29/11/2025
Ho aspettato un po’ prima di scrivere questo post. Non per mancanza di parole, ma per il peso emotivo e la responsabilità professionale che sento nel toccare una storia di così inaudita sofferenza. La vicenda del piccolo Giovanni impone un silenzio rispettoso, ma anche una riflessione urgente sulla nostra capacità di ascoltare.🫀
🗣️Ascoltare davvero un bambino con le sue parole, con il corpo, con il silenzio significa aprire uno spazio di accoglienza. È nel silenzio, nei gesti, negli sguardi, nelle pause non dette, che spesso si nasconde la sofferenza, la paura, il bisogno di protezione. L’ascolto attivo e attento non è solo una tecnica: è un atto di cura, di rispetto, di fiducia.
C’è un silenzio che pesa come pietre. Quel silenzio sottile, fragile era la paura di un bambino.
Il suo nome era Giovanni. Le sue ultime parole: «non voglio andare dalla mamma». Un “no” spaventato, carico di angoscia. Un segnale d’allarme che non è stato ascoltato.
Giovanni avrebbe dovuto ridere, giocare, crescere. Invece la sua vita è stata spezzata. E adesso quel “no” resta sospeso nel vuoto: uno squillo che non ha avuto risposta, un grido che nessuno ha preso sul serio.
In quanto psicoterapeuta, so quanto il dolore possa segnare profondamente una persona, una famiglia, una comunità. E so che è fondamentale riconoscere anche quelle voci che non si udono, quei timori che si vedono nel corpo, quegli sguardi che tremano.
Perché se l’ascolto sincero, empatico, sensibile ,fosse stato davvero donato, forse quel bambino avrebbe potuto trovare tutela, protezione, sostegno. Forse quel “no” non sarebbe rimasto solo.
Non possiamo restare indifferenti. Per Giovanni. Per ogni bambino che teme, che vibra, che cerca protezione in un silenzio sommesso. Anche quando le parole mancano, anche quando il dolore resta invisibile, Ascoltiamole davvero❤️