famosa “tartaruga”. Tra di loro c’è una struttura fibrosa chiamata linea alba, che può cedere o allungarsi, creando un “vuoto” visibile al centro dell’addome, soprattutto quando ci si alza da sdraiati o si tossisce.

In pratica: gli addominali smettono di fare squadra e lasciano spazio a una piccola “galleria centrale”.

Curiosità divertente

La diastasi è spesso chiamata “la crepa dell’addome”.. ma tranquilli, non serve stucco! È molto comune dopo la gravidanza (colpisce fino al 60% delle donne) e può comparire anche in uomini che fanno troppi esercizi addominali scorretti o aumentano di peso rapidamente.

Insomma, la “tartaruga” a volte non è rotta, si è solo un po’ allargata!

Come si sviluppa?

Durante la gravidanza o situazioni di pressione addominale elevata (come obesità o sforzi intensi), la linea alba si estende e perde tono. Dopo il parto o la riduzione del carico, la struttura dovrebbe retrarsi.. ma non sempre succede.

Quando la separazione supera i 2 cm, si parla di vera e propria diastasi.

I sintomi possono includere gonfiore o “bozzo” centrale sull’addome, debolezza del core e difficoltà nel sollevarsi da terra, mal di schiena lombare o senso di instabilità del tronco. Nei casi più importanti, disturbi digestivi o respiratori.

Nella vita quotidiana

La diastasi può essere più fastidiosa che dolorosa, ma influisce sulla funzionalità. Difficoltà nei movimenti che coinvolgono il “core”, maggior rischio di ernie ombelicali, sensazione di “cedimento” quando si tossisce, ride o si sollevano pesi.

Molti pazienti raccontano di sentirsi “molli” al centro, come se mancasse un punto di forza nel tronco.

Parole complicate, spiegate semplici

Linea alba: la fascia fibrosa che unisce i due muscoli retti addominali.

Retti dell’addome: i muscoli verticali dell’addome, protagonisti della “tartaruga”.

Core: insieme di muscoli che stabilizzano bacino e colonna.

Accenni di fisioterapia

La fisioterapia è fondamentale nel trattamento conservativo della diastasi addominale! Esercizi di rieducazione addominale profonda, come l’attivazione del trasverso dell’addome, per “ricucire” la linea alba dall’interno. Tecniche respiratorie mirate, per migliorare il controllo pressorio e la stabilità. Educazione posturale e gestione dello sforzo: imparare a sollevare, tossire e muoversi senza aumentare la pressione intra-addominale. Evitare crunch e addominali classici, che peggiorano la separazione.

Nei casi più gravi, può essere utile il supporto di un chirurgo per una plicatura addominale.

Curiosità scientifica

La ricerca mostra che la rieducazione funzionale posturale e respiratoria riduce la distanza tra i retti fino al 30-40% nei casi lievi e moderati. Inoltre, il recupero del trasverso dell’addome è considerato oggi l’elemento chiave per la stabilità del core e la prevenzione di recidive.

Conclusione

La diastasi addominale non è solo un “problema estetico”, ma un segnale che il corpo chiede un nuovo equilibrio. Con la fisioterapia, la consapevolezza e il lavoro sul respiro, si può “ricucire” la linea alba e ritrovare forza.. nel centro del corpo e della vita!

A sabato prossimo per il prossimo episodio! 🤗

🎉 È di nuovo giovedì! Benvenuti ad un nuovo episodio di “Muscolandia: esplorando la mappa dei muscoli!” 🎉Oggi scendiamo ...
30/10/2025

🎉 È di nuovo giovedì! Benvenuti ad un nuovo episodio di “Muscolandia: esplorando la mappa dei muscoli!” 🎉

Oggi scendiamo verso il tronco per incontrare un muscolo.. che fa da cintura, da freno, da moltiplicatore di forza e da cintura da boxe: l’obliquo esterno dell’addome!

Un muscolo fondamentale per la postura, il respiro, i movimenti torsionali e.. la famosa “tartaruga”!

Dettagli anatomici

L’obliquo esterno (o obliquo maggiore) è il più superficiale dei muscoli addominali laterali. Origina dalle superfici esterne delle ultime 5-6 coste (5ª–12ª) e si inserisce sulla cresta iliaca anteriore, legamento inguinale, linea alba e aponeurosi anteriore.

Innervazione: nervi intercostali T5–T12.

Funzioni principali

Flessione del busto (bilaterale), rotazione del tronco dal lato opposto (es: dx ruota a sinistra), inclinazione laterale (monolaterale), espulsione e contenimento viscerale (tosse, vomito, parto, defecazione), oltre ad essere un supporto respiratorio espiratorio.

