Rete Romana di Solidarietà con il Popolo Palestinese

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Rete Romana di Solidarietà con il Popolo Palestinese "Io non credo nei confini, nelle barriere, nelle bandiere. Date le sue caratteristiche le decisioni vengono prese per consenso.

Credo che apparteniamo tutti indipendentemente dalle latitudini, dalle longitudini a una stessa famiglia che è la famiglia umana.” LA RETE ROMANA DI SOLIDARIETÀ CON IL POPOLO PALESTINESE
La Rete Romana di Solidarietà con il Popolo Palestinese nasce a Roma durante l'Operazione Piombo Fuso in cui dal 27 gennaio 2008 al 18 gennaio 2009 Israele attacca incessantemente Gaza. L’emozione, la rabbia e l'indignazione furono enormi come pure le risposte sul piano culturale e politico. Sperimentata nell’emergenza l’importanza di unire gli sforzi per la causa comune, si pensò che la collaborazione potesse proseguire oltre l’emergenza. Si formò così la “Rete” come collegamento organizzativo, una rete orizzontale senza rappresentanze e gerarchie, allo scopo di suscitare sinergie. Chiunque aderisce, singolarmente o come associazione, è accomunato dal rispetto del diritto internazionale, si oppone ad ogni discriminazione politica, religiosa, di genere o di orientamento sessuale, rifiuta il razzismo, l’antisemitismo, l’islamofobia e ogni ideologia fondata su presunte supremazie. Riconosciamo la nostra alleanza con la lotta delle donne e delle soggettività LGBTQI+ contro il sistema patriarcale, consapevoli che discriminazione e intolleranza sono presenti in Palestina come in Israele, nonostante quest'ultimo tenti, attraverso il "pinkwashing", di mostrare una faccia aperta e democratica. Il Popolo Palestinese lotta da oltre cent’anni per la libertà e per l’autodeterminazione, contro l'occupazione della sua terra e della vita, contro la colonizzazione d’insediamento e l’Apartheid. La terra palestinese è ormai ridotta a brandelli, separata da Israele dal muro dell'Apartheid, lungo più di 750 km e dichiarato illegale dalla Corte internazionale di giustizia dell'Aja nel 2004. In Cisgiordania è in corso un’annessione strisciante e incessante che la sta trasformando in bantustan molto più chiusi e controllati di quanto non fossero quelli dell’Apartheid in Sud Africa. La Striscia di Gaza, sottoposta a bombardamenti devastanti e chiusa da assedio è ormai considerata “invivibile” dalla stessa ONU. I palestinesi di Israele sono vessati e discriminati, ancor più da quando Israele si è trasformato in uno stato confessionale (Legge del 18 luglio 2018 che definisce Israele "Stato-nazione del popolo ebraico”). Di Palestina non si parla più nella Comunità Internazionale se non in occasione di trattati ed iniziative che mirano alla dissoluzione e alla scomparsa del popolo palestinese. Ciononostante le comunità e le persone di coscienza nel mondo continuano a mobilitarsi per la fine dell’occupazione, della colonizzazione, dell'Apartheid, per il ritorno dei profughi e per il riconoscimento di uguali diritti per tutta la popolazione che vive in Palestina. Perché questo avvenga deve però cessare l’impunità di cui gode Israele che deve essere finalmente sottoposto a sanzioni come da tempo richiedono la Società civile palestinese e il movimento BDS (Boicottaggio, disinvestimento, sanzioni). L’ONU deve inoltre riattivare il Comitato Speciale contro l'Apartheid, già istituito durante la lotta contro la segregazione razziale in Sud Africa, affinché venga smantellato il sistema culturale, legislativo ed economico dell'Apartheid costruito ai danni della popolazione palestinese. La Rete Romana Palestina si impegna a sostenere la lotta per la libertà dei palestinesi attraverso la sensibilizzazione dell’opinione pubblica, azioni di convincimento a livello nazionale ed europeo, eventi e iniziative che portino alla conoscenza della cultura e delle tradizioni di questo popolo che Israele vuole cancellare, sanzioni ed embargo nei confronti dell’Apartheid di Israele. Siamo aperti a collaborazioni con altre reti, associazioni, gruppi e chiunque si riconosca in questa lotta e cerchiamo di praticare l’intersezionalità con i movimenti affini. La lotta per la libertà del Popolo Palestinese è la stessa lotta di tutti i popoli contro oppressioni, razzismo, povertà e disuguaglianze. E' la lotta dei popoli indigeni contro la colonizzazione, l'estrattivismo, le devastazioni della terra e della natura. Come diceva Nelson Mandela, "Noi sappiamo che la nostra libertà non può dirsi compiuta senza la libertà del Popolo Palestinese". Rete Romana di Solidarietà con il Popolo Palestinese
reteromanapalestina@gmail.com

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Attualmente la Rete è pertanto costituita dalle associazioni sotto indicate, che sono parte del Gruppo Operativo in cui si individuano le attività da portare avanti, si occupa dei problemi organizzativi e si riunisce periodicamente. Le decisioni vengono prese col metodo del consenso.
• Amici della Mezzaluna Rossa Palestinese (AMLRP)
• Assemblea Corpi e Terra di Non una di meno
• BDS Roma
• Centro Italiano di Scambio Culturale-VIK
• Donne in Nero Roma
• Rete ECO – Ebrei contro l'occupazione
• Un ponte per...
Come sempre continuano ad essere presenti anche singole persone, alcune nuove e giovani, altre storiche come Flavia Donati, Anna Farkas e Alessandra Mecozzi (Cultura è Libertà).

