17/10/2025
𝗟𝗮 𝗽𝗿𝗼𝘃𝗮 𝗼𝗻𝘁𝗼𝗹𝗼𝗴𝗶𝗰𝗮 𝗶𝗻 𝗦𝗽𝗶𝗻𝗼𝘇𝗮 𝗲 𝗶𝗹 𝗽𝗿𝗼𝗯𝗹𝗲𝗺𝗮 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗮 𝘁𝗿𝗮𝘀𝗰𝗲𝗻𝗱𝗲𝗻𝘇𝗮
La prova ontologica di Spinoza è vera nel suo principio di fondo: essa coglie che Dio, come sostanza unica e infinita, si manifesta nel mondo attraverso gli enti finiti, i quali non sono realtà autonome, ma modi di quella sostanza.
Gli attributi fondamentali — pensiero ed estensione — sono le forme in cui l’essere divino si dà all’esperienza. Essi non sono entità separate, ma 𝗺𝗼𝗱𝗮𝗹𝗶𝘁𝗮̀ 𝗱𝗲𝗹𝗹’𝗮𝗽𝗽𝗮𝗿𝗶𝗿𝗲 𝗱𝗲𝗹𝗹’𝘂𝗻𝗶𝗰𝗼 𝗘𝘀𝘀𝗲𝗿𝗲 𝗰𝗵𝗲 𝗲̀ 𝗗𝗶𝗼.
In ciò risiede la grande intuizione di Spinoza: 𝗹’𝗲𝘀𝘀𝗲𝗿𝗲 𝗱𝗶𝘃𝗶𝗻𝗼 𝗻𝗼𝗻 𝗲̀ 𝘀𝗲𝗽𝗮𝗿𝗮𝘁𝗼 𝗱𝗮𝗹 𝗺𝗼𝗻𝗱𝗼, 𝗺𝗮 𝗶𝗺𝗺𝗮𝗻𝗲𝗻𝘁𝗲 𝗮𝗱 𝗲𝘀𝘀𝗼; ogni ente finito, nella misura in cui è, manifesta Dio. L’immanenza, dunque, non è un errore in sé: 𝘀𝗲 𝗗𝗶𝗼 𝗱𝗮̀ 𝗹’𝗲𝘀𝘀𝗲𝗿𝗲 𝗮𝗴𝗹𝗶 𝗲𝗻𝘁𝗶, 𝗘𝗴𝗹𝗶 𝗲̀ 𝗿𝗲𝗮𝗹𝗺𝗲𝗻𝘁𝗲 𝗽𝗿𝗲𝘀𝗲𝗻𝘁𝗲 𝗻𝗲𝗴𝗹𝗶 𝗲𝗻𝘁𝗶 𝘀𝘁𝗲𝘀𝘀𝗶, 𝗰𝗼𝗺𝗲 𝗹𝗮 𝗰𝗮𝘂𝘀𝗮 𝗲̀ 𝗽𝗿𝗲𝘀𝗲𝗻𝘁𝗲 𝗻𝗲𝗹𝗹’𝗲𝗳𝗳𝗲𝘁𝘁𝗼, 𝗰𝗼𝗺𝗲 𝗹’𝗲𝘀𝘀𝗲𝗿𝗲 𝗲̀ 𝗽𝗿𝗲𝘀𝗲𝗻𝘁𝗲 𝗶𝗻 𝗼𝗴𝗻𝗶 𝘀𝘂𝗼 𝗺𝗼𝗱𝗼 𝗱𝗶 𝗮𝗽𝗽𝗮𝗿𝗶𝗿𝗲. In questa prospettiva, Dio è l’intelligibilità stessa delle cose, la loro verità ontologica.
Tuttavia Spinoza, identificando completamente Dio con la natura (𝐷𝑒𝑢𝑠 𝑠𝑖𝑣𝑒 𝑁𝑎𝑡𝑢𝑟𝑎), chiude Dio nell’immanenza. L’Assoluto si confonde con il tutto della natura, con l’ordine necessario delle cose, perdendo ogni carattere di trascendenza. In tal modo, Dio è “tutto”, ma non “oltre tutto”: Egli è la sostanza del reale, ma non più il fondamento trascendente che dà senso e origine al reale stesso.