Tipi di dolore

Può essere coinvolto in diverse condizioni, tra cui tensioni muscolari da movimenti torsionali (es. golf, tennis, sollevamenti sbilanciati), pubalgie da iperattività della porzione bassa, dolori costali o parietali per trigger point attivi, alterazioni posturali in caso di debolezza o compenso unilaterale, con dolore irradiato alla regione inguinale o lombare laterale.

Funzione quotidiana

Lavora in tantissime azioni comuni!

Ruotare il busto per guardare dietro, scendere dal letto in torsione, soffiare forte (es. candeline!), tossire o starnutire, stringere l’addome per contenere la p**ì, portare oggetti pesanti lateralmente..

È uno degli stabilizzatori più attivi del core.

Esercizio di allungamento (Stretching laterale in torsione)

1. In piedi, alza il braccio destro sopra la testa
2. Inclina il busto verso sinistra e ruotalo leggermente all’indietro
3. Sentirai stirare il fianco destro e l’area costale anteriore
4. Mantieni per 20-30 secondi, respira profondamente, poi cambia lato

Aiuta a ridurre tensioni laterali e migliorare la mobilità toracica.

Esercizio di rinforzo (Anti-rotazione con elastico)

1. Fissa un elastico all’altezza del petto e posizionati in piedi, di lato rispetto al punto di ancoraggio.
2. Tieni le mani unite davanti al petto, con il corpo eretto e stabile.
3. Spingi lentamente le braccia in avanti, resistendo alla trazione dell’elastico che tende a ruotarti.
4. Mantieni la posizione per 3–5 secondi, poi rientra controllando il movimento.
5. Ripeti 8–10 volte per lato.

È uno degli esercizi più intelligenti per gli obliqui: non ruoti, resisti alla rotazione. Ed è proprio qui che il muscolo dimostra la sua vera funzione: stabilizzare, frenare e coordinare.

🔬 Curiosità scientifica

Sapevi che l’obliquo esterno lavora in coppia incrociata con l’obliquo interno controlaterale?
È il famoso “gioco a forbice” che permette rotazione, stabilizzazione e trasferimento di forza dal tronco agli arti!

Inoltre, è attivo anche nella respirazione espiratoria forzata, e viene coinvolto precocemente in strategie posturali in caso di dolore lombare!

Conclusione

L’obliquo esterno è più di un semplice “muscolo dell’addome”: è un motore centrale, un freno di sicurezza, un protettore viscerale e un compagno invisibile di ogni torsione o espirazione profonda.

Allenalo, stiralo, consapevolizzalo.. e ti ritroverai con un core più forte, stabile e reattivo! 😁

Ci vediamo giovedì prossimo con un nuovo episodio di “Muscolandia”, dove il corpo prende forma, forza e.. funzione! 🤗

Tutti credono che il dolore all’anca venga dai muscoli che si muovono.Falso.A volte viene da quelli che non si parlano p...
29/10/2025

Tutti credono che il dolore all’anca venga dai muscoli che si muovono.

Falso.

A volte viene da quelli che non si parlano più.

Guarda bene quest’immagine.
Lo psoas tira giù la colonna.
Il gluteo medio prova a tenerla su.
Il piriforme s’innervosisce.
E lo sciatico, poverino, passa in mezzo come un coinquilino che ha smesso di salutare.

Non è un gruppo muscolare.
È un triangolo amoroso tra bacino, colonna e respiro. E quando uno dei tre si sente trascurato.. indovina chi si lamenta?

Il dolore.

Provalo subito!

Appoggia una mano sull’inguine e una sul gluteo.
Respira lentamente.
Quale si muove per prima?

Se parte quella davanti, lo psoas comanda.
Se parte quella dietro, il gluteo risponde.
Se non si muove nulla.. il corpo ha messo il silenzioso. 🤭

Scrivilo nei commenti: davanti, dietro o fermo?
Scoprirai che ognuno di noi respira in modo diverso.. ma solo chi respira bene cammina leggero.

Per i colleghi clinici

Dominanza anteriore, iperattività psoas–TFL, inibizione gluteo medio e instabilità pelvica. Rieducare la sinergia psoas–diaframma–gluteo significa restituire feedforward stability e decompressione lombare.

Tradotto: quando il respiro non guida, la catena profonda si difende, non funziona.

E quindi?

Non chiedere al corpo di diventare forte.
Chiedigli di ritrovare la conversazione.
Ogni dolore è un messaggio in attesa di essere tradotto.