12/12/2025

PERCORSO CORTEO a ROMA


STOP AL GENOCIDIO E ALL’OCCUPAZIONE IN PALESTINA

LIBERTÀ PER ANAN YAEESH, ALI, MANSOUR, TAREK, AHMAD SALEM E SHAHIN

LA RESISTENZA NON È TERRORISMO

STOP ACCORDI – SANZIONI ED EMBARGO ORA!

🗓️ sabato 13 dicembre
🕛 ore 14:30
📍 Piazza Vittorio


06/12/2025
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06/12/2025
US, Maestri d'Armi, specialità: "nutrire" la lobby delle Armi, di guerra in guerra. Il fine e il mezzo coincidono. Si fa...
06/12/2025

US, Maestri d'Armi, specialità: "nutrire" la lobby delle Armi, di guerra in guerra. Il fine e il mezzo coincidono. Si fa la guerra per consumare armi e "generare" distruzione. A ciclo continuo

Quanto costa un fallimento? Almeno 900 miliardi di dollari. Questi i conti impietosi della guerra in Afghanistan degli Usa, dal 2001 al 2021. La guerra più lunga mai combattuta da Washington, risoltasi in un fallimento col ritorno dei Talebani al potere, è stato un buco nero per le finanze americane. L’Ispettore generale speciale per la ricostruzione dell’Afghanistan (SIGAR), l’organismo di controllo del governo statunitense incaricato di supervisionare la spesa statunitense per la ricostruzione in Afghanistan, ha pubblicato la scorsa settimana rapporto finale sul fallimento del piano di rafforzamento del Paese da parte degli Stati Uniti.

Istituito nel 2008, il SIGAR chiuderà definitivamente il 31 gennaio 2026.

Secondo il rapporto, tra il 2002 e la metà del 2021 – anno del ritiro delle truppe statunitensi – Washington ha speso 144,7 miliardi di dollari per la ricostruzione dell’Afghanistan, “una cifra molto più alta di quella del Piano Marshall nel secondo dopoguerra, al netto dell’inflazione”.

Nonostante l’enorme investimento, “la missione prometteva di portare stabilità e democrazia in Afghanistan, ma alla fine non ha prodotto né l’uno né l’altro risultato”.

Il documento attribuisce il fallimento a diversi fattori. Tra questi, le scelte compiute dagli Stati Uniti sin dall’inizio del conflitto: “Le decisioni iniziali e attuali di allearsi con potenti corrotti e violatori dei diritti umani hanno rafforzato l’insurrezione e minato la missione, compresi gli obiettivi degli Stati Uniti di portare democrazia e buon governo nel Paese”.

Il rapporto è una raccolta dei precedenti lavori dell'ispettore generale che, nel loro complesso, “mettono in luce gravi problemi sistemici nella ricostruzione e tracciano il quadro di uno sforzo durato due decenni e costellato di sprechi”, scrive Gene Aloise, ispettore generale facente funzioni del SIGAR.

Il rapporto sottolinea che, sin dal suo inizio, il SIGAR ha identificato, in 793 rapporti pubblicati e 659 indagini chiuse, “1.327 casi di spreco, frode e abuso", per un importo compreso tra 26 e 29,2 miliardi di dollari.

Leggi l’articolo di al link nelle stories

❤️ Francesca
06/12/2025

❤️ Francesca

06/12/2025
06/12/2025

Andrea Carugati, Ddl antisemitismo, Delrio tira dritto. Scontro aperto nel Pd, Il Manifesto, 6 dicembvre 2025

SENATO Fiano, Fassino e Verini difendono il testo sconfessato dal Nazareno, il promotore non arretra: lo porteremo in aula. Boccia: «Non è la linea del partito: bisogna tenere insieme anche islamofobia e altre forme di istigazione all’odio». Foa e Ginzburg: «No a leggi speciali e censure per chi critica Israele»

La destra Pd contro la maggioranza di Schlein. E viceversa. Lo scontro tra i dem sul ddl antisemitismo promosso da Graziano Delrio si alza di tono. Con il rischio, assai concreto, che prima in commissione e poi nell’aula del Senato il partito si spacchi. Cosa che finora non è mai successa, almeno in Parlamento, sul Medio Oriente.

