Germana Verganti Psicoterapeuta Milleriana-Analista Transazionale EMDR

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Germana Verganti Psicoterapeuta Milleriana-Analista Transazionale EMDR Analista Transazionale, Terapeuta TIST 2° livello(J.

Fisher), EMDR 2°liv., CFT Compassion Focused Therapy, Facilitatore Mindfulness (MBSR), Assessment ADHD adulti.

Il corpo non mente mai. È la mente che si inventa storie per non ascoltarlo.Alice Miller
11/11/2025

Il corpo non mente mai. È la mente che si inventa storie per non ascoltarlo.
Alice Miller

Incontri sulla pedagogia bianca, ospite Emily Mignanelli
08/11/2025

Incontri sulla pedagogia bianca, ospite Emily Mignanelli

«Le informazioni riguardanti i maltrattamenti subiti nell’infanzia rimangono memorizzate nel cervello sotto forma di ric...
06/11/2025

«Le informazioni riguardanti i maltrattamenti subiti nell’infanzia rimangono memorizzate nel cervello sotto forma di ricordi inconsci. Per un bambino vivere coscientemente tali esperienze è impossibile. Se non vuole crollare completamente sotto il peso del dolore e del panico deve rimuovere quelle esperienze. Ma i ricordi inconsci del bambino che è stato abbandonato e maltrattato, a volte addirittura prima di imparare a parlare, lo costringono da adulto a riprodurre ripetutamente quelle situazioni nel tentativo di liberarsi dalla paura che la violenza gli ha lasciato dentro».
Alice Miller

La dipendenza, in qualunque forma si presenti, sostanze, cibo, relazioni, comportamenti compulsivi o autodistruttivi,  t...
04/11/2025

La dipendenza, in qualunque forma si presenti, sostanze, cibo, relazioni, comportamenti compulsivi o autodistruttivi, trova le sue radici nel bisogno di sopravvivere a qualcosa che in passatoo è stato insopportabile. È una strategia di regolazione, una risposta creativa e disperata ad un dolore che non si poteva gestire in altro modo.
Quando una persona attraversa un trauma, il sistema nervoso resta intrappolato in uno stato di allerta. Le emozioni diventano troppo intense così, l’alcol, il cibo, il sesso, l’adrenalina o il controllo diventano strumenti per calmarsi. In un primo momento funzionano, danno sollievo, fanno sentire di nuovo padroni del proprio corpo. Il corpo però si abitua, la mente chiede dosi più alte di quello stesso effetto calmante, e ciò che era nato come tentativo di salvezza e regolazione emotiva, si trasforma in una catena.
Il dramma della dipendenza è proprio questo, cioè nasce come tentativo di cura e finisce per diventare malattia. Ciò che un tempo permetteva di restare a galla, col tempo inizia a non funzionarepiù. Ciononostante, smettere fa paura, perché significa rinunciare all’unico mezzo conosciuto per sopravvivere. Le emozioni, se non più anestetizzate, possono sembrare insopportabili. È per questo che molti sopravvissuti al trauma si sentono intrappolati, se continuano, soffrono, se smettono, soffrono di più.
A tutto questo si aggiunge la vergogna. Con il passare degli anni e con una maggiore consapevolezza, la persona inizia a rendersi conto delle conseguenze dei propri comportamenti. Nascono pensieri come “Perché lo sto facendo?”, “Dovrei fermarmi, ma non posso”. Il giudizio verso sé stessi diventa spietato, e la convinzione di essere difettosi o sbagliati si fa sempre più forte. Questa vergogna, però, non fa che alimentare il ciclo: più ci si disprezza, più cresce il bisogno di lenire quel dolore con gli stessi mezzi che lo provocano.
La verità è che i comportamenti autodistruttivi sono tentativi ingegnosi di autoregolazione, nati in un momento in cui non c’erano alternative migliori a disposizione. Riconoscendo la loro funzione si può iniziare a sciogliere ciò che li rende necessari.

Immagine Artkrisper

“Quando siamo stati poco amati, noi cerchiamo una persona che ci faccia andare bene questa cosa. Spiego meglio: noi cerc...
03/11/2025

“Quando siamo stati poco amati, noi cerchiamo una persona che ci faccia andare bene questa cosa. Spiego meglio: noi cerchiamo una persona che somigli un pochino al nostro genitore, e quindi che sia una persona poco affettiva in fondo, una persona un po’ fredda, una persona che si manifesti poco, che abbia magari pure lui paura di amare, oppure una persona un po’ dura. E quello va bene perché è come se rivivessimo la storia col genitore, ma questa volta deve andare a lieto fine. Per cui se lui o lei ci amano apertamente non rappresentano il genitore, contano meno, sono persone che appaiono addirittura deboli a volte. Se l’altro un po’ si nega, ci emoziona parecchio perché somiglia al genitore che si nega e riconquistare quel genitore che si nega è salvare il nostro passato.
Passato che non ricordiamo, eh, attenzione. Passato che non ricordiamo ma di cui abbiamo conservato le emozioni.