Lo psoas è il filo che unisce cervello, respiro e cammino.

Hai mai sentito “tirare” davanti all’inguine o dietro al gluteo quando ti alzi dal divano?
Scrivi nei commenti DOVE lo senti di più.

Post divulgativo a scopo educativo.
Non sostituisce la valutazione fisioterapica personalizzata.

È lunedì, e come sempre torniamo con un nuovo episodio di “Anatomia Spassosa: esploriamo il corpo umano con un sorriso!”...
27/10/2025

È lunedì, e come sempre torniamo con un nuovo episodio di “Anatomia Spassosa: esploriamo il corpo umano con un sorriso!” 😄

Oggi parliamo di una membrana con un nome solenne, quasi regale: la membrana tectoria!

Il nome lo dice già: “tectoria” deriva da tegere, cioè coprire, proteggere. Ed è esattamente quello che fa: è il mantello fibroso che riveste e protegge la giunzione più delicata della nostra colonna, quella tra il cranio e le prime vertebre cervicali.

Cos’è e dov’è?

La membrana tectoria è una estensione del legamento longitudinale posteriore. Origina dalla superficie posteriore del corpo dell’epistrofeo (C2), risale verso l’alto e si inserisce sulla superficie interna dell’osso occipitale, davanti al forame magno.

In pratica: è una coperta fibrosa che unisce cranio e colonna cervicale alta.

A cosa serve?

Stabilizza la giunzione cranio-cervicale (tra cranio, atlante e epistrofeo), copre e protegge i legamenti più profondi, come il legamento crociato dell’atlante e i legamenti alari, limitando i movimenti eccessivi di flessione e rotazione della testa.

È un po’ come una “fodera interna” che rinforza la capsula articolare e tiene tutto al sicuro.

Funzionamento buffo

Immagina un mantello che nasconde i supereroi sotto di sé. La membrana tectoria fa esattamente questo: copre e protegge i legamenti profondi che impediscono all’atlante e all’epistrofeo di “sbracare” troppo.

È il bodyguard silenzioso della giunzione cranio-cervicale!

Curiosità scientifica

È talmente importante che una sua lesione traumatica (per esempio in incidenti ad alta energia) è un segno di instabilità grave della giunzione cranio-cervicale.

In neurochirurgia e radiologia, è un marker fondamentale per valutare la stabilità dopo traumi o patologie degenerative.

Alcuni autori la considerano un “vero e proprio legamento cranio-cervicale” più che una semplice estensione del legamento longitudinale posteriore.

Nella vita di tutti i giorni

Non la senti, non la vedi.. ma ogni volta che fai un inchino, annuisci, giri la testa con decisione.. la membrana tectoria lavora per impedire eccessi e garantire sicurezza.

Parole complicate, spiegate semplici

Atlante (C1): prima vertebra cervicale.

Epistrofeo (C2): seconda vertebra cervicale.

Forame magno: grande foro alla base del cranio da cui passa il midollo spinale.

Legamento longitudinale posteriore: banda fibrosa che corre dietro ai corpi vertebrali.

Come può soffrire?

Traumi cervicali gravi (distorsioni, lussazioni, fratture), instabilità cranio-cervicale (es. in malattie reumatiche come artrite reumatoide), lesioni degenerative (assottigliamento o perdita di tensione) e compressioni neurologiche se cede e non protegge più correttamente.

Momento educativo leggero

Proteggi la tua giunzione cranio-cervicale! Attenzione a colpi di frusta e traumi del collo. Cura la postura, perché il capo proiettato in avanti aumenta lo stress su questi legamenti e allenati con movimenti controllati e dolci, non con strattoni!

Conclusione con sorriso

La prossima volta che annuisci o fai “no” con la testa, pensa che lì dentro c’è la tua membrana tectoria: un piccolo mantello nascosto che veglia silenzioso per proteggere il collegamento più prezioso tra cervello e colonna.

Ci vediamo lunedì prossimo per un’altra avventura nel corpo umano.. sempre con il sorriso! 😁

Tutti pensano che l’anca si muova grazie a un solo muscolo. Falso: l’anca è un’orchestra dove ogni strumento suona la su...
26/10/2025

Tutti pensano che l’anca si muova grazie a un solo muscolo.

Falso: l’anca è un’orchestra dove ogni strumento suona la sua parte, ma basta una nota stonata per far saltare l’equilibrio.

Guarda l’immagine: psoas, retto femorale, tensore della fascia lata e adduttori. Non competono, si compensano. Se uno tira troppo, un altro si difende.

