Dott.ssa Veronica Rossi

Dott.ssa Veronica Rossi Informazioni di contatto, mappa e indicazioni stradali, modulo di contatto, orari di apertura, servizi, valutazioni, foto, video e annunci di Dott.ssa Veronica Rossi, Psicologo, Rome.

Sono la Dott.ssa Veronica Rossi una psicologa e Sessuologa

Specializzata in:
-Psicologia dell'Alimentazione e della Nutrizione,
-Psicologia sportiva,
-Tecniche psico-fisiche di gestione dello stress e dell'ansia
-Psicologia di Coppia

09/11/2025

E se Cappuccetto non fosse solo innocenza e il Lupo non fosse solo cattiveria? Le fiabe ci danno il bianco e nero, la realtà vive nelle sfumature: contesti, ferite, dinamiche relazionali.
Sposta la telecamera, riavvolgi il nastro: cambiano ruoli e responsabilità. Capire non vuol dire giustificare—vuol dire vedere meglio.
Prova l’esercizio: racconta la scena dal punto di vista del Lupo… e poi della Nonna. Cosa cambia?

Quante volte proviamo a sfogarci e l’altro ci risponde con un “anch’io una volta…” o “dovresti fare così”?Succede quasi ...
06/11/2025

Quante volte proviamo a sfogarci e l’altro ci risponde con un “anch’io una volta…” o “dovresti fare così”?
Succede quasi sempre.
Non perché le persone siano egoiste, ma perché è difficile restare di fronte alla vulnerabilità altrui.
Ascoltare senza riempire, senza spiegare, senza salvare — è una forma di intimità rara. A volte non serve capire. Serve esserci.

Il consiglio rassicura chi lo dà, non chi lo riceve.
Perché dare consigli fa sentire utili, ci protegge dal senso di impotenza.
Ma chi soffre non cerca istruzioni: cerca uno spazio dove il proprio dolore non debba essere corretto o minimizzato.
Ascoltare significa sospendere il giudizio, l’urgenza, l’ego.
È un gesto invisibile, ma è lì che nasce la fiducia.

La chat è un ambiente asincrono e “a bassa definizione”: pochi indizi, molto spazio alle interpretazioni. In quel vuoto ...
04/11/2025

La chat è un ambiente asincrono e “a bassa definizione”: pochi indizi, molto spazio alle interpretazioni. In quel vuoto entrano le nostre lenti di attaccamento (Bowlby/Ainsworth): non etichette rigide, ma modi abituali di leggere ritardi, emoji e silenzi.

Quando prevale una posizione più ansiosa, l’attesa viene trattata come minaccia. Minimi segnali diventano significati grandi: un “👍” dopo un messaggio lungo suona come presa di distanza, il “sta scrivendo…” che scompare sembra un ripensamento. Il corpo si mette in allerta e la mente cerca conferme per ristabilire prossimità e prevedibilità.

Con una postura più evitante, la continuità passa dalla distanza regolativa. La chat molto densa può risultare invadente: arrivano risposte essenziali, tempi più ampi, a volte un cambio di tema quando l’emozione sale. Il silenzio qui non è punizione: è un modo di gestire l’attivazione, anche se dall’altra parte può essere letto come disinteresse.

Lo stile più sicuro rende il legame leggibile senza correre: i silenzi hanno contesto (“Rientro tardi, ti leggo stasera”), ciò che si promette si fa, e quando c’è uno strappo arriva una riparazione chiara. Le emoji non mascherano: fanno da intonazione. La coerenza diventa bussola.

La chat non crea lo stile: lo rivela. Lo stesso dato produce storie diverse perché attingiamo ai nostri copioni relazionali e alla tolleranza dell’incertezza. Non è una diagnosi via WhatsApp: contano i pattern ripetuti sotto stress e la coerenza con ciò che accade fuori dallo schermo.
Domanda guida: nei vuoti della chat, sto leggendo dati o sto rileggendo la mia storia?

