18/03/2024
A me il dolore non piace.
E a chi piace d'altronde?
Eppure ci faccio i conti si può dire da quando ero bambino.
Il dolore, fisico e psichico, mi accompagna fedele, come un cagnolino.
Si alterna alla gioia delle mattine, come la notte al giorno.
Quante volte mi sono chiesto: ma perché ?
Perché tanto dolore su questa terra?
E perché poi spesso la nostra creatività sembra quasi nutrirsi di dolore?
Che c'entra il dolore con la creazione?
Meno male che ero un ragazzo curioso, e molto studioso.
Meno male che ho letto prima di tutti Nietzsche, che erompeva in frasi come queste: "E per quanto riguarda la mia lunga infermità, non le devo infinitamente di più che alla mia salute?", e poi arrivava a sostenere l'assurdo: "La perfetta limpidezza e serenità di spirito si conciliano in me non solo con la più profonda debolezza fisiologica, ma addirittura con un estremo sentimento di dolore".
E poi lampante, come una sberla, Hegel: "L'altro, il negativo, la contraddizione, la scissione appartengono alla natura dello spirito. In questa scissione risiede la possibilità del dolore".
La vita dello Spirito è cioè sostanziata di dolore.
Non facciamoci illusioni, pertanto.
Sì, ma a me questa cosa non è mai bastata.
Sono disposto ad attraversare la mia sofferenza, ma solo perché so che mi sta curando, solo perché sono sicuro che sto guarendo.
Il dolore deve essere temporaneo, passare.
Solo la gioia resta eterna, cosa che mi ha insegnato proprio il vecchio Zarathustra.
Poi Heidegger, verso i 25 anni, quasi definitivo:
"Il dolore dona la sua potenza terapeutica lì dove noi non ce la aspettiamo".
Ora continua la mia ricerca, e soffro le mie pene sempre invocando la salvezza però, salute e salvezza piene, consapevole che forse qui, su questa terra, ma per poco ancora, l'Eterno ci si apre solo entro le piaghe di un temporaneo dolore.
Esso passa, insomma, sempre, ricordiamocelo, amici :
Pasqua è il suo vero nome.
Anche in questi anni tanto decisivi.
Marco Guzzi