Dottssa rita bacci fisioterapista

Dottssa rita bacci fisioterapista 👩🏻‍⚕️ Responsabile Fisioterapia e Elba fitness Portoferraio
🧾 Docente Nazionale Pilates
✨ inseg

ACTIVITIES: fisioterapia, riabilitazione, massaggi, pilates, ginnastica postulare, riflessologia, riabilitazione pelvica.

Finalmente è martedì! Benvenuti a un nuovo episodio di “Neurolandia: il sistema nervoso come non lo avete mai visto!”Ogg...
02/12/2025

Finalmente è martedì! Benvenuti a un nuovo episodio di “Neurolandia: il sistema nervoso come non lo avete mai visto!”

Oggi parliamo di un nervo che vive in una zona affollata e delicatissima. Piccolo, protetto dallo psoas, coinvolto nei movimenti del bacino, nei riflessi e persino.. in alcune sensazioni intime.

È il nervo genitofemorale, il nervo che non si vede, che pochi conoscono davvero.. ma che quando decide di lamentarsi, diventa impossibile ignorarlo.

Dolori inguinali? Fastidi anteriori dell’anca? Formicolii nella zona genitale?
Potrebbe essere proprio lui.

Dove sta?

Il nervo genitofemorale nasce dal plesso lombare, precisamente dalle radici L1–L2.

Il suo percorso è molto caratteristico: perfora il muscolo psoas e decorre sulla sua superficie anteriore, scende verso il legamento inguinale, si divide in due rami principali. Il ramo genitale passa attraverso il canale inguinale, innerva il cremastere e la cute dello scroto (nell’uomo) e le grandi labbra e il monte di Venere (nella donna).

Il ramo femorale scende sotto il legamento inguinale e innerva la cute della parte superiore e anteriore della coscia.

Anatomia complessa, zona delicata, clinica spesso ingannevole.

Che cosa fa?

Il genitofemorale è misto: sia sensitivo, sia motorio (parzialmente).

La funzione sensitiva si presenta nella cute del triangolo femorale, nella regione inguinale, e nello scroto/grandi labbra.

Tramite la funzione motoria innerva il muscolo cremastere (solo nell’uomo), responsabile del riflesso cremasterico (sollevamento del testicolo).

Quando funziona bene, mantiene sensibilità fine nella regione inguinale e partecipa a riflessi protettivi.

Come si lamenta?

La sofferenza del nervo genitofemorale può essere sorprendentemente intensa.. e confusa con molte altre condizioni.

Sintomi principali: dolore o bruciore nella zona inguinale, formicolio nella parte anteriore e superiore della coscia, sensazioni alterate nelle grandi labbra o nello scroto, ipersensibilità al contatto con indumenti stretti, dolore accentuato da estensione dell’anca e trigger sul decorso dello psoas.

Segno clinico famoso: assenza o riduzione del riflesso cremasterico (nell’uomo).

È tipicamente aggravato da iperestensione lombare, posture in accorciamento dello psoas, cicatrici addominali/inguinali, compressione da ernia inguinale, interventi chirurgici (ernia, taglio cesareo).

Ruolo nella vita quotidiana

Il genitofemorale partecipa a molte funzioni.. senza che ce ne accorgiamo: sensibilità della zona inguinale, equilibrio tra psoas e bacino, riflessi protettivi dei genitali, stabilità del movimento durante estensione dell’anca, percezione fine della parte alta della coscia.

È uno di quei nervi di cui non parli mai.. finché non si irrita.

Patologie e disfunzioni

Nevralgia genitofemorale (post-chirurgica o idiopatica), irritazione da psoas teso o ipertrofico, compressione da ernia inguinale, trauma diretto nella zona inguinale, complicanze post-cesareo, sindromi dolorose pelviche e neuropatie da stiramento o microtraumi.

Clinicamente è molto simile alle neuropatie del nervo ileoinguinale e ileoipogastrico, per questo la diagnosi differenziale è fondamentale.

Curiosità neurologica

Il nervo genitofemorale è uno dei rari nervi che passa davanti allo psoas, partecipa a un riflesso unico (cremasterico), cambia funzione tra uomo e donna, è frequentemente coinvolto in dolori inguinali.. ma quasi mai viene ricordato dai pazienti.

È la classica “diagnosi mancata” del bacino.

