Psicologia Garbatella

  • Home
  • Psicologia Garbatella

Psicologia Garbatella Psicologia Garbatella "LA PSICOLOGIA NEL TERRITORIO"
La pagina dello studio psicologico psicoterapeu

22/05/2024

La relazione quale luogo del contratto
ovvero territorio di giurisprudenze silenziose

“Innanzitutto va’ alla tua prima pianta e là osserva attentamente come scorre l’acqua a partire da questo punto. La pioggia ha dovuto trasportare le sementi lontano. Segui i rigagnoli che l’acqua ha scavato, così conoscerai la direzione dello scorrimento. Cerca allora la pianta che, in questa direzione, si trova lontano dalla tua. Tutte quelle che crescono tra queste due ti appartengono. Più tardi, quando queste ultime a loro volta produrranno i loro semi, tu, seguendo il corso delle acque a partire da ciascuna di esse, potrai accrescere il tuo territorio.”

C. Castaneda, L’herbe du diable et la petite fumée.

Produrre cambiamento all’interno di uno spazio psicologico clinico, psicoterapico, non significa tanto poter disporre nel tempo di una nuova storia da raccontarsi, piuttosto entrare in dinamiche relazionali alternative. E’ in seguito al cambiamento relazionale promosso dallo scambio clinico che diviene possibile raccontarsi una storia diversa, non suggestivamente il contrario. Su questo ultimo aspetto è bene restare molto attenti, poiché a fronte di storie raccontate, ascoltate, apparentemente interessanti e suggestive, ritroviamo proposte relazionali, ingaggi, che si situano entro scenari di ben altra portata.
Molto spesso i pazienti trasformano la comprensione, atto certamente importante sulla strada della consapevolezza e del cambiamento, nel cambiamento stesso. Altre volte invece si domandano perché pur disponendo di una nuova consapevolezza, le cose non sembrino ancora cambiare. “Lo spirito è pronto ma la carne è debole”, sussurrava in preghiera Cristo nell’orto del Getsemani, poco prima di vivere la morte in croce non sulla, ma nella propria carne.
Cambiare è incarnarsi, è atto generativo. E’ mettere insieme la relazione ed il suo contenuto, l’emozione e l’azione, la massa ed il suo peso. E’ in queste coppie che bisogna innescare quella differenza di potenziale in grado di dare vita ad un cambiamento. Cambiare è mettersi a disposizione, a favore di una nuova azione possibile dotata di altro significato; promuovere affordances verso altre forme di significato. Cambiare è far evolvere la giurisprudenza relazionale che articola i nostri rapporti, ovvero le dinamiche entro cui siamo coinvolti.
Sulle prime potrebbe apparire poco chiaro il richiamo alla giurisprudenza, quale dimensione del nostro universo relazionale. Tuttavia a ben vedere ne costituisce la dimensione più ovvia. Il nostro campo relazionale, se da un lato è certamente regolato da una giurisprudenza formale che prende consistenza nelle varie forme del diritto, dall’altra è caratterizzato da un’area della convivenza sociale dove prendono consistenza i nostri rapporti, le cui forme del diritto (non scritto) possono essere le più variegate. Gli esempi potrebbero essere tantissimi. Pensiamo a chi sente di vivere un rapporto di risarcimento nei confronti della vita, in taluni casi a giusta ragione ma appunto non sempre, ed a partire da questa premessa pretendesse che la vita, gli altri, si declinassero in funzione di questo credito maturato. Pensiamo a chi si sentisse incaricato di far vivere la fantasia, il sogno, a se stessi e gli altri, di essere vissuti all’interno di un luogo familiare caldo e accogliente, magari più di quanto non lo sia stato. A chi invece sente di aver vissuto in un ambiente povero, quale conseguenza non tanto di una povertà in sé, ma di una fantasia avida incapace di poterlo nutrire in ogni caso. Ecco, in questi come in tutti gli altri casi, sono all’opera quelle che mi piace definire “giurisprudenze silenziose”, patti inconsci leganti e legati alla nostra storia, alla nostre formazioni. Profili esistenziali, vissuti sulla propria pelle, da cui originano le nostre storie ed entro cui andremo a svolgere quei ruoli e quelle funzioni coerenti con quella giurisprudenza silenziosa, le cui forme del diritto da un certo punto in poi abbiamo iniziato a “sottoscrivere”.
E’ in questa trama che si materializzano le nostre esistenze, avranno presa le nostre emozioni, i nostri vissuti, le nostre sofferenze. E’ da qui che sarà opportuno partire per elaborare un piano di sviluppo, per promuovere altre giurisprudenze, altri setting, immaginando altri ruoli, svolgendo altre funzioni.
Entrare, in conclusione, in altre forme di contratto relazionale a partire da quella materia incandescente che è l’emozionalità, quale regolatore della psicodinamica sociale alla base dei sistemi di convivenza.
Cambiare è accettare di trapassare, ciascuno, il cuore di questo processo a proprio carico.

