Dott.ssa Marica Fattiroso - Psicoterapeuta corporea -Psicologa perinatale

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Dott.ssa Marica Fattiroso - Psicoterapeuta corporea -Psicologa perinatale Il mondo ci porta “fuori di sè”: il mio aiuto consiste nell’offrire alla persona strumenti per tornare a sè.

Non è mai solo uno scappellotto, solo una sculacciata, solo una sfuriata. Non è mai solo una volta ogni tanto. Quel “sol...
25/10/2023

Non è mai solo uno scappellotto, solo una sculacciata, solo una sfuriata. Non è mai solo una volta ogni tanto. Quel “solo” si fissa nell’anima e nel corpo, brucia a distanza di tempo, si trasforma in rabbia, impotenza, solitudine. Fa paura. Non possiamo trovare giustifiche…mai! Un bambino deve dover fare uno sforzo incredibile per accogliere una carezza da quella stessa mano che lo picchiato. Si deve scindere per salvare quella parte di genitore buono. O si deve rendere colpevole, per dare un senso a quello che ha appena vissuto. La violenza sui bambini deve essere interrotta subito. Ci indigniamo per uno schiaffo dato ad una donna ma tolleriamo e giustifichiamo quello dato ad un bambino. Questo deve cambiare in tutti noi, perché la violenza è violenza. Senza attenuanti.

"…Solo uno scappellotto!"

“Dottore non si tratta di picchiare i bambini ci mancherebbe! Siamo tutti d’accordo sul no alla violenza in tutte le sue forme; ma non esageriamo!”

“Che sarà mai uno scapaccione occasionale sul culetto?”

“Uno scappellotto non è picchiarli e quando ci vuole ci vuole! Qualche volta è l’unico modo per ottenere un risultato!”

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Un risultato? Quale risultato?

"Il risultato che almeno così si ferma e obbedisce!”

“Per mio figlio è l’unico modo!” “Ma ripeto, non fraintenda, mica botte forti!”

“Solo uno scappellotto!"

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Certo, si ferma e obbedisce. Uno scapaccione funziona.

Ma funziona perché fa male e soprattutto fa paura.

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E allora ripeto la domanda: quale è il vero risultato?

Che cerchiamo di ottenere nel nostro sforzo educativo?

Vogliamo che il bambino “capisca” …cosa?

E cosa resta di quella esperienza? Cosa “scriviamo” nel suo piccolo cervello?

Solo un “Se lo fai te le suono!” ??

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La verità è che non resta affatto solo questo.

Le botte, con il dolore e la paura, lasciano sempre una traccia profonda e fanno male alla persona, non al culetto!

Non insegnano niente, anzi purtroppo insegnano l’opposto di quello che vogliamo dire loro.


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Perché?

Perché il dolore e la paura occupano la scena e travolgono tutto il resto.

Il bambino picchiato e spaventato si sente cattivo e non comprende in realtà il senso di un comportamento sbagliato!

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Noi vorremmo dire:

“Non si fa!” e insegnare un percorso positivo che potremmo definire “Impara a gestire le tue emozioni”!

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Con le botte, la paura e il dolore invece diciamo:

“Sei cattivo! Un buono a niente!”

“Stai attento a quello che farai nella vita perché dovrai sempre aver paura!”

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le botte, tutte, sono inutili e confondono.

Non è solo l’intensità del dolore che fa male (“dottore solo uno scappellotto!”), ma l’insieme della esperienza negativa della paura che scatena un’ansia capace di paralizzare il cervello che dovrebbe “capire” un errore.

Il bambino si ferma, è vero, ma lo blocca un meccanismo automatico di difesa, non la sua scelta ponderata dopo una analisi corretta della situazione.

E’ il “fingiti morto” per sfuggire ad un pericolo. Comportamento automatico di emergenza presente anche nel mondo animale.

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Imparare a rispettare le regole invece è molto importante.

Le regole infatti sono sicurezza e servono a stare bene con gli altri.

“Ci tocca” (uffà!) quindi insegnarle, ma questo significa insegnare a controllare l’impulsività per gestire anche le frustrazioni e gli insuccessi.

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Le frustrazioni, cioè il “no”, scatenano la rabbia, cioè energia libera per superare l’ostacolo.

