25/05/2022
Cause dell’intestino irritabile
Tra le valutazioni e le considerazioni che il Clinico Specialista deve fare, ci sono le condizioni che possono simulare o determinare la sindrome del colon irritabile , come gli effetti collaterali di alcuni farmaci (gli psicofarmaci, i lassativi, gli anti-ipertensivi, gli anti-Parkinson, i diuretici), alcune errate abitudini di vita, alcune intolleranze alimentari, un eccessivo introito di fibre, l’intolleranza agli zuccheri come il lattosio, il fruttosio, il sorbitolo, una condizione misconosciuta di stipsi cronica a lento transito, l’ostruzione funzionale alla defecazione (la così detta dissinergia addomino-pelvica), a volte collegata al prolasso rettale, al rettocele, all’anismo, alla sindrome del perineo discendente, il malassorbimento dei sali biliari, la presenza di malattie organiche dell’apparato gastroenterico, come i tumori, la malattia diverticolare, il morbo celiaco, il morbo di Crohn, la colite ulcerosa, le parassitosi, la calcolosi biliare, la sindrome post-colecistectomia, altre malattie organiche non gastrointestinali, come quelle endocrine, neurologiche, del connettivo e le malattie psichiatriche.
Non va dimenticata la sindrome della “gluten sensitivity”, che si presenta con sempre maggior frequenza all’osservazione clinica dello Specialista. Nel caso di questa sindrome, il morbo celiaco, con le tipiche alterazioni di laboratorio ed isto-patologiche della malattia, viene escluso dagli specifici accertamenti, ma l’intolleranza IgG mediata al glutine e, soprattutto, la sintomatologia clinica del Paziente, quando sottoposto ad alimentazione libera, sono dimostrabili in modo incontrovertibile.
Le cause della sindrome dell’intestino irritabile sono ignote e molte ipotesi sono state fatte. Quella più accreditata è che le manifestazioni sintomatologiche siano causate da più fattori concorrenti, tra cui la predisposizione genetica, l’evenienza di precedenti episodi infettivi a carico del tratto gastrointestinale, come infezioni da Campylobacter e Shigella, la presenza di stimoli biologici presenti nel lume intestinale, come alcuni antigeni alimentari, batteri, allergeni o farmaci, che alterino il microbiota intestinale.
Interazione tra Sistema Nervoso Centrale e Sistema Nervoso Enterico
Un ruolo fondamentale gioca l’ipersensibilità viscerale, definita come un’abnorme percezione dei normali processi digestivi; in tal senso, alterazioni delle fibre nervose afferenti nocicettive, che partono dall’ intestino , l’esaltata attività dei neuroni delle corna posteriori del midollo spinale e la disregolazione di alcuni neurotrasmettitori sarebbero responsabili dell’anomala percezione della fisiologica peristalsi e della distensione viscerale, che sono avvertiti dai pazienti come dolore o fastidio. Studi clinici di fisiopatologia sono stati condotti a riprova di queste ipotesi etiopatogenetiche, verificando che in soggetti “normali” le stesse stimolazioni non producono effetto alcuno. Altra ipotesi è quella di un’alterazione del controllo neuroimmunoendocrino, per cui l’aberrante percezione dei normali processi digestivi sarebbe da imputare al disequilibrio di risposta tra cellule immunocompetenti CD3+/CD25+ e gli stimoli nervosi afferenti/efferenti, con anomala secrezione di fattori neuroendocrini come l’ormone di rilascio della corticotropina, il cortisolo, la noradrenalina, l’adrenalina e la serotonina.
Altra ipotesi è che vi sia un’aumentata quantità di cellule dell’infiammazione, soprattutto delle Mastzellen (Mastociti) nell’ileo ed in generale dei globuli bianchi neutrofili in tutta la mucosa intestinale. Stress ed ansia, che si innescano in un circolo vizioso nella sindrome, determinano un aumentato rilascio di Adrenalina, che stimola le citochine pro-infiammatorie, quali l’Interleuchina 1 (IL-1) e l’Interleuchina 6 (IL-6). Ciò porterebbe ad una eccessiva percezione delle risposte infiammatorie a stimoli che nel soggetto “normale” non producono reazioni. Però l’esame istologico della mucosa intestinale di pazienti con sindrome dell’intestino irritabile non mostra segni di infiammazione nè si osserva correlazione tra numero di cellule dell’infiammazione repertate all’esame istologico e la sintomatologia. Peraltro, le terapie con farmaci antiinfiammatori non sempre dànno beneficio.
Il profilo psicologico dei pazienti affetti dalla sindrome dell’intestino irritabile ha un ruolo fondamentale nella patogenesi e tale correlazione è evidenziata dall’andamento ricorrente della malattia, con fasi di remissione e fasi di peggioramento. Il dolore ed il fastidio addominale sono essi stessi causa di stress, creandosi in tal modo il circolo vizioso alla base della sindrome dell’intestino irritabile.