Foto Iosif Kiraly - Reconstruction

Psicologia Garbatella "LA PSICOLOGIA NEL TERRITORIO"
La pagina dello studio psicologico psicoterapeu

Detto altrimenti...Domanda e sua evoluzione nella pratica terapeuticaChi arriva in terapia, ma non solo, arriva con una ...
07/10/2023

Detto altrimenti...

Domanda e sua evoluzione nella pratica terapeutica

Chi arriva in terapia, ma non solo, arriva con una domanda. Ciò è ovvio e scontato si dirà.
Molto spesso la domanda in terapia è accompagnata, oltre che da una situazione che nella sua "evidenza" motiva la domanda stessa, da una serie di accidenti sul piano emotivo di cui, chi si rivolge allo psicologo, farebbe tranquillamente a meno. Sarà allora l'ansia, la rabbia che emerge in talune circostanze, uno scarso senso di autostima, gli attacchi di panico e via discorrendo a "condire" la vicenda che verrà offerta al vaglio della consultazione. Va da sé che uno degli obiettivi di chi pone la richiesta, sia quello di poter vedere appunto scomparire tale sintomatologia. Quasi che l'idea, in fondo, possa essere quella di immaginare di "lasciare un po' tutto com'è" e fare sparire i sintomi. Alla base di questa impostazione vi è la prospettiva della cura, come si conviene in ambito medico, per cui una volta stabilita quale sia la causa, grazie alla adeguata terapia, possano ragionevolmente cessare anche i sintomi. A ben vedere, in ambito psicologico, tale "equazione" non è propriamente risolvibile nella medesima direzione. Questo per due ordini di ragioni. La prima origina dal fatto che non esistono in psicologia tecniche terapeutiche che, una volta applicate, alla stregua di un farmaco, mettano fine alla situazione che genera "malessere". La seconda ragione discende dalla prima: la domanda allo psicologo non potendo essere trattata come domanda di cura, non può che dive**re domanda di cambiamento e quindi di sviluppo.
La prospettiva e l'orizzonte terapeutico in ambito psicologico rimandano al progetto. Chi chiede allo psicologo o allo psicoterapeuta, benché non lo faccia esplicitamente, chiede di poter lavorare al proprio progetto. Ecco che allora, confrontarsi con un progetto e non con una malattia, libera il campo dall'idea della cura per aprirsi al "cantiere". Elaborare un proprio progetto nella vita, che sia in grado di ospitare modelli di convivenza "salutari" per chi vi è coinvolto, non è ovvio né scontato. Ma è proprio da qui che nasce la domanda di chi si rivolge allo psicologo; da qui che maturano le nostre forme di sofferenza, i nostri arresti, stalli, inconcludenze. Contemporaneamente, sarà proprio a partire da qui che prenderà forma la traiettoria lungo la quale muovere e seguire l'evoluzione della domanda, quale espressione della proposta relazionale dell'altro in grado di promuovere la propria progettualità nella vita.