Approccio fisioterapico

Qui il fisioterapista può dare tantissimo: lavora sullo psoas con rilascio miofasciale indiretto, mobilità lombare, decompressione locale e controllo motorio. Con tecniche di neurodinamica del nervo, ovvero movimento combinato di anca, colonna lombare e inguine. Attraverso mobilizzazione del bacino per ridurre tensioni compressive.

Utile un piano di rieducazione posturale per evitare iperlordosi e ridurre compressione inguinale, con educazione e gestione del carico fondamentali dopo interventi chirurgici o cicatrici.

Il lavoro è spesso multidisciplinare con chirurgo generale, urologo, ginecologo, fisiatra.

Conclusione

Il nervo genitofemorale è uno dei più “timidi” del plesso lombare, ma quando si irrita sa diventare incredibilmente rumoroso.

Dolori inguinali, fastidi anteriori della coscia, riflessi alterati: a volte il protagonista è proprio lui.

Un piccolo nervo in un grande crocevia anatomico.

Ci vediamo martedì prossimo su Neurolandia.. perché quando i nervi parlano, noi impariamo ad ascoltarli. 🤗

Nota bene

Anche se a Neurolandia i nervi parlano.. la diagnosi medica la fa il medico. Quindi, se i sintomi ti fanno compagnia da troppo tempo, ascolta i segnali e confrontati con un neurologo o uno specialista medico. Noi siamo qui per spiegarti come funzionano le cose, ma la cura parte sempre da una valutazione sanitaria. E spesso, il fisioterapista è proprio il primo professionista sanitario a intercettare quei segnali e indirizzare nel modo giusto. 👏

Eccoci di nuovo insieme in questo fantastico lunedì con un nuovo episodio di “Anatomia Spassosa: esploriamo il corpo uma...
01/12/2025

Eccoci di nuovo insieme in questo fantastico lunedì con un nuovo episodio di “Anatomia Spassosa: esploriamo il corpo umano con un sorriso!” 😀

Oggi scendiamo nelle profondità più protette del nostro corpo.. quelle dove i nervi non ammettono scherzi. Parliamo del sacco durale!

Sì, hai letto bene: c’è un “sacco” dentro la colonna vertebrale, e non contiene merendine.. ma qualcosa di molto più prezioso!

Il sacco durale è come uno zaino tecnico da escursionista, solo che invece di proteggere borraccia e panino.. protegge midollo spinale, radici nervose e liquido cerebrospinale.

Un involucro forte, resistente, elastico, che custodisce la parte più delicata della nostra “rete elettrica”.

Cos’è e dov’è?

Il sacco durale è la porzione della dura madre che avvolge il midollo spinale e le radici nervose, formando una specie di tubo protettivo che inizia alla base del cranio, scende lungo tutto il canale vertebrale, e termina a livello di S2 circa.

All’interno contiene: midollo spinale (fino a L1-L2), cauda equina e liquido cerebrospinale (che fa da ammortizzatore interno)

Insomma.. è il cannone istituzionale della neuroprotezione!

A cosa serve?

Protegge il midollo spinale da urti, pressioni e trazioni, mantenendo un ambiente stabile ai nervi grazie al liquido cerebrospinale. Permette scorrimento sicuro tra midollo e vertebre e distribuisce le pressioni interne durante movimenti, salti e flessioni.

È il casco integrale del sistema nervoso centrale.

Curiosità divertente

Immagina il sacco durale come il palloncino più importante della tua vita: se lo schiacci da una parte, lui si gonfia dall’altra, sempre proteggendo ciò che contiene.

E pensa che ogni volta che ti muovi, lui ondeggia dolcemente insieme al liquido cerebrospinale: una specie di neuro-acquario da viaggio! 🤭

Funzionamento buffo

Quando salti, corri, pieghi la schiena o ti tocchi le punte dei piedi, il sacco durale si allunga, si accorcia e scivola con te.
Come un elastico di alta qualità, segue ogni movimento senza mai incepparsi.

È il “bodyguard flessibile” del midollo!

Nella vita di tutti i giorni

Il sacco durale lavora quando ti muovi velocemente, ti siedi a lungo, fai stretching, sollevi pesi o salti giù dal letto. E soprattutto quando i nervi vengono stirati (pensa al test di Lasègue).. sì, anche lì è lui che protegge e accompagna!

Parole complicate, spiegate semplici

Dura madre: la membrana più esterna e robusta che avvolge cervello e midollo.