01/11/2025

Non litighiamo per vincere: litighiamo per restare nel mondo dell’altro.
‘Avere ragione’ non è un trofeo logico: è una chiamata di riconoscimento.
Dimmi che la mia storia ha cittadinanza nel tuo sguardo.
Per questo il torto brucia: non smentisce un fatto, mette in dubbio una memoria condivisa.
Se non mi riconosci, dove abitiamo noi?

Non è un tutorial: è un fermo-immagine su ciò che accade tra due persone quando la ragione diventa appartenenza.
Ti è successo?

Quando l’ansia sale, la mente prova a regolare il sistema emotivo “dall’alto”: analizza, collega, anticipa. È utile finc...
29/10/2025

Quando l’ansia sale, la mente prova a regolare il sistema emotivo “dall’alto”: analizza, collega, anticipa. È utile finché non scivola nell’evitamento esperienziale: pensare di più per sentire di meno. Nel breve dà sollievo (l’arousal cala un po’), nel lungo mantiene la ruminazione accesa e rimanda la “digestione” emotiva.

Il pensiero tiene a distanza l’emozione — sollievo immediato, problema invariato. Se c’è intolleranza dell’incertezza, l’analisi viene scambiata per sicurezza: la testa corre, ma il corpo resta in allerta. Con iper-mentalizzazione si resta inchiodati ai “perché” e si perde contatto con i segnali somatici che danno senso all’esperienza: l’integrazione tra sentire e significato si inceppa.

Te ne accorgi così: generi dieci ipotesi e prendi zero decisioni; riapri chat e Google “per chiarire” e ti ritrovi più agitato di prima; il corpo è contratto, il sonno leggero, e i pensieri girano in loop. Non è “fare i capricci”: è un sistema nervoso che sta cercando di proteggerti… male.

La via d’uscita non è smettere di pensare, ma spostare la sequenza: prima sentire abbastanza, poi capire, quindi scegliere. La chiarezza arriva quando l’emozione ha avuto posto a tavola, non quando la lasci fuori dalla porta.

Se ti risuona, salvalo per quando la testa parte in quinta. E dimmi: dove ti blocchi più spesso — sul sentire, sul capire o sul scegliere?

25/10/2025

Essere psicologə liberə professionistə è tutto bello e bellissimo. ‘A non privo di difficoltà. Significa gestire con autonomia la propria attività, ma anche spesso dover affrontare responsabilità, burocrazia e formazione continua.

PLP – Psicologi Liberi Professionisti è il sindacato nazionale che tutela e rappresenta chi esercita la professione in modo indipendente ed è di grande aiuto per questo.

Entrando in PLP si può accedere a una rete che offre tutela, strumenti concreti e opportunità di crescita.

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La gelosia, nell’era digitale, ha cambiato linguaggio.Non si manifesta più soltanto attraverso sguardi o silenzi, ma att...
24/10/2025

La gelosia, nell’era digitale, ha cambiato linguaggio.
Non si manifesta più soltanto attraverso sguardi o silenzi, ma attraverso like, chat, notifiche, accessi.
Il mondo online amplifica le aree più vulnerabili dell’attaccamento: la paura di perdere, la sensazione di esclusione, il bisogno di conferme costanti.

Oggi, la gelosia si intreccia con la visibilità permanente: tutto può essere osservato, interpretato, frainteso.
E il cervello, quando non ha risposte chiare, le costruisce da sé — spesso alimentando scenari di minaccia o tradimento simbolico.

Ma la soluzione non è il controllo.
È la negoziazione consapevole dei confini: decidere insieme cosa significa rispetto, privacy, intimità.
Perché la fiducia non nasce dal sapere tutto, ma dal poter comunicare anche ciò che spaventa.
Dove si può parlare, non serve controllare.

💬 Ti è mai capitato di interrogarti su cosa sia “troppo” o “accettabile” nel digitale di coppia?

21/10/2025

Alcuni tratti che consideriamo tendenzialmente come “difetti” in realtà sono caratteristiche.
Sensibilità, lentezza, permalosità, goffaggine, indipendenza, passione…
Non sono limiti, ma modi diversi di funzionare.
In psicologia nulla è bianco o nero: tutto dipende da contesto, dose e funzione.

