Studio di Counseling integrato, Mindfulness, Educazione Alimentare, Roma

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Studio di Counseling integrato, Mindfulness, Educazione Alimentare, Roma Counselor professionale e Psicologa in formazione. Esperta in Mindfulness e Medicina tradizionale cinese/ Alimentazione.

Lavoro per incrementare il benessere a più livelli. 🌷⭐

Siamo attraversati da ricordi, sensazioni, emozioni, pensieri, anticipazioni, perché dovremmo buttarli via senza alcun s...
27/10/2025

Siamo attraversati da ricordi, sensazioni, emozioni, pensieri, anticipazioni, perché dovremmo buttarli via senza alcun senso di riconoscimento?

Tutto quello che sentiamo è legittimo. È vero.
E contiene grandi possibilità di recupero e di fertilità.

Essere rapiti dai pensieri, sommersi dalle emozioni, agiti dagli impulsi, però porta solo confusione e nuova sofferenza.

Come dice la Candiani, meditare è raggiungere un campo base di quiete per poter guardare in profondità gli abissi, i paesaggi interiori..

"Sensazione fisica, ti accolgo, ti assaporo.

Pensiero, ti percepisco, assaporo la scia che lasci, il tuo com'è.

Emozione, sento quali parole ti accompagnano, sento la tua composizione, ti assaporo.

Dove sei? Dove ti sento? Come sei? Quale tonalità porti con te?"

In questo sostare con il variare dei fenomeni, seguendoli, lasciandoli essere e poi svanire, si apre un grande spazio, si percepiscono i bordi luminosi e sfumati di ogni stato mentale ed emotivo, la loro impersonalità.

Se accolgo ogni visitatore, lo differenzio dagli altri, lo raccolgo perché ha in sé la sua specifica fertilità o possibilità di rinascita, di riciclo, allora nel flusso del qui e ora si apre l'infinito.

Siamo cieli vasti e restare connessi alla vastità ci permette di vedere i fenomeni che ci attraversano, di riconoscerli, sentirli e guardarli svanire.


Questo è un punto decisivo:sono molti quelli che dedicano la propria esistenza a realizzare una loro concezione di come ...
26/10/2025

Questo è un punto decisivo:

sono molti quelli che dedicano la propria esistenza a realizzare una loro concezione di come dovrebbero essere,
invece di realizzare se stessi.

Questa differenza tra realizzazione di sé e realizzazione della propria immagine di sé è molto importante.

La maggior parte delle persone vive soltanto per la propria immagine.
Dove alcune persone hanno un sé, la maggior parte delle persone hanno un vuoto, dato che sono impegnatissime a proiettarsi in questo o in quello.

Anche in questo caso ci troviamo di fronte alla maledizione dell’ideale.
La maledizione del non dover essere quello che si è.

La dipendenza è "sto evitando di sentire troppo".Quindi, un professionista, che sia educatore, insegnante o peggio ancor...
24/10/2025

La dipendenza è "sto evitando di sentire troppo".

Quindi, un professionista, che sia educatore, insegnante o peggio ancora counselor o psicologo, che per esempio fuma, potrà avere, sempre o in varie circostanze, serie difficoltà a connettersi a livello emotivo con chi ha di fronte.

Spesso può limitarsi a essere un tecnico, applicando in modo superficiale quanto ha imparato.

La cecità emotiva, che si attiva quando c’è troppa risonanza con il dolore dell’altro, diventa un ostacolo alla relazione autentica e sovente induce a proiettare parti di sé sull’altro.

Pensateci…

Pietro, il mio bambino di quasi 8 anni, mi ha posto una domanda profondamente affascinante:"Mamma, se le cellule si rinn...
23/10/2025

Pietro, il mio bambino di quasi 8 anni, mi ha posto una domanda profondamente affascinante:

"Mamma, se le cellule si rinnovano ogni mese circa, come mai non si rimane sempre giovani?"

Questa è la mia risposta per voi✨

Innanzitutto, è vero che le cellule si rinnovano continuamente nel nostro corpo, ma nonostante questo, non restiamo eternamente giovani.

Questo perché esiste un fenomeno chiamato senescenza cellulare:
con il tempo, le cellule accumulano danni e il loro meccanismo di divisione si riduce, specialmente per via dell'accorciamento dei telomeri, protezioni dei cromosomi che limitano le riproduzioni cellulari.