Quando siamo così protesi a conquistare l’amore dell’altro, l’altro non lo vediamo e quindi non lo amiamo, e quindi non sappiamo amare.

Quando siamo così preoccupati da come ci tratta l’altro, cioè se ci ha dato segni di amarci, se ci preferisce, se ci ha detto che siamo belli o belle, se ci ripete continuamente che ci ama, noi dell’altro poco ce ne curiamo.
Per noi lui è interessante per questo riconoscimento che ci può dare: un riconoscimento che è mancato da bambini. L’altro è quello che ci può dare l’estasi o la depressione profonda: diventa tutto per noi, ma l’altro sente che c'è una fregatura.
Ci preoccupiamo di essere amati, ma non amiamo.”
Gabriella Tupini
Opera Piia Lehti. L'opera è intitolata "Lovebirds"

Negli ultimi decenni, le neuroscienze hanno  evidenziato  l'importanza delle relazioni affettive nello sviluppo cerebral...
03/11/2025

Negli ultimi decenni, le neuroscienze hanno evidenziato l'importanza delle relazioni affettive nello sviluppo cerebrale infantile.
Ogni gesto di affetto non è solo una manifestazione emotiva, ma un vero e proprio nutrimento per il cervello. L’esperienza relazionale caratterizzata da empatia, contatto e sintonizzazione emotiva, non si limita solo al fattore psicologico, ma si traduce in uno stimolo biologico e neurochimico che è capace di modellare l’impalcatura del cervello in via di sviluppo.
Quando un bambino riceve attenzioni affettuose e autentiche, nel suo organismo viene rilasciata ossitocina, l’ormone che favorisce il legame e il senso di sicurezza. Allo stesso tempo, diminuiscono gli ormoni dello stress (come il cortisolo), e il cervello entra in una condizione ideale per imparare, esplorare e sviluppare fiducia. È così che le esperienze affettive diventano la base su cui si costruiscono le capacità cognitive, emotive e sociali.
Secondo Daniel J. Siegel, psichiatra e neuroscienziato, il cervello del bambino si sviluppa attraverso le relazioni di attaccamento, cioè il contatto empatico con i genitori aiutano ad integrare le diverse aree cerebrali, creando una mente più stabile, empatica e capace di autoregolarsi. Quando un genitore guarda il figlio con attenzione e calore, non gli trasmette solamente affetto, ma contribuisce concretamente a modellare la sua struttura neurale.
Un ambiente familiare amorevole, permette al bambino di crescere con una solida sicurezza interiore.
Siegel evidenzia quindi che le relazioni significative costituiscono il principale contesto in cui il cervello si organizza. Con il tempo, il bisogno di manifestazioni fisiche di affetto si riduce naturalmente, lasciando spazio a forme più mature di legame e comprensione reciproca. I segni d’amore ricevuti da piccoli, infatti, aiutano anche a definire i propri confini emotivi e a riconoscere cosa sia un comportamento sano nelle relazioni future. Se le interazioni affettive siano incoerenti, distaccate o imprevedibili, si possono invece attivare dei pattern di iperreattività limbica e alterazioni nei circuiti dello stress, con un impatto a lungo termine sulla regolazione emotiva e sulle relazioni interpersonali future.
Non sempre, però, mostrare affetto è semplice per tutti. Alcuni genitori, soprattutto coloro che non hanno sperimentato e ricevuto tenerezza nella propria infanzia, possono sentirsi impacciati nel manifestare amore. È importante non forzarsi perché i bambini percepiscono se c'è l’autenticità. Un abbraccio dato con disagio non comunica sicurezza, mentre uno sguardo affettuoso, una parola dolce o giocare insieme con piacere, bastano per farli sentire visti, accolti e amati.
L’amore, quando è autentico costruisce connessioni, calma il sistema nervoso e insegna a gestire le emozioni.
Siegel afferma che la qualità della connessione con i nostri figli è ciò che plasma la loro mente.