Educare è insegnare a trasformare questa rabbia in energia positiva per trovare percorsi sociali costruttivi.

Trasformarla cioè in energia utile a scegliere le migliori azioni per superare l’ostacolo. Cioè controllare gli impulsi e pensare prima di agire.

“Tradotto: “Se mi va una cosa storta, non butto tutto all’aria ma mi concentro di più per riuscire a farla meglio!”

Dobbiamo insegnare questo.

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Insomma… “Ci tocca” anche saper dire NO!

Ma dobbiamo sapere che il bambino piccolo confonde “l’essere” con il “fare”.

Una sgridata severa per un “non si fa!” può essere percepita come un “sei cattivo!”.

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La percezione di essere cattivi è devastante.

Senza una buona autostima il bambino è destinato ad essere un adulto insicuro e perdente.

E allora dobbiamo essere bravi a saper dire con chiarezza “Non si fa!”

…ma sottolineare sempre e comunque la stima e l’apprezzamento: “Sei sempre bello bravo e buono!”.

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ll linguaggio che parla con i bambini non è fatto di parole e spiegazioni complesse! Ma di non verbale.

Parlano i volti e le emozioni.

La paura e il dolore non spiegano niente e colpiscono la persona: “Sei cattivo e incapace!”

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Un No fermo, con un volto serio che non ha bisogno di urla minacce ricatti e sceneggiate, dice semplicemente un “Non si fa”.

“Il cattivo” è “il brutto capriccio che ti fa piangere”, non tu!

Il NO resta No e i capricci non si vincono mai.

…Ma tu resti bello bravo e buono “sempre l’amore della tua mamma”!

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Vi dico un segreto:

funziona di più un NO detto a voce bassa, con uno sguardo assolutamente serio e fermo, senza troppe parole ma bene mirato ad una azione, che una sceneggiata con urla fuori controllo e duecento parole sparate a mitraglia…

Le “sceneggiate” che spaventano infatti sono difficili da capire:

“Piccino che hai fatto?”

“…Ehm, mamma si è arrabbiata molto! Mi sono nascosto…”

“Si, ma che hai fatto?”

“…non me lo ricordo!”

Invece è importante che sia chiara la relazione tra il NO e l’azione che non va bene (solo quella).

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Subito dopo il “sei sempre bello bravo e buono!” arriva al cuore con il contatto fisico.

Le carezze, i sorrisi, la condivisione di giochi ed emozioni, le favole lette tenendoli in braccio…

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Ultima cosa:

Oltre al distruggere l’autostima e a far sentire cattivi e inadeguati, le botte (tutte) fanno un altro disastro nel cervello di un bambino:

“Ho paura di papà!” “Il mio papà è cattivo!”

(dico papà perché nello stereotipo il ruolo del “giustiziere” era del papà, ma sappiamo che non è così!).

Come si fa ad identificarsi con un cattivo?

Come si fa ad organizzare un comportamento su un modello negativo?

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Il bambino che subisce “botte”, difficilmente “si vorrà bene” e l’aggressività accumulata dentro nel corso degli anni, verrà fuori in epoche successive con serie difficoltà di relazione.

Un bambino picchiato, picchierà.

E allora… un ceffone? E’ una cambiale!

Con il tempo si paga sempre con gli interessi!

30/09/2023

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Poche righe per cambiare un po’ la nostra prospettiva sul mondo. La nostra prospettiva non è quella giusta, ma solo una ...
06/09/2023

Poche righe per cambiare un po’ la nostra prospettiva sul mondo. La nostra prospettiva non è quella giusta, ma solo una delle tante. Non è più giusta di quella di un bambino. Mettiamoci un po’ di più nei panni dei nostri cuccioli…o nelle loro scarpe, come dicono gli inglesi. 😊

Ho un anno e mezzo.
E in pochi, pochissimi, riescono a comprendere i miei pianti, le mie proteste, i miei bronci.
Li chiamano capricci.
E invece sono tentativi di conoscere il mondo.

Piango se provo ad infilarmi una scarpa e non ci riesco, mi arrabbio se non mi lasciano salire i gradini da sola, m'innervosisco se i miei ritmi vengono mutati, se non posso camminare legata in un passeggino.