Liquido cerebrospinale: il “brodo protettivo” che ammortizza tutto.

Cauda equina: fascio di radici nervose a forma di coda di cavallo.

Forame di coniugazione: buco da cui i nervi escono dal sacco.

Come può soffrire?

Il sacco durale può essere coinvolto in ernie discali che lo comprimono, stenosi del canale vertebrale, aderenze durali dopo interventi, infiammazioni meningeee, lacerazioni durali in traumi o chirurgia e mal di schiena irradiato, perché quando il sacco viene stirato.. i nervi protestano!

Momento educativo leggero

Muoviti spesso: a lungo andare, la rigidità lombare “stressa” anche le meningi. Respira bene: il liquido cerebrospinale si muove anche con il diaframma. Stretching dolce, non aggressivo e cura il core: maggiore stabilità equivale a meno pressioni inutili sul sacco durale.

E soprattutto: dolore irradiato o sintomi neurologici vanno SEMPRE valutati da un professionista sanitario.

Curiosità scientifica

Il sacco durale “galleggia” letteralmente nel canale vertebrale: il liquido cerebrospinale si muove con il battito cardiaco, l’atto respiratorio e perfino con i cambi di postura.

È così importante che in risonanza magnetica se ne studia la forma e le pressioni, in anestesia spinale si lavora proprio dentro lo spazio subaracnoideo e nelle malattie meninge è la prima struttura a cambiare comportamento.

Un involucro che non si vede, ma senza il quale.. nulla funzionerebbe.

Conclusione

La prossima volta che ti tocchi la schiena o fai un piegamento, pensa al tuo sacco durale: il custode silenzioso che protegge il tuo sistema nervoso 24 ore su 24, senza mai chiedere ferie!

Ci vediamo lunedì prossimo con un’altra meraviglia del corpo umano.. sempre con il sorriso! 🤗

Hai mai provato a passare in un corridoio troppo stretto con una borsa a tracolla? Ogni passo rischia di incastrarti, e ...
28/11/2025

Hai mai provato a passare in un corridoio troppo stretto con una borsa a tracolla? Ogni passo rischia di incastrarti, e allora ti irrigidisci, rallenti, ti contorci. Eppure non è colpa del corridoio.

È solo che.. non c’è spazio per te. 🤭

Dentro il corpo succede lo stesso.
Tra l’ischio e il femore, in un piccolo spazio di pochi millimetri, scorrono il nervo sciatico e il muscolo quadrato del femore. Quando la meccanica dell’anca cambia, dopo un trauma, una postura rigida o una rotazione eccessiva.. quel corridoio si stringe.

E il corpo, per proteggersi, si blocca.

Non è un capriccio.
È una strategia di sopravvivenza.

Per chi non è del mestiere: il “conflitto ischio-femorale” avviene quando, durante certi movimenti dell’anca (soprattutto in rotazione esterna o estensione), il nervo sciatico e il muscolo quadrato del femore vengono compressi tra l’ischio e il femore.

Il risultato? Dolore profondo al gluteo, bruciore, scosse o formicolii che imitano una sciatalgia. Ma in realtà.. non è la colonna. È un corridoio troppo stretto tra due ossa.

Per i colleghi clinici: ischiofemoral impingement: riduzione dello spazio ischiofemorale (

Hai mai provato a spingere una porta pesante con la spalla? La senti cedere, poi resistere, poi scivolare.. ma solo se l...
26/11/2025

Hai mai provato a spingere una porta pesante con la spalla? La senti cedere, poi resistere, poi scivolare.. ma solo se l’angolo è quello giusto.

Il tuo corpo fa lo stesso. Ogni passo, ogni rotazione, ogni gesto parte da lì: dall’anca.

Non è solo un’articolazione.
È un direttore d’orchestra.
Lavora su tre piani, sagittale, frontale e orizzontale e orchestra i movimenti di gambe, bacino e colonna come se ogni fibra avesse una battuta da suonare.

Quando il ritmo si spezza, tu lo chiami “dolore”. Lei lo chiama “disaccordo.”

Per chi non è del mestiere: l’anca non si muove in un solo verso, ma in tre dimensioni: flette e estende (per camminare), abduce e adduce (per stabilizzare), ruota internamente ed esternamente (per adattarti al terreno).

Ogni movimento è controllato da muscoli diversi, ma integrati come un sistema musicale perfetto. Quando uno strumento suona troppo (come il tensore fascia lata) o troppo poco (come il gluteo medio), l’armonia salta.

