02/11/2025
L'ANIMA DEL DNA: 40 GIORNI OLTRE LA MORTE MOLECOLARE
Recenti esperimenti scientifici indipendenti, condotti in epoche e luoghi differenti, stanno aprendo nuove prospettive sul confine tra vita, morte e la persistenza energetica di ciò che siamo. Biologi sovietici, specialisti americani e persino un premio Nobel francese hanno messo in luce un fenomeno enigmatico: il DNA, anche dopo la sua rimozione fisica, lascia una traccia energetica che si mantiene per un tempo sorprendentemente lungo, esattamente 40 giorni.
Dalle origini teoriche alle prime conferme sperimentali
La ricerca affonda le radici negli anni Venti con il biologo sovietico Alexander Gurvich, che ipotizzò l'esistenza di una “radiazione mitogenetica”, un campo particolare emesso dai cromosomi che incideva sui meccanismi cellulari e sulla trasmissione di informazioni biologiche, sebbene la tecnologia di allora non permettesse di dimostrarlo.
Passarono decenni fino al 1984, quando Petr Gariaev, lavorando all’Istituto di problemi fisico-tecnici dell’Accademia delle Scienze dell’URSS, osservò un evento straordinario: dopo aver irradiato un campione di DNA con un laser e rimosso la molecola, l’apparato rilevava ancora deboli ma chiari “spettri” simili alla presenza del DNA, come un’eco o un fantasma energetico. Lo stesso fenomeno si manifestava anche dopo che il gas azoto aveva “spazzato via” eventuali residui, ma dopo un periodo di tempo tale traccia tornava a manifestarsi. Gariaev e i suoi colleghi osservarono che questa impronta energetica della molecola svaniva in modo progressivo e scompariva del tutto dopo esattamente 40 giorni.
Conferme americane e militari
Parallelamente, negli anni Novanta, Vladimir Poponin negli Stati Uniti realizzò esperimenti che mostrarono come il DNA potesse organizzare i fotoni di luce in strutture ordinate dentro un tubo a vuoto, e ancor più sorprendente, queste strutture persistevano anche dopo la rimozione fisica del DNA, come se il campo energetico fosse stato lasciato “indietro”.
Un esperimento militare americano guidato da Cleve Backster rivelò inoltre un legame elettrico e informativo istantaneo tra una persona e il campione di DNA prelevato da essa anche a grandi distanze, suggerendo un campo energetico che rende il DNA un intermediario nella comunicazione invisibile, oltre tempo e spazio.
Il significato del numero 40
Il dato dei 40 giorni ha un peso profondo, non solo scientifico ma anche culturale e spirituale: nella tradizione ortodossa, si crede che l’anima dell’individuo rimanga vicina alla Terra per 40 giorni dopo la morte, per poi svanire o salire a un’altra dimensione. La coincidenza è stata accolta con meraviglia dallo stesso Gariaev, che nel tempo ha ammesso che il fantasma energetico del DNA possa essere paragonato a una “anima molecolare”, una struttura energetica associata all’essere vivente che persiste ben oltre la morte biologica.
Perplessità e critiche
Il fenomeno, pur confermato in più sedi, ha incontrato molte critiche, soprattutto da gruppi scientifici più tradizionali che ipotizzano artefatti sperimentali legati a residui fisici o errori strumentali. Alcuni sostengono che la difficoltà nel riprodurre gli esperimenti o la mancanza di una teoria fisica condivisa stiano rallentando il riconoscimento ufficiale di questi dati.
Un ponte tra scienza, spiritualità e mistero
Luc Montagnier, premio Nobel per la scoperta dell’HIV, ha ripreso negli anni recenti questo filone di ricerca, dimostrando l’esistenza di impronte elettromagnetiche del DNA anche in soluzione acquosa, ampliando il dibattito scientifico verso una frontiera che unisce la fisica quantistica, la biologia e la spiritualità.
L’idea che una traccia energetica, o anima molecolare, possa persistere per un periodo definito, colloca questa scoperta al crocevia tra scienza e antica saggezza popolare, invitando a riflettere sul significato più profondo della vita e della morte, e sul mistero ancora tutto da esplorare dell’essere umano.
Dott. Giovanni Turchetti PT DO ND