17/11/2025
Vedere l’altro davvero: oltre le proiezioni
A volte crediamo di conoscere davvero le persone che abbiamo accanto… ma spesso ciò che vediamo non è l’altro, è una sua versione costruita dalla nostra mente.
Un gesto, un’espressione, una vibrazione sottile… ed ecco che iniziamo a ricamare sopra storie, intenzioni, significati.
È umano, è naturale — ma non sempre è reale.
In psicologia questo processo si chiama proiezione: attribuiamo agli altri ciò che appartiene al nostro mondo interno.
Le nostre ferite, le nostre paure, i nostri bisogni non riconosciuti finiscono per colorare chi ci sta di fronte.
E così…
• qualcuno diventa migliore di ciò che è davvero
• qualcuno diventa peggiore
• qualcuno diventa il riflesso di ciò che non tolleriamo in noi
Le proiezioni non sono cattive: sono antiche, protettive, istintive.
Ma possono allontanarci dalla verità e portarci a relazioni fatte più di aspettative che di incontri reali.
Nel counseling questo fenomeno emerge spesso quando i rapporti si complicano senza un motivo apparente.
La persona racconta l’altro, ma in realtà sta descrivendo sé stessa:
le sue paure, i suoi bisogni, i suoi desideri.
Il lavoro diventa allora quello di spostare lo sguardo dall’esterno all’interno, imparando a distinguere ciò che appartiene a sé da ciò che appartiene all’altro.
È un processo delicato, ma liberatorio: quando smetti di pretendere che l’altro risponda a un copione tuo, inizi finalmente a incontrarlo.
In psicoterapia, le proiezioni sono spesso la porta d'accesso ai nostri vissuti più profondi.
Accoglierle significa:
riconoscere le ferite che ancora governano i nostri rapporti
vedere come i modelli relazionali dell’infanzia si ripetono nell’adulto
imparare a vedere l’altro senza filtri, ma soprattutto a vedere noi stessi
Il cambiamento arriva quando l’ombra diventa consapevolezzaQuando smettiamo di “leggere” gli altri attraverso le nostre paure e iniziamo a incontrarli per ciò che sono.
Per conoscere davvero qualcuno dobbiamo fare spazio:
spazio all’ascolto, alla curiosità, all’incertezza.
Spazio al fatto che l’altro è diverso, complesso, vivo.
Spazio anche a noi stessi, perché ogni relazione autentica parte da lì — da un io che sceglie di guardarsi davvero.
E nel farlo, spesso accade una piccola magia:
scopriamo verità sull’altro… e verità ancora più profonde su noi stessi.
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