Il senatore Delrio, uno dei pesi massimi della minoranza interna, ha presentato a fine novembre un disegno di legge sul contrasto all’antisemitismo, senza discuterlo prima col gruppo. Anzi, cercando le adesioni dei colleghi uno ad uno, mentre il capogruppo nella commissione Affari costituzionali Andrea Giorgis aveva chiesto di attendere, davanti alle proposte già depositata dalla destra e da Iv, di discutere per arrivare a una posizione comune tra i senatori e condivisa anche da Schlein.
IL CASO È SCOPPIATO per un articolo di Roberto Della Seta sul manifesto, in cui il ddl Delrio veniva criticato per il rischio di una censura alle critiche ad Israele, sul web e soprattutto in scuole e università. Il capogruppo Francesco Boccia ha chiesto di ritirarlo, ma la risposta è stata un secco no. E ieri Simona Malpezzi, ex capogruppo e tra i firmatari, ha risposto: «Non credo che lo ritireremo, Delrio ritiene ci sia bisogno di discutere in Parlamento di questo tema e io sono d’accordo».
Boccia ieri ha ribadito che «si è tentato di costruire artificialmente l’immagine di un partito diviso. Ma la realtà è molto più semplice: il disegno di legge presentato dal senatore Delrio è un’iniziativa a titolo personale, legittima ma non rappresentativa della posizione del Pd». Per Boccia bisogna cercare «di tenere insieme antisemitismo, islamofobia e tutte le forme di istigazione all’odio. Non per diluire, sia chiaro, ma per rafforzare. Non per relativizzare, ma per costruire un impianto giuridico solido ed efficace, che protegga davvero la convivenza democratica». No dunque a testi che «rischiano di diventare bandierine identitarie». «La lotta all’antisemitismo non si indebolisce se si denunciano i crimini di un governo: al contrario, si rafforza. Non c’è memoria autentica senza il coraggio della verità».
EMANUELE FIANO, PRESIDENTE di sinistra per Israele, si schiera con Delrio:« Per noi è inaccettabile che la sinistra si divida sulla lotta all’antisemitismo». E fa riferimento alla definizione di antisemitismo partorita dalla International holocaust remembrance Alliance (IHRA): «È stata adottata anche dall’Italia con il governo Conte II, di cui facevano parte PD e 5S. Perchè oggi se ne dissociano?».
Walter Verini, anche lui firmatario del ddl, si sfoga con Huffpost: «Siamo stati manganellati sui social. Ci sono commenti in cui chiedono di cacciarci dal Pd, mi aspetto che il partito ci difenda. Per me è evidente che la proposta Delrio colpisce solo atteggiamenti chiaramente antisemiti. Non le opinioni». Prosegue Verini: «Vedo presenti nella sinistra, e anche nel Pd, forme di radicalizzazione incomprensibili. Non si può civettare con chi usa parole d’ordine folli come “Palestina libera dal fiume al mare”».
Pierferdinando Casini: «Ho firmato il ddl e lo rifirmerei 100 volte: è un atto di civiltà che dovrebbe realizzare un ampia unità parlamentare, altro che polemiche». E Piero Fassino: «Stupisce che paventi rischi, peraltro infondati, chi in questi anni non ha mai detto una parola verso atti e parole con cui ogni giorno si è trasformata la legittima critica al governo Netanyahu in una colpevolizzazione dell’intera società israeliana e ancor peggio di ogni ebreo». Calenda annuncia: firmo anche io il dl.
SI MOBILITA UN FRONTE di intellettuali, storici e scrittori, contrarti a tutti i disegni di legge sul tema (ce ne sono anche di Lega, Fi e Iv). «Riteniamo inaccettabili e pericolosi questi disegni di legge che recepiscono la controversa definizione di antisemitismo dell’IHRA, contestata a livello internazionale da molti dei maggiori specialisti di storia dell’antisemitismo e della Shoah. In questo modo si finisce per equiparare qualsiasi critica politica a Israele all’antisemitismo».
Tra i firmatari Anna Foa, Roberto Saviano. Carlo Ginzburg, Gad Lerner, Giovanni Levi, Simon Levis Sullam, Bruno Montesano. «Riteniamo controproducente, ai fini di un efficace contrasto dell’antisemitismo, introdurre leggi speciali che di fatto lo separano dalla lotta contro ogni forma di razzismo, con il rischio di alimentare nuove ostilità».
LA DESTRA NE APPROFITTA e spinge per una accelerazione. «Spero si possa giungere in aula nei primi mesi del nuovo anno con un testo da approvare in maniera trasversale», dice il leghista Centinaio. «I ddl depositati hanno diversi punti condivisi, non possiamo farci fermare dai veti di chi cerca i voti dei vandali propal». «Boicottare il percorso parlamentare equivale a porsi al servizio di chi continua a favorire odio antisemita», avverte la presidente Ucei Noemi Di Segni. Si richiesta del Pd, la commissione Affari costituzionali del Senato tornerà a occuparsi del tema dopo l’Epifania.
https://ilmanifesto.it/ddl-antisemitismo-delrio-tira-dritto-scontro-aperto-nel-pd

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