Per i colleghi clinici: analisi biomeccanica tridimensionale del complesso coxo-femorale. Ruolo dei legamenti (ileofemorale, pubofemorale, ischiofemorale) come vincoli dinamici nel controllo passivo del ROM. Equilibrio tra linee di forza muscolare e restrizioni capsulari nei piani sagittale, frontale e trasverso.

Pattern comune: dominance del piano sagittale con deficit di controllo trasverso che porta a sindrome femoro-acetabolare e overload fasciale TFL–ITB.

E quindi?

Non cercare solo la “mobilità” dell’anca.
Cerca l’armonia. Un’anca mobile ma non centrata è come una porta che gira su cardini storti: si apre, ma prima o poi si spezza.

L’anca non è fatta per seguirti.
È fatta per guidarti.

Prova questo: da in piedi, ruota lentamente il busto a sinistra e a destra.
Ora pensa: non è la schiena che gira.
È l’anca che ti permette di non cadere.
Lo senti?

Il corpo ha tre piani di movimento. Ma quando l’anca decide di fermarsi, tutto il resto smette di seguirla.

Post divulgativo a scopo educativo.
Non sostituisce la valutazione fisioterapica personalizzata.

Finalmente è martedì! Benvenuti a un nuovo episodio di “Neurolandia: il sistema nervoso come non lo avete mai visto!”Ogg...
25/11/2025

Finalmente è martedì! Benvenuti a un nuovo episodio di “Neurolandia: il sistema nervoso come non lo avete mai visto!”

Oggi parliamo di un nervo che.. ti tiene letteralmente in vita. È lui che ti fa respirare, sbadigliare, sospirare e, quando serve, singhiozzare: il nervo frenico!

Un nervo tanto sottovalutato quanto essenziale, perché ogni suo impulso accende il ritmo più vitale di tutti: il respiro.

Dove sta?

Il nervo frenico nasce nel plesso cervicale, precisamente dalle radici C3, C4 e C5, il famoso mantra degli studenti di anatomia:

“C3, 4, 5 keep the diaphragm alive!”

Il suo percorso è tanto elegante quanto funzionale: origina nel collo, anteriormente al muscolo scaleno anteriore. Scende nel torace, davanti all’ilo polmonare, accanto al pericardio e ai grandi vasi. Raggiunge il diaframma, dove si divide in rami terminali che ne innervano la porzione centrale.

Ne abbiamo due, destro e sinistro, e ciascuno segue un tragitto leggermente diverso per adattarsi alla posizione del cuore e del fegato.
Un vero esempio di biomeccanica personalizzata!

Che cosa fa?

Il nervo frenico è principalmente motorio, ma anche sensitivo in alcune sue ramificazioni.

Funzione motoria: è il comandante in capo del diaframma, il principale muscolo respiratorio. Coordina ogni inspirazione, ogni sbadiglio, ogni respiro profondo.

Funzione sensitiva: innerva pleura, pericardio, peritoneo e capsula epatica, fornendo la sensibilità viscerale di queste strutture.

In pratica, ogni respiro che fai parte da un suo impulso. E quando lui tace.. l’aria non arriva.

Come si lamenta?

Quando il nervo frenico si irrita o viene compresso, può causare dolore riferito alla spalla o al collo (per la sua origine cervicale), difficoltà respiratoria o sensazione di “respiro corto”, singhiozzo persistente (scariche anomale del nervo), paralisi diaframmatica, monolaterale o bilaterale, con affanno soprattutto da sdraiati.

E se il dolore “al diaframma” si irradia alla spalla.. non è magia: è neuroanatomia pura.

Ruolo nella vita quotidiana

Il nervo frenico lavora senza sosta, giorno e notte. Ogni volta che respiri, tossisci, ridi, sbadigli o fai uno sforzo, lui è al tuo fianco.
E quando ti emozioni, cambia ritmo con te, perché respiro e stato emotivo sono inseparabili.

È il simbolo perfetto della connessione tra postura, respiro ed emozione. Un nervo “ponte” tra fisiologia e percezione.

Patologie e disfunzioni

Paralisi del diaframma (post-traumatica, chirurgica, tumorale), irritazioni da infiammazioni toraciche (pleurite, pericardite), lesioni cervicali alte (traumi C3–C5), singhiozzo cronico da irritazione riflessa o disfunzione vagale, dolore riflesso da patologie epatiche o diaframmatiche.

