02/03/2022
Il cambiamento di vita che abbiamo sperimentato negli ultimi 2 anni, come era prevedibile, ha prodotto un’emergenza in termini di salute mentale e psicologica, in particolare sulle le nuove generazioni di bambini e adolescenti.
Un bilancio dell’attuale situazione è necessario per comprendere come la ‘cura’ in termini sanitari possa essere ben peggiore della malattia, come dimostrano i dati sulla salute mentale tra i giovani, sia a livello globale (si veda ad esempio La condizione dell’infanzia nel mondo 2021, rapporto Unicef sulla salute mentale di bambini e giovani, secondo il quale quasi 46.000 adolescenti muoiono a causa di suicidio ogni anno, una fra le prime cinque cause di morte per la loro fascia d’età), che al livello locale (solo all’ospedale pediatrico Bambino Gesù le ospedalizzazioni per ideazione suicidaria e tentativo di suicidio sono passate dal 17% a gennaio 2020 al 45% del totale a gennaio 2021).
Se l’adulto possiede gli strumenti cognitivi e sociali per gestire i cambiamenti nello stile di vita non possiamo aspettarci lo stesso per un minore, il quale ha bisogno di un patrimonio di relazioni umane adeguate ed equilibrate per crescere in modo sano.
Le nuove generazioni sono state esposte, in corrispondenza di fasi evolutive critiche, ad una deprivazione sociale e relazionale (lockdown) che ha indotto bambini e ragazzi ad isolarsi, ripiegando il proprio tempo sull’utilizzo di dispositivi informatici.
Il mantenimento di misure relative a distanziamento sociale, utilizzo di mascherine e FFP2 , in particolare a scuola, DAD, e via discorrendo, hanno stabilizzato e normalizzato elementi che al contrario sono passibili di influenzare in modo irreparabile la salute mentale delle nuove generazioni, poiché pongono ostacoli all’interazione e allo scambio sociale, indispensabile al bambino per svilupparsi.
Questo spiega l’aumento dei livelli di ansia e depressione tra i giovani, legato ad un impoverimento delle abilità sociali del bambino, escluso dal proprio contesto relazionale.
La DAD è da ritenersi totalmente controindicata in particolare per bambini scolari (i quali non sono neppure in grado di mantenere focalizzata l’attenzione davanti ad un monitor per lunghi periodi proprio perché i lobi frontali deputati alle funzioni esecutive sono in fase di maturazione) ma anche nelle età successive, nella misura in cui si propone una didattica impersonale e priva della relazione alunno-insegnante.
Rispetto all’utilizzo di mascherine dai 6 anni di età non è stato adeguatamente considerato il rapporto costi-benefici - in termini di salute fisica e psicologica - nel portare dispositivi uguali agli adulti e per lunghi periodi, i quali di fatto ostacolano sia gli apprendimenti (con relativo aumento di DSA) che la comunicazione interpersonale e il contatto umano (limitando l’espressività del viso e impedendo il riconoscimento delle espressioni dell’altro ma non solo).
Ciononostante i bambini sono stati considerati come piccoli adulti, ai quali possono essere applicate le stesse misure degli adulti, possono essere messi in DAD come adulti in smart working, quando è impensabile che un bambino della scuola primaria possa apprendere ed esercitare abilità basilari come la letto-scrittura, attraverso uno schermo da remoto senza il confronto tangibile con l’insegnante e il gruppo di pari, in una classe virtuale da cui il passaggio verso la dispersione scolastica è breve.
La scelta ingiustificabile di discriminare gli alunni sulla base dello status vaccinale (ponendoli o meno in DAD), operata dalla stessa istituzione che dovrebbe garantire ai suoi membri uguaglianza, inclusione, rispetto reciproco e un sano sviluppo morale, che nei fatti non garantisce, ponendo le basi per altre forme di esclusione tra pari, dovrebbe rappresentare il punto di rottura di una visione miope e adulto-centrica che sta producendo danni psicofisici irreparabili alle nuove generazioni.
Le nostre scuole stanno diventando luoghi in cui l’individualità del singolo e i suoi bisogni vengono messi pesantemente in secondo piano, luoghi di coercizione e omologazione invece che di espressione e valorizzazione della persona.
Per invertire la rotta il processo di cambiamento può partire solo dai genitori che hanno realmente a cuore la salute dei figli e la responsabilità di garantirla.
Al di là dei proclami espressi a parole non ci sarà nessuna istituzione e nessun tribunale che possa sostituirsi a voi Genitori nell’esercizio della genitorialità e nelle scelte che riguardano i figli ed anzi, è molto meglio che siate voi in proprio ad operare queste scelte, facendo principalmente appello al vostro pensiero critico.