Capitolo a parte sono le allergie e le intolleranze alimentari. Queste ultime sono poco conosciute e accettate dalla medicina ufficiale. Gli esami diagnostici intesi a documentarle non sono scientificamente accettati, anche le intolleranze alimentari IgG mediate, che si basano sul principio che l’organismo percepisca alcuni nutrienti come tossici e produca anticorpi (IgG) contro questi ultimi.
L’intolleranza all’istamina, spesso misconosciuta, è un altro aspetto, spesso misconosciuto, dimostrabile con il dosaggio d’istamina nel siero e nelle feci, il DAO-Test (carenza dell’enzima Di-Amino-Ossidasi), dosaggio d’istamina e metil-istamina urinaria (urine delle 24 ore).
Se si pone questa diagnosi, gli alimenti che contengono istamina o provocano produzione d’istamina vanno esclusi dalla dieta.
Prima di parlare delle possibilità terapeutiche, occorre meglio definire la diagnosi.
È assolutamente vero, come ho più volte detto, che la diagnosi di sindrome dell’intestino irritabile, in quanto malattia funzionale, è una diagnosi di esclusione, che escluda cioè tutte le patologie organiche.
È anche vero, però, che alcuni aspetti e reperti delle indagini diagnostiche effettuate, che pur escludono patologie documentabili, possono dare allo Specialista indicazioni su quale tipo di terapia attuare.
Faccio qualche esempio: un’ecotomografia dell’addome superiore, assolutamente normale, che però indichi una colecisti un po’ troppo allungata o, talvolta, ripiegata, così detta colecisti “a uncino”, può suggerire allo Specialista una terapia che favorisca la fluidità della bile e la buona contrattilità della vescica biliare.
Oppure una colonscopia del tutto normale, che, però, all’esame istologico evidenzi una forma lieve e aspecifica d’infiltrato di elementi corpuscolati flogistici (per esempio i granulociti eosinofili) può suggerire l’utilità di trattare quel Paziente con una terapia anti-infiammatoria.
La diagnosi è importante.
Gli step diagnostici sono in primis la visita clinica del paziente dallo Specialista Gastroenterologo e la prescrizione di indagini di primo livello, come gli esami del sangue, delle urine e delle feci. Ulteriori indagini saranno valutate caso per caso e potranno essere: uno studio di imaging radiologico dell’apparato digerente, come il clisma opaco a doppio contrasto (oggi TC Colografia), l’ecotomografia dell’addome, la TAC e/o la Risonanza Magnetica. In altri casi saranno opportuni accertamenti fisio-patologici, come i tempi di transito, la manometria anorettale o esofagea, la pH-impedenziometria, i breath test per intolleranze alimentari o quelle IgG mediate con dosaggio ematico. La scelta di ulteriori indagini dipende dai sintomi, ma tra le indagini di imaging la colonscopia e la gastroscopia sono il gold standard, perché rendono possibile la valutazione diretta di una flogosi mucosale, con possibilità di prelievi bioptici per l’esame istologico, oltre che l’asportazione immediata di lesioni sospette. La gastroscopia è opportuna in rapporto alla sintomatologia e quando si vuole accertare una malattia celiaca, la cui diagnosi si ottiene con la valutazione istologica del duodeno o la coltura d’organo con l’endomisio.
Esami strumentali: gli esami radiologici di clisma opaco a doppio contrasto, TC-Colografia o Rx digerente non offrono la possibilità di valutare la mucosa e vedere se è infiammata ed infetta. La colonscopia è l’esame più appropriato perchè permette questa valutazione e le biopsie mirate serviranno per completare la diagnosi. Può trattarsi di una colite ulcerativa, di un’ileite di Crohn, di una colite amebica, di una colite microscopica, di una colite collagenosica, di una colite aspecifica. La gastroscopia può essere utile nel caso di morbo di Crohn a localizzazione gastrica o duodenale, per diagnosticare la giardiasi, la celiachia, la gastroenterite eosinofila, il morbo di Whipple.
Il clisma del tenue o il tenue seriato indagano l’intestino tenue; in casi selezionati dallo specialista è utile eseguire una Entero-TAC o Entero-RM.
Terapia
Siamo al punto dolente.
Molte persone che soffrono di sindrome dell’intestino irritabile lasciano passare troppo tempo prima di cercare un parere medico: si stima che fino al 70 per cento delle persone affette da sindrome del colon irritabile non riceva alcuna cura per i suoi sintomi. Peraltro, non è disponibile una terapia specifica, ma esistono diverse possibilità di terapia sintomatica o, meglio, decondizionante: lo Specialista prescriverà la cura che più si attaglia al caso clinico e darà consigli opportuni per modificare la dieta.