In altre parole, Spinoza coglie giustamente che Dio è in ogni cosa, ma non che è più che ogni cosa.
Questo è il “vuoto” del sistema spinoziano: un Assoluto che si riduce a pura immanenza, e quindi non può più essere distinto dall’esperienza empirica. L’Assoluto di Spinoza è eterno, ma la sua eternità è già del tutto immanente al tempo e alle cose, come ordine logico della realtà, non come principio che fonda il divenire.
***
Con Kant, la situazione cambia radicalmente. 𝗟’𝗲𝗹𝗲𝗺𝗲𝗻𝘁𝗼 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗮 𝗰𝗼𝘀𝗰𝗶𝗲𝗻𝘇𝗮 𝗵𝗮 𝘂𝗻 𝗿𝘂𝗼𝗹𝗼 𝗳𝗼𝗻𝗱𝗮𝗺𝗲𝗻𝘁𝗮𝗹𝗲 𝗻𝗲𝗹𝗹’𝗲𝘀𝗽𝗲𝗿𝗶𝗲𝗻𝘇𝗮 𝗱𝗲𝗹 𝗺𝗼𝗻𝗱𝗼.
Il tempo non è più una dimensione del mondo in sé, ma una forma del senso interno, ossia una struttura della coscienza. Tutto ciò che appare, appare nel tempo, ma il tempo non appartiene alle cose: è una forma dell’intuizione del soggetto.
Per questo, la coscienza — che ordina il tempo e lo pensa — non è nel tempo, ma in certo modo lo contiene e lo trascende. Essa è, direbbe Kant, la “𝗰𝗼𝗻𝗱𝗶𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲 𝘁𝗿𝗮𝘀𝗰𝗲𝗻𝗱𝗲𝗻𝘁𝗮𝗹𝗲” dell’esperienza, la struttura che la rende possibile.
Qui nasce una nuova idea di trascendenza: non più la trascendenza di un Dio esterno al mondo, ma quella del soggetto rispetto al tempo e al mondo empirico.
𝗜𝗹 𝘀𝗼𝗴𝗴𝗲𝘁𝘁𝗼 𝘁𝗿𝗮𝘀𝗰𝗲𝗻𝗱𝗲𝗻𝘁𝗮𝗹𝗲 𝗲̀ 𝗴𝗶𝗮̀, 𝗶𝗻 𝘀𝗲́, 𝘂𝗻 𝗽𝗿𝗶𝗻𝗰𝗶𝗽𝗶𝗼 𝗰𝗵𝗲 𝗻𝗼𝗻 𝘀𝗶 𝗹𝗮𝘀𝗰𝗶𝗮 𝗿𝗶𝗱𝘂𝗿𝗿𝗲 𝗮𝗹 𝗱𝗶𝘃𝗲𝗻𝗶𝗿𝗲, 𝗺𝗮 𝗹𝗼 𝗿𝗲𝗻𝗱𝗲 𝗶𝗻𝘁𝗲𝗹𝗹𝗶𝗴𝗶𝗯𝗶𝗹𝗲.
Perciò, si può dire che con Kant entra nel pensiero moderno una trascendenza immanente alla coscienza stessa: la coscienza trascende il tempo pur essendo la condizione del suo apparire.
***
Verso la metafisica dell’essere assoluto
Ora, se la coscienza trascende il tempo, essa non può essere l’assoluto ultimo, perché anche la coscienza, pur atemporale nella sua funzione, riceve il suo essere da un principio che la fonda.
Questa fondazione allora è necessariamente l’Essere assoluto, ciò che trascende non solo il tempo, ma anche la stessa coscienza trascendentale.