Se seguiamo un'indicazione propostaci da Colette Soler - un'allieva di Lacan - possiamo immaginare che nello studio dell'analista ci siano sempre due porte. Si entra tutti dalla prima. La prima porta è la porta del lamento, è la porta della domanda immaginaria, della richiesta d'aiuto. La domanda si fonda sempre su uno stato di sofferenza del soggetto. [...] L'entrata dalla prima porta avviene sempre attraverso il lamento e, come abbiamo visto, al lamento si accompagna sempre una domanda immaginaria ("Tu hai il sapere che può guarirmi"). Ma non è questa la condizione per poter cominciare una cura. [...] Se la domanda di aiuto è quella che apre la prima porta, la domanda di analisi apre la seconda porta. La domanda di aiuto chiede fondamentalmente soccorso, giarigione, terapia. [...] La domanda di analisi rovescia la domanda di aiuto: non è una domanda di benessere, ma di sapere, anche se questo sapere può far stare peggio. [...] La domanda di analisi è una domanda di sapere che non esclude il sapere il nostro peggio. Ecco perché la seconda porta è una soglia che esige un atto soggettivo per essere valicata. Non tutti, infatti, sono disposti a conoscere il peggio di se stessi.

Massimo Recalcati, "La pratica del colloquio clinico. Una prospettiva lacaniana", Raffaello Cortina, Milano 2017

SC

SC

Mentre affetto lo speck...Ovvero lezioni di clinica tra me e il mio bassotto.Bergerac mi guarda, mentre affetto dello sp...
05/10/2023

Mentre affetto lo speck...Ovvero lezioni di clinica tra me e il mio bassotto.

Bergerac mi guarda, mentre affetto dello speck per condire del risotto alla zucca...
Per affetto, non tagliente, gliene porgo due piccoli assaggini, prima di concludere la mia piccola impresa. Il mio coefficiente di sopportazione, del suo sguardo implorante, è pari quasi a 1...credo lui lo sappia in cuor suo... è intelligente per forza di convivenza con noi. È un cane relazionale per deformazione professionale. Per un'acquolina sopraggiunta, stendo due fette di speck su di una fetta di pane in cassetta, per me...e lui lì, con i suoi occhi, a chiederne lo stesso per lui... 6kg contro 70...
E allora capisco che Cioran aveva ragione, quando diceva che vivere significa ingannarsi sulle proprie dimensioni.

Pommes d'amour!
03/07/2023

Pommes d'amour!

16/04/2023
Mentre lavori sulla carta nautica la nave viaggiaNell'ultima giornata di lavoro, nel corso delle sedute, si è riproposta...
01/01/2023

Mentre lavori sulla carta nautica la nave viaggia

Nell'ultima giornata di lavoro, nel corso delle sedute, si è riproposta nei racconti l'immagine del faro.
Mi è sembrata un'immagine potente da poter raccogliere a conclusione di questo 2022.
Il faro è una presenza a cui sono affezionato, per l'esperienza di navigazione personale e familiare.
Ci segnala l'inizio della terra, come la sua conclusione se è da lì che proveniamo.
Aqui... onde a terra se acaba e o mar començâ..., verso di Camōes che ritroviamo iscritto su una stele a Cabo da Roca, il punto più occidentale del continente europeo. Qui da dove partivano naviganti, esploratori, la cui assenza avrebbe ispirato la melodia struggente e melanconica del Fado ( dal latino, fatum, "fato, destino"). La partenza, il viaggio, la separazione, l'assenza, il ritorno. Fato, fado, faro.
Presenza rassicurante il faro, nel corso della tempesta, a ricordarci che la terra è lì, o, quando la visibilità è ridotta, a segnalarci di tenersi a debita distanza da quella stessa terra che desiderata in tormenta rischierebbe, in questo caso, di arenarci.
La sua luce intermittente, quasi pulsante, che viene e che va. Non una luce fissa che illumini a giorno in via definitiva, ma una sollecitazione a restare vigili nella conduzione del viaggio. Il faro c'è, è lì, nella sua posizione. Si rivela ma non salva, se non attraverso la richiesta di essere presenti a ciò che sta accadendo.
Ci auguro allora, in vista di questo nuovo anno appena varato, di essere presenti, di trovare fari lungo il viaggio, di sentire di potere avere la responsabilità di essere fari a nostra volta, di essere di ritorno.