Curiosità neurologica

Il singhiozzo nasce proprio da una scarica involontaria del nervo frenico, seguita dalla chiusura improvvisa della glottide. È un riflesso arcaico, un piccolo “errore evolutivo”, ma anche un esempio perfetto di come cervello e respiro siano intrecciati.

E in fisioterapia respiratoria, stimolare il frenico indirettamente attraverso il diaframma può migliorare la ventilazione e ridurre lo stress. Un esempio di come la neurologia possa diventare.. terapeutica.

Approccio fisioterapico

Il fisioterapista può agire sul nervo frenico in modo mirato e globale: educazione alla respirazione diaframmatica, tecniche manuali per liberare il torace e migliorare la mobilità del diaframma, mobilizzazione cervicale dolce (zona di origine del nervo), trattamento fasciale del torace, diaframma e pavimento pelvico, esercizi posturali integrati per armonizzare respirazione e allineamento.

E, come diciamo sempre ai pazienti: “non serve solo respirare, serve respirare bene.”

Conclusione

Il nervo frenico è il direttore d’orchestra del respiro. Lavora in silenzio, ma dirige ogni nota del tuo ritmo vitale.

Quando ti fermi un attimo, inspira e senti come tutto il corpo si muove insieme. Dietro quel gesto automatico, c’è lui, il nervo che ti tiene in vita.

Ci vediamo martedì prossimo su Neurolandia.. perché quando i nervi parlano, noi impariamo ad ascoltarli. 🤗

Nota bene

Anche se a Neurolandia i nervi parlano.. la diagnosi medica la fa il medico. Quindi, se i sintomi ti fanno compagnia da troppo tempo, ascolta i segnali e confrontati con un neurologo o uno specialista medico. Noi siamo qui per spiegarti come funzionano le cose, ma la cura parte sempre da una valutazione sanitaria. E spesso, il fisioterapista è proprio il primo professionista sanitario a intercettare quei segnali e indirizzare nel modo giusto. 👏

È lunedì.. ed eccoci con un nuovo episodio di “Anatomia Spassosa: esploriamo il corpo umano con un sorriso!” 😀 Oggi parl...
24/11/2025

È lunedì.. ed eccoci con un nuovo episodio di “Anatomia Spassosa: esploriamo il corpo umano con un sorriso!” 😀

Oggi parliamo di una struttura piccola, lucida, elegantissima.. e fondamentale per farci muovere senza cigolii: la faccetta articolare!

Il nome sembra un vezzeggiativo, e in effetti lo è: la faccetta articolare è davvero una piccola “faccia” dell’osso che serve a toccare e scorrere su un altro osso. È rivestita di cartilagine liscia come vetro e permette alle articolazioni di muoversi senza attrito, senza rumore.. e senza litigare!

Cos’è e dov’è?

Una faccetta articolare è una superficie liscia, ricoperta di cartilagine ialina, presente su un osso per permettere la connessione con un altro.

La trovi in tantissime parti del corpo: nelle vertebre (faccette articolari superiori e inferiori) nelle costovertebrali (tra coste e colonna), nelle articolazioni sinoviali come il ginocchio, il gomito, il polso e perfino nelle piccole articolazioni della mano e del piede

Sono ovunque ci sia un movimento fluido e preciso.

A cosa serve?

Permette scorrimento tra due ossa, riducendo l’attrito. Stabilizza l’articolazione e distribuisce il carico, guidando il movimento nella direzione corretta.

Ogni articolazione ha faccette orientate in modo specifico per guidare il tipo di movimento concesso: nel collo permettono molto movimento, nel torace invece poca mobilità, ma tanta stabilità, nella lombare in flessione-estensione, meno nelle rotazioni.

La biomeccanica è geometria applicata!

Funzionamento buffo

Immagina la faccetta articolare come il pattino di una pista di ghiaccio: superficie liscia, scivola, non fa attrito, e ti porta esattamente dove devi andare. Senza di lei.. ogni movimento sarebbe come pattinare sulla carta vetrata!

Curiosità scientifica

La cartilagine che ricopre le faccette è priva di vasi sanguigni e nervi, quindi non fa male quando la usi ma guarisce molto lentamente se danneggiata. Le faccette vertebrali cambiano orientamento lungo la colonna in base alle funzioni della regione.