Inoltre, le cellule staminali, che sono le “fonti” delle nuove cellule, si riducono e si indeboliscono con l'età.

Tutto ciò contribuisce all'invecchiamento degli organi e dei tessuti.

Tuttavia, oltre a questo meccanismo noto da tempo, oggi sappiamo che le cellule hanno qualcosa di ancora più sorprendente:

una vera e propria "memoria".

Uno studio rivoluzionario del 2024 condotto dal professor Nikolay V. Kukushkin alla New York University ha dimostrato che anche cellule non neuronali, come quelle del tessuto nervoso periferico o renale, possono "imparare" e "ricordare" informazioni, attivando geni della memoria in modo simile a come fanno le cellule del cervello.

Questa memoria cellulare significa che le esperienze di stress, traumi o danni possono lasciare tracce molecolari permanenti nelle cellule e nel tessuto, influenzando come risponderanno anche le cellule nuove che si formano nel tempo.

Proprio come cicatrici o dolori cronici, la memoria cellulare dà corpo a una sorta di storia che il nostro organismo conserva.

Quindi, per rispondere a Pietro, non è solo la senescenza cellulare a spiegare perché non rimaniamo giovani.
C’è anche questa profondissima rete di memoria biologica in cui il corpo conserva la sua storia, fatta di esperienza fisica e psicologica.

Come diceva Alice Miller nel saggio "La rivolta del corpo", il corpo "ricorda" i traumi vissuti, e questa memoria è una parte essenziale non solo della nostra mente, ma di ogni singola cellula del nostro corpo.



Quando le persone fanno conoscenza con l’inconscio, spesso entrano in uno stato d’animo straordinario: s’infiammano, esp...
13/10/2025

Quando le persone fanno conoscenza con l’inconscio, spesso entrano in uno stato d’animo straordinario: s’infiammano, esplodono, ritornano vecchie emozioni sepolte; e allora si mettono a piangere su cose avvenute quarant’anni prima.
Significa semplicemente che sono stati staccati prematuramente da quello stadio della vita; hanno dimenticato che ci sono fuochi sepolti che ancora ardono.
Allora ne erano inconsci, ma quando entrano in contatto con i centri inferiori ritornano in quel mondo e si rendono conto che è ancora rovente, come un fuoco rimasto a lungo dimenticato sotto la cenere.
Se però si toglie la cenere, sotto ci sono ancora le braci incandescenti, come si dice dei pellegrini della Mecca che lasciano i loro fuochi sepolti sotto la cenere e che, quando ritornano l’anno successivo, ritrovano le braci ancora incandescenti.

C.G.Jung, La Psicologia del Kundalini

Questo passaggio di Jung ci parla di un incontro profondo e talvolta travolgente con l'inconscio, quella parte di noi dove riposano emozioni, ricordi e ferite dimenticate ma mai del tutto spente.

Affrontare l'inconscio significa entrare in contatto con quel fuoco interno, riscoprire quei frammenti di vita che non abbiamo avuto modo di elaborare o che abbiamo abbandonato troppo presto, quasi cercando di proteggerci dal dolore.
È un richiamo alla consapevolezza.

Questo processo, pur doloroso, è parte di un percorso di crescita e guarigione: riconoscere la brace ardente significa non negare più ciò che è stato, ma integrarlo nella nostra storia personale.

Solo così le emozioni ritrovate non ci travolgeranno, ma diventeranno fonti di energia da cui attingere per vivere con maggior autenticità e profondità.

Jung ci invita a non temere questo incontro, bensì ad accoglierlo come un ritorno necessario a noi stessi.


Molti cittadini oggi mostrano una crescente difficoltà ad applicare il principio di realtà e a esercitare un sano spirit...
23/09/2025

Molti cittadini oggi mostrano una crescente difficoltà ad applicare il principio di realtà e a esercitare un sano spirito critico nei confronti delle informazioni e delle narrazioni politiche.

Questa vulnerabilità li rende particolarmente esposti alla manipolazione e alla propaganda da parte dei governi o di gruppi di potere.

Psicologicamente, il principio di realtà rappresenta la capacità di rinunciare a gratificazioni immediate per accogliere le tensioni, le frustrazioni e i limiti imposti dalla realtà esterna, sviluppando così una visione consapevole, matura e critica del mondo.

Tuttavia, questo processo non è spontaneo per tutti.

Spesso predomina la ricerca di rassicurazioni e semplificazioni, elementi che la propaganda sa sfruttare efficacemente, facendo leva su emozioni ancestrali come paura, insicurezza e il bisogno di appartenenza collettiva.