Non sono terribile. Nessun bambino lo è. Sono solo affamata di vita.
Cerco solo adulti in grado di comprendermi e di guidarmi, persone capaci di stare al passo con il mio esagerato entusiasmo, che sappiano appagare la mia sete di esperienza.

Non mi servono tanti oggetti, tante attività particolari e super strutturate, tanti luoghi diversi da vivere.
Ho solo bisogno di semplicità, di lentezza e di presenza.
Vorrei non vivere la fretta dei grandi, i loro no detti per stanchezza, la loro mancanza di vitalità.

Mi basta un filo per poter stendere i panni come fa la mamma, specchiarmi nella fiducia che mi dà il papà nel dondolarmi da sola sull'altalena dei grandi.

Ho bisogno di fiducia, di comprensione, di guide salde.

Ho solo un anno e mezzo ma ciò che sto insegnando agli adulti intorno a me è una lezione di vita degna di un saggio di tempi lontani...

(Elena Bernabé)

www.rinasceremamma.it

Manuela Tomassetti ci parla del valore del tempo, del contatto, delle parole dette e ascoltate, come quando si legge un ...
12/07/2023

Manuela Tomassetti ci parla del valore del tempo, del contatto, delle parole dette e ascoltate, come quando si legge un libro insieme…che non è mai solo leggere. ❤️

Per favorire lo sviluppo dei bambini è essenziale trascorrere del tempo con loro, in piena presenza, in connessione empatica, fisicamente e verbalmente. Parlare ai piccoli è la base dello sviluppo del linguaggio e della comunicazione. Nei primi mesi il cervello riceve ogni stimolo verbale e sonoro senza differenziare i suoni linguistici da quelli che non lo sono, verso i 6 mesi diviene in grado di captare le differenze e di comprendere che alcuni sono fonemi e che accostati in un certo modo hanno un significato. Parlare con i bimbi anche piccolissimi ha dunque una grande importanza, li aiuta a incamerare informazioni e facilita il processo di apprendimento linguistico. L'esposizione alla lingua parlata incrementa la crescita delle aree cerebrali deputate al linguaggio anche quando si legge ai bimbi. La lettura può inoltre creare un piacevole spazio di connessione e comunicazione in cui i piccoli ricevono contatto fisico, contenimento, esercitano la loro capacità attentiva, entrano in relazione con l'oggetto libro, ricevono nuovi stimoli, ascoltano parole già conosciute ripetersi dalle voci dei genitori. Strutturare questo momento di lettura nella giornata, regala alla famiglia numerose occasioni, può essere di aiuto per smorzare l'eccitazione in prossimità dell'ora della nanna e può veicolare contenuti per aiutare i bimbi nella transizione attraverso situazioni difficili.

Ecco come cambia il sonno…dei genitori! 😍
18/05/2023

Ecco come cambia il sonno…dei genitori! 😍

13/05/2023

Nelle interazioni tra adulto e bambino, una delle cose che sento ripetere millemila volte al giorno è una frase che dice l’adulto al bambino, con l’intento di convincere il bambino a fare qualcosa: “Mi fai vedere quanto sei brava/o a fare…?” . Tutto spostato sulla prestazione a scapito della ricerca di una collaborazione, che sicuramente richiede più tempo, ma che nel tempo potrebbe risultare non solo più efficace ma contribuire a costruire una relazione sana dove nessuno deve dimostrare niente a nessuno ma semplicemente ci si può incontrare.
Un’altra frase è: “Se tu fai questo io ti do questo…”: il messaggio che passa è che fondamentalmente hai un prezzo e se vuoi una cosa, (per esempio vedere Bing) devi darmene in cambio un’altra che va solo a me ma non a te. Si insegna il potere del ricatto. Da adulto non sarà più Bing.
The last but not the list: “Vuoi che mi arrabbi? Mi devo arrabbiare?”. Si lascia il bambino solo nella minaccia appena ricevuta e con un superpotere che gli è appena stato donato anche se non richiesto (sono in grado di fare arrabbiare mamma/papà), che se però comincerà ad utilizzare sarà l’inizio di lunghe giornate a giocare a Braccio di Ferro.
Le giornate con un bambino possono essere lunghe e stancanti a volte, quindi sono tutte frasi comprensibili, soprattutto quando vengono da un genitore o da chi si occupa a lungo del piccolo. Ma prima di dirle proviamo a sentire se davvero è necessario, se non ci sono alternative, proviamo a chiedergli come mai non gli va di fare qualcosa, proviamo a metterci nei suoi panni e ad immaginare come si può sentire in quel momento in cui “non vuole obbedire”. O proviamo a sentire come arriverebbe a noi, o come ci sono arrivate, frasi così. Ricordiamoci che anche i nostri cuccioli hanno volontà e priorità che non sempre combaciano con le nostre esigenze.