La faccetta articolare è responsabile di buona parte del carico vertebrale durante le estensioni lombari.

Nella vita di tutti i giorni

Ogni volta che ti allunghi per prendere un oggetto, giri la testa in auto, ti pieghi per allacciare una scarpa o sali un gradino.. le faccette ti stanno accompagnando, guidando l’osso come rotaie invisibili.

Parole complicate, spiegate semplici

Cartilagine ialina: la copertura liscia e brillante delle faccette.

Articolazione sinoviale: articolazione mobile con liquido sinoviale.

Faccetta zigoapofisaria: faccetta articolare delle vertebre.

Artrosi articolare: consumo della cartilagine sulle faccette.

Come può soffrire?

Artrosi delle faccette, sovraccarico da iperestensione, malposizionamenti vertebrali, infiammazioni e rigidità, sindrome delle faccette (facet syndrome).

Sintomi tipici? Dolore “meccanico” che aumenta con l’estensione, il carico e la postura prolungata.

Momento educativo leggero

Mantieni la colonna mobile con movimenti regolari, lavora sul core per scaricare le faccette lombari, evitando posture prolungate che comprimono le faccette.

Ricorda: la cartilagine ama il movimento delicato e continuo, non gli strattoni!

Conclusione

La prossima volta che ti muovi senza rumori.. ringrazia le tue faccette articolari, i piccoli pattini nascosti che rendono la tua biomeccanica sempre elegante!

Ci vediamo lunedì prossimo per un’altra meraviglia del corpo umano.. sempre con il sorriso! 😄

Hai mai pensato a quante voci ci sono dentro di te? C’è quella che decide, quella che ricorda, quella che reagisce. E po...
23/11/2025

Hai mai pensato a quante voci ci sono dentro di te? C’è quella che decide, quella che ricorda, quella che reagisce. E poi ce n’è una che non parla mai.. ma ti fa muovere, respirare, vivere.

È il tuo sistema nervoso.

Un dialogo continuo tra cervello, midollo e miliardi di fili che ti attraversano come un campo elettrico in movimento.

Ogni pensiero diventa corrente.
Ogni emozione diventa segnale.
Ogni tocco, ogni dolore, ogni battito nasce da questa rete che collega la mente al corpo e il corpo alla mente.

Non c’è separazione.
C’è solo comunicazione continua.

Per chi non è del mestiere: il cervello è la centrale di comando, ma il midollo spinale è la sua autostrada. Da lì partono i nervi che portano i messaggi a ogni parte del corpo e li riportano indietro in un ciclo senza sosta.

Quando senti dolore, quando ti emozioni o quando ti rilassi, non è mai “solo nella testa” o “solo nel corpo”: è una rete che si accende tutta insieme.

Per i colleghi clinici: integrazione funzionale tra sistema nervoso centrale (encefalo e midollo spinale), periferico (nervi spinali e plessi) e autonomo (simpatico, parasimpatico, enterico).

Trasmissione afferente–efferente mediata da interneuroni e gangli radicolari. Ruolo cruciale della neuroplasticità e delle vie discendenti nel modulare il tono muscolare, la percezione nocicettiva e la risposta viscerale.

La rieducazione fisioterapica diventa un ricablare connessioni, non solo mobilizzare tessuti.

E quindi?

Il corpo non è una macchina.
È una rete che sente e si adatta in tempo reale. Ogni volta che un fisioterapista tocca un paziente, non lavora su un muscolo:
sta parlando con il suo sistema nervoso.

Il sistema nervoso non comanda. Ascolta, traduce e connette.

Fermati un attimo e prova questo: chiudi gli occhi, muovi lentamente un dito del piede, poi sorridi. Due gesti lontanissimi, eppure.. la stessa corrente li ha collegati.
Lo senti?

Il corpo non ha bisogno del Wi-Fi.
È già tutto connesso. 😅

Post divulgativo a scopo educativo.
Non sostituisce la valutazione fisioterapica personalizzata.

21/11/2025

Hai mai indossato un paio di jeans troppo stretti, quelli che sembrano reggerti ma poi non ti fanno respirare? Ti muovi,...
21/11/2025

Hai mai indossato un paio di jeans troppo stretti, quelli che sembrano reggerti ma poi non ti fanno respirare? Ti muovi, ma ogni passo tira. Cammini, ma senti che qualcosa ti frena.