Quando ci si sente minacciati o disorientati, la mente tende a cercare risposte facili e narrativi netti, riducendo lo spazio per una riflessione profonda.

Qui entrano in gioco distorsioni cognitive come bias percettivi e polarizzazione sociale, che limitano la capacità di analisi e di giudizio oggettivo.

Questa fragilità emotiva e cognitiva affonda radici profonde nelle prime esperienze infantili.

Le prime figure di riferimento rappresentano la "palestra" in cui il bambino impara a modulare emozioni, a integrare la realtà esterna con quella interna, e a sviluppare autoconsapevolezza e autonomia emotiva.

Se queste funzioni sono carenti o immaturi, il bambino cresce con una visione distorta di sé e del mondo, e fatica a interpretare in modo critico le informazioni ricevute.

Un aspetto cruciale e spesso trascurato è il ruolo della manipolazione psicologica all’interno delle dinamiche familiari.

La manipolazione familiare si manifesta attraverso ricatti emotivi, senso di colpa imposto, negazione dei bisogni e dei sentimenti, controllo affettivo e narrazioni distorte che rendono instabile e soggettiva la percezione della verità.

In questi contesti, il bambino apprende inconsapevolmente a "dubitare" della propria esperienza e del proprio giudizio, condizione che rischia di accompagnarlo nell’età adulta.

Da adulti, chi è cresciuto in ambienti manipolativi è più incline a riprodurre schemi simili.

Si lascia intrappolare da dinamiche emotive che richiamano quelle familiari, anche nelle narrazioni manipolative e propagandistiche politiche.

Qui interviene una tecnica sofisticata come il , una forma di manipolazione psicologica che distorce la percezione collettiva, nega fatti reali e mina la fiducia nelle capacità di giudizio individuali.

La saturazione informativa, insieme all’amplificazione di paure ed emozioni forti, e ai messaggi semplicistici e polarizzanti, agiscono come elementi che spengono il pensiero critico.

Questo spinge molti cittadini ad assumere atteggiamenti emotivi e conformisti, spesso senza consapevolezza, perpetuando un clima sociale fragile e facilmente manipolabile.

A questo si aggiunge la *paura del diverso*, una componente centrale della psicologia sociale che spiega molte dinamiche di esclusione, pregiudizio e intolleranza.

La paura di ciò che è "altro" o straniero genera spesso reazioni di chiusura, diffidenza e rancore, sentimenti che vengono abilmente cavalcati dalla propaganda politica per creare capri espiatori e alimentare divisioni.

L’uomo nelle f***e, racconta Gustave Le Bon nel suo celebre libro *Psicologia delle f***e*, tende a perdere il senso critico e a lasciarsi trascinare da emozioni collettive forti: l’individualità si annulla nel gruppo e il giudizio razionale viene sovrastato dall’impulso emotivo e dall’identificazione con l’ideologia dominante.

È proprio questo meccanismo che spiega perché una parte della popolazione sia portata a sostenere messaggi e figure politiche che invece di promuovere umanità e solidarietà diffondono paure, esclusione e odio.

Chi si lascia persuadere da queste narrazioni è spesso una persona che ha difficoltà profonde a riconoscere e metabolizzare la complessità della realtà, magari a causa di ferite emotive mai risolte o di mancanza di strumenti culturali e riflessivi.

Inoltre, quando certi valori umanitari vengono messi in secondo piano o negati, come nel caso di chi non riesce a schierarsi con le vittime di genocidi o oppressioni, si manifesta una perdita del senso di umanità che nasce proprio dal venir meno di quel principio di realtà e della capacità critica.

Diventa dunque urgente un'educazione sistematica, sin dall'infanzia, che promuova consapevolezza emotiva, autocritica e apertura al diverso.

Solo così si potranno formare cittadini resilienti alle manipolazioni, in grado di costruire una società più giusta, libera e umana.

Demetra Cerere

Studio di Counseling integrato, Mindfulness, Educazione Alimentare, Roma















"La via labirintica" è un cammino simbolico e psicologico che ci porta a esplorare le profondità più intime di noi stess...
05/09/2025

"La via labirintica" è un cammino simbolico e psicologico che ci porta a esplorare le profondità più intime di noi stessi, dove ogni svolta rivela emozioni, ricordi e immagini archetipiche nascoste.