Non sempre crescere significa aggiungere.A volte la crescita passa dal lasciare andare: abitudini, ruoli, relazioni, par...
17/10/2025

Non sempre crescere significa aggiungere.
A volte la crescita passa dal lasciare andare: abitudini, ruoli, relazioni, parti di noi che non ci rispecchiano più.
Lasciare non è rinunciare, è riconoscere che il cambiamento ha bisogno di spazio.

Ti è mai capitato di pensare “non ci capiamo più”?Tranquillə: succede anche nelle coppie che si vogliono bene per davver...
14/10/2025

Ti è mai capitato di pensare “non ci capiamo più”?
Tranquillə: succede anche nelle coppie che si vogliono bene per davvero. A volte non è l’amore che manca — è solo che parliamo lingue diverse.

Questo spunto si ispira liberamente ai 5 linguaggi dell’amore di Gary Chapman: un classico della psicologia popolare, non una teoria scientifica. Niente grafici, nessuna ricerca, solo osservazioni che fanno pensare. Non è un test da fare in coppia (anche se puoi provarci… con rischio medio di litigio leggero).

Nessuno di questi linguaggi è “giusto” o “sbagliato”: puoi parlarne uno, cinque o inventartene un sesto, e andrà benissimo comunque.
L’idea è semplice ma insidiosa: spesso amiamo nella lingua che ci è più familiare, e dimentichiamo di tradurla per chi ci sta accanto.

Non esistono cinque modi “ufficiali” per dire ti amo: ce ne sono mille, e ognuno può inventarsi il proprio.
L’importante è accorgersi di come lo dici tu e di come lo riceve l’altro.

C’è chi ama a colpi di abbracci, chi con i gesti pratici, chi con le parole giuste o con una cena improvvisata alle dieci di sera.
E poi ci sono quelli che non amano in nessuno di questi modi… ma amano lo stesso.

Prendilo come un piccolo esercizio di autoironia relazionale:
— sei più da “abbraccio e via”?
— o da “ti faccio la spesa e vale come poesia”?
— o magari ti sciogli solo con un “ti ho pensato”?

👉 In che lingua parli quando ami?
E, soprattutto: l’altro la capisce?

Benvenutə nel piccolo caos meraviglioso delle traduzioni affettive.

13/10/2025

Ci sono emozioni che non pensiamo possano abitare un genitore: gelosia, invidia, rabbia silenziosa, vergogna per procura.
Sentimenti che stonano con l’immagine ideale della maternità o della paternità, ma che – nella realtà – sono parte del legame.
Non perché l’amore manchi, ma perché l’amore vero è ambivalente: contiene insieme gratitudine e fatica, desiderio e frustrazione.
In psicologia si chiama complessità affettiva: la capacità di tollerare emozioni contraddittorie senza sentirsi sbagliati.
Essere genitori non significa essere puri da ogni impulso, ma saper stare in relazione nonostante il disordine interno.
Le emozioni “scomode” non definiscono la qualità dell’amore. La rendono solo più umana.



Spesso consideriamo la nostra vulnerabilità come una debolezza. In realtà è coraggio di mostrarsi autentici.Ed è proprio...
11/10/2025

Spesso consideriamo la nostra vulnerabilità come una debolezza. In realtà è coraggio di mostrarsi autentici.
Ed è proprio il momento in cui smettiamo di difenderci dagli altri (spesso per paura di uscirne feriti e delusi), che iniziamo davvero a incontrarci.
Perché è solo quando ci lasciamo vedere — con le nostre paure e verità — che può nascere la fiducia e soprattutto una relazione autentica.

Attenzione quindi a mettere un'armatura troppo spessa perché protegge dalle eventuali cose negative, ma anche positive.
L'idea quindi non è evitare ma vivere e avere una bella cassettina egli attrezzi con tutto ciò che serve per superare un'eventuale delusione.

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