Nel corpo succede la stessa cosa. Lì, dove il tensore della fascia lata (TFL) incontra il grande gluteo e scende fino al ginocchio attraverso la banda ileotibiale, c’è la tua “stoffa elastica”.

Una fascia che ti tiene in piedi, ti stabilizza, ti salva da ogni caduta. Finché un giorno.. non ce la fa più.

Allora tira, brucia, scatta.
E tu dici “mi fa male il fianco” o “il ginocchio esterno”. Ma non è dolore.
È un grido di trazione.

Per chi non è del mestiere, quella corda laterale che senti tesa quando sali le scale o corri non è un nervo né un tendine rotto. È la fascia che unisce anca e ginocchio, un tessuto continuo che lavora come una cintura di sicurezza.

Quando il gluteo si spegne e il bacino perde controllo, la fascia tira per tenerti dritto.
E come ogni cintura.. lascia il segno.

Per i colleghi clinici, interazione funzionale TFL–grande gluteo–fascia lata, con inserzione sul tubercolo di Gerdy. Pattern dissinergico da iperattivazione TFL e inibizione medio/grande con tensione ITB, frizione sul condilo laterale, dolore antero-laterale di ginocchio.

Approccio: normalizzazione fasciale, controllo neuromotorio pelvico, reintegrazione catena postero-laterale.

E quindi?

Non allungare solo la fascia.
Rieduca chi la comanda.
Il corpo non si irrigidisce per cattiveria: lo fa per non farti crollare.

La fascia non è rigida: è fedele.
Ti tiene su anche quando tutto il resto molla.

Prova questo: stai in piedi su una gamba sola davanti allo specchio. Senti ti**re di più sul fianco esterno o sul gluteo?

La banda ileotibiale non è un elastico troppo corto. È un messaggio di sicurezza.. che a volte dimentichiamo di ringraziare.

Post divulgativo a scopo educativo.
Non sostituisce la valutazione fisioterapica personalizzata.

🎉 È di nuovo giovedì! Benvenuti ad un nuovo episodio di “Muscolandia: esplorando la mappa dei muscoli!” 🎉Oggi scendiamo ...
20/11/2025

🎉 È di nuovo giovedì! Benvenuti ad un nuovo episodio di “Muscolandia: esplorando la mappa dei muscoli!” 🎉

Oggi scendiamo fino all’avampiede per conoscere un muscolo potente, nascosto e spesso sottovalutato: il flessore lungo dell’alluce.

Se il tuo alluce spinge bene.. è merito suo!

Dettagli anatomici

Il flessore lungo dell’alluce è un muscolo profondo della gamba posteriore, posizionato lateralmente rispetto al tibiale posteriore ma con un decorso obliquo che lo porta a incrociare tutto il retropiede fino all’alluce.

Origina dal terzo distale della faccia posteriore della fibula e membrana interossea
e si inserisce alla base della falange distale dell’alluce (plantarmente)

Innervazione: nervo tibiale (S2–S3)

Funzioni principali

Flessore dell’alluce (soprattutto dell’articolazione interfalangea), aiuta nella flessione plantare della caviglia, sostenendo l’arco longitudinale mediale. Attivo nella spinta della fase propulsiva del passo e nella stabilizzazione del piede durante attività sportive e in punta di piedi

Tipi di dolore

Il flessore lungo dell’alluce può causare dolore in diverse condizioni, spesso associate a sovraccarico o microtraumi: tendinopatia del flessore lungo dell’alluce (frequente in ballerini, runner e atleti), sindrome del canale tarsale posteriore (compressione del nervo tibiale), rigidità dell’alluce (hallux limitus funzionale), dolore mediale al malleolo o alla pianta del piede durante la spinta e trigger point profondi nella regione postero-laterale del polpaccio.

Funzione quotidiana

Questo muscolo lavora ogni volta che spingi via il terreno, anche se non ci pensi mai, come nel camminare o correre, soprattutto in salita, stare sulle punte (ad esempio per raggiungere uno scaffale), spingere il pedale dell’auto, saltare, danzare, fare esercizi pliometrici e bilanciare il peso durante appoggio monopodalico o su superfici instabili.

🧘 Esercizio di allungamento (Stretching dell’alluce in estensione)

1. Siediti con la caviglia appoggiata sul ginocchio opposto.
2. Con la mano, afferra l’alluce e tiralo delicatamente verso l’alto (estensione), mantenendo il piede rilassato.
3. Dovresti sentire un allungamento sotto il piede e lungo l’alluce.
4. Mantieni 20-30 secondi, ripeti 2-3 volte.