Il labirinto diventa metafora delle sfide interiori che segnano la nostra crescita:
✨accettare l’ignoto,
✨lasciare andare le certezze e
✨aprirsi a una trasformazione

In questo viaggio si intrecciano mito, rito e pratica: antichi simboli come mappe per orientarsi nel caos interiore, passaggi di iniziazione e l’integrazione delle scoperte personali.

Questa via ci invita a contattare il Sé più profondo, a riscoprire la creatività e le possibilità di rinascita, attraverso il coraggio e pazienza e offrendo in dono una nuova visione di sé e del mondo.

È un percorso per imparare a custodire la vulnerabilità,
dialogare con i propri fantasmi interiori e trovare la forza nell’accoglienza del proprio vissuto autentico.


Il lutto da separazione è una delle esperienze più dolorose e complesse che possiamo attraversare.Non si tratta solo di ...
02/09/2025

Il lutto da separazione è una delle esperienze più dolorose e complesse che possiamo attraversare.

Non si tratta solo di dire addio a una persona amata, ma di perdere una parte importante della propria identità e del proprio equilibrio emotivo.

È un momento di ferita profonda,
di vuoto e smarrimento,
in cui spesso si vorrebbe che
la rottura fosse un taglio netto, semplice da gestire.

Claire Marin, nel suo libro
"La fine degli amori", ci aiuta a comprendere questa realtà con parole che affondano nella profondità del dolore:

❤️‍🩹

"Ci piacerebbe che la rottura
fosse un taglio netto.
Preciso e chirurgico, d'un sol colpo, come la sciabola che decapita.
Invece la rottura è una lacerazione".

Questa lacerazione ci trasforma,
ci mette di fronte a una
deformazione dell'io, che ci rende "esseri mostruosi",
nel senso di diversi, disorientati,
a volte quasi irriconoscibili
a noi stessi.

Ma Marin ci ricorda anche che questa ferita non è fine a sé stessa.

La sofferenza può diventare un"opportunità di crescita:

"Diventare sé stessi..
emanciparsi dal Sé che ci hanno cucito addosso è un percorso doloroso e costoso, ma liberatorio".

In questo processo, il lutto diventa
una sfida a ritrovare un equilibrio nuovo, più autentico e consapevole.

È per questo che ritengo fondamentale, nel percorso di counseling, offrire non solo uno spazio di ascolto e sostegno, ma anche strumenti che aiutino a dare senso e forma al dolore.

La lettura di libri come questo diventa parte di un cammino integrato per elaborare il lutto, offrendo parole che possono confortare, spiegare e accompagnare nei momenti più bui.

Se stai vivendo una separazione o un momento di perdita, considera il counseling come un luogo dove poter elaborare queste emozioni.

Contattami per informazioni sui percorsi di counseling:
insieme possiamo costruire una nuova strada verso l'integrazione,
la consapevolezza e la serenità.


Questa sera riprendo in mano il libro di John Bowlby, un testo che ho letto e riletto nei miei anni di formazione, e che...
31/08/2025

Questa sera riprendo in mano il libro di John Bowlby, un testo che ho letto e riletto nei miei anni di formazione, e che continua a offrire spunti profondi sulla comprensione delle relazioni umane. La sua teoria dell’attaccamento non è solo un modello clinico imprescindibile, ma trova oggi conferme importanti anche nelle neuroscienze, che ci permettono di scoprire come i primissimi legami emotivi plasmino il nostro cervello e la nostra capacità di vivere il mondo a livello emotivo e relazionale.

La teoria dell’attaccamento, sviluppata da Bowlby, si fonda su un principio semplice ma potente: il bisogno del bambino di creare un legame emotivo profondo e duraturo con una figura di riferimento primaria. Questo legame, definito base sicura, permette al bambino di esplorare il mondo con fiducia e regolare le proprie emozioni in modo equilibrato.

Le ricerche neuroscientifiche contemporanee confermano quanto questo legame sia profondamente radicato nel nostro cervello. Le esperienze di attaccamento influenzano la formazione delle reti neurali coinvolte nella regolazione dello stress, nell’elaborazione emotiva e nella costruzione della fiducia nelle relazioni interpersonali. Durante le interazioni con figure affidabili, neurotrasmettitori come ossitocina e dopamina si attivano, generando uno stato neurofisiologico di sicurezza e benessere.