“Nel parto devono nascere tre persone: un figlio, una madre che si scopre e un padre che si consente di essere padre”. F...
07/05/2023

“Nel parto devono nascere tre persone: un figlio, una madre che si scopre e un padre che si consente di essere padre”. Francesco Dragotto

📌 “*Il Funzionalismo Energetico nella perinatalità. Seminario introduttivo teorico esperienziale per operatori della nascita*”. 📌

♦️ La prevenzione del disagio psicologico perinatale e la promozione della salute sono gli obiettivi di noi operatori della nascita. Facendo il bene del bambino, della mamma e del padre (o partner) facciamo il bene della famiglia e, di conseguenza, della società.

♦️ Il concepimento, la gravidanza, il parto, il post parto, l’allattamento sono processi fisiologici delicati e possono presentare criticità che rischiano di interromperli o condizionarli.

♦️ Da Wilhelm Reich al Funzionalismo Energetico di Francesco Dragotto, il corso introduce al modello psicocorporeo per l’accompagnamento in gravidanza, parto, post parto, allattamento, quale importante strumento per prevenire e contenere tutte le eventuali problematiche e criticità di questi momenti. Perché la salute psicocorporea si prepara da prima del concepimento.

📍In collaborazione con *COSMI*, corso di formazione per operatori della nascita (psicologi, medici, ostetriche, fisioterapisti, biologi, infermieri, assistenti sanitari), accreditato per *23,80 ECM*, il *25, 26, e 27 maggio* al Lido di Noto (SR). 📍

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Condividete con i vostri contatti e non prendete impegni! Vi aspettiamo!!

In locandina tutti i dettagli.

07/03/2023

Tempo di donna, tempo di madre.

Tempo. Ecco quello che serve insieme con l'amore. Ecco quello che insegna un figlio. Tempo. Il tempo del desiderio, il tempo della ricerca; il tempo dell'attesa, della nascita, per aprirsi e donarsi, il tempo per incontrarsi, per essere, per stare, per crescere insieme. Tempo. Questo chiede un figlio ad un padre e ad una madre. Questo chiede una madre, una donna, al mondo. Il tempo per non tornare di corsa al lavoro, per continuare ad allattare, o anche no. Il tempo per dormire e farsi una doccia, il tempo per amarlo, per amarsi, per amare, il tempo per sentirsi e per sentire, per comprendere ciò che è stata e ciò che è diventata, il tempo per vedersi con la pancia, per lasciarla andare, a volte per medicare le cicatrici che restano. Tempo per sentirsi una leonessa e poi vulnerabile come mai nella vita: per accogliere la tenerezza, la gioia, la tristezza. Il tempo morbido, quello fatto di secondi, minuti, ore, passate a sentire quel piccolo corpo che poi cresce, si trasforma e ti trasforma, prima dentro e poi fuori. Per sempre. Il tempo degli sguardi, dello sgomento, della meraviglia, delle notti passate a giocare sul tappeto, del silenzio intorno e di una piccola voce che risuona. Tempo per ricordare. Tempo per consolare e consolarsi, per addormentare, per un bicchiere di vino quando fuori è già notte da un po'. E poi il tempo per accogliersi, per accettare le cose quando vanno diversamente dai progetti fatti; per perdonarsi, per non sentirsi in colpa quando credi che non ce l’hai fatta, quando dici che sei stanca, per non sentirsi inadeguata verso un mondo che non ha più il tuo tempo e che corre...ma anche tu corri...ma con un altro tempo. Il tempo per prendere il coraggio di avere ogni giorno occhi diversi e fare passi diversi, perché non è vero che ogni giorno fai le stesse cose, o se le fai non è mai allo stesso modo. Il tempo per guardarsi allo specchio e stendere un velo di crema, per guardarsi negli occhi e cercare gli occhi del proprio compagno. E trovarli diversi. Ma anche i tuoi non sono più quelli. Tempo per ritrovarsi. Tempo per desiderare e desiderarsi, per immaginare e progettare. Tempo per non arrabbiarsi e ritrovare il centro. Per non sentirsi sole e scorrere lo sguardo all'orizzonte. Tempo per sentire l'immensità che hai dentro e per non avere paura di sentirla. Per non rinunciare a lasciarsi toccare dalla meraviglia e dallo stupore che ogni giorno ti accompagnano, anche se stai facendo i piatti, anche se sei stanca…anche se non era come lo immaginavi. Tempo perché non è mai tutto perfetto, perché le cose non vanno come pensavi. Ma se respiri, se lasci alla tua goccia d'ossigeno il tempo di scorrerti dentro, proprio lì, nella tua spina dorsale, ti accorgi che è tutto imperfettamente bello, anche quando non è sempre bello e perfetto. Abbi fiducia che puoi accogliere ciò che scorre e muta e si trasforma, ciò che contiene gioia, dolore e profumi diversi, ciò che pulsa con te ma con un tempo diverso: il tuo corpo lo ha fatto prima di te. E te lo ricorda. Questo tempo si chiama amore, energia, coscienza: si chiama vita.

