11/10/2018
Cosa ha a che fare Riace con Batman? Se lo chiedeva mio nipote qualche giorno fa. Io ho provato a rispondergli così.
RIACE E IL DIVIDE ET IMPERA
-Per cosa festeggiano tutte quelle persone, zio?- Mi chiede mio nipote, mentre guardo un servizio sulla manifestazione a Riace.
-Non stanno festeggiando. Stanno Manifestando-
-E che significa manifestare?-
-Significa dire qualcosa con forza, difendere un'idea, un pensiero...- spiego, scegliendo con cura le parole affinché capisca.
-Come Batman?-
-Come Batman!-
Rimane qualche istante a fissare anche lui il corteo che attraversa la cittadina calabrese, quasi come se si aspettasse di vedere l'uomo-pipistrello fra la folla.
-E loro cosa difendono?-
Già, cosa si difende a Riace? Come condensare tutto quello che è in gioco in quel piccolo paese in poche e semplici parole, affinché un bambino lo capisca?
Nella mia testa si affolla un'assemblea di pensieri. Ciascuno chiede la sua attenzione. “ ”, afferma uno di loro; “I Magistrati si sono venduti per p***eguitare una visione politica” rincara un altro; “Si difende una parte. Bisogna pure prendere una posizione in una situazione come questa!”, urla con forza qualcosa, dalle retrovie. D'un tratto mi appare tutto più chiaro. Vedo intorno a me un'Italia divisa in due: chi è con Lucano da un lato, chi è contro dall'altro.
Ma a Riace non è a rischio il futuro di una sola persona. Non si tratta di scegliere chi ci sta più simpatico, perché non è un gioco, come sembra da tweet, post e parole di questo o quel testimonial, non importa se onesto, come i prestanome della 'ndrangheta, non importa se poco obiettivo. A Riace è a rischio il futuro di un modello intero di accoglienza, quel modello che Mimmo Lucano ha promosso nel suo paese, e che, libero e refrattario alla mafia, cerca di trasmettere una visione economicamente sostenibile della cura di chi ne ha bisogno. Tutto questo non parla di una sola persona, ma di centinaia di residenti, migliaia di vite che arrivano in Europa, milioni di italiani che stanno lì, a guardare una lotta a colpi di insulti.
Si, anche di noi si parla. Di noi, che ci barrichiamo dietro la paura per cercare una facile soluzione alla decadenza prima di tutto valoriale, poi anche sociale, infine economica; una soluzione che speriamo non tocchi nel profondo ciò che siamo, in che modo siamo arrivati a vivere e a pensare, a (non) guardare noi stessi e l'altro. E così è più semplice per chi guarda, che sia un ministro, un sedicente guru o un carismatico risolutore sotuttoio, infuocare l'atmosfera e dividerci in due file, due schieramenti, nei quali si perde l'eterogeneità, perché dubitare delle parole di un commilitone non vuol dire cercare una crescita della squadra, ma passare dall'altra parte. Un clima di terrore di cui non siamo nemmeno tanto consapevoli. L'attenzione si sposta dai pericoli di perdere un esempio eccellente, da cui trarre spunto, all'appartenenza di parte, sterilizzando ogni visione, ogni capacità di pensiero in un ambito, come quello dell'accoglienza che, favorevoli o contrari, è fondamentale per l'identità di una Nazione.
Dividendoci, dicotomizzandoci, chi ha interessi a farlo ha già vinto. Le ultime notizie, i sondaggi, quello che la gente comune scrive su facebook ce lo conferma, eppure non facciamo altro che alimentare tutto questo. A Riace non è a rischio il futuro di una sola persona. Manifestare a Riace non deve essere semplicemente la difesa di Mimmo Lucano, deve essere una scintilla per far saltare le barricate, per chiamare, affianco agli slogan ed alle brevi frasi ad effetto, fintamente brillanti, ragionamenti, argomentazioni su ciò che vogliamo essere come Comunità e ciò che siamo disposti a sacrificare di noi stessi in virtù dell'illusione che tutto si risolva chiudendosi all'altro, all'aiuto di chi ce lo chiede. Manifestare per Riace deve voler significare di più. Deve voler significare difesa di un'idea, di una visione di mondo. “ ” sento ripetere dal tavolo diplomatico. Certo, non bisogna lasciare indietro le persone, altrimenti chi le porta avanti queste idee? È vero, a Mimmo deve andare tutta la solidarietà, ma il miglior modo per stare CON lui e con quanti vivono sulla scia
del modello Riace, è quello di rifiutare di spostare l'attenzione sulla supposta illegalità, che sia per noi giusta o sbagliata, delle azioni di uno, e difendere con forza il pensiero che le guida, l'idea che un'accoglienza che funziona è possibile, anzi, è necessaria, per ciò che diremo di noi allo specchio, per ciò che diremo di noi a mio nipote, e gli trasmetteremo come patrimonio di valori.
-Zio?- mi richiama proprio lui, dal fervido dibattito della mia mente -Difendono quel signore?- aggiunge dubbioso, mentre i manifestanti urlano il nome di Mimmo.
-Anche. Ma spero difendano il diritto ad essere migliori, ad essere diversi, ma non contrapposti.- replico, con il sorriso che ancora brilla sul mio volto. Sono fiero di quel suo dubbio. Il dubbio accende il pensiero, la certezza cieca lo spegne.
-Anche se forse non se ne rendono conto- riprendo, dopo una piccola pausa -stanno difendendo il grigio, il rosso, il verde, il blu, in un momento in cui ci spingono ad essere o bianchi o neri.-
-Come Batman?- mi chiede, con un sognante luccichio negli occhi.
-Più di Batman- rispondo, dandogli un bacio sulla testa ed invitandolo a tornare a giocare con il suo pupazzo preferito.
Fabio Stefanelli
Ufficio stampa Associazione Insieme