03/09/2025
L’orrore è tornato, e insieme ad ad esso l’indifferenza che lo rende possibile. “Non sarà mai più possibile”, si diceva. Ma ha fatto ritorno.
Travolto dal reale della ripetizione traumatica, il “mai più, retroattivamente, è divenuto un enunciato vuoto. Il Muselmann è tornato.
Lo sterminio pianificato, la soluzione finale amministrata da chi l’aveva subita. Non ci suona nuovo, vero, a noi, figli della scienza ebraica di Freud? E, naturalmente, in nome, ancora una volta, della purezza etnica, della supremazia della razza.
Si può non essere interrogati nelle coscienze? Si può non essere interrogati come uomini e come analisti? La domanda del poi: “com’è potuto succedere?” ha nel presente sconvolgente e distopico la sua risposta: “così”. È così che capita, è così che succede. Sappiamo, ma di quel che sappiamo non vogliamo saperne. In quel “non” c’è tutta la forza umana/disumana del rigetto delle evidenze.
Sostenuto dai sofismi più turpi, da oscene narrazioni giustificatorie, il massacro continua, ma viviamo come non ci fosse. Una disgustosa cronaca mediatica lo racconta nel registro della più sconcertante impersonalità: “si uccide un bambino”. E poi avanti col servizio successivo.
Ci sono vittime, ma non carnefici, impossibili da nominare, preservati in un guscio di anonimato. Come se accadesse non per mano di qualcuno ma a causa di un evento indipendente dall’uomo, Ma è un altro uomo quello che spara, stupra, affama. È un altro uomo quello che siede sul velivolo che sgancerà l’ordigno destinato a trucidare, tornando poi magari la sera a Tel Aviv per fare un aperitivo con gli amici. Consueta banalità del male.
Registriamo una novità: all’indifferenza si affianca la complicità. Noi, stolidi sedicenti paladini dei diritti umani, armiamo la mano dell’omicida, riforniamo la santabarbara con cui fare scempio dei corpi. Si capovolge la realtà, l’aguzzino diventa vittima, si definisce “umanitaria” la trappola mortale in cui concentrare gli individui ischeletriti per vederli sadicamente combattere tra loro per una scatola di fagioli, giocando nel frattempo al tirassegno con le loro teste.
Tutto viene da lontano, certo. E tutto con una continuità impressionante. Nel corso delle decadi la ferocia sionista ha privato i Palestinesi prima della terra in cui abitavano. Quindi della libertà. Poi della vita. Ora, ultimo atto di questa progressiva spoliazione, anche della dignità, conducendoli verso “quello stato di inanizione fisica estrema e di esaurimento psichico definitivo”[1], cui ci si riferiva nel lager col termine Muselmann.
L’agonia di questi uomini è la nostra. Con ognuno di loro muore il “mai più”, a difesa del quale dopo gli stermini mondiali del Novecento, si era costruita l’architettura simbolica del diritto internazionale. L’agonia di questi uomini e donne, e bambini, è anche la nostra. E di fronte alla bancarotta morale di un Occidente preda dei miraggi di una propria superiorità, non resta che schierarsi dal lato giusto della storia e continuare, in particolare noi analisti, a guardare in faccia, senza voltarci dall’altra parte, quello di cui siamo veramente capaci.
Graziano Senzolo
https://www.forumlacan.it/il-muselmann-e-tornato/