24/01/2023

Futuro interrotto

Una ennesima tragedia dove si cerca il colpevole nella stanchezza, nella negligenza, piuttosto che nel rooming in a tutti i costi. È una tragedia. Punto. In un momento è morto un futuro ancor prima di realizzarlo come presente. Se ne parla come una tragedia che riguarda solo una madre, ma la verità è che morto un figlio, è morta una madre ed è morto un padre. Ancora una volta dei padri non si parla: perché forse soffrono di meno? O forse perché gli uomini non sono così sensibili. O perché forse la gravidanza, il parto, sono ancora una faccenda che riguarda solo le donne…o solo le madri.
La presenza dei padri nelle sale parto, nei reparti maternità, è qualcosa di facoltativo, se ne può fare a meno: non serve un padre per nascere, giusto? Anzi, danno un po’ fastidio, sono goffi, impressionabili, maldestri, impacciati…quasi inutili, giusto?
Sono dell’idea che per quanto forti e fiere si sia state durante la gravidanza, dopo il parto spesso si è KO: stanche, disorientate, a volte p***e. Eppure ci si aspetta di vedere e di vedersi in un selfie “yeah!”come una radiosa, sorridente, sicura e rampante neomamma con accanto un fagotto “wow!”sereno e dormiente che non si vede e non si sente.
Anche nel selfie, con padre optional come fosse un accessorio dimenticato nello svuota tasche, che come quando cerchi un elastico gira e rigira poi lo ritrovi, che quando lo ritrovi nel selfie dici:”Guarda, che carino, c’è anche lui!”.
Dicevo: sono dell’idea che non sempre le mamme sono al top dopo un parto, e sono anche dell’idea (che è molto più che un’idea) che alla nascita serva il contatto: serve al figlio, alla madre e serve anche a un padre…pensate un po’! E inoltre non credo che dopo 9 mesi di pancione i bimbi siano beati, sereni e tranquilli nella immensità di un nido. A me, se ci penso, non piacerebbe.
E allora, mi chiedo io, possibile che le alternative ad un post parto siano rooming in solo con mamma o nido senza mamma? Davvero possiamo fare solo questo? Davvero come società non possiamo fare altro per accogliere un nuovo nato, uomo e donna del futuro, nel miglior modo possibile?
Le ostetriche avranno le loro responsabilità per non aver saputo vedere quanto questa donna fosse esausta. Ma questa responsabilità appartiene a me, a te, a tutti noi. La colpa di non sostenere un modo diverso, più sano, di parto, nascita e di accudimento nel post parto appartiene a tutti noi. Ma perché non sostenere un rooming in con il papà o l’altra mamma, o una persona calda e vicina a questa famiglia, per permettere a questa donna di riposare, di godere del piacere del contatto con bimbo senza gli oneri di un fare che all’inizio pesano come macigni. Perché non offrire a questo neonato la possibilità di avere un contatto caldo e accogliente con altre braccia che non siano quelle di una mamma, ma che siano comunque lí pronte a prendersi cura di lui? Possibile che per avere un parto e un post parto diversi bisogna spesso cacciar fuori fior fior di quattrini perché sono pochissime le strutture pubbliche che permettono e sostengono questo? Manca Amore e mancano cure fatte con Amore e per Amore.
Rabbia, dolore, tristezza, solitudine: queste le emozioni che mi si alternano dentro. Mi chiedo come ne uscirà questa donna e come ne uscirà quest’uomo.
La colpa delle tragedie, oltre che dei diretti responsabili, è anche nostra perché non siamo in grado di sostenere adeguatamente la vita, immaginando realtà più armoniche e diverse. Il proverbio è trito e ritrito ma sempre più vero: per crescere un bambino ci vuole un intero villaggio. Vogliamo cominciare a sentirci membri responsabili di questo villaggio che chiamiamo mondo?
Con dolore,
Ma**ca