𝗟’𝗔𝘀𝘀𝗼𝗹𝘂𝘁𝗼, 𝗶𝗻𝗳𝗮𝘁𝘁𝗶, 𝗲̀ 𝗰𝗶𝗼̀ 𝗰𝗵𝗲 𝗱𝗮̀ 𝗮𝗹𝗹’𝗲𝘀𝗽𝗲𝗿𝗶𝗲𝗻𝘇𝗮 𝘂𝗻𝗶𝘁𝗮̀, 𝗲 𝗮𝗻𝗰𝗵𝗲 𝗮𝗹𝗹𝗮 𝗰𝗼𝘀𝗰𝗶𝗲𝗻𝘇𝗮 𝗰𝗵𝗲 𝗹𝗮 𝗼𝗿𝗱𝗶𝗻𝗮, 𝗹𝗮 𝗽𝗼𝘀𝘀𝗶𝗯𝗶𝗹𝗶𝘁𝗮̀ 𝘀𝘁𝗲𝘀𝘀𝗮 𝗱𝗶 𝗲𝘀𝘀𝗲𝗿𝗲.
Così, rispetto a Spinoza, il percorso si inverte:
non è più Dio a essere ridotto alla natura, ma la natura e la coscienza a essere ricondotte a un principio trascendente che le fonda.
L’Assoluto non è la somma del reale, ma la sua condizione ontologica; non è pura immanenza, ma 𝗽𝗿𝗲𝘀𝗲𝗻𝘇𝗮 𝘁𝗿𝗮𝘀𝗰𝗲𝗻𝗱𝗲𝗻𝘁𝗲 𝗻𝗲𝗹𝗹’𝗶𝗺𝗺𝗮𝗻𝗲𝗻𝘇𝗮.
***
In Spinoza, Dio è immanente, perché ogni ente è manifestazione della sua sostanza. Ma questa immanenza si chiude su se stessa, annullando la trascendenza.
In Kant, il soggetto trascendentale rappresenta un primo superamento: la coscienza, pur essendo condizione del tempo, non è nel tempo, e perciò contiene un principio di trascendenza.
Questa trascendenza si compie nell’Essere Assoluto, che fonda la coscienza e il mondo come loro condizione ultima.
𝗟’𝗔𝘀𝘀𝗼𝗹𝘂𝘁𝗼 𝗲̀ 𝗱𝘂𝗻𝗾𝘂𝗲 𝗽𝗿𝗲𝘀𝗲𝗻𝘁𝗲 𝗶𝗻 𝗼𝗴𝗻𝗶 𝗲𝗻𝘁𝗲, 𝗰𝗼𝗺𝗲 𝗮𝘃𝗲𝘃𝗮 𝗶𝗻𝘁𝘂𝗶𝘁𝗼 𝗦𝗽𝗶𝗻𝗼𝘇𝗮 — 𝗺𝗮 𝗻𝗼𝗻 𝘀𝗶 𝗲𝘀𝗮𝘂𝗿𝗶𝘀𝗰𝗲 𝗶𝗻 𝗲𝘀𝘀𝗶. 𝗘̀ 𝗶𝗺𝗺𝗮𝗻𝗲𝗻𝘁𝗲 𝗲 𝘁𝗿𝗮𝘀𝗰𝗲𝗻𝗱𝗲𝗻𝘁𝗲 𝗶𝗻𝘀𝗶𝗲𝗺𝗲: 𝗶𝗺𝗺𝗮𝗻𝗲𝗻𝘁𝗲 𝗽𝗲𝗿𝗰𝗵𝗲́ 𝗱𝗮̀ 𝗹’𝗲𝘀𝘀𝗲𝗿𝗲, 𝘁𝗿𝗮𝘀𝗰𝗲𝗻𝗱𝗲𝗻𝘁𝗲 𝗽𝗲𝗿𝗰𝗵𝗲́ 𝗻𝗼𝗻 𝘀𝗶 𝗲𝘀𝗮𝘂𝗿𝗶𝘀𝗰𝗲 𝗶𝗻 𝗰𝗶𝗼̀ 𝗶𝗻 𝗰𝘂𝗶 𝘀𝗶 𝗱𝗼𝗻𝗮 𝗲 𝗺𝗮𝗻𝗶𝗳𝗲𝘀𝘁𝗮.