L’essere umano è per sua natura relazionale, e l’amore implica una forma di interdipendenza reciproca dove ci si sostien...
01/11/2025

L’essere umano è per sua natura relazionale, e l’amore implica una forma di interdipendenza reciproca dove ci si sostiene, ci si rispetta e stima.
In una relazione sana non ci si annulla ma si nutre l’identità di ciascuno, si è capaci di stare da soli, anche se si preferisce stare insieme, il rispetto e il confine personale sono sempre mantenuti. Ci possono essere delle discussioni, dispiaceri, ma non si distrugge il senso di sé o dell’altro.
Quindi l’altro diventa un arricchimento, non un’ ancora di salvezza.
Nella dipendenza affettiva, invece, la relazione diventa un modo per colmare il vuoto interiore. Il legame è vissuto come una questione di sopravvivenza, cioè senza l’altro, la persona teme di non esistere, di non avere valore.
Il confine patologico si manifesta quindi non tanto nel bisogno d’amore, ma nella paura di perderlo, nell'angoscia dell' abbandono che spinge a comportamenti di controllo, sottomissione, iperadattamento o idealizzazione del partner. Il dipendente affettivo non cerca più la reciprocità, ma la fusione, spesso a costo della propria dignità o del proprio benessere.
Un altro modo per distinguere i due piani è osservare la libertà: nell’amore sano, si resta liberi di scegliere ogni giorno l’altro, anche se lo si desidera intensamente, invece nella dipendenza affettiva, la scelta sparisce, si deve stare insieme, anche se la relazione fa soffrire, anche se diventa distruttiva.
Qui la persona non ama più l’altro per ciò che è, ma per ciò che rappresenta, una fonte di sicurezza, di conferma e di senso.
In definitiva, la linea di confine tra un legame sano e uno caratterizzato da dipendenza affettiva è la presenza di un sé integro e autonomo.
Quando la relazione ci permette di esistere come individui, pur nell’unione, siamo in un legame sano. Quando, invece, l’altro diventa indispensabile per sentirci completi o vivi, allora stiamo scivolando nella dipendenza.

In un mondo minaccioso, senza supporto, protezione o conforto, i bambini devono fare affidamento sulle risorse limitate ...
01/11/2025

In un mondo minaccioso, senza supporto, protezione o conforto, i bambini devono fare affidamento sulle risorse limitate del proprio corpo per gestire circostanze opprimenti e sentimenti insopportabili. I neonati hanno minori risorse, perché il corpo e il sistema nervoso sono ancora immaturi alla nascita, eppure anche un bambino può dissociarsi o entrare in uno stato parasimpatico flaccido e insensibile. Bambini piccoli e bambini in età prescolare hanno alcune opzioni in più. Possono usare il cibo per calmarsi e masturbarsi per stimolare sensazioni piacevoli. Possono anche stimolare la produzione di adrenalina attraverso comportamenti iperattivi o rischiosi. Quando i bambini raggiungono la latenza e l’inizio della pubertà, diventano disponibili più opzioni: possono limitare il cibo, possono abbuffarsi e assumere lassativi, sviluppare modelli di comportamento ossessivo-compulsivi, sviluppare agiti sessuali, pizzicarsi o graffiarsi e persino fantasticare sul suicidio. Possono anche svilupparsi un strategie di coping meno autodistruttive come: perdersi nei libri o nella fantasia, avere un comportamento genitorializzato, sviluppare un’eccessiva pressione orientata al risultato. In adolescenza, la crescente forza fisica e competenza del corpo facilitano una nuova gamma di opzioni per l’autoregolazione. Fuggire è una scelta ora e gli adolescenti hanno anche maggiore accesso a si*****te e droghe o possono avere agiti sessuali, attuare comportamenti più gravi in termini di disturbi alimentari e avere la forza di agire su impulsi suicidi. Il corpo è ora capace di violenza, sia che si tratti di un comportamento aggressivo verso gli altri o di una violenza auto-inflitta, non controllata da una corteccia prefrontale inibita o immatura. Come si dice: “tempi disperati richiedono misure disperate” e spesso le misure autodistruttive disperate sono un modello di risposta ben condizionato al momento in cui i bambini traumatizzati raggiungono l’età adulta.
J. Fisher
L'eredità vivente del trauma

"La nostra società non tratta i bambini con lo stesso rispetto con cui tratta gli adulti."C. González
01/11/2025

"La nostra società non tratta i bambini con lo stesso rispetto con cui tratta gli adulti."
C. González

"L'indifferenza, come le scariche elettriche, è la tortura ideale: fa più male delle percosse, ma non lascia tracce fisi...
01/11/2025

"L'indifferenza, come le scariche elettriche, è la tortura ideale: fa più male delle percosse, ma non lascia tracce fisiche"
C. González

Eravamo figli e adesso siamo genitori.Sono passati tanti anni, ma così poco tempo,che a volte ci sorprendiamo nel cambio...
01/11/2025

Eravamo figli e adesso siamo genitori.
Sono passati tanti anni, ma così poco tempo,
che a volte ci sorprendiamo nel cambio di ruolo.