Il non avere tempo può essere l’alibi perfetto, socialmente accettato, condiviso e sostenuto, per dare forma alle nostre...
23/12/2022

Il non avere tempo può essere l’alibi perfetto, socialmente accettato, condiviso e sostenuto, per dare forma alle nostre fughe e alle nostre assenze. Se scegli di esserci nella vita di qualcuno e nella vita di un figlio, se scegli di mantenere un contatto e lasciare traccia della tua presenza, come orma nella sabbia, un modo lo trovi. Non sarà il modo ideale, ma è quello reale e possibile: è un nodo al lenzuolo fatto con amore ❤️

''Alla riunione dei genitori di una scuola, la direttrice ha sottolineato il sostegno che i genitori devono dare ai figli. Lei capiva che anche se la maggior parte dei genitori della comunità erano lavoratori, dovevano trovare un po ' di tempo da dedicare e passare con i bambini. Tuttavia, la direttrice è stato sorpresa quando uno dei genitori si è alzato e ha spiegato, che non aveva tempo di parlare con suo figlio durante la settimana. Quando usciva per lavorare era molto presto e suo figlio stava ancora dormendo e quando tornava dal lavoro era troppo tardi e il bambino era già a letto. Ha spiegato inoltre, che doveva lavorare in quel modo per provvedere al sostentamento della famiglia. Disse anche che il non avere tempo per suo figlio lo angosciava molto e cercava di sostituire quella mancanza dando un bacio tutte le notti quando arrivava a casa sua e affinché suo figlio sapesse che lui era andato in camera mentre dormiva, faceva un nodo nella Punta del lenzuolo. Quando suo figlio si svegliava e vedeva il nodo, sapeva che suo padre era stato lì e l'aveva baciato. Il nodo era il mezzo di comunicazione tra di loro . La direttrice si emozionó con quella singolare storia e si è stupita ancora di più quando ha constatato che il figlio di quell'uomo era uno dei migliori allievi della scuola. Questo fatto ci fa riflettere sui tanti modi in cui le persone possono essere presenti e comunicare. Quel padre ha trovato la sua forma, un modo semplice ma efficiente. E la cosa più importante è che suo figlio percepiva attraverso il nodo, tutto l'affetto del suo papà. Semplici dettagli come un bacio e un nodo sulla punta di un lenzuolo, significavano per quel figlio, molto più di un sacco di regali o scuse vuote...''
Una storia di qualche anno fa ma è cosi' bella che ci piace riproporla

Grazie Pediatra Carla per questa condivisione ❤️
17/12/2022

Grazie Pediatra Carla per questa condivisione ❤️

Una in casa é una nascita rispettata.

Nel giorno del mio compleanno é arrivata una bimba a ricordarci che un parto può essere vissuto come un momento intimo e famigliare invece di un evento iper-medicalizzato.

Quando lavoravo in ospedale assistivo ogni giorno a parti. Noi pediatri veniamo chiamati solo nei parti complicati, perciò la mia visione era "distorta".
Pensavo al parto come a un evento rischioso che dipendeva dalla fortuna. Credevo che l'intervento medico fosse necessario per la sicurezza.
Pensavo che partorire in casa fosse roba da hippy o da irresponsabili.

L''ho creduto per anni.