I farmaci sono un elemento importante per il sollievo dei sintomi: possono essere opportuni semplicemente integratori di fibre o lassativi, se è presente costipazione, oppure una drastica riduzione di verdure e frutta e farmaci anti-diarroici, se il sintomo dominante è la diarrea. Cicli di antispastici sono opportuni per controllare gli spasmi viscerali e ridurre il dolore.
Oggi esistono farmaci che più che lassativi possono definirsi regolatori della motilità in senso procinetico, che quindi non hanno effetto irritante sull’apparato digerente (prucalopride, linaclotide).
Nel caso della diarrea
Si definisce diarrea un aumento del peso delle feci di oltre 200-250 grammi nelle 24 ore per aumento del contenuto liquido ed un’aumentata frequenza delle evacuazioni (più di 2 al giorno). Per lo più la diarrea è un sintomo, anche se esistono la diarrea essenziale e la sindrome dell’intestino irritabile a componente diarroica, che rientrano nel novero delle patologie primitive e dei disturbi funzionali dell’apparato digerente. La diarrea può presentarsi insieme ad altri sintomi, come il dolore al p**e o al retto, con senso di tenesmo, l’urgenza a defecare, il fastidio perianale ed il dolore addominale diffuso.
La mucosa intestinale svolge funzioni di assorbimento, nel tratto del piccolo intestino, e di secrezione di liquidi e di elettroliti nel colon. La diarrea può essere causata da malattie malassorbitive, che interessano soprattutto il tenue, o può essere secretiva, per una malattia infiammatoria del colon. Esistono anche le diarree da accelerato transito, dipendenti a volte da malattie endocrine.
Ciò influisce molto sul tipo di terapia:
per la diarrea secretiva, è importante un supporto dietetico che riduca l’assunzione degli zuccheri
se c’è un aspetto infiammatorio abbiamo oggi a disposizioni farmaci cortisonici ma a basso assorbimento intestinale, che possono essere usati anche a lungo (budesonide, beclometasone dipropionato)
nella diarrea da ipermotilità si possono utilizzare farmaci che regolarizzino la stessa: abbiamo farmaci utili in fase acuta, come la loperamide, della quale tuttavia non bisogna abusare, e farmaci che invece devono essere assunti per lungo tempo, per indurre un effetto auspicabilmente duraturo: tra questi l’amitriptilina, che, a dosaggi maggiori agisce come antidepressivo, ma che viene utilizzata a bassi dosaggi in gastroenterologia.
Esistono poi integratori o farmaci che agiscono sulla mucosa, proteggendola e riducendone l’infiammazione e la secretività).
Come ho detto, la terapia appropriata della malattia che causa la diarrea avrà ragione anche di questo sintomo. Ma se trattasi di diarrea essenziale, cioè di malattia funzionale intestinale o di sindrome dell’intestino irritabile a componente diarroica, la valutazione clinica guiderà lo Specialista nel prescrivere una terapia che tenga conto dell’abitus psico-fisico del paziente e dei rapporti tra Sistema Nervoso Enterico, il nostro secondo cervello, ed il Sistema Nervoso Centrale, ricorrendo a farmaci neurogeni e psicoattivi, in caso di vantaggio terapeutico.
I supporti dietetici sono importanti in casi di forme gravi nelle quali è importante la correzione degli squilibri idro-elettrolitici e della disidratazione. Tali correzioni possono essere fatte con la dieta o, in casi gravi, con la TPN (nutrizione parenterale totale).
Nei casi di comune riscontro nella pratica clinica, occorre consigliare una dieta priva di scorie, con molte proteine, con pochi grassi, preferendo quelli a catena corta e con zuccheri a basso peso molecolare. È opportuna l’eliminazione di latte e dei formaggi freschi.
Talora lo Specialista Gastroenterologo utilizza farmaci neurologici e psicoattivi, più allo scopo di agire sul sistema nervoso enterico che per ridurre la componente psichica del problema.
Terapie fisiche e riabilitative sono opportune in alcuni casi per ripristinare la corretta fisiologia del sistema enterico e per indurre modificazioni della muscolatura diaframmatica e pelvica, che interagiscono con la sintomatologia.
La dieta ha un ruolo rilevante; sarà povera o ricca di fibre, a seconda del sintomo prevalente: stipsi o diarrea. Essa dovrà considerare l’esclusione di alcuni nutrienti che, per le caratteristiche organolettiche, sono imputabili di peggioramento sintomatologico o di quelli che saranno risultati tossici per il soggetto in esame, alla valutazione delle intolleranze alimentari IgG mediate, o risultate non digeribili all’indagine fisio-patologica del breath test. Se la diagnosi è intolleranza all’istamina, una dieta appropriata sarà quella che eviti nutrienti ricchi di questo ormone o che ne stimolino la produzione.
Il trattamento farmacologico deve essere transitorio e sarà opportuno un follow-up per la verifica nel tempo della diagnosi e per eventuali variazioni di terapia.