Quando l’attaccamento è sicuro, il bambino sviluppa modelli operativi interni adattivi: rappresentazioni mentali stabili di sé e degli altri, che guideranno l’organizzazione delle sue relazioni future. Tuttavia, esperienze di attaccamento insicuro o traumatico possono alterare questi circuiti neurali, attivando in modo cronico l’asse ipotalamo-ipofisi-surrene (HPA), con effetti negativi sulla regolazione emotiva e un’aumentata vulnerabilità a disturbi affettivi, ansia e altre difficoltà psicologiche nell’età adulta.

Riflettere sull’importanza dell’attaccamento ci aiuta a riconoscere quanto le nostre prime relazioni influenzino il nostro benessere emotivo per tutta la vita.

È un invito a prenderci cura, non solo dei bambini, ma anche di noi stessi, per costruire basi di sicurezza e fiducia.

E voi, avete mai riflettuto sul modo in cui vi connettete con voi stessi e con gli altri?

Quando cresciamo in ambienti dove l’affetto è condizionato da lotte, drammi o incertezze, non solo impariamo ad associar...
30/08/2025

Quando cresciamo in ambienti dove l’affetto è condizionato da lotte, drammi o incertezze, non solo impariamo ad associare il sentirci vivi a stati di agitazione emotiva,
ma sviluppiamo anche schemi interni complessi che influenzano profondamente il modo in cui percepiamo e viviamo le relazioni affettive.

Il cervello, soprattutto nelle prime fasi dello sviluppo, registra l’intensità emotiva come una forma di legame, anche se questa è improntata a conflitti o instabilità.
Questi schemi emotivi diventano così un punto di riferimento interno, un modello relazionale a cui tendiamo, spesso inconsciamente, a cercare conferma nelle relazioni adulte.

Dal punto di vista neurobiologico, il sistema limbico si abitua a uno stato di allerta costante, creando una sorta di dipendenza affettiva dalla scarsità o dall’instabilità.
In pratica, il cervello impara a interpretare la calma come un segnale di pericolo o di mancanza di stimoli validi, generando ansia o vuoto emotivo.
È come se la serenità venisse percepita come una "zona morta" senza la quale non ci si sente davvero connessi.
Questo avviene perché, per molte persone, l’attivazione emotiva è stata l’unico indicatore di vicinanza e cura ricevuti durante l’infanzia.

Le teorie dell’attaccamento, elaborate da Bowlby ed ampliate dalla Ainsworth, mostrano come questi modelli precoci di relazione influenzino l’attaccamento adulto.

Chi ha vissuto una relazione instabile spesso sviluppa uno stile ansioso, caratterizzato da un bisogno incessante di conferme, o evitante, con la tendenza a distanziarsi per proteggersi dalla paura del rifiuto.

Quando tali persone incontrano un partner con uno stile di attaccamento sicuro, basato su presenza, coerenza e accoglienza, avviene un vero e proprio cortocircuito emotivo.
La mente fatica a rielaborare una modalità di amore che non richiede battaglie emotive, scacchi di potere o momenti di crisi per sentirsi reale.

Psicologicamente, questo cortocircuito può essere inteso come un confronto tra "vecchio" e "nuovo": il vecchio sistema nervoso, allenato a rispondere con iperattivazione o distacco, si scontra con la novità di una calma emotiva stabile.
La sensazione di noia o disinteresse possa essere in realtà una difesa inconscia, un modo per evitare di abituarsi a una sicurezza percepita come insidiosa o straniante.
La tranquillità emotiva, infatti, implica la necessità di affrontare emozioni più sottili, ma altrettanto profonde, come la fiducia, la vulnerabilità autentica e la responsabilità affettiva reciproca.

Col tempo, però, questa calma può trasformarsi in un terreno fertile per la guarigione.

La stabilità affettiva aiuta a riorganizzare i circuiti neurali e a creare nuove connessioni che rendono possibile un’esperienza relazionale meno drammatica e più autenticamente connessa.

È proprio in questo contesto di pace interiore che si costruisce un amore capace di durare, non basato su picchi adrenalici, ma su radici profonde di rispetto, cura e crescita reciproca.

In sintesi, ciò che inizialmente può sembrare noia o mancanza di passione è in realtà il segnale di un processo evolutivo e di una trasformazione emotiva profonda:

il passaggio dal bisogno compulsivo di attivazione emozionale al piacere di una relazione stabile e sicura, dove l’amore non accende solo il cuore, ma nutre l’intera persona nella sua totalità.

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Rome
00184

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+393280871821

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