Per chi non è del mestiere: è come avere quattro cavalli che tirano un carro in direzioni leggermente diverse: se uno corre troppo, il carro si sbilancia.

Per i colleghi clinici: parliamo di una sinergia dinamica antero-mediale dell’anca, dove lo psoas controlla la centratura articolare, il TFL stabilizza in abduzione con la fascia lata, gli adduttori modulano l’adduzione e il retto femorale collega bacino e ginocchio in una catena biarticolare complessa.

E quindi? Significa che dolore inguinale, tensione laterale o rigidità lombare non nascono da un solo colpevole, ma da un disequilibrio tra forze che dovrebbero collaborare.

Qualcuno dirà: “parli di sinergie, catene, centratura.. paroloni”.

Tradotto: se l’anca non è un’orchestra accordata, il corpo balla fuori tempo. La buona notizia? Con il giusto lavoro posturale e respiratorio, puoi rimettere d’accordo i musicisti, e l’anca torna a suonare in armonia.

Ed eccoci nuovamente alle porte del fine settimana, per un nuovo episodio di “Patologie Spiritose, dove affrontiamo i ma...
25/10/2025

Ed eccoci nuovamente alle porte del fine settimana, per un nuovo episodio di “Patologie Spiritose, dove affrontiamo i malanni.. tra curiosità e leggerezza!”

Oggi parliamo di un disturbo che manda in confusione molti pazienti (e non solo loro): le vertigini cervicali. Avete presente quella sensazione di giramento di testa, instabilità o sbandamento che compare insieme al dolore al collo? Ecco, il collo a volte può diventare il “direttore d’orchestra” di capogiri fastidiosi.

Cos’è e dov’è?

Le vertigini cervicali sono una condizione in cui le alterazioni del tratto cervicale (contratture, rigidità, degenerazioni articolari) interferiscono con i segnali che il collo invia al cervello sull’equilibrio.

Il risultato? Un conflitto di informazioni tra occhi, orecchio interno e recettori cervicali, che può portare a instabilità e vertigini.

Curiosità divertente

Alcuni pazienti raccontano che i capogiri peggiorano quando girano la testa per guardare dietro in macchina. Insomma, il collo diventa come un GPS impazzito che dà indicazioni confuse: “gira a destra, anzi no.. fermati!”.

Come si sviluppa?

Le cause più comuni includono contratture e rigidità muscolari del tratto cervicale, artrosi cervicale e degenerazione dei dischi, traumi come il colpo di frusta e posture scorrette prolungate (es. text neck).

La tensione altera i recettori muscolari e articolari del collo, generando informazioni discordanti rispetto a quelle vestibolari e visive.

Nella vita quotidiana:

Le vertigini cervicali possono rendere difficile girare la testa di lato senza sentirsi instabili, restare a lungo seduti davanti al PC, guidare o camminare in luoghi affollati, fare sport che richiedono movimenti rapidi della testa.

E spesso il paziente descrive più instabilità e sbandamento che vertigini vere e proprie.

Parole complicate, spiegate semplici

Propriocettori: “sensori” presenti nei muscoli e nelle articolazioni che dicono al cervello come si muove e dov’è il corpo.

Conflitto sensoriale: quando i segnali da occhi, orecchio interno e collo non coincidono, il cervello non sa a chi credere e compare il capogiro.

Accenni di fisioterapia

Il trattamento fisioterapico può includere tecniche manuali per ridurre la rigidità cervicale, esercizi di mobilità e allungamento per il collo, rinforzo dei muscoli profondi cervicali.

Training dell’equilibrio e della propriocezione ed educazione posturale per ridurre il carico sulla cervicale sono fondamentali.

In casi complessi, il fisioterapista lavora in team con otorinolaringoiatra e neurologo.

Curiosità scientifica

Non esiste un test unico e certo per diagnosticare le vertigini cervicali: si tratta di una diagnosi di esclusione. Prima vanno escluse cause vestibolari, neurologiche o cardiovascolari. Solo allora, se i sintomi sono associati a disturbi cervicali, si parla di vertigini cervicali.

Conclusione:

Le vertigini cervicali possono sembrare un enigma, ma con un percorso mirato si può migliorare molto.

Il segreto è non fermarsi al sintomo, ma ricostruire l’equilibrio tra postura, cervicale e sistema sensoriale. Così la testa.. smette di girare troppo! 😉

A sabato prossimo per il prossimo episodio! 🫶

Indirizzo

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Portoferraio
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