Improvvisamente custodiamo la nostra infanzia
e i nostri genitori sotto una nuova luce.
Guardiamo i nostri figli e ci domandiamo quale giorno,
quale frase, quale avventura,
resterà registrata nella loro memoria per sempre,
quali dolori rimarranno inchiodati nella loro anima e
quale allegria conserveranno come un tesoro.

I giorni più felici di tuo figlio stanno per arrivare.
Dipende da te!
Carlos González

La dipendenza affettiva (disturbo della relazione)può essere compresa come un particolare tipo di legame emotivo in cui ...
28/10/2025

La dipendenza affettiva (disturbo della relazione)può essere compresa come un particolare tipo di legame emotivo in cui la sicurezza e il senso di sé dipendono fortemente dalla presenza e dalla conferma dell’altro. Chi vive questa condizione sente un bisogno costante di vicinanza e rassicurazione, accompagnato da una paura profonda dell’abbandono e dall’incapacità di tollerare l’autonomia del partner. L’assenza dell’altro genera un senso di vuoto e perdita di sé, mentre la mente resta ossessionata dalla relazione, oscillando tra idealizzazione e svalutazione dell’altro.
Questo modello relazionale può emergere sia da uno stile di attaccamento ansioso, in cui il soggetto cerca incessantemente vicinanza e conferma, sia da uno stile disorganizzato, caratterizzato da un conflitto emotivo interno tra desiderio di avvicinamento e timore dell’altro. Nell’attaccamento ansioso, la relazione viene vissuta come indispensabile per sentirsi sicuri e validi, e ogni segnale di lontananza o rifiuto provoca intensa ansia. Nell’attaccamento disorganizzato, invece, il bisogno di vicinanza si mescola a paure profonde, confusione e incertezza, generando comportamenti contraddittori e difficoltà a regolare le emozioni. Entrambi i modelli contribuiscono a creare un forte legame emotivo, spesso mantenuto anche in contesti relazionali disfunzionali o nocivi.
Le dinamiche relazionali risultanti portano frequentemente a comportamenti di compiacenza, controllo, evitamento dei conflitti e richiesta continua di conferme. Questi comportamenti non riflettono manipolazione o debolezza morale, ma rispondono alla necessità di ridurre l’ansia e di sentirsi temporaneamente al sicuro. La relazione stessa diventa il principale regolatore emotivo, e la variabilità dei comportamenti del partner, alternando affetto e frustrazione, rinforza la dipendenza, rendendo difficile staccarsi o trovare autonomia emotiva.
Quindi la dipendenza emerge come risposta emotiva complessa, radicata nei modelli di attaccamento ansioso e disorganizzato. È una strategia attraverso cui l’individuo cerca sicurezza, conferma e senso di sé, spesso a costo del proprio equilibrio. Comprendere questa dinamica permette di riconoscere la dipendenza affettiva come un fenomeno umano profondo, legato alla storia emotiva personale e alle modalità con cui abbiamo imparato a connetterci e a proteggerci nelle relazioni

Indirizzo

Rome
00137

Telefono

+393290487465

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Chi sono...

Sono Psicologa-Psicoterapeuta Analista Transazionale Certificata, iscritta all’Ordine degli Psicologi del Lazio. Ho conseguito la Laurea in Psicologia dello Sviluppo, presso l’Ateneo Salesiano di Roma. Successivamente ho proseguito gli studi specializzandomi alla Sspc-IFREP di Roma, diventando Psicoterapeuta. Durante la mia formazione ho svolto attività come psicologa al il CRARL- Centro Alcologico Regione Lazio, presso il Policlinico Umberto I di Roma, e mi sono occupata di pazienti acuzie e post acuzie ricoverati in una RSA, facendo valutazioni psicodiagnostiche e colloqui di sostegno. Attualmente mi occupo di terapia individuale e di gruppo con adulti. Ricevo presso lo studio di Corso Trieste 59 A e presso Via Chiana 35, a Roma.