25/09/2025
Ieri all’evento “Corpo, stereotipi e pregiudizi: il peso delle parole”, teatro Ghione.
Bizzarro aver letto, durante il tragitto Reggio C.-Roma, un saggio di Ian McEwan sull’Io e ritrovarsi che dà il via alla giornata riflettendo sul nostro piccolo Io, sovraccaricato da tutte le responsabilità delle “disgrazie” della nostra vita, quando in realtà non è un Deus ex machina.
Anche l’obesità, quindi, tra quelle simpatiche malattie che ci “regala” la vita, diventa protagonista di colpe e incomprensioni. La magrezza, come ben sottolinea Aurora Caporossi, è ormai da troppo tempo la moneta sociale per eccellenza. E quindi, al contrario, il corpo grasso diventa ostacolo sociale, professionale, personale.
La cultura della dieta e la forsennata corsa verso la perdita di peso fanno perdere il focus della questione:
È l’obesità che ti fa mangiare tanto e non il mangiare tanto a farti obeso/a (per riportare le parole del prof. dalle Grave).
Ma quale che sia il rapporto tra colpe e patologie, tra responsabilità personale, sociale e genetica, il punto fondamentale è che lo stigma diventa un ulteriore macigno da aggiungere al primo della malattia.
Come ben sottolinea Francesca Dominici, le parole sono taglienti, arrivano dritte allo stomaco della persona, anche davanti allo schermo. E quei falsi miti spammati a mostrare il corpo in un “prima e dopo”, quegli alimenti santificati nelle colonne del “sì ☑️” e quelli demonizzati nella controparte del “no ❌”, stanno creando sempre più danni a quel nostro Io che tentiamo a fatica di proteggere.
Riflettendo con Lara Lago, si conclude che non bisogna mai smettere di lavorare sul fatto che noi esistiamo a prescindere dal potere altrui. Ognuno/a di noi ha il diritto di esistere oltre gli insulti, i pregiudizi, le occhiatacce, la disapprovazione.
Perché — proprio come hanno messo in pratica le undici professionalità presenti ieri — si può essere diversi/e e si può esserlo in piena armonia. E, forse, è arrivato il momento di considerare il rispetto dell’Altro non come una possibilità ma come un vero e proprio dovere morale.