Ceci n'est pas une pipe.
02/09/2022

Ceci n'est pas une pipe.

Acrobati!
04/08/2022

Acrobati!

Save Our SoulsIl bambino piccolo se coninvolto in una relazione di fiducia impara ad allontanarsi e a ritornare. Crescer...
16/05/2022

Save Our Souls

Il bambino piccolo se coninvolto in una relazione di fiducia impara ad allontanarsi e a ritornare. Cresceremo figli fiduciosi, adultizzati, insicuri, ansiosi, sicuri ma vulnerabili, grati, generosi, ingrati, incapaci di muovere un passo, di andare lontano. Non saremo mai liberi dai nostri stili, dai nostri accidenti storici entro cui ordiremo le nostre trame relazionali.
Viviamo un momento in cui l'orbita delle nostre convivenze corre vicino alle bombe atomiche. Diviene difficile, a queste condizioni, rimandare l'eventualità di tali fantasie, pensieri catastrofici, soltanto alle conseguenze del nostro passato. Quasi che quei fantasmi antichi, che magari abbiamo sempre avuto per altre ragioni, abbiano finito per dive**re reali! Che fare! Come muoversi dentro una realtà che sembra confermare le nostre fantasie?
Mi vengono in mente due immagini: i musicisti del Titanic che continuano a suonare mentre la nave affonda, e L'urlo di Munch, qualcosa che associo alla fuoriuscita da un incubo. Immagini dell'impotenza!
Quando la relazione si avvia sulla strada dell'impotenza, si propone in maniera violenta che non vi sia nulla da fare, replicando all'infinito il dramma vissuto nell'abbandono subìto. Pensavo allora alla soluzione di Pollicino che andandosene, finalmente, fuoriesce dalla ripetizione mortificante della sua storia. Traccia un'altra strada, un altro percorso, si avventura da solo, si mette in salvo e riscrive la sua storia. Che allora uscire dall'impotenza possa essere questo? Smettere di attendere l'arrivo di qualcuno che possa salvarci quale primo passo da muovere per iniziare a salvarsi?

Contenuto-contenitore, figura-sfondoLa nostra vita a ben vedere è un insieme di contenuti e contenitori. Con mia moglie,...
11/02/2022

Contenuto-contenitore, figura-sfondo

La nostra vita a ben vedere è un insieme di contenuti e contenitori. Con mia moglie, certe volte, ironizzando sulle nostre strategie di spesa, nell'aprire il frigo ci domandiamo: "ci sarà vita su Marte?" Ironizzare può essere una buona strategia per convivere: solleva ma invita a pensare. In certi casi, del resto, fra contenuto e contenitore si crea un corto circuito. Si rende visibile, per chi voglia avere occhi per guardare, una incompatibilità fra l'uno e l'altro. Se accettiamo di vedere, di pesare i nostri contenuti, misurare i nostri spazi, allora possiamo fuoriuscire dai nostri autoinganni narrativi, e iniziare a mettere le cose al loro posto. La domanda di terapia nasce sempre per questa ragione: qualcosa non quadra, i conti non tornano. Da qui ciò che ci siamo finora raccontati, la nostra storia, i nostri giochi di prestigio, i nostri trucchi, i nostri funambolismi.
Ritengo sia in ballo la nostra salute a 360°, a proposito di misure, l'angolo giro nel quale la vita di ognuno di noi è implicata. Spazio dove si articola il nostro palcoscenico, le nostre quinte, ciò che poniamo in figura e releghiamo invece sullo sfondo, quello che facciamo ve**re alla luce o lasciamo nell'ombra. Mi veniva in mente una serie TV che insieme a mia moglie stiamo guardando, Trasparent. La storia di un uomo, in particolare, di un professore universitario che ha impiegato quasi gran parte della sua vita per portare in figura la sua femminilità, il suo essere intimamente donna. Qualcosa vissuto fino a quel momento segretamente, ridotto a mero scampolo nella trama della sua vita.
Le cose continueranno ad essere complicate, fuori dalla fantasia di un tutto completamente risolto, ma di certo meno compromesse, più affrancate da un contenitore inospitale ad una parte di vita che chiede di ve**re fuori, ve**re al mondo.