Finché non ho partorito e ho vissuto le conseguenze di una inutile iper-medicalizzazione in un parto del tutto fisiologico, conseguenze che pago tuttora.
Ma é servito a rendermi una pediatra nuova.

👉🏼 Siccome solo gli stupidi non cambiano mai idea ho controllato la letteratura scientifica e scoperto che i parti in casa, se provenienti da gravidanza fisiologica e ben seguiti, non hanno maggior rischio di quelli ospedalieri.
Anzi.
Il parto é una orchestra di ormoni che scatena una serie di eventi, ma se interrotta da una stonatura (es. un intervento innecesario) si blocca portando a complicanze, proprio quelle per cui si teme il parto (Consiglio di leggere il rapporto di OVOItalia) https://ovoitalia.wordpress.com/chi-siamo/

Più un parto é rispettato, più ha probabilità di svolgersi regolarmente.

I parti in casa sono "diversi".
I bambini non piangono, sono incredibilmente calmi.
Le madri sono in ottima forma, i papà sono un po' assonnati (non hanno le endorfine dell'allattamento), ma sono soggetti attivi, fratellini e sorelline si sentono importanti perché "hanno aiutato" e corrono ad aprirmi la porta emozionati.

C'è senso di pace, luci soffuse, gli allattamenti partono senza problemi.
Sarò sempre portavoce di come questi parti, visti dagli occhi di medico, sono incredibilmente rispettati e portano salute a mamma, bimbo e tutta la famiglia.
É un lavoro di equipe: famiglia, ostetriche, pediatra e distretto sanitario.

Il nostro dovere è informare i genitori della possibilità di scelta di un parto in casa, ma anche offrire una assistenza ospedaliera al parto altrettanto rispettata in tutte le strutture. Poi voi genitori scegliete.

Il parto è VOSTRO.
L'allattamento é VOSTRO.
Lo svezzamento è VOSTRO.

Per approfondimenti lascio la parola al primario di ginecologia:

https://www.facebook.com/NascitaENonSolo/videos/2720865774653581/

Indirizzo

Rome
00183

Orario di apertura

Lunedì 09:00 - 20:00
Martedì 09:00 - 20:00
Mercoledì 09:00 - 20:00
Giovedì 09:00 - 20:00
Venerdì 09:00 - 20:00

Telefono

3283176495

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Chi sono

Sono una psicologa ad indirizzo evolutivo e una psicoterapeuta ad orientamento corporeo reichiano. Mi sono specializzata alla S.I.A.R. e successivamente formata nell’ambito del Funzionalismo Energetico alla S.E.Or. - A.I.Pe.F., di cui sono socia, il cui proposito è di promuovere il benessere dell’individuo e della società. Mi sono formata in Massaggio Bioenergetico dolce presso l’istituto Reich.

La mia esperienza personale e professionale mi ha permesso, con il tempo, di acquisire competenze in numerosi ambiti che spaziano dalla psicologia dell’età evolutiva, alla clinica (ansia, depressione, attacchi di panico, disturbi alimentari, somatizzazioni,…), all’intervento sulla crisi (dove per crisi si intende ogni evento o momento difficile nella vita che va a turbare un equilibrio emotivo: separazioni, lutti, malattie, perdita del lavoro,… ). Faccio parte della rete perinatale dell’Ordine degli Psicologi del Lazio, organizzo percorsi di accompagnamento alla nascita, di sostegno alla genitorialità e corsi di contatto emozionale per neo genitori, tutti rivolti al singolo, alla coppia o al gruppo.

Il lavoro sulla promozione della salute perinatale è un campo a me molto caro: la gravidanza è un processo trasformativo che riguarda l’uomo, la donna e il bambino. Niente è scontato in una gravidanza e in un parto: le emozioni, le fantasie, i cambiamenti che entrano in gioco sono molteplici. Proprio per questo necessita di cure e attenzioni che sostengano ogni componente della triade nel proprio processo evolutivo e nella propria funzione. I figli di oggi sono gli uomini di domani.

Gli interventi in salute perinatale si estendono anche al periodo post - parto: la nascita di un bambino trasforma gli equilibri all’interno della famiglia e spesso ci vuole più tempo del previsto per ritrovarne uno nuovo. Il sostegno post parto è rivolto alla donna, all’uomo o alla famiglia.