Ottimo per rilasciare tensioni miofasciali e migliorare l’elasticità del primo raggio.

🏋️ Esercizio di rinforzo (Spinta dell’alluce contro resistenza)

1. Siediti con il piede appoggiato a terra.
2. Posiziona un asciugamano piegato sotto l’alluce.
3. Premi verso il basso come se volessi piegarlo, mantenendo la posizione per 5 secondi.
4. Rilascia e ripeti per 10-12 volte.

Variante avanzata: usa una fascia elastica sotto l’alluce e tira leggermente verso l’alto mentre lo fletti.

Rinforza in modo specifico il flessore lungo, migliorando la spinta e la stabilità del piede.

🔬 Curiosità scientifica

Il flessore lungo dell’alluce è uno dei pochi muscoli della gamba che lavora “in ritardo” rispetto agli altri: entra in azione nella fase finale del passo, quando il tallone è già sollevato. Questo timing perfetto permette di irrigidire l’arco plantare all’ultimo istante, trasformando il piede in una leva rigida pronta a spingere.

È il motivo per cui un alluce debole può far perdere potenza.. anche se caviglia e polpaccio sono forti.

Conclusione

Il flessore lungo dell’alluce è il vero “motore della spinta” del piede. Allenarlo, allungarlo e ascoltarlo significa prendere consapevolezza del primo passo.. e renderlo più potente, più sicuro, più tuo.

Ci vediamo giovedì prossimo per un nuovo episodio di Muscolandia! Perché ogni muscolo ha una storia.. anche se parte da un dito. 🦶🚀

Se non imparo nel modo in cui tu insegni, insegnami nel modo in cui io imparo. rita bacci fisioterapistaComune  di  Port...
19/11/2025

Se non imparo nel modo in cui tu insegni, insegnami nel modo in cui io imparo.
rita bacci fisioterapistaComune di Portoferraio
Associazione incontriamoci in diversi
Fondazione Sportcity


Hai mai visto un ponte sospeso oscillare nel vento? Da lontano sembra fragile, ma se lo attraversi capisci che è fatto p...
19/11/2025

Hai mai visto un ponte sospeso oscillare nel vento? Da lontano sembra fragile, ma se lo attraversi capisci che è fatto per muoversi.
È proprio quel movimento che lo rende stabile.

La schiena funziona così.
Non è un muro. È un ponte.
Decine di muscoli, multifido, lunghissimo, ileocostale, rotatori, lavorano in silenzio per bilanciare ogni respiro, ogni passo, ogni pensiero.

Sono minuscoli fili di sicurezza che tengono la colonna viva e mobile, non rigida.

Eppure, quando la paura entra, smettiamo di fidarci del movimento. Ci irrigidiamo. E quei fili, tesi troppo a lungo, iniziano a far male.

Per chi non è del mestiere, il dolore alla schiena non viene solo dallo “stare storti”.
Spesso nasce dal tentativo di restare troppo fermi. La schiena non vuole forza: vuole libertà controllata.

Ogni piccolo muscolo in profondità, come il multifido, si accende a ogni respiro, a ogni sguardo, a ogni pensiero di difesa. Quando si spegne, la colonna perde il suo equilibrio naturale.

Per i colleghi: sistema dei muscoli erettori spinali e trasversospinali. Ruolo primario nel controllo fine segmentale e nella stabilità intervertebrale. Pattern comune: inibizione multifidale post-dolore lombare, aumento del tono paraspinale superficiale e rigidità compensatoria.

Obiettivo: riattivazione profonda, de-coattivazione superficiale, respirazione integrata.

E quindi?

Non “rinforzare la schiena”.
Rieduca il corpo a fidarsi di lei.
Perché un ponte rigido crolla, ma uno che oscilla.. regge tutto.

La schiena non è fatta per sopportare.
È fatta per danzare con la gravità.

Prova questo: stai in piedi, chiudi gli occhi e inspira lentamente. Senti la schiena che si muove? Se no, è solo spaventata.

Il mal di schiena non è un difetto di costruzione. È solo un ponte che ha dimenticato quanto è forte anche quando oscilla.

Post divulgativo a scopo educativo.
Non sostituisce la valutazione fisioterapica personalizzata.

Indirizzo

Via Amidei Barbiellini 34
Portoferraio
57037

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