Stabilità, equilibrio. Spesso i pazienti in terapia, chiedono di poter ottenere, raggiungere questo stato.Nella foto è r...
02/02/2022

Stabilità, equilibrio. Spesso i pazienti in terapia, chiedono di poter ottenere, raggiungere questo stato.
Nella foto è raffigurata la marca di bordo libero o occhio di Plimsoll, una sorta di ideogramma situato sugli scafi delle navi, ad indicare le massime linee di galleggiamento possibili a certe condizioni. Per intenderci, la nave non può uscire dal porto se l'ideogramma è immerso nell'acqua, poiché troppo carica. Questo non la renderebbe affatto sicura.
Esiste un parametro fisico, che l'ufficiale di coperta preposto, calcola di volta in volta prima della partenza della nave: la riserva di stabilità, un risultato espresso in centimetri. Questo dato, dà la misura della stabilità della nave. Una nave troppo stabile, non è sicura tanto quanto una poco stabile: nel primo caso, reagirebbe agli agenti esterni troppo velocemente; nel secondo troppo lentamente. In entrambe i casi, la nave rischia per sé, l'equipaggio e il suo carico. La nave possiede inoltre delle casse di zavorra, ovvero degli spazi vuoti, da poter riempire con acqua di mare o svuotare, all'occorrenza, per spostare il suo baricentro o riequilibrarsi.
Nella pratica clinica, avere in mente un piano di carico, risulta essere una buona metafora per determinare, psicofisicamente, le condizioni di partenza e quindi di viaggio.
Talvolta, nel prendere visione delle nostre misure, ci rendiamo conto di essere coinvolti in viaggi che vanno dal battello giocattolo nella vasca da bagno, alla barchetta di carta nella pozzanghera sul marciapiede; dalla zattera di fortuna, accompagnata dalla fantasia di doppiare il Capo di buona speranza, al fuoribordo, rifinito in radica di noce, attraccato da tempo alla banchina, ma col serbatoio perennemente vuoto. In altri casi, sarà il mare aperto, l'oceano, quello vero, che chiederà di essere attraversato, perché ci stava aspettando o perché si rende necessario.
Il buon viaggio, la buona imbarcazione, la competenza, per esser tali dovranno allora fare i conti con i nostri autoinganni, con ciò che preferiamo raccontarci, magari troppo spesso, da una vita, piuttosto che a(r)marci e pa(r)tire.

Address

P. Zza Oderico Da Pordenone, 1

00145

Opening Hours

Monday 09:00 - 19:10
Tuesday 09:00 - 19:10
Wednesday 09:00 - 19:10
Thursday 09:00 - 19:10
Friday 09:00 - 19:10
Saturday 09:00 - 13:15

Telephone

+393388916403

Alerts

Be the first to know and let us send you an email when Psicologia Garbatella posts news and promotions. Your email address will not be used for any other purpose, and you can unsubscribe at any time.

Contact The Practice

Send a message to Psicologia Garbatella:

  • Want your practice to be the top-listed Clinic?

Share

Share on Facebook Share on Twitter Share on LinkedIn
Share on Pinterest Share on Reddit Share via Email
Share on WhatsApp Share